Giovedì, 01 Agosto 2013 16:36

Atomi in famiglia

TRAMA:
Figlio di un amministratore delle ferrovie e di una maestra elementare, Enrico Fermi nacque il 29 settembre del 1901, dopo la sorella Maria (1899) e il fratello Giulio (1900), morto nel 1915. La morte del fratello lasciò Enrico improvvisamente solo e con un grande vuoto: forse per questo motivo, cominciò a dedicarsi allo studio con tanta assiduità. Nei suoi studi, fu guidato dall’ingegnere Adolfo Amidei, un amico di famiglia, che prestò al giovane Enrico i libri che possedeva, uno alla volta, in ordine logico, per formargli solide basi matematiche e per dargli le nozioni fondamentali della fisica.
Fu proprio l’ingegnere a suggerire a Enrico di andare a Pisa, alla Reale Scuola Normale Superiore. Gli anni di Pisa, dal 1918 al 1922, furono caratterizzati da un’intensa vita goliardica, da lunghe gite sulle Alpi Apuane e da numerosi successi scolastici, nonostante il poco tempo dedicato allo studio. Dopo la laurea, avvenuta il 4 luglio del 1922, Enrico si recò a Roma per avere dal senatore Orso Mario Corbino, direttore dell’Istituto di Fisica di Via Panisperna, alcuni consigli per l’avvenire. Fermi trovò in Corbino un maestro affabile che mostrava comprensione e interesse sia per le questioni di fisica moderna sia per quelle umane. Per parte sua Corbino fu colpito dalla cultura scientifica di quel giovanetto timido e modesto, e ne intuì immediatamente l’eccezionale intelligenza.
Nell’autunno del 1926 divenne professore di ruolo all’Università di Roma e, grazie all’intraprendenza di Corbino, negli anni seguenti altri giovani vennero all’Istituto di Fisica: studenti nuovi, laureati di altre Università, fisici stranieri. Erano di passaggio: stavano alcuni mesi o alcuni anni, poi se ne andavano. Ma il nucleo iniziale rimase: Rasetti, Fermi, Segrè e Amaldi. Corbino li chiamava i suoi ragazzi e, come un padre, li seguiva affettuosamente nelle loro ricerche, oltremodo orgoglioso dei loro successi. I ragazzi di Corbino lavoravano insieme, in una collaborazione naturale e spontanea. Diversi di carattere, si adattarono l’uno all’altro, e ne risultò un’amicizia che andò crescendo col passar degli anni.
Enrico Fermi e Laura Capon si sposarono il 19 luglio del 1928: incontratisi per la prima volta una domenica di primavera del 1924, ebbero modo di ritrovarsi durante le vacanze estive del 1926 in Val Gardena. Nell’estate del 1930, i coniugi si recarono per la prima volta negli Stati Uniti, per un corso di lezioni di meccanica quantistica all’Università del Michigan ad Ann Arbor. 
Nel gennaio del 1934, Irène Curie e Frédéric Joliot annunciarono di aver scoperto la radioattività artificiale e Fermi decise di dedicarsi alla fisica sperimentale: con Amaldi e Segrè, si dedicò all’estrazione di neutroni dal radio. Verso la fine del 1935 il ritmo di lavoro era fiacco e i risultati scarsi per molti motivi: la guerra etiopica scoppiata in ottobre, l’allontanamento di Majorana, la partenza di Rasetti per gli Stati Uniti e il trasferimento di Segrè a Palermo. Fu la fine del gruppo di via Panisperna.
Il 10 novembre del 1938 la famiglia Fermi ricevette la telefonata dalla commissione del Nobel. Avendo già deciso di lasciare l’Italia, approfittarono del viaggio a Stoccolma per proseguire per gli Stati Uniti: nel settembre dello stesso anno erano state promulgate le leggi razziali e la situazione di Laura, ebrea per nascita, sarebbe diventata un vero problema per la famiglia, nonostante la notorietà del marito. La famiglia partì da Roma il 6 dicembre del 1938, Enrico ricevette il premio il 10 dicembre e il 2 gennaio 1939 sbarcarono in America. Per sei mesi, la famiglia abitò a New York, nel quartiere della Columbia University, poi si trasferirono in un villino a Leonia, nel New Jersey, nel settembre del 1939. 
Dopo che gli esperimenti condotti a Roma nel 1934 avevano apparentemente dimostrato che bombardando l’uranio con neutroni si produceva un nuovo elemento, Hahn, Strassman e Lise Meitner a Berlino fecero parecchi progressi in questo campo e la Meitner, costretta a rifugiarsi a Stoccolma dopo l’Anschluss, ne parlò a Bohr, che era in procinto di partire per l’America. La Meitner, con il nipote Frisch, avanzò l’ipotesi di una scissione dell’uranio, ovvero la separazione dello stesso in due parti quasi uguali, processo che sprigiona una grandissima quantità di energia nucleare, mettendo in fuga i neonati elementi a grandissima velocità in direzioni divergenti. Quindi progettarono un esperimento per verificare questa ipotesi e per misurare la quantità di energia che viene liberata nella scissione di un atomo di uranio. Avvisarono poi Bohr con un telegramma, per informarlo dei risultati positivi dell’esperimento e Bohr mise al corrente Enrico Fermi della nuova interpretazione dei suoi esperimenti del 1934. Fermi formulò l’ipotesi che l’uranio, nello scindersi in due pezzi, potesse emettere neutroni e non appena l’ipotesi di Enrico divenne nota, molti fisici sperimentali si misero a cercar neutroni nella scissione con grande alacrità e in preda a evidente eccitazione. Si cominciò a parlare di una “reazione a catena automantenuta”: i neutroni derivati dalla scissione avrebbero permesso la scissione di altro uranio che avrebbe generato quindi altri neutroni… e così via. Per la prima volta apparve agli occhi degli uomini la possibilità di sfruttare le illimitate riserve di energia contenuta nella materia. Si cominciò a parlare di armi atomiche e gli scienziati erano preoccupati per il fatto che l’inizio di questi studi fosse avvenuto in Germania, anche se non si sapeva se l’esperimento, ipotizzato in teoria, fosse realizzabile in pratica. 
