Martedì, 19 Luglio 2016 08:34

86 - 29 Aprile 2016

Matematica e restauro: forse ai più sembrerà un binomio improbabile, ma “con il calcolo delle variazioni si può individuare l’energia minima di un’immagine e sfruttarla per ricostruire un dipinto distrutto o rovinato nel modo più fedele possibile.” Le parole di Riccardo Cristoferi sono intense ed emozionanti: “La matematica è bellissima, è il modo in cui riusciamo a descrivere il mondo che ci circonda. […] Per me fare matematica è come essere un bambino in un parco giochi: puoi fare qualsiasi cosa ci sia in giro, sei libero di essere curioso e di farti tutte le domande che vuoi.” Cristoferi ci spiega in termini semplici in cosa consista il calcolo delle variazioni, descrivendolo come la versione matematica della pigrizia della natura. Il lavoro di Cristoferi ha a che vedere con una matematica artistica: “consiste nel descrivere nel modo più accurato possibile dal punto di vista matematico le principali caratteristiche delle immagini ottenute”. Anche Francesca E. Magni, insegnante di matematica e fisica al liceo, propone un percorso di matematica applicata all’arte, in particolare alla soluzione di problemi legati ai beni culturali e al restauro. “La matematica è utile al restauro perché insegna a risolvere problemi complessi adottando strategie rigorose”. Si tratta di applicare dei modelli, anche se nell’ambito della conservazione e del restauro non è facile, visto che “per evitare di danneggiare il campione osservato non si possono raccogliere molti dati sul comportamento del materiale”. Modellizzare può voler dire anche realizzare una copia esatta di un’opera in modo da poterla maneggiare senza rischi, sperimentando tecniche rischiose, oppure la copia può essere ingrandita, per poterne ammirare e indagare tutti i particolari. Nell’ambito dei modelli matematici, non si può non parlare di Moxoff, un’azienda creata e composta da “ingegneri specializzati nello sviluppo e nell’applicazione di modelli matematici e numerici innovativi”. Nata nel 2010, ha preso avvio dal Laboratorio Mox del Politecnico di Milano. Tra i suoi progetti, la modellizzazione delle partite di pallavolo per far vincere una squadra, nell’ambito della robotica Ambrogio, che si occupa della pulizia del giardino, o la realizzazione di un casco matematicamente confortevole. Questi tre progetti sono anche quelli con i quali Moxoff si è presentata a MadeinMath, la mostra presente al Muse di Trento fino al 26 giugno. Nel video realizzato da James Earle per Ted, nell’uomo Vitruviano “Leonardo è riuscito a combinare matematica, religione, filosofia, architettura e abilità artistiche del suo tempo”: ancora una volta il binomio matematica e arte!

Oltre al fatto che all’Italia la matematica può servire, per quanto appena detto, per la conservazione e il restauro delle sue numerose opere d’arte, secondo Massimo Ferri, docente di Geometria presso l’Università di Bologna, ci possono essere “cinque evidenti ragioni, strettamente correlate” per le quali può servire: la tradizione, la cultura, il prestigio internazionale, l’insegnamento e il progresso tecnico-scientifico. In altre parole, “la necessaria, stupenda continuità della conoscenza”. E se non lo facciamo per l’amore della conoscenza, possiamo studiare matematica perché le aziende sono pronte ad assumere, ma mancano giovani competenti: “i lavoratori più richiesti d’Italia sono analisti di procedure informatiche, progettisti per l’automazione industriale, sviluppatori di software e app e consulenti per la gestione aziendale”. In altre parole, “le imprese investono su nuove figure che consentano loro di fare un passo decisivo nell’automazione e nell’uso di algoritmi e software”: spazio, quindi, a chi ha una preparazione anche in ambito matematico. È quindi importante riflettere sui risultati degli studenti italiani nella parte matematica dei test OCSE-PISA. Per l’Unione Matematica Italiana è importante “individuare indicazioni significative per l’importante dibattito sulla formazione matematica dei nostri studenti”. Bisogna innanzi tutto ricordare che in Italia si è sempre privilegiato l’insegnamento della matematica che punta sull’astrazione, mentre i test Pisa prediligono l’utilizzo della matematica nelle condizioni di realtà. Ma il vero problema potrebbe essere la mancanza di abitudine, per gli studenti italiani, ad affrontare situazioni nuove: “una pratica didattica appiattita sull’esecuzione di esercizi dello stesso tipo, in cui viene richiesta l’applicazione di formule precedentemente memorizzate, può avere come conseguenza la difficoltà o addirittura il rifiuto a priori di risolvere quesiti percepiti come diversi.” Questo spiegherebbe perché gli studenti italiani si trovino in difficoltà, in genere, di fronte a testi articolati, “in cui le informazioni rilevanti dal punto di vista matematico pervadono il testo stesso” e potrebbero spiegare anche la difficoltà nell’affrontare prove come quelle proposte ultimamente per la seconda prova del liceo scientifico, prove come quella proposta stamani dal Miur come simulazione e sapientemente risolta dal team di Redooc. Anche Simon Jenkins pensa che la matematica non serva a nulla, ma Tim Gowens, nell’inserto del giovedì di The Guardian, fa alcune considerazioni importanti su come viene insegnata la matematica: “La matematica deve essere uno strumento per aumentare la propria capacità di pensare, ma per molti bambini è solo un insieme di regole piuttosto inutili per manipolare simboli.” Riguardo ai test OCSE-PISA, esprime il suo parere anche Rosetta Zan, che ha insegnato Didattica della Matematica all’Università di Pisa: secondo l’esperta un ruolo di primo piano spetta alla valutazione, che “inquina” il processo di apprendimento e non permette all’alunno di sperimentare in piena libertà. In questo senso, è importante “stabilire in classe un clima sereno di lavoro, non condizionato dall’ossessione della valutazione”.

