Daniela Molinari

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Martedì, 08 Luglio 2014 20:18

Il teorema vivente

TRAMA:

Da otto anni all’École Normale Supérieure di Lione, a marzo del 2008 Cédric Villani decide di dimostrare l’equazione di Boltzmann non omogenea. Fin dalle prime pagine, appare evidente che la matematica si costruisce grazie al confronto con gli altri matematici: Clément Mouhot, al quale sette anni prima ha “messo il piede nella staffa”, suggerisce a Villani di usare lo smorzamento di Landau e Étienne Ghys, forse il miglior conferenziere di matematica al mondo, suggerisce il collegamento con la KAM, ovvero la teoria Kolmogorov-Arnold-Moser.

Anche le piccole intuizioni vanno dimostrate e la strada è davvero lunga. Gran parte del lavoro verrà svolto, a distanza, da Villani e Mouhot, in un confronto continuo, gestito via posta elettronica. Con l’inizio dell’anno nuovo, Cédric Villani si trasferisce infatti a Princeton per sei mesi, per consacrarsi interamente ai propri “amori matematici”. L’invito arriva al momento giusto, dato che un soggiorno a Princeton significa “nessun libro, nessun incarico amministrativo, nessun corso”, ovvero Villani potrà dedicarsi alla matematica senza distrazioni.

Due mesi prima, Villani ha ricevuto la nomina come nuovo direttore dell’Institut Henri Poincaré: da un lato sarebbe una sfida stimolante, dall’altro ha paura di restare schiacciato dagli impegni amministrativi, oltretutto la moglie, Claire, ha ricevuto una proposta di lavoro allettante nei corsi dottorali in geoscienze dell’Università di Princeton. A fine febbraio, Villani riceve una mail dall’IHP, proprio quando ormai ha deciso di rifiutare l’offerta della dirigenza: decide di tornare in Francia alla fine del mese di giugno, visto che hanno accettato tutte le condizioni che lui aveva imposto.

Il lavoro con Mouhot è, a tutti gli effetti, un lavoro di squadra: quando uno è titubante, è l’altro che trascina, quando uno è pessimista, l’altro fa l’ottimista e quando, a marzo, Clément ha una nuova idea, Cédric sente la paura che il suo subalterno lo stia superando. Il lavoro è diventato più intenso, con un centinaio di mail scambiate a febbraio e il doppio a marzo. Con la modifica numero 36, Clément e Cédric sono a quota 130 pagine, ma c’è ancora parecchio da fare: “Ci sono talmente tante cose sulle quali dovrei concentrarmi che lavoro fino alle due di mattina da diversi giorni”. E il tempo incalza: “annuncio il risultato a Princeton tra due giorni…”, “la dimostrazione è corretta almeno al 90 % e tutti gli ingredienti significativi sono stati identificati”. L’accoglienza è polemica, ma le critiche permetteranno al lavoro di progredire più rapidamente: bisogna “mettersi in posizione vulnerabile per diventare più forti”.

È arrivato anche l’ultimo giorno a Princeton, il 26 giugno: siamo “riusciti a far stare in piedi la dimostrazione, abbiamo riletto tutto. Che emozione quando abbiamo messo on line il nostro articolo!”. A fine giugno, Villani è a Lione, per prendere le proprie cose e cominciare come direttore all’IHP dal primo luglio: “Il lavoro effettuato a Princeton mi ha trasformato, come un alpinista di ritorno a valle che ha ancora la testa piena delle cime che ha esplorato. La sorte ha deviato la mia traiettoria scientifica a un punto tale che non potevo immaginare sei mesi fa.”

A ottobre, ottiene la risposta dalla rivista Acta Mathematica, la “rivista di ricerca matematica che molti considerano come la più prestigiosa di tutte”: l’editore non è convinto che i risultati riportati nel mastodontico articolo di 180 pagine siano definitivi e quindi lo rifiuta. Villani è disgustato. Nonostante contemporaneamente riceva la notizia di aver vinto il premio Fermat, questo non basta a compensare la frustrazione del fallimento.

All’ennesima critica, Villani decide di riprendere tutto in mano e così, a fine novembre, è “Tutto rifatto, tutto semplificato, tutto riletto, tutto migliorato, tutto riletto ancora una volta.”