Anche alla Columbia University si cominciò a lavorare per realizzare la reazione a catena: Fermi, con Pegram, Dunning e Anderson, stabilì un piano di ricerche da eseguire con il ciclotrone. Si unirono al gruppo anche Szilard e Zinn. 
Si decise di mettere al corrente il Governo dei progressi effettuati: Einstein, Szilard e Wigner, di comune accordo, decisero di preparare una lettera per il Presidente Roosevelt. L’avrebbe firmata Einstein, lo scienziato di gran lunga più insigne in tutti gli Stati Uniti. Una volta ricevuta la missiva, Roosevelt istituì un “Comitato Consultivo per l’uranio”. Inizialmente, l’appoggio del Governo fu ben poca cosa in termini economici, ma dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor nel dicembre del 1941, l’atteggiamento cambiò. 
Nel 1942 i Fermi si trasferirono a Chicago: Enrico lavorava al Laboratorio Metallurgico, il Met Lab, e tutto quello che vi succedeva era un segreto militare di primaria importanza. In questo laboratorio venne realizzata la prima pila atomica: la realizzazione della pila atomica veniva a coronare quattro anni di ricerche ininterrotte, di sforzi intensi, cominciati non appena fu annunciata la scoperta della scissione dell’uranio. L’esperimento della pila fu realizzato con successo il 2 dicembre del 1942. 
Nell’estate del 1944, la famiglia Fermi si trasferì al Sito Y.
Il lavoro atomico, chiamato “Reparto Manhattan”, era guidato dal generale Groves, che, con l’aiuto del prof. Robert Oppenheimer, cercò un luogo per costruire la bomba atomica. Fu Oppenheimer a suggerire a Groves una scuola-convitto per ragazzi, situata su un altopiano, in prossimità di Santa Fé. Sotto la direzione di Oppenheimer, sorse una vera e propria città a 2200 metri sul livello del mare, con più di 6000 abitanti alla fine della guerra. In quella città si raccolsero scienziati provenienti da tutte le parti degli Stati Uniti e dall’Inghilterra; e sparirono dal mondo. Per due anni e mezzo la città non venne segnata sulle carte geografiche, non ebbe riconoscimento ufficiale, non fece parte amministrativa del New Mexico, i suoi abitanti non ebbero il voto nelle elezioni. Quella città veniva chiamata Los Alamos dagli abitanti, Sito Y dalle poche persone al di fuori di essa che ne conoscevano l’esistenza, Casella Postale 1663 di Santa Fè da corrispondenti e amici dei residenti
La fine della guerra si avvicina, gli esperimenti si susseguono. Il 16 luglio 1945 ad Alamogordo (chiamata Trinity per misura di sicurezza) nel mezzogiorno del New Mexico era stata fatta esplodere la prima bomba atomica che fosse mai stata costruita. Il generale Farrell, che aveva preparato una relazione dell’avvenimento pubblicata in agosto dopo Hiroshima, descrisse l’esplosione con le seguenti parole: “Tutta la campagna fu illuminata come da un riflettore di intensità molte volte superiore a quella del sole di mezzogiorno. La luce era dorata, color porpora, violetta, grigia e azzurra. Illuminava ogni cima, ogni crepaccio e ogni cresta della vicina catena di montagne, con una vivida bellezza impossibile a descrivere. Trenta secondi dopo l’esplosione si ebbe dapprima lo spostamento d’aria che investì con forza persone e cose; seguì quasi immediatamente il boato forte, prolungato e terrificante che sembrava annunciare il giudizio universale.”
Nell’agosto del 1945 furono sganciate le bombe su Hiroshima e Nagasaki: il 14 agosto il Giappone si arrese. 
All’inizio del 1946, la famiglia Fermi tornò a Chicago, dove Fermi lavorò ancora in università e, in marzo, con altri quattro scienziati ricevette la medaglia al merito del Congresso degli Stati Uniti per la parte avuta nell’attuazione della bomba atomica.
 
COMMENTO:
La descrizione accurata della vita a Los Alamos, il racconto della partenza per l’America della famiglia Fermi, il comportamento di Enrico Fermi durante l’esperimento Trinity… sono solo alcune delle curiosità contenute in questo libro, nel quale Laura Fermi presenta un’ottima combinazione di racconti di vita familiare con il grande fisico e di elaborate spiegazioni scientifiche del lavoro del marito. Il libro è semplice e scorrevole, accessibile anche per coloro che non hanno alcuna preparazione in campo fisico. 
La vita di Enrico Fermi appassiona il lettore e il contesto storico nel quale si è svolta rivela una serie di sfaccettature che non si possono ritrovare in un libro di storia, che ci parla degli avvenimenti della seconda guerra mondiale: gli eventi di quegli anni sono, infatti, presentati con il filtro delle emozioni degli spettatori di quegli anni, spettatori che riescono a diventare parte attiva e che vivono sulla propria pelle le conseguenze delle scelte di personaggi come Hitler e Mussolini. 
Libro consigliatissimo a tutti.

Informazioni aggiuntive

  • Autori: Fermi Laura
Letto 14552 volte Ultima modifica il Martedì, 06 Agosto 2013 07:40

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