TRAMA:
Erdős nacque a Budapest il 26 marzo 1913. Figlio di due insegnanti di matematica delle superiori, divenne un asso con i numeri quando ancora faceva i primi passi. Lasciò l’Ungheria per la prima volta nel 1934, sotto la dittatura di Horthy e andò in Inghilterra per una borsa post-laurea: i quattro anni passati a Manchester furono, per quanto riguarda la matematica, un bel periodo, nonostante la grande nostalgia.
Nel 1943, Ulam invitò Erdős ad unirsi allo sforzo bellico a Los Alamos, dove stavano costruendo armi atomiche. Erdős scrisse per dare la propria disponibilità, ma, avendo voluto sottolineare che c’era la possibilità che dopo la guerra tornasse a Budapest, non venne accettato. Gli piaceva provocare le autorità.
Ottenne poi un part-time alla Purdue University: in questa occasione, i suoi colleghi scoprirono che aveva una profonda cultura anche al di fuori dell’ambito matematico.
Nel 1948, per la prima volta dopo dieci anni, tornò a Budapest. Per Erdős fu un viaggio dolce e amaro allo stesso tempo, ma dovette ripartire in tutta fretta, quando Stalin cominciò a chiudere le frontiere. Fece la spola fra Stati Uniti e Inghilterra, ma quando, nel 1954, venne invitato ad un convegno di matematica ad Amsterdam, gli Stati Uniti non gli diedero il permesso di rientro. A quanto pare, le autorità statunitensi temevano che le lettere a un teorico dei numeri cinese, piene di impenetrabili simboli matematici, potessero essere messaggi cifrati.
Erdős non era uomo da accettare che gli ponessero vincoli, perciò partì per Amsterdam. Sempre ottimista, si aspettava che i paesi dell’Europa occidentale sarebbero stati più gentili degli Stati Uniti e pensava che lo avrebbero lasciato viaggiare senza problemi. Ma trovò ostacoli anche in Europa.
Nel 1963, finalmente gli fu concesso di rientrare negli Stati Uniti e l’anno successivo la madre, seppur ottantaquattrenne, cominciò a viaggiare con lui. Viaggiare non le piaceva, ma voleva stare con lui: non faceva che preoccuparsi della salute del figlio e anche della sua sicurezza fisica. La madre morì nel 1971: subito dopo Erdős cominciò a prendere un sacco di pillole, prima antidepressivi e poi anfetamine. S’immerse nel lavoro per diciannove ore al giorno, sfornando saggi su saggi, destinati a mutare il corso della storia della matematica. A sua madre continuò a pensare per tutto il resto della sua vita.
L’aspetto stanco e malato di Erdős ingannò i suoi amici a lungo. Negli anni Quaranta, i suoi colleghi pensavano che la sua salute fosse così fragile che non sarebbe vissuto a lungo. Aveva un’aria debole e sembrava sempre malato. Solo negli ultimi dieci anni di vita diversi problemi di salute fecero perdere a Erdős un po’ della sua energia, anche se continuò a lavorare a un ritmo che, paragonato a quello degli altri matematici, era frenetico.
Morì il 20 settembre 1996. Il servizio funebre ufficiale fu uno dei più imponenti cui si fosse mai assistito in Ungheria. Vi presero parte oltre cinquecento persone, come se fossero stati i funerali di un capo di stato.
Nel marzo del 1997, all’Università di Memphis, ci fu la 919^ Assemblea dell’American Mathematical Society. Questo convegno coincideva con il compleanno di Erdős e l’organizzatore invitò tutti a fermarsi a casa sua per una “festa dei sopravvissuti”. I più di 200 matematici convenuti si scambiarono aneddoti su Erdős. Ne emerse il profilo di un uomo che era sì un disastro nelle cose materiali, ma sempre gentile con la gente, pieno di attenzioni verso i bisognosi.
Prima di morire, Erdős riuscì a pensare a più problemi di qualunque altro matematico della storia: scrisse da solo o in collaborazione 1475 saggi accademici, collaborò con più persone di qualunque altro matematico della storia (ben 485) dimostrando che la matematica non è soltanto un gioco da ragazzi. Strutturò la sua vita per massimizzare il tempo da dedicare alla matematica. Si muoveva per quattro continenti a un ritmo frenetico, spostandosi da un’università o un centro di ricerca all’altro.
Nel campo della matematica, lo stile di Erdős era di grande curiosità, uno stile che applicava a qualunque altra cosa cui si trovasse di fronte. Parte del suo successo di matematico veniva dalla tendenza a porre domande di base, a ponderare criticamente quanto altri davano per stabilito.
Erdős rinunciò al piacere fisico e ai beni materiali per una vita consacrata alla scoperta della verità matematica: per lui la matematica era un’ancora di salvezza in un mondo che egli, anche se credeva nella bontà e nell’innocenza delle persone comuni, considerava crudele e senza cuore.
I numeri primi erano gli amici intimi di Erdős e il suo acume in materia di primi era tale che, a sentire di un nuovo problema al riguardo, spesso non tardava a superare chi aveva passato molto più tempo a pensarci. La più grande vittoria sui numeri primi Erdős la ottenne nel 1949, anche se non amava parlarne, perché fu anch’essa una vittoria inquinata da polemiche. Gauss aveva proposto una formula che descriveva la distribuzione statistica dei numeri primi ed essa era stata dimostrata nel 1896. Ma nel 1949 Erdős e Selberg ne diedero una dimostrazione elementare: a causa di un malinteso, si scatenò una battaglia per la priorità. Le battaglie per la priorità non sono rare in matematica, ma nel condividere idee matematiche con dei colleghi, Erdős era di una generosità rara. Il suo obiettivo, infatti, anche a detta dei suoi colleghi, era che qualcuno dimostrasse qualcosa, con lui o senza di lui: in questo modo, contribuì enormemente alla matematica.
Erdős rimase sostanzialmente fedele ai campi della matematica in cui eccellono i bambini prodigio, il che non significa che i suoi interessi matematici fossero angusti: ha aperto interi nuovi campi della matematica. La sua specialità consisteva nel venir fuori con soluzioni brevi e brillanti. Era l’esperto della soluzione di problemi: finché fossero rimasti problemi da risolvere, non avrebbe mai abbandonato la lotta. Il suo stile consisteva nel lavorare su molti problemi contemporaneamente con colleghi sparsi ai quattro angoli del globo.
Una delle aree della matematica in cui Erdős è stato un pioniere è un settore filosoficamente affascinante del calcolo combinatorio detto teoria di Ramsey. L’idea sottesa a tale teoria è che l’assoluto disordine è impossibile. Graham, suo intimo amico, ritiene che possano passare secoli prima che gran parte del lavoro suo e di Erdős nella teoria di Ramsey trovi significative applicazioni in fisica, ingegneria o in qualunque ambito del mondo reale.
COMMENTO:
Interessante excursus attraverso la storia della matematica, vista dagli occhi di uno dei più grandi matematici. Lettura scorrevole e semplice anche per i non addetti ai lavori.
L’aspetto interessante è il fatto che, accanto alla storia della vita di Erdős, ci sono anche ampi brani riguardanti la storia della matematica, dalla soluzione dell’Ultimo Teorema di Fermat alla vita del migliore amico di Erdős, Graham, con il quale collaborò per gran parte della sua vita.