A febbraio del 2010, mentre Villani è impegnato nella riorganizzazione dell’ufficio, riceve la telefonata di László Lovász, il presidente dell’Unione matematica internazionale che gli comunica la vittoria della medaglia Fields, che Villani accetta con entusiasmo, promettendo di mantenere il segreto per sei mesi. La medaglia gli viene conferita a Hyderabad, in India, il 19 agosto: “Circa tremila persone mi acclamano nella gigantesca sala conferenze dell’hotel di lusso che ospita il Colloquio internazionale dei matematici, annata 2010.”

A febbraio del 2011, finalmente l’articolo è accettato anche da Acta Mathematica!

 

“Non ha prezzo un sentiero senza illuminazione! Quando non c’è la luna, non si ha neanche una visibilità di tre metri. Il passo accelera, il cuore batte un po’ più in fretta, i sensi restano sul chi vive. Uno scricchiolio nei boschi fa drizzare le orecchie, ci si dice che la strada è più lunga del solito, ci si immagina un malintenzionato in agguato, ci si trattiene a malapena dal mettersi a correre. Questa galleria buia è un po’ come la fase buia che caratterizza l’inizio di un progetto matematico.”

 

COMMENTO:

Un libro che non può mancare nella biblioteca di un insegnante di matematica: l’avventura di Villani è l’avventura di chiunque voglia convivere con la matematica, a qualsiasi livello. Il cammino di “scoperta” del teorema è il cammino di chiunque voglia risolvere un problema: le false partenze, le fatiche, le vittorie, i momenti di stanchezza, le paure, l’entusiasmo, la passione… non manca nulla!

Per gli alunni leggere questo libro potrebbe essere un’illuminazione, un modo per comprendere, finalmente, che la matematica è un’avventura, un percorso a volte accidentato e pieno di ostacoli, ma ricco di soddisfazioni. E il matematico, al contrario di quanto pensa l’alunno medio, non è colui che non fa fatica, ma colui che riesce a mettere la propria passione al di sopra della fatica.

Martedì, 24 Giugno 2014 23:01

I numeri magici di Fibonacci

TRAMA:

Keith Devlin ci parla di numeri – e non solo – in dieci capitoli che, come omaggio a Fibonacci, sono numerati con le “Novem figure indorum” ovvero1 2 3 4 5 6 7 8 9“cum his itaque novem figuris, et cum hoc signo 0, quod arabice zephirum appellatur, scribitur quilibet numerus”[con queste nove figure e con il segno 0, che gli arabi chiamano zephirum, è possibile scrivere qualsiasi numero].

Keith Devlin, matematico e scrittore inglese, autore di numerosi libri di divulgazione scientifica accessibili anche al grande pubblico, si occupa in questo libretto della famosa opera di Fibonacci, ovvero del Liber abbaci, “L’avventurosa scoperta che cambiò la storia della matematica”, come recita il sottotitolo. Partendo, infatti, dalla considerazione che LA NOSTRA VITA È PIENA DI NUMERI, ormai diventati indispensabili, il Liber abbaci di Fibonacci è in realtà UN PONTE DI NUMERI, che ha permesso alla matematica indo-arabica di raggiungere le sponde europee del Mediterraneo, per rinnovare la nostra cultura.

Fibonacci era UN BAMBINO PISANO, nato al centro del mondo culturale e commerciale, che ha avuto la fortuna di fare UN VIAGGIO MATEMATICO a Bugia, uno dei più importanti porti islamici sulla costa nord-africana, dove il padre assunse la sua carica diplomatica. Fibonacci ebbe così occasione di incontrare la matematica araba e forse LE FONTI cui si è ispirato non possono che essere i testi arabi di al-Khwarizmi e Abu Kamil, anche se non c’è alcuna certezza al riguardo.

IL LIBER ABBACI è abbastanza corposo: diviso in quindici capitoli, contiene la dimostrazione di tutti i metodi descritti e, soprattutto, numerosi esempi. Gran parte del testo è occupata dalla matematica ricreativa, che ci descrive una matematica della quotidianità. Non dimentichiamo che il testo di Fibonacci non era scritto per matematici, ma per commercianti che usano la matematica senza necessariamente conoscerla.