Forse dovremmo liberarci tutti dai nostri stereotipi e forse il mensile “Mate” si muove in questo senso: si rivolge agli appassionati, ai curiosi e ai “simpatizzanti”. Gli specialisti potrebbero trovare i temi proposti e il modo in cui vengono trattati un po’ troppo semplicisti, ma per chi voglia scoprire in un modo nuovo la matematica, approfondendo le proprie conoscenze, saziando la propria curiosità e trovando il modo di mettersi alla prova con i giochi matematici, avendo l’opportunità di tenersi informato sulle ultime opportunità matematiche, questa rivista può essere un’ottima occasione. “Ogni numero di MATE contiene interviste, dossier, studi, approfondimenti, spiegazioni dei teoremi più applicati (spesso a nostra insaputa) nella quotidianità, analisi dei legami tra i temi di attualità e la matematica e, per finire divertendosi, una ricca sezione di giochi.”

A proposito di approfondimenti, non può mancare un post di “Math is in the air”, che cerca di superare i luoghi comuni attraverso il Teorema di Bayes: si parla di immigrazione e criminalità. Magari non è semplicissimo seguire la matematica del post, ma la logica sottesa è comprensibile per tutti. Interessante è la conclusione: “Se avessi utilizzato delle stime vere per alcune combinazioni di dati avremmo addirittura ricavato che il tasso di criminalità fra gli immigrati è confrontabile con quello degli italiani o almeno è confrontabile con quello della popolazione di alcune zone geografiche problematiche della stessa Italia”.

Concludo con due interviste per il mese delle Stem: quella di Margherita Hack, la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia. Dalla sua intervista, scopriamo che era una studentessa mediocre, ma a me è piaciuta in particolare la risposta alla domanda su chi abbia ispirato e guidato la sua carriera: “Mio marito Aldo. Ci siamo conosciuti da bambini e poi ritrovati all’università. In realtà all’inizio ci eravamo piuttosto antipatici. Si litigava sempre e non mi ricordo poi com’è finita che ci siamo innamorati e addirittura sposati. Siamo complementari in tutto, io atea lui cattolico, io scienziata lui letterato.” Chiara Bessi, Client Advisor dal 2003 in Kairos Julius Baer SIM, è la seconda intervista che ho scelto per questa Newsletter. Della sua intervista mi ha colpito la frase che non sopporta: “Sono due domande: ‘come fai con il lavoro’ (sottinteso per via delle bambine [è mamma di due bimbe]) e ‘come fai con le bambine’ (sottinteso per via del lavoro). Hanno il potere di irritarmi… perché nessuno si sognerebbe di farle mai ad un uomo.” Ecco… in queste due domande è davvero racchiuso un mondo di pregiudizi e stereotipi duri a morire!

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra due settimane!

Daniela

Letto 2940 volte Ultima modifica il Martedì, 19 Luglio 2016 08:45
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