Mi piace organizzare viaggi per le mie classi, perché mi piace mostrare la matematica attorno a noi, nella realtà. Quando scelgo una meta, comincio, quindi, dalla matematica o dalla fisica, perché visitando una città si è immersi, consapevolmente, nell’arte e nella storia, ma si dimentica la componente scientifica, meno visibile, o forse visibile solo per gli occhi più allenati. L’ultima scelta è stata Trieste, ma, durante il viaggio di andata, abbiamo scelto di fermarci prima a Palmanova, la città-fortezza, con la sua stella a nove punte e il suo lato di 400 m che garantiva la possibilità per i cannoni della città di gestire la difesa, mentre il muro inclinato smorzava la potenza dei cannoni nemici, come è stato spiegato nel video di Geopop. Le strutture difensive della città ci hanno regalato degli scorci piacevoli, visto il cielo sereno, che mostrava un bel contrasto con il verde della vegetazione primaverile.
Al centro della città c’è una piazza esagonale, centro proprio della ragnatela, costituita dalle vie che partono a raggio e che si sviluppano in poligoni regolari concentrici. Nelle mura si aprono tre porte e le strade che passano attraverso esse si incontrano nel centro della piazza formando angoli di 120°, in una manifestazione di simmetria che diventa bellezza.
La seconda sosta è stata il Santuario Mariano del Monte Grisa, che domina la città di Trieste e permette, quindi, di vedere la città dall’alto, in un assaggio di ciò che ci aspetta. La struttura in cemento armato è tipica dell’architettura brutalista, che si è sviluppata in Inghilterra negli anni Cinquanta del secolo scorso. Il triangolo è la struttura modulare che si ripete sempre uguale, ma è un triangolo isoscele particolare, con la base uguale all’altezza, ovvero inscrivibile in un quadrato e con un lato obliquo che ha misura pari a metà del lato moltiplicato per radice di 5. Il triangolo ha una forte valenza simbolica per la fede cristiana, richiamando la trascendenza e la Trinità, ma in questo caso va oltre, ricordando la struttura di un alveare e proponendo una A, facilmente visibile, e una M (che ho faticato a far cogliere ai miei alunni), che sono le iniziali di Ave Maria, la celebre preghiera cattolica.
All’interno del Santuario ci sono due chiese, una sopra l’altra e passare da quella superiore a quella inferiore fa sentire schiacciati: come quella superiore fa sentire lo slancio verso l’alto, quella inferiore fa sentire il peso della gravità, e realizza l’intento dell’ingegnere Antonio Guacci, visto che sembra davvero di trovarsi nella stiva di una nave.
Giunti in città, nonostante il maltempo, abbiamo fatto un breve percorso per entrare in contatto con l’anima letteraria della città, quella più nota, quella presente negli antichi caffè letterari e nelle statue di Joyce, Saba, D’Annunzio e Svevo. Visto che il nostro albergo era nel quartiere teresiano, la nostra prima tappa è stato il Canal Grande, dove abbiamo incontrato James Joyce. Su questo canale si affacciano il Tempio Serbo-Ortodosso di San Spiridione e la Chiesa di Sant’Antonio Nuovo, come esempio dell’anima poliedrica della città, che non è solo il punto di incontro di tradizioni diverse - la Slovenia, l’Italia e l’Austria - ma è anche l’incrocio di religioni diverse. Il passo successivo è stato la statua di Umberto Saba, in via Dante Alighieri: il povero poeta è stato privato della pipa, spesso rubata, ma anche del bastone, ma è stato facile immaginarlo percorrere le strade cittadine mentre si dirigeva verso la sua libreria, esempio di ciò che hanno vissuto gli ebrei con le leggi razziali.
Inoltrarsi nella città ha significato anche raggiunge la sua anima più antica, con il Teatro romano, che con la sua apertura semicircolare e i suoi gradoni non può che richiamare la matematica! Piazza della Borsa, il “secondo salotto buono cittadino”, ci ha accolto con la sua eleganza (anche se a me il timpano con l’orologio del Palazzo della camera di commercio ha ricordato l’orologio di Hill Valley in Ritorno al Futuro) e Gabriele D’Annunzio non poteva che starsene elegantemente seduto su una panchina (questa statua è stata ribattezzata la “statua della discordia”). L’ultimo luogo della giornata è stato Piazza Unità d’Italia, con la sua Fontana dei quattro continenti sormontata dalla statua alata che rappresenta la città di Trieste. La Fontana è un simbolo della rinascita della città, visto che era stata spostata per consentire il discorso del Duce, che annunciava la promulgazione delle leggi razziali, ed è stata rimessa al suo posto solo in tempi recenti: è stato facile farsi portare indietro nel tempo, pur cercando di sostituire quel ricordo amaro con quello del presidente Luigi Einaudi, che il 4 novembre del 1954, insieme al sindaco della città, ha aperto i festeggiamenti per il ritorno di Trieste all’Italia.
