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Per questo Carnevale della Matematica, Maurizio Codogno ha proposto un tema non semplice: «Cos’è per voi la matematica?»

L’istinto porta ad elencare una serie di aggettivi, che possano in qualche modo racchiudere o far riconoscere la matematica. Il secondo pensiero è quello di definire la matematica attraverso il suo insieme complementare, cioè dicendo cosa la matematica non è e, credo, per i miei alunni che mi accusano di ritenere che tutto sia matematica, forse sarebbe la strada più facile. Mentre guardo l’una e l’altra strada, scorgo una terza via: quella che passa per le citazioni di importanti matematici. Perciò comincio con una definizione di Paul Erdős, incontrata in uno dei primi libri di divulgazione che ho letto, L’uomo che amava solo i numeri di Paul Hoffman: «La matematica è la strada più sicura per l’immortalità. Se fai una grande scoperta in matematica, sarai ricordato quando chiunque altro sarà stato dimenticato.» Questa definizione mi rimanda a una delle frasi più famose di G.H. Hardy riportata nella sua Apologia di un matematico: «Archimede sarà ricordato quanto Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. “Immortalità” è forse una parola ingenua ma, qualunque cosa significhi, un matematico ha le migliori probabilità di conseguirla.»

La definizione che sento però più vicina è probabilmente quella di Maryam Mirzakhani, forse perché parla di un sentiero e io amo camminare in montagna, forse perché uso spesso questa metafora quando, nel passaggio dal biennio al triennio dello scientifico, i genitori ai colloqui si lamentano del fatto che non si sanno spiegare le difficoltà incontrate dai loro figli. Io spiego che fare gli esercizi di algebra al biennio è come ripercorrere le orme lasciate da qualcun altro: c’è una meta evidente, ma c’è anche un sentiero già tracciato da seguire e bisogna solo avere la pazienza di mettere un piede davanti all’altro. Il panorama cambia completamente quando ci si confronta con la geometria analitica: davanti a noi c’è sempre la cima della montagna da raggiungere, ma nessun sentiero si snoda davanti ai nostri occhi: vediamo la cima e dobbiamo costruire un percorso per raggiungerla. A volte si sbaglia strada, a volte si imboccano tratti di sentiero che ci portano in situazioni di pericolo e dobbiamo avere la forza di rinunciare e tornare indietro. Ecco, quindi, che la definizione di Maryam Mirzakhani è illuminante: «Fare matematica per me è come una lunga escursione senza un sentiero tracciato né un traguardo visibile».

Paul Hoffman, autore della biografia di Paul Erdős già citata, definisce la matematica raccontando ciò che non è e concentrandosi sul calcolo: «La matematica è una disciplina incompresa, e per di più calunniata. Non consiste nei rozzi calcoli che ci ficcano in testa alla scuola elementare. Non è la scienza del far di conto. I matematici non passano il loro tempo a ideare modi più brillanti per fare moltiplicazioni, metodi più veloci per fare addizioni o sistemi migliori per estrarre radici cubiche.»

Tra le definizioni che più mi piacciono c’è poi quella di Chiara Valerio che nel libro La matematica è politica scrive: «La matematica è la ginnastica posturale del cervello. Non tutti hanno bisogno di fare ginnastica per tenere le spalle dritte, ma se fai ginnastica posturale è plausibile che le spalle rimangano dritte anche col passare del tempo. Per questo, […] voglio ribadire che avere una postura etica, sentirsi sempre unico e sapere che altrettanto unici sono gli altri è importante, e che la matematica aiuta.» Come insegnante, non potrei trovare una definizione migliore e, probabilmente, mi è capitato di usarla in classe per giustificare in qualche modo le difficoltà che si devono affrontare per studiare matematica.

Se invece di nascondermi dietro i grandi matematici, provo a dare una definizione, il mio pensiero torna al prof. Alessandro Antonietti, attualmente preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, all’epoca dei fatti docente al corso di perfezionamento in didattica della matematica, al quale mi ero iscritta il giorno stesso della discussione della mia tesi. Proprio in apertura di corso, Antonietti ci aveva chiesto di scrivere la nostra definizione di matematica e io avevo scritto: «La matematica è diventata la metafora della vita: la matematica è fatica, è la dimostrazione che niente si può ottenere se non a prezzo di grandi sacrifici e di ingenti sforzi e che tutto ciò che si raggiunge con fatica è fonte di soddisfazione.»

