
251 - 21 settembre 2025

Il segreto del matematico
Ma quale sarà mai il segreto del matematico? Se guardate questo video di Joshua Adam Bull, realizzato per il canale Oxford Mathematics, forse penserete che il segreto del matematico sia l’ossessione per la sua disciplina. Come definireste, d’altra parte, qualcuno che, mentre corre, cerca un modo rapido per convertire le miglia in chilometri e sceglie di usare la successione di Fibonacci? Io, però, non la chiamerei ossessione, ma passione, tanto che, mentre il tuo corpo svolge altre funzioni (ad esempio corre) la tua mente vaga e si tiene occupata con la matematica. Personalmente non ci trovo nulla di strano, ma, d’altra parte, ho un blog che si chiama “Amo la matematica” che ha ospitato l’ultima edizione del Carnevale della matematica, dedicata proprio al segreto dei matematici. Sui social l’ho presentato così: «Roberto Natalini tiene da oltre dieci anni la rubrica “Homo Mathematicus” sulla rivista Sapere, la più antica rivista di divulgazione matematica in Italia, che dal 1968 è pubblicata da Edizioni Dedalo; a giugno, sul numero 3/2025, il suo articolo aveva come titolo: Il segreto dei matematici. Unendo la festa di compleanno di Renata alla lettura del libro del matematico francese David Bessis, Roberto Natalini analizza il modo di pensare dei matematici, il segreto dei loro ragionamenti, mentre la sua mente vola già verso l’idea successiva. L’articolo mi ha affascinata e ha continuato a ronzarmi in testa, tanto che ho deciso di farne il tema di questo Carnevale. Ero curiosa di sapere cosa avrebbero scritto i matematti e, devo dire, le loro reazioni non mi hanno delusa: “Ssh, è un segreto!” ha risposto, a stretto giro di posta, il primo; “Ahahah, ma che lo dico a voi il mio ‘segreto’???” ha scherzato il secondo, fino ad arrivare alla terza risposta: “Io non posso e non voglio saperlo. Non sono matematico io, roba che poi faccio la fine di Ippaso di Metaponto.” E poi hanno cominciato a piovere contenuti…» Il mio contenuto è stato, in realtà, una ricerca: ho cominciato con le definizioni, ho proseguito con i postulati e i teoremi, ho parlato della crisi dei fondamenti, scavalcando la definizione di limite, finché, in questa prima lezione di matematica dell’anno in una quinta liceo scientifico, non ha cominciato a girarmi la testa. Per quanto i matematici riescano a vedere la matematica ovunque, non significa che abbiano degli occhiali speciali, o che riescano ad evitare gli errori. Ogni risposta che ho tentato di dare è, a suo modo, un pezzo della verità e io, per raccontare la mia, ho scelto di raccogliere anche la risposta dei miei alunni. Sarebbe stato bello arrivare alla risposta con una nuvola di parole, ma, con l’uso degli smartphone ormai vietato, sono tornata all’antichità e i ragazzi hanno scritto la loro risposta su un pezzo di carta.
Matematica tra i fornelli
Tutto è cominciato con la mathematical salad (l’insalata matematica) di Sam Howison (anche se è realmente cominciato con lo svuotamento della bottiglia di olio, ottima introduzione al tema della viscosità quando ho cominciato la dinamica dei fluidi). I consigli forse non sono quelli di un grande chef, ma la matematica è sempre una garanzia, dato che ne parla anche Marco Menale su MaddMaths! Al netto delle formule e delle forze avverse, pare che il segreto sia la senape!
Mentre la mente insegue segreti matematici, il toast ne paga le conseguenze, ma noi abbiamo l’opportunità di seguire curiose riflessioni. Il toast bruciato viene messo da parte e Sam Howison parla di modelli e, nel modo tipico della matematica che, come dice Daniele Gouthier «passa dal concreto all’astratto, a tal punto che può dimenticarsi delle situazioni di partenza», arriva a parlare del riscaldamento globale.