Il suo ritorno alla normalità in tempi così recenti ha ricordato a tutti che Trieste è la città che è solo da poco tempo e che le ferite che ha subito durante la Seconda guerra mondiale forse non sono ancora del tutto rimarginate. La sosta al Santuario Mariano ci aveva permesso di cogliere questa sofferenza, perché non è possibile visitare il santuario senza ricordarne la nascita, con la risposta di Mons. Santin allo Stato maggiore tedesco: «Si stanno avvicinando da due parti gli eserciti. Resistere per farsi ammazzare e per distruggere Trieste? Questa città è la porta d’Europa centrale; perché distruggerla senza alcun scopo? Non è una città germanica; voi, tedeschi, pensate a difendere quelle. Questa è una città italiana, e gli italiani non avrebbero mai dimenticato.» (27 aprile 1945) Dopo aver individuato tutti i palazzi che si affacciano sulla Piazza, dopo aver raccontato della torre campanaria e dei due mori Micheze e Jacheze, e averli sentiti scandire il trascorrere del tempo, abbiamo volto lo sguardo al mare, il quarto lato della piazza, a significare l’apertura della città al mondo.
L’Immaginario Scientifico è stato il punto focale del secondo giorno di visita, visto che l’intero viaggio è stato costruito attorno alla disponibilità del museo: la visita è andata ben oltre le aspettative di noi insegnanti, visto che al termine della mattinata è stato difficile allontanare i ragazzi, che si sono mostrati coinvolti e incuriositi, entusiasti delle attività, delusi da quella che è sembrata una permanenza troppo breve. Durante la visita, abbiamo affrontato il percorso sull’energia con un laboratorio che ha permesso di focalizzare l’attenzione sulle energie rinnovabili, realizzando l’elettrolisi e studiando il funzionamento dei pannelli fotovoltaici, variandone l’inclinazione e la distanza rispetto alla fonte di luce e calore, e attraverso l’inserimento di filtri colorati.
La seconda parte del percorso ha visto come protagonisti i vari exhibit che hanno permesso ai ragazzi di toccare con mano la scienza, di sperimentarla in prima persona, esplorando e divertendosi. La prima parte del percorso ha permesso a tutti di cogliere la centralità della scienza nella città di Trieste, a partire dalla figura di Paolo Budinich, che insieme ad Abdus Salam, fondò a Trieste il Centro internazionale di fisica teorica. Con la prima mappa, topologica, i ragazzi hanno potuto vedere i collegamenti tra i vari scienziati, il loro ruolo nel Sistema Trieste, la presenza di un esiguo numero di donne, ma l’importanza della ricerca scientifica in questa città, visto che se la media in Italia è di 5 ricercatori ogni 1000 persone, a Trieste è di 37. Il piano superiore della struttura ha permesso di esplorare la matematica con il gioco: tassellazioni e puzzle, serie di Fibonacci, cubi di binomi e quadrati di trinomi, simmetrie con la simpatica scrittura allo specchio, la camera oscura, le illusioni ottiche… insomma, così tanta matematica da lasciare inebriati!
La meta successiva, nel pomeriggio, è stata la Grotta Gigante: la grotta non è solo magnificenza e bellezza indescrivibile, ma anche laboratorio scientifico, come ci ricordano i due pendoli centrali, usati per le rilevazioni sismiche.
La giornata si è conclusa con un ulteriore giro in città: ci siamo fatti lasciare alla Cattedrale di San Giusto, in cui il rosone centrale ha rimandato alla matematica (ovviamente!), ma ha anche evidenziato la mancanza di simmetria della struttura. Una mancanza presente anche all’interno, visto che le colonne che separano le navate sono spaziate in modo diverso ai due lati dell’altare. I ragazzi hanno notato questa rottura della simmetria, evidenziandola come mancanza di bellezza!
Dopo la salita al castello per vedere da vicino i due automi originali, Micheze e Jacheze,
siamo ridiscesi lungo la strada antistante la cattedrale, verificando la distanza in passi dall’Arco di Riccardo. Ci siamo soffermati sul nome dell’arco, ma la mancanza di simmetria (successiva alla sua costruzione) è stata poco notata: i ragazzi cominciavano a scalpitare, assaporando il momento di libertà che abbiamo concesso loro dopo aver raggiunto l’inetto triestino, Italo Svevo.
