«Women in Science» è scritto e illustrato da Rachel Ignotofsky, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016 dalla Ten Speed Press e, al momento, non ancora pubblicato in lingua italiana (purtroppo!). Rachel Ignotofsky è una giovane illustratrice che, ispirata dalla scienza e ritenendo che le illustrazioni siano uno strumento potente per trasmettere informazioni, ha scritto questo libro per ispirare le ragazze a seguire le proprie passioni e i propri sogni.
Il libro è una raccolta di cinquanta brevi biografie: ad ogni scienziata sono dedicate due facciate e la breve biografia occupa solo una di esse. L’altra pagina è dedicata ad una immagine della scienziata che sembra una figura fluttuante, contornata dagli strumenti o dagli utensili che hanno caratterizzato la sua azione, mentre i margini della pagina della biografia sono pieni di immagini che raccontano tutti gli aspetti biografici che non hanno trovato spazio nel breve racconto. Le cinquanta donne scelte sono unite dalla loro battaglia contro gli stereotipi, dalla rottura delle regole e hanno lavorato per amore della conoscenza: creatività e tenacia sono le altre caratteristiche che le accomunano. Tutte le donne del libro dimostrano al mondo che non contano il genere, la razza o l’estrazione sociale: chiunque può raggiungere grandi risultati.
Ogni scienziata è tratteggiata con poche caratteristiche che la rendono unica, in modo che le ragazze che leggono il libro possano trovare in essa un modello. Astronomia, matematica, paleontologia, medicina, ingegneria, genetica, biologia, geologia, botanica, chimica, fisica… ogni ramo della scienza è rappresentato da queste cinquanta donne. Il racconto comincia con Ipazia, che è vissuta nel IV sec. d.C. ad Alessandria d’Egitto e termina con Maryam Mirzakhani, iraniana, prima donna a vincere la Medaglia Fields, matematica eccezionale purtroppo scomparsa prematuramente. Tra queste cinquanta donne, ce ne sono state alcune che hanno potuto vivere un grande sodalizio professionale con il marito, come Marie Curie e Gerty Cori, che, segnata dalla malattia, poteva contare sulla forza del marito per muoversi nel laboratorio, ma ce ne sono state altre che hanno raggiunto i propri risultati da sole oppure, come nel caso di Esther Lederberg, arrivata alla soglia del Premio Nobel, si è vista negare l’onorificenza, mentre il marito, insignito del premio, non ha avuto nemmeno il coraggio di riconoscere il ruolo da lei avuto nella ricerca. Undici donne hanno ricevuto il premio Nobel (Marie Curie addirittura due), ma a cinque di esse, nonostante i meriti, è stato negato. Dieci donne sono ancora in vita: alcune hanno vissuto a lungo, altre sono morte giovani, come Katia Krafft, morta per amore della ricerca; alcune hanno collaborato con grandi enti, come la Nasa, altre hanno fondato i propri laboratori e in qualche modo hanno trovato i fondi per la propria ricerca. C’è chi ha avuto così fiducia nelle proprie capacità da conservare dello Champagne al fresco, nel caso fosse arrivata la conferma della vittoria del premio Nobel (Rosalyn Yalow), molte di loro hanno avuto l’onore di essere le prime in qualcosa, alcune hanno dedicato la propria vita interamente alla ricerca, mentre altre hanno avuto dei figli, come Lillian Gilbrethe che ne ha partoriti dodici; la loro provenienza è varia, ma quasi metà sono statunitensi.
Dopo le prime dodici biografie, abbiamo un elenco degli obiettivi raggiunti fino ad ora dalle donne nel corso della storia della scienza; a metà libro abbiamo un paio di facciate dedicate agli strumenti di laboratorio; dopo altre undici biografie troviamo le statistiche che, attraverso i grafici, mostrano il coinvolgimento delle donne nello studio delle materie STEM e, al termine, abbiamo un’aggiunta di altri quattordici nomi e ritratti (ma ne vengono in mente anche molti altri), mentre l’ultima immagine ha solo un punto di domanda e sotto di essa è scritto: “la prossima grande scienziata potresti essere tu!”. Il libro si conclude con un glossario e con un elenco dei film, dei siti e dei libri che hanno ispirato l’autrice.
La lettura è stata interessante, soprattutto perché di cinquanta scienziate ho scoperto di conoscerne solo venti: è stata quindi un’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Se il libro fosse già stato pubblicato in italiano, ne avrei consigliata la lettura dalle medie in poi, ma in ogni caso l’inglese semplice che lo caratterizza lo rende accessibile dal primo anno delle superiori. Aggiungo solo un’ultima cosa: è un libro che fa sognare e lo posso dire con certezza, visto che anch’io ho sognato scorrendo queste pagine!