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Domenica, 12 Febbraio 2023 00:13

202 - 12 febbraio 2023

Un filo rosso
Come succede nei telefilm, capitano periodi in cui ti sembra che ciò che stai vivendo ruoti attorno a un unico tema, che ritrovi in tanti aspetti della tua vita, sia professionale che personale. Che associate a questo filo rosso un’origine romantica, l’origine marinaresca raccontata da Goethe o l’inconscio di Freud, il mio filo conduttore ultimamente sembra essere il fallimento, o la paura del fallimento. Non è difficile capire il perché e possono esserci diverse motivazioni, ma lo voglio declinare usando la matematica… 

È un fallimento! O no?
Vittorio Pelligra, professore di Politica Economica all’Università di Cagliari, parla di fallimento dalle pagine del Sole24Ore a fine agosto del 2021, mentre sono in corso le Paralimpiadi (e la chiusura dell’articolo ci spiega qual è stato il collegamento). Pelligra cita la psicologa Carol Dweck, che distingue tra due diversi atteggiamenti, uno rigido e l’altro di crescita: «le nostre reazioni agli errori e i risultati che possiamo ottenere a seguito di un fallimento dipendono in maniera determinante da ciò che noi stessi pensiamo voglia dire “fallire”.» Inutile aggiungere che se leggiamo i nostri fallimenti in un’ottica di crescita, li potremo vivere come un trampolino di lancio, un’occasione per imparare e per crescere. Anche tra le pagine della rivista matematica Prisma ho ritrovato il fallimento: ne parla Paolo Santori, filosofo della storia, che analizza la vicenda dell’armatore Morrel, personaggio del celebre capolavoro di Dumas “Il conte di Montecristo” (che io, altro tratto di filo rosso, ho cominciato a leggere proprio nei giorni scorsi). Mentre ripercorre la vicenda, citando brani del romanzo, Santori ci fa notare che «le pagine di Dumas sono una sferzante critica alla retorica della meritocrazia di oggi, che ci conduce inesorabilmente a identificare il successo con il merito.» 

Fallimenti in matematica
Con il fallimento ci dobbiamo confrontare tutti! In questa intervista dell’anno scorso, la medaglia Fields Alessio Figalli parla di come sia nata l’idea chiave della teoria del trasporto ottimale, di come la scienza progredisca grazie ai suoi errori e di come il fallimento faccia parte anche della sua vita: «vivo nel fallimento come tutti gli scienziati: per un problema risolto, dieci non me ne vengono». Si vive così immersi nel fallimento, che è fondamentale imparare a gestire la frustrazione che ne deriva: «riesco a gestirla lavorando su più problemi: magari su due o tre non riesco a cavare nulla, ma con il quarto viene fuori qualcosa e quello riesce a darmi la soddisfazione per gestire poi quelli che non funzionano.»
Se pensiamo alle grandi storie della matematica, ritroviamo il fallimento davvero ovunque: a me viene in mente Il teorema vivente di Cedric Villani, e il suo modo colorito di raccontare l’ultimo anno di lavoro che l’ha portato al risultato che gli è valso la Medaglia Fields: «Questo annuncio di premio mi riscalda il cuore, ma non basta comunque a compensare la frustrazione di vedere il mio articolo rifiutato. Per consolarmi avrei almeno bisogno di coccole.» Villani ha trovato un errore nella sua dimostrazione quando pensava che il percorso fosse al termine, esattamente come Andrew Wiles, che ha consacrato anni preziosi della sua vita per dimostrare L’ultimo teorema di Fermat.
Proprio per mostrarci un lato più umano della matematica, Ilaria Fanelli ha lanciato la seconda edizione di #peopleformath: è un invito a presentare le storie delle vite degli uomini e delle donne che si sono messi in gioco per far crescere la matematica, raccontando, oltre ai loro percorsi, i luoghi e le epoche in cui hanno vissuto. Per tutti coloro che scelgono di partecipare, il video va caricato su YouTube prima del pi-day usando, nel titolo, #peopleformath.

Fallimenti via podcast
Chi mi segue sui social sa che ho avuto l’onore di essere intervistata da Fabio Quartieri, studente dell’Università di Bologna, per il podcast di MaddMaths! Le maschere del carnevale matematico, che più volte ho avuto occasione di pubblicizzare con la mia newsletter. Il confronto è stato davvero piacevole e, se avrete occasione di ascoltarlo, scoprirete anche da dove è nata l’idea di parlare del fallimento in questo numero della newsletter. Come tutti, ho avuto modo di confrontarmi anch’io, spesso e (non certo) volentieri, con il fallimento: la mia carriera universitaria è stata costellata di fallimenti e, fino a non molto tempo fa, ho nascosto questo percorso accidentato vergognandomene un po’. Da quanto abbiamo visto nell’intervista di Figalli, nemmeno a lui piace il fallimento, ma sa che fa parte del gioco e cerca di compensare le emozioni negative che inevitabilmente il suo percorso lo porta a provare.