LA FAMA di Fibonacci si accrebbe notevolmente tra la prima e la seconda edizione del Liber Abbaci (ovvero tra il 1202 e il 1228), periodo durante il quale pubblicò altri tre testi che sono giunti fino a noi: il De practica geometrie, destinato ad agrimensori e topografi, il Flos, che conteneva le sue soluzioni a una serie di problemi e il Liber quadratorum, nel quale Leonardo dà la miglior prova del proprio talento matematico. La sua fama divenne così grande che nel 1225 fu convocato per un’udienza con l’imperatore Federico II di Svevia, che aveva mostrato una particolare passione per l’apprendimento in particolare nell’ambito scientifico e matematico (fondò infatti l’università di Napoli, che ancora porta il suo nome). IL DOPO FIBONACCI è interessante tanto quanto le fonti che l’hanno preceduto: numerosi furono i testi che imitarono l’opera di Fibonacci e in parallelo, nacquero anche le “scuole d’abbaco”, alle quali venivano mandati i futuri uomini d’affari per circa due anni, per impratichirsi nell’uso di questo nuovo sistema numerico. Purtroppo, nonostante questa capillare diffusione, non fu facile per il sistema numerico indo-arabico diffondersi ovunque, visto che ci furono parecchie opposizioni, in particolare da parte dei contabili, che sostenevano che le nuove cifre erano facilmente alterabili, e quindi non affidabili.

Eppure CHI È STATO IL PADRE DELLA RIVOLUZIONE? Nel 2003 la studiosa italiana Raffaella Franci ha confermato che si tratta di Fibonacci. Si è imbattuta in un manoscritto anonimo custodito nella Biblioteca Riccardiana di Firenze, databile intorno al 1290, composto in Umbria e, rispetto al Liber abbaci, più breve e meno completo che si è rivelato essere il Libro di merchaanti detto di minor guisa di Leonardo, oggi perduto, ovvero l’anello mancante che collega Fibonacci ai manoscritti successivi. Questo ci dimostra che L’EREDITÀ DI FIBONACCI IN LAPIDI, PERGAMENE E CONIGLI non è solo quella conosciuta ai più, ovvero la serie di Fibonacci, ma è l’intera aritmetica moderna.*

 

COMMENTO:

Un simpatico libretto che ci permette di addentrarci nella storia della matematica e di approfondire le origini del nostro sistema di numerazione. Dalla nascita dei numeri fino alle scuole d’abbaco, Devlin ci descrive il ruolo di Fibonacci, Copernico della matematica, senza annoiare e con un linguaggio semplice e accessibile a tutti. Le moderne scoperte riguardo l’eredità di Fibonacci ci permettono infine di cogliere il continuo divenire della storia della matematica e di sentire la grande attualità di questa innovazione.

 

*In maiuscolo i titoli dei dieci capitoli

Venerdì, 20 Giugno 2014 07:51

Giovanni Keplero aveva un gatto nero

TRAMA:

Dopo una “Dotta premessa”, nella quale Marco Fulvio Barozzi (meglio conosciuto nel web come Popinga) ci spiega la differenza tra limerick, clerihew, fib, incarrighiana e verso maltusiano, ci addentriamo a suon di versi nel mondo della fisica e della matematica. Mentre leggo, mi annoto alcuni componimenti, pensando di usarli come introduzione alle spiegazioni scolastiche e scopro che, nella sezione “rime didattiche”, ci sono dei componimenti nati con questo scopo: “Testati coi ragazzi, dopo un iniziale sconcerto, sembrano aver conseguito almeno un risultato importante: si è riso.” E in effetti, farsi spiegare la differenza tra calore e temperatura da un rospo della Gallura è divertente ma, al tempo stesso, potrebbe aiutare a memorizzare alcuni concetti importanti. Nella parte dedicata alla fisica, scopriamo che il titolo altri non è che metà di un clerihew: “… che storceva le vibrisse se sentiva cerchio e non ellisse”, un altro modo simpatico per memorizzare le leggi di Keplero, studiando la gravitazione universale.

I due limerick che mi hanno davvero conquistata sono “Il pignolo”, di argomento matematico e in particolare riguardante la relazione di congruenza tra segmenti (erroneamente spesso indicata come uguaglianza) e “Pace rovinata” che, ricordando come esordio “La vispa Teresa” di Sailer, fa riflettere sul legame tra campo elettrico e campo magnetico.

 

COMMENTO:

Arguzia, fantasia e conoscenza sono le tre parole magiche per i componimenti di Marco Fulvio Barozzi: argutamente, sfrutta la sua fantasia per mostrarci la sua conoscenza, ma questi componimenti perderebbero parte del loro fascino se mancasse la passione che li anima. La stessa passione che emerge dalle pagine del blog per il quale l’autore è noto nel web.

