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Venerdì, 02 Agosto 2013 21:11

Gli atomi di Boltzmann

TRAMA:
Negli ultimi anni del XIX secolo, nessuno era in grado di definire un atomo e la dichiarazione di Ernst Mach, nel gennaio del 1897, a una seduta dell’Accademia Imperiale delle Scienze di Vienna, «Non credo che esistano gli atomi!», ben si inserisce in questo quadro di incertezza. Al contrario, Boltzmann «era animato da una fede incrollabile nell’ipotesi atomica», al punto tale che il suo lavoro in fisica fu centrato su quest’unico tema. Da una legge fisica che era una semplice relazione quantitativa tra fenomeni osservabili, gli scienziati dovettero andare al di là delle apparenze e, da questo punto di vista, Boltzmann fu un pioniere: capì che temperatura e pressione non erano che l’espressione del movimento degli atomi e introdusse concetti teorici completamente nuovi: «Mostrò che le leggi della fisica potevano essere fondate su una base probabilistica, e nondimeno rimanere attendibili». Proprio per la novità delle intuizioni di Boltzmann, le sue idee incontrarono una vivace opposizione.
 
Già nel dicembre del 1845, Waterston inviò un manoscritto alla Royal Society, nel quale ipotizzava che qualunque gas fosse costituito da un gran numero di piccolissime particelle, che egli chiamò molecole, in movimento disordinato. Una proposta simile era giunta, venticinque anni prima, da Herapath, anche se la sua trattazione non era così articolata. Nel 1738, Daniel Bernoulli aveva trovato una relazione teorica tra la pressione e l’energia di vibrazione degli atomi del gas, ma la sua teoria non aveva suscitato particolare interesse e ben presto era stata dimenticata. La teoria cinetica divenne una teoria di tutto rispetto grazie ai personaggi autorevoli che la proposero successivamente, ovvero Clausius, Maxwell e Boltzmann: «Clausius, il più anziano dei tre, aveva avviato la teoria cinetica alla rispettabilità, e Maxwell le diede contributi fondamentali, quando non era impegnato in altre imprese di carattere teorico. Ma fu Boltzmann a fare del pieno sviluppo della teoria cinetica la ragione della propria esistenza e a prendere sulle proprie spalle i passi falsi della teoria non meno dei suoi successi.» 
Nel 1863, Ludwig Boltzmann si iscrisse all’università di Vienna, dove ebbe la fortuna di incontrare alcuni tra i fisici più aperti alle nuove idee dell’Europa continentale: il loro precoce interesse per queste innovazioni tecniche fu un grande stimolo per lui. Nel 1866, Boltzmann conseguì il dottorato e il nuovo direttore dell’Istituto di Fisica di Vienna, Josef Stefan, vedendolo dotato di grandi potenzialità, lo assunse come assistente. Nel frattempo, il lavoro di Clausius, con la definizione di libero cammino medio, era stato sviluppato da Maxwell con la distribuzione delle velocità e, nel 1868, Boltzmann pubblicò una memoria che conteneva la dimostrazione della formula di Maxwell e proponeva una legge generale e una giustificazione fisica per ciò che fino a quel momento era stato soprattutto un ragionamento di tipo matematico. Per compiere ulteriori progressi con la teoria cinetica, utilizzò strumenti matematici raffinati, applicò le leggi della meccanica di Newton, utilizzò le leggi della probabilità e la statistica segnando «un punto di svolta nell’evoluzione della fisica teorica». Non si rese conto, in un primo momento, della «radicalità della rivoluzione che stava innescando». Purtroppo sembra che nessun fisico avesse la capacità e l’interesse per seguire i progressi del lavoro di Boltzmann: solo Maxwell, in Inghilterra, si era reso conto dell’importanza crescente di statistica e probabilità in fisica. 
Con la sua memoria pubblicata a Vienna nel 1872, Boltzmann esponeva la sua analisi in modo particolareggiato, pervenendo a un’equazione differenziale sorprendentemente semplice. Presentando il teorema di minimo, noto come teorema-H, diede con la grandezza H una definizione cinetica dell’entropia. Maxwell, con l’idea del diavoletto, per primo comprese che il secondo principio della termodinamica aveva soltanto una certezza di carattere statistico. I critici conclusero che le leggi della termodinamica non erano leggi vere ma soltanto approssimate, valide «quasi sempre», ma Boltzmann riuscì a quantificare l’improbabilità del flusso di calore da un corpo freddo a uno caldo e ne ricavò forse il risultato più significativo della sua carriera. 
Intanto, lavorando come insegnante a Graz, Boltzmann si lamentava di essere troppo lontano dal centro dell’attività scientifica e di soffrire per la mancanza di stimoli intellettuali. La morte di Kirchhoff nel 1887 liberò una cattedra di prestigio a Berlino e Boltzmann venne raccomandato per il posto. Egli stesso anelava al trasferimento ma continuò a temporeggiare e solo la successiva chiamata di Monaco di Baviera lo trovò consenziente: ebbe un proprio istituto di fisica teorica, a partire dall’autunno del 1890. Si trasferì poi, dal settembre del 1894, all’Università Imperiale di Vienna: «All’età di cinquant’anni aveva ottenuto il posto più prestigioso cui un fisico potesse aspirare nella sua città natale, divenendo direttore dell’istituto cui era legato da un affettuoso ricordo, e dove, circa tre decenni prima, il suo giovanile ingegno aveva cominciato a risplendere, e la sua carriera scientifica era iniziata sotto i più promettenti auspici.»
La filosofia di Ernst Mach, che riteneva che la scienza dovesse fondarsi su fatti osservabili, continuava a sostenere che gli atomi erano un’invenzione e cominciava ad avere un seguito: Boltzmann cominciò a sentirsi infelice e incompreso.
Negli ultimi cinque anni del XIX secolo, la fisica fu sconvolta da una serie di scoperte inattese, con nuove forme di energia e di materia, che divennero la base di quasi tutta la nuova fisica del XX secolo. Nel 1905 Albert Einstein pubblicò quattro famose memorie che cambiarono per sempre il volto della fisica: le prime due memorie «dimostravano l’utilità dei metodi statistici di Boltzmann in un’area nuova e fornivano una prova quasi tangibile dell’esistenza degli atomi», con l’elegante spiegazione del moto browniano. A Vienna, Boltzmann non era informato dei più recenti lavori: era ancora impegnato nel suo scontro con Mach. 
Nel maggio del 1906, funzionari dell’università riconobbero che Boltzmann non era più in grado di insegnare e il 5 settembre del 1906, il suo corpo fu rinvenuto da una delle figlie impiccato all’intelaiatura della finestra nella camera di un albergo di Duino. 
Negli anni successivi, la fisica mutò radicalmente: ormai l’esistenza degli atomi non era più messa in dubbio. Boltzmann lasciò in eredità i risultati scientifici che ponevano le fondamenta della teoria quantistica e per certi versi anticipavano la dinamica del caos.
 