Se rileggo la definizione, sono ancora d’accordo con me stessa: proprio perché dico che la matematica è ovunque, la matematica non può che essere metafora della vita ed è per me scontato ritrovarla in ogni aspetto della vita. Concentrandomi sulla seconda parte della definizione, realizzo che, al termine di un faticoso percorso universitario, non potevo che dare una definizione che metteva in evidenza fatica, sacrifici e sforzi, per culminare poi nella soddisfazione che nasce dal raggiungimento di un traguardo.

Sempre durante il corso di perfezionamento, Antonietti ci aveva chiesto di prendere un foglio bianco e di scrivere “matematica” al centro del foglio: attorno avremmo aggiunto tutto ciò che collegavamo alla matematica. Al termine del nostro lavoro, ha raccolto i nostri fogli e ha realizzato un’unica mappa, il cui risultato è presentato nel lavoro che ho realizzato durante l’anno di prova, L’ansia, la matematica e la voglia di imparare.

La mappa non ha un unico colore, perché il prof. Antonietti aveva messo in evidenza diversi aspetti: dalle proprietà della matematica, sorprendentemente poco presenti in una mappa realizzata da insegnanti, fino agli aspetti estetici e artistici che si contendono la parte superiore con le relazioni. La parte inferiore è dominata dalle emozioni, mentre l’ultima parte riguarda i contesti in qualche modo lontani dalla matematica. In questa chiusura di anno scolastico, ho voluto riproporre questa mappa ai miei studenti e, per quanto siano comparse anche cose negative, non considero la loro mappa molto diversa da quella degli insegnanti, nella sostanza. 

Leggo qui e là: riconosco impegno e costanza che portano con sé determinazione, dedizione, pazienza, fatica, disciplina, tempo, continuità, lavoro, studio, tentativi, allenamento, volontà, perseveranza. Questi termini rimandano a ciò che, secondo i miei alunni, è necessario per avere successo in matematica: la costanza, la volontà di spendere tempo per studiare, la necessità di fare tanti tentativi e di faticare. Poi ci sono la logica e il ragionamento, che costituiscono le “cifre” della matematica, come se fossero i suoi sinonimi. Per quanto riguarda le proprietà della matematica, queste compaiono nelle mappe degli alunni che hanno meno confidenza con la disciplina: ci troviamo le formule, i problemi, i teoremi, gli esercizi, i calcoli, i grafici e i numeri. Tra l’ansia e lo stress, l’insicurezza, la delusione e la frustrazione, fanno capolino anche l’orgoglio, l’appagamento e la soddisfazione, che ci raccontano un percorso, che può sfociare in un fallimento o in un successo. In ogni caso, la matematica è una sfida, che richiede attenzione e concentrazione, che spinge alla riflessione, mentre comunque emerge il suo fascino, diventa occasione di divertimento, è interessante, diventa oggetto di curiosità, esercizio di creatività. Che dire poi dello studio solitario, della noia, degli errori, della necessità di riflessione e di quella convinzione, che non si riesce a vincere, che per riuscire in matematica si debba essere in qualche modo dotati? E così compaiono l’intuizione, l’ingegno e il genio, mentre l’ordine e la precisione, aiutati dalla memoria, rimettono in gioco i soliti stereotipi, e l’intuizione gareggia con la strategia e con l’astrazione.

Questa mappa mostra tutto il fascino della matematica e, in qualche modo, ci racconta che i ragazzi delle superiori vivono la matematica come un’emozione.

In conclusione, ispirata dalle parole scelte dai miei alunni, a distanza di 27 anni dalla prima definizione ne arrischio un’altra: la matematica è un colore! Se non conosci la matematica, osservi la realtà e la vedi così come è. Non noti nulla di particolare. Ma se conosci la matematica, la realtà che osservi è diversa, perché ha un colore in più, che la rende più completa: per me è il colore della meraviglia. Per i miei alunni è il colore delle emozioni.

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