Se il tema della matematica in cucina appassiona, resta sempre il libro scritto da Enrico Giusti La matematica in cucina, oppure Matematica & cucina di Corrado Simone Binetti, docente di matematica nell’istituto alberghiero di Molfetta.
Matematica in classe
I video di Vincenzo Mauro, alias 3minuticolprof, sono sempre fonte di risate e riflessioni. Negli ultimi due video ha parlato di scuola, raccontando la valutazione a modo suo. Così, ha mostrato come fare la media aritmetica sia concettualmente errato, visto che ogni voto rappresenta in realtà un livello di preparazione. Questo livello viene espresso, ma forse ce ne ricordiamo solo alla maturità, da una frase descrittiva e inserito in una griglia. Ho sottolineato spesso, con i colleghi, come le parole rischino di essere più vincolanti dei numeri, ma davanti alle griglie durante la maturità sembra che questo disagio lo senta solo io. Il secondo video della serie, per ora visibile solo sui social o in questa versione di un anno fa, affonda il coltello ancora più in profondità. Non posso che condividere la sua riflessione, mentre mi rendo conto che, come docente, non smetterò mai di imparare.
Le riflessioni sulla scuola sono, in realtà, partite da più lontano, un po’ perché ogni inizio d’anno, così come ogni chiusura, è accompagnato da un sacco di domande e di dubbi. Un po’ perché giovedì 18 settembre sono stata tra gli ex-studenti del prof. Marco Degiovanni convenuti a Brescia per un saluto di ringraziamento, visto che il celebre “Degio” è giunto alla fine della sua carriera accademica. La festa, perché è stata davvero una festa, è stata l’occasione per ritrovare un po’ di persone: ho ritrovato ex docenti, ex colleghi di università e… ex alunni. Eh sì, perché alla Cattolica di Brescia hanno studiato anche alcuni dei miei ex alunni. In alcuni casi si è trattato di una vera e propria sorpresa (non sapevo nulla di J. e N. ad esempio), in altri casi è stata l’occasione per un abbraccio con chi non vedevo da tempo. Il prof. Marzocchi ha introdotto l’incontro con la grinta che lo caratterizza, regalando un “teorema” al prof. Degiovanni: «Sia D un docente. Se D semina, allora D raccoglie. Dimostrazione…» ed è stato a quel punto che, con il braccio, ha indicato la folla convenuta. Ritornata nei panni dell’alunna, ho pensato a cosa abbia lasciato in me l’incontro con Marco Degiovanni: irreprensibile, rigoroso, geniale, umile, sono gli aggettivi che mi vengono più spontanei per descriverlo. Il professore è stato, per me, un obiettivo a cui tendere, non certo per la sua genialità (irraggiungibile!), ma perché ha saputo compiere gesti che hanno lasciato un segno. Ad esempio, negli anni in cui ho frequentato l’Università, il prof. Degiovanni ha invitato Ennio De Giorgi a tenere una conferenza in facoltà. Io non sapevo chi fosse De Giorgi, ma ricordo l’aula magna gremita, ricordo soprattutto lo sguardo che aveva il “Degio”: guardava De Giorgi con un misto di ammirazione e soggezione. Ora, che ho studiato qualcosa di più, so chi è stato e chi è De Giorgi. E per quanto la mia memoria non riesca a recuperare nient’altro di significativo di quel giorno, non solo ho capito di aver avuto una grande opportunità ma ho anche realizzato che ognuno di noi è alunno di qualcuno di importante che ha lasciato un segno indelebile.
L’ho sentito spesso: in-segnare è segnare dentro. Che questo anno scolastico possa offrirci l’occasione di lasciare buoni segni, ma ci dia anche l’opportunità di accogliere tutti i segni che i nostri alunni inconsapevolmente ci lasceranno.
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra DUE settimane!
Daniela
PS: L’immagine di copertina è una vignetta proposta dal Post.
Hai domande?
Contatta l'autrice