Curriculum dei fallimenti
Probabilmente tempo fa ho sentito parlare di Melanie Stefan, che si occupa di neuroscienze computazionali, e che ha scelto di rendere pubblici i suoi fallimenti, consapevole che le carriere degli scienziati, in genere, riportano solamente i successi e danno l’idea di un percorso lineare, che in realtà è tutt’altro. Lei stessa dice che per ogni successo ha raccolto, in media, sei fallimenti e quindi invita ognuno di noi a creare un curriculum alternativo, un curriculum degli insuccessi. Potrà essere anche sei volte più lungo di quello normale e potrà essere deprimente a prima vista, ma ricorderà a ognuno di noi cosa significa essere uno scienziato e potrebbe ispirare un collega aiutandolo a ricominciare. Tempo fa ho deciso di realizzare un curriculum dei fallimenti, ricostruendo, a partire dalle date degli esami sostenuti all’università, un nuovo elenco e i periodi di vuoto sono stati riempiti dai miei tentativi di superare esami che mi hanno richiesto un sacco di tempo. Uno metodo di studio sicuramente carente, lacune di base, una grande insicurezza, le motivazioni possono essere le più diverse, ma ciò che conta è che quell’elenco di esami (più del doppio di quelli previsti) è stato deprimente a prima vista, ma ha aiutato ex alunni in difficoltà nel proprio percorso universitario, esattamente come aveva detto Melanie Stefan. In una sua Ted talk, Melanie ricorda i consigli della sorella, quando ha scelto di cantare in un coro: tieni la voce bassa, così se sbagli non si nota. Sì, ma facendo in questo modo, la scienziata si è resa conto che non avrebbe mai sentito la propria voce e avrebbe perso l’occasione di imparare. Per questo suggerisce, nel suo speech, di cantare ad alta voce: “Se sbagli a cantare, canta più forte!”
Melanie Stefan ci fa notare che nello sport non si può nascondere il fallimento: se un grande campione commette un errore durante una gara, se sbaglia qualcosa, il suo errore ha subito una grande risonanza e viene mostrato più volte nelle riprese della gara. Forse, nella scuola e nella vita di tutti i giorni, dovremmo imparare un po’ di quella forza degli atleti, che sfidano innanzi tutto se stessi, nel tentativo di andare oltre, come avevo scritto tempo fa in questo A scuola di Olimpiadi.

Fallimenti per ridere un po’
A volte al termine di un film, mentre scorrono i titoli di coda, vengono montati gli errori più divertenti: vediamo gli attori ripetere continuamente una scena, perché sbagliano una battuta, un gesto, un’entrata. In quei momenti, percepiamo gli attori come persone, fuori dal loro personaggio, veri. È la scelta che hanno fatto quelli del Post: a fine anno vengono proposti I refusi del Post più divretenti dell’anno e, mentre invitano i lettori a segnalare i futuri errori, passano in rassegna gli errori più divertenti, come il Muro del piano, le armi e le ammonizioni degli Stati Uniti, o pazza del Campo a Siena. Ho recentemente proposto la lettura di questo articolo in classe, invitando i ragazzi, per l’ennesima volta, a non nascondere i propri errori con il bianchetto (che, tra le righe, scopriamo che è stato inventato da una donna, Bette Nesmith Graham), ma ad evidenziarli, per non commetterli più.
Un modo originale per evidenziare l’errore l’hanno trovato anche Davide e Riccardo del Math-segnale, in un video condiviso nella newsletter 181, con la guardia e il ladro che si rincorrono su un grafo. Ad un certo punto, il ladro è diventato un topo, grazie all’errore di Davide, ma Riccardo ha scelto di non nascondere l’errore: l’ha evidenziato, rendendo a quel punto il video davvero memorabile.
Se qualcuno di voi sta pensando di risolvere i propri problemi (ed evitare errori) usando ChatGPT per risolvere esercizi di matematica, non ha che da guardare questa intervista che Elia Bombardelli ha fatto a Riccardo Zecchina, direttore del Dipartimento di Computing Sciences dell’Università Bocconi. Secondo il direttore, ChatGPT si comporta come uno studente che ha imparato a memoria una procedura, senza però capire il senso di quello che sta facendo. In altre parole, ChatGPT può essere un aiuto nello studio, ma non può sostituirsi a noi. Luca Perri ci parla di Bard, la risposta di Google a ChatGPT, che ha dimostrato come l’Intelligenza Artificiale sia una tecnologia ancora immatura e, soprattutto, non sia immune da errori.

Il primo protagonista del settimo episodio del podcast di MaddMaths! è Maurizio Codogno, celebre “matematto divagatore” del Post, noto per le sue riflessioni, per il suo blog nel quale parla di tutto un po', e per i libri dei quali è autore. In passato ho parlato del suo Chiamatemi pi greco, con il quale ci ha regalato una storia della matematica in forma leggera, nata da una lezione predisposta per i compagni di classe dei figli.
Tra i libri, non posso dimenticare la fatica del prof. Francesco Daddi, Calcolo delle probabilità: 926 pagine, 1800 esercizi svolti, 200 esercizi proposti, «ambientati nei più svariati contesti», con vari livelli di difficoltà e con più metodi risolutivi: due anni di lavoro, per un risultato davvero di rilievo.
L’ultimo libro è Fare scuola con le storie, a cura di Tiziana Bruno, pubblicato da Erickson. Nel libro sono raccontate esperienze di educazione alla lettura in classe da oltre cento insegnanti, tra i quali ci sono anch’io. Nel mio breve articolo, intitolato «Non entri chi non conosce la geometria», ricordo che «i libri aiutano ad appassionare» e «hanno un ruolo fondamentale nella narrazione della mia disciplina: insegnare la matematica non è semplicemente addestrare a utilizzare determinate procedure di calcolo, è qualcosa che coinvolge l’emotività e il compito della lettura è proprio quello di parlare alle nostre emozioni.»

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

«Il successo è quella pace di spirito che puoi raggiungere solo grazie alla soddisfazione di sapere di esserti sforzato per fare del tuo meglio» (John Wooden)

Letto 792 volte Ultima modifica il Domenica, 12 Febbraio 2023 09:02