L’ultimo giorno di visita è stato un’oscillazione tra presente e passato, avendo scelto di lasciare ampio spazio ad entrambe le anime della città: abbiamo visitato l’Area Science Park di Padriciano, all’origine un campo profughi, dove i ricercatori Alessandro e Pietro, insieme allo studente della magistrale di fisica Nicolò, ci hanno guidato alla scoperta dei lavori che vengono svolti all’interno dei laboratori dell’INFN. Dopo averci parlato della fisica delle particelle e averci tratteggiato il quadro storico, estendendo il discorso fino al CERN, hanno permesso ai nostri studenti di capire cosa significhi studiare le particelle, anche attraverso il confronto tra le strumentazioni in uso nel passato e quelle più moderne. In una sala riunioni, gli studenti hanno poi potuto fare domande, in un piccolo percorso di orientamento.
La seconda parte della mattinata ha avuto per protagonista il Monumento Nazionale delle Foibe di Basovizza. Lo storico che ci ha accompagnato in questo percorso ha fatto in modo che potessimo cogliere nei particolari la storia più recente della città, a partire dalla fine della Prima guerra mondiale fino ai giorni nostri. Il passato delle foibe è un passato che è ancora presente, se pensiamo anche solo a quanto ci ha raccontato lo storico della sua esperienza: quando fa la guida a Basovizza viene etichettato come fascista e quando si ritrova a fare la guida alla Risiera di San Sabba viene etichettato come comunista. La riflessione che è stata sollecitata è andata ben oltre i luoghi visitati e il tempo studiato, mentre il monumento, con le sue linee scarne ed essenziali, ha richiamato le macchine della fisica che avevamo visto in piazza a Palmanova: in quel caso erano servite per costruire le fortificazioni della città, in questo sono state utilizzate per calarsi all’interno della foiba a carpirne i segreti. Questa comunicazione tra interno della foiba e mondo esterno è stata bloccata da un coperchio che, con la sua fissità e la ruggine, dà l’idea di un evento fermo nel tempo, lontano ma al tempo stesso vicino.
La visita alla città di Trieste ci ha permesso di notare come il linguaggio della matematica, astratto e simbolico, possa essere lo strumento ideale per comunicare attraverso i simboli, basti pensare al Santuario Mariano del monte Grisa. Il rigore della matematica, inoltre, può diventare espressione di regolarità e bellezza, presente in Piazza Unità d'Italia, è stata manifestazione di eleganza e maestosità, mentre la sua assenza, come nella Cattedrale di San Giusto, ha segnalato una mancanza di armonia. Mi ha colpito il fatto che Trieste sia nominata soprattutto come città letteraria, mentre la sua essenza è, ancora una volta, più articolata e poliedrica di quanto sia possibile cogliere con un primo sguardo: Trieste è una città scientifica, e spesso il turista medio coglie “solo” la bellezza artistica, senza rendersi conto che l’arte sceglie la matematica per enfatizzare certi aspetti. Federica Manzon, nella guida di Trieste del Touring Club, scrive: «A scuola ci insegnavano le poesie di Rilke che a Duino inseguiva l’Angelo del Tempo, poi Svevo ovviamente e ci portavano in visita alla libreria antiquaria del poeta [Saba]. Nei caffè non mancavano mai le presentazioni di qualche autore cittadino, meglio se poco noto nella nazione. Così una generazione dopo l’altra è cresciuta nel culto della città di carta e la letteratura è considerata patrimonio del Dna triestino: un mito tutto rivolto al passato, un culto dei morti poco celebrati in vita. Passa invece del tutto sotto silenzio la presenza in città di uno degli avamposti scientifici più importanti al mondo.» Così Trieste, connubio di tradizioni (Slovenia, Austria, Italia), incontro di religioni, diventa anche culla delle “due culture”, l’anima umanistica e quella scientifica, che ognuno di noi porta dentro di sé, ne sia consapevole oppure no.
Durante la costruzione del percorso di visita ho letto dell’impegno di Abdus Salam, quello che Pietro Greco definisce il pakistano visionario, che «propose di allestire un centro dove formare alla fisica teorica i giovani più valenti dei paesi in via di sviluppo. Non solo per il valore culturale intrinseco di una simile iniziativa, ma anche perché la scienza è il motore dello sviluppo economico. E la scienza di base è il primum movens della scienza. In altri termini – questo era il pensiero di Abdus Salam, in controtendenza rispetto a molto analisti – i paesi in via di sviluppo non possono fare a meno di eccellere anche nelle scienze più astratte se vogliono recuperare il gap economico che li separa dai paesi più avanzati.». Ci è stato fatto notare come l’eccellenza di Trieste sia diversa dall’eccellenza americana: per accedere alle grandi università statunitensi, devi dimostrare di essere all’altezza, mentre Trieste apre le proprie porte a chi questo sapere lo vuole costruire, per portarlo poi nel proprio paese di origine, per permettere anche ai paesi meno fortunati di costruirsi un futuro.
Fotografie realizzate durante il viaggio di istruzione a Trieste, il 17, 18 e 19 aprile 2024, con le classi 3AS e 3ES.