COMMENTO:
“Una biografia organica e completa di Ludwig Boltzmann deve ancora essere scritta, e questo libro non si propone di colmare tale lacuna”. Nella prefazione, l’autore ci informa che i particolari della vita di Boltzmann, soprattutto quelli della prima parte, sono scarsi e provengono dai ricordi e dagli aneddoti di coloro che lo conobbero. Il libro è in ogni caso un’ottima lettura perché, oltre a descriverci la vita di Boltzmann, ci dà uno spaccato dell’Europa della fine del XIX secolo – in particolare dell’impero austro-ungarico – e ci permette di cogliere fino in fondo i mutamenti scientifici che hanno interessato quel periodo, con la nascita della fisica teorica e lo scontro con la filosofia di Mach, così influente sulla ricerca scientifica del periodo. 
Le tematiche presenti nel libro sono ancora attuali: la vicenda umana di Boltzmann non è diversa da quella di una qualsiasi persona che lotta per le proprie idee e ne è alla fine sopraffatto e il dibattito moderno sulle supercorde, dal punto di vista filosofico, non è molto diverso da quello antico sugli atomi. Interessanti, inoltre, sono le vite di Maxwell, Mach, Gibbs, Planck, che fanno da corollario a quella di Boltzmann.

Informazioni aggiuntive

  • Autori: Lindley David
Letto 8960 volte Ultima modifica il Venerdì, 10 Luglio 2015 17:16