Giovedì, 19 Giugno 2014 21:17

a.s. 2013/2014

Esame di terza media: prova di matematica

Per gentile concessione di www.invalsi.it

Giovedì, 19 Giugno 2014 21:02

Copenaghen

TRAMA:

Nel settembre del 1941, Heisenberg si reca in Danimarca, a Copenaghen, per incontrare il suo mentore, Niels Bohr. Su ciò che Heisenberg sperava di ricavare dall’incontro, su ciò che si sono detti e su come sia avvenuto l’incontro, sono state avanzate congetture di tutti i tipi. Solo nel 1947, Heisenberg ebbe la possibilità di tornare a trovare l’amico, forse per trovare una versione comune del loro primo incontro. Ma questo secondo incontro non fece che sancire ciò che di fatto era già chiaro: i due famosi fisici avevano perso la loro amicizia. Il testo teatrale di Michael Frayn parte dall’incontro del 1941, ma, allontanandosi dai dati storici, suppone che tutte le persone siano ormai morte e che discutano ulteriormente la questione, forse per arrivare a una comprensione migliore di ciò che è successo.

Frayn ha compiuto una vera e propria analisi storica, come dimostrano i due post scriptum al termine del testo: Heisenberg era un nazista e voleva in qualche modo coinvolgere nelle sue attività Bohr, magari estorcendogli informazioni importanti, soprattutto riguardanti il livello raggiunto dalla ricerca oltreoceano? Oppure voleva prendere le distanze dai nazisti, evitando però di farsi riconoscere come un traditore?

L’incontro viene rivissuto, per ben tre volte, alla ricerca di una verità, che non può che restare indeterminata, perché “tutti noi con il passare del tempo riorganizziamo i nostri ricordi, consciamente o inconsciamente”. Persino la pubblicazione delle trascrizioni di Farm Hall, dove Heisenberg era stato rinchiuso con gli altri scienziati tedeschi, non ha contribuito a rendere più chiaro il ruolo dello scienziato nella costruzione delle armi atomiche e i vari storici interpretano in modo diverso le sue parole.

Nel corso della prima ricostruzione, Heisenberg e Bohr escono per proseguire la loro chiacchierata in tranquillità e rientrano dopo solo dieci minuti: Bohr è arrabbiato e Heisenberg se ne va in tutta fretta. Bohr continua a parlare con la moglie Margrethe, per cercare di capire cosa sia realmente successo. Pare che Heisenberg abbia chiesto se come fisico aveva il diritto morale di lavorare allo sfruttamento pratico dell’energia atomica. Bohr ne dedusse immediatamente che Heisenberg ci stava lavorando e che stava cercando di fornire a Hitler armi nucleari.

Ripartono per una nuova simulazione, con più calma: per Margrethe, Heisenberg cercava l’assoluzione di Bohr, ma alla fine colui che ha partecipato al programma per la costruzione della bomba è stato Bohr, in America ed è Heisenberg allora che punta il dito, chiedendosi se ci sia mai stato uno, all’interno del programma, che si sia soffermato almeno un attimo a riflettere su quello che stavano facendo.

L’inizio del secondo atto si apre con la terza e ultima rievocazione. Insieme tentano di capire, ma la rievocazione si perde nei ricordi. I due fisici ricostruiscono il percorso della fisica di quegli anni, in particolare i tre anni, dal 1924 al 1927, durante i quali si ottiene l’interpretazione di Copenaghen. Forse alla fine fu un bene se Bohr lasciò Heisenberg nell’indeterminazione, senza una risposta alla sua domanda: non avendo un’indicazione di come comportarsi, non avendo alcuna conferma da parte di Bohr, Heisenberg non agì e fece tutta una serie di omissioni, consapevoli o meno, che determinarono l’insuccesso del programma atomico tedesco.

 

COMMENTO:

Leggere un testo teatrale non è sempre facile: meglio sarebbe assistere alla rappresentazione, perciò ho cercato su youtube e, quando ho riletto il libro la seconda volta, ho seguito sul libro le battute degli attori. Alla seconda lettura ho anche scelto di partire dai post scriptum di Frayn per capire meglio il testo e, in effetti, ha aiutato: conoscere il contesto storico, conoscere fino in fondo i fatti che erano solo accennati nello spettacolo ha davvero aiutato a comprendere meglio. Copenaghen aiuta ad addentrarsi negli sviluppi della fisica moderna, a conoscere più direttamente alcuni dei fisici coinvolti e ad avere un’altra prospettiva anche su alcuni fatti della seconda guerra mondiale.

 

 

“Adesso siamo tutti morti e sepolti, certo, e il mondo di me ricorda soltanto due cose. Una è il principio di indeterminazione, e l’altra è la mia misteriosa visita a Niels Bohr a Copenaghen, nel 1941. L’indeterminazione la capiscono tutti. O credono di capirla. Nessuno capisce il mio viaggio a Copenaghen.”

Martedì, 17 Giugno 2014 09:02

La vita perfetta di William Sidis

TRAMA:

Nato nel 1898, William Sidis è figlio dello psichiatra russo Boris Sidis e di Sarah Mandelbaum, medico ucraino. I genitori lo allevano in modo che possa sviluppare le proprie potenzialità solo replicando ciò che osserva fare, ovvero gli danno “un’educazione volta a stimolare le comuni e naturali attitudini all’attività intellettuale che tutti i bambini hanno.” A un anno, gioca con i cubi leggendo nuove parole e scrivendo ciò che gli detta il padre, a tre è esibito per far divertire ricche signore e come regalo al padre, impara il latino.

A 8 anni frequenta il liceo, che conclude dopo sole 12 settimane, avendo passato i test di selezione per l’università, ma la vita a scuola non è semplice: i compagni lo prendono in giro e gli insegnanti non riescono a instaurare un rapporto con lui, visto che si sentono controllati. A ottobre del 1909 fa il suo ingresso a Harvard e tra i compagni solo con Sharfman instaura un legame di amicizia, mentre evita tutti gli altri. Al termine del percorso si laurea in giurisprudenza, con il sogno di migliorare il mondo, ma la madre è molto delusa visto che si è laureato solo “cum laude”. Ad Harvard gli è stato offerto il corso di geometria, ma il rapporto con gli studenti non è facile, soprattutto quando distribuisce loro delle dispense in greco antico.

A 21 anni, incontra Martha Foley, della quale si innamora: organizzano insieme una manifestazione per il primo maggio e, rimasto ferito durante i tumulti, William viene arrestato. Per salvarlo dal carcere, i genitori lo fanno dichiarare mentalmente instabile. Resta a lungo sotto il loro controllo e, quando riesce a fuggire, contatta Martha, che ormai si è costruita una vita.

Nella sua vita da adulto, William non ha grandi successi: lavora per un po’ di tempo in un posto, fin quando non si accorgono delle sue doti e cercano di proporgli un impiego che sia più adeguato alle sue capacità. Allora si licenzia e cerca altro da fare.

Un giorno, si sente male per strada, ma rifiuta i soccorsi e, ricoverato al Brigham Hospital, muore solo per un’emorragia cerebrale.

 

COMMENTO:

Il romanzo non segue uno sviluppo cronologico: l’autore ci presenta il personaggio come se stesse componendo un puzzle, mostrandoci William in tutte le sue contraddizioni. All’inizio questo metodo disorienta un po’, dà un’idea di frammentarietà, ma abituandosi allo stile, pagina dopo pagina, si finisce con l’apprezzarlo. William Sidis ci sconcerta con le sue contraddizioni, ci stupisce con la sua genialità, ma ci lascia una grande amarezza, perché non riesce a costruire nessun rapporto umano, tranne quello con l’amico di Harvard Sharfman. E i genitori? Il loro atteggiamento non può che interrogarci: esiste davvero un modo adeguato per crescere un genio? C’era davvero la possibilità, per lui, di vivere una vita normale? Anche se sembra difficile rispondere, i genitori continuano a sembrarci un modello di egocentrismo e narcisismo… 

Giovedì, 29 Maggio 2014 00:00

31 Maggio 2014

Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico. 
Argomento: equazioni e disequazioni irrazionali, calcolo delle probabilità, teoremi di Euclide e Pitagora.

Durata: un'ora.

Martedì, 27 Maggio 2014 00:00

29 Maggio 2014

Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico. 
Argomento: Simulazione della seconda prova d'esame di stato della maturità scientifica, su tutto il programma svolto durante l'anno.

Durata: quattro ore.

Martedì, 27 Maggio 2014 00:00

28 Maggio 2014

Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico. 
Argomento: Elettrostatica.

Durata: un'ora.

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