«La donna di Einstein», pubblicato da Piemme nel 2017, è stato scritto da Marie Benedict, che ha lavorato in passato come avvocato a New York, ma la cui passione per la storia è stata lo stimolo per dedicarsi a romanzi storici come quello in questione. È la stessa autrice a dirci che non conosceva molto Einstein e di fatto non sapeva nulla della prima moglie Mileva Marić: l’ha conosciuta quando si è ritrovata ad aiutare il figlio Jack a preparare una relazione sul libro per bambini Who was Albert Einstein, e il fatto che si accennasse solo di sfuggita alla prima moglie, a sua volta una studiosa di fisica, l’ha incuriosita. È così quindi che nacque questo romanzo: è l’autrice stessa nella nota finale, nella quale elenca anche la bibliografia che l’ha aiutata nella stesura, a sottolinearci quali siano gli aspetti puramente inventati della vicenda e quali invece realmente accaduti. «Ogni qual volta mi è stato possibile, nell’arco generale della storia (date, luoghi, nomi) ho cercato di attenermi ai fatti, prendendomi libertà necessarie ai fini narrativi». Ci ricorda inoltre che scopo del libro non è quello di «sminuire i contributi dati da Albert al genere umano e alla scienza ma far conoscere l’umanità delle persone dietro quei contributi scientifici. La donna di Einstein si propone di narrare la storia di una donna brillante la cui luce è andata perduta nella gigantesca ombra gettata da Albert: quella di Mileva Marić.»
Marie Benedict immagina che Mileva, l’altra Einstein – come suggerisce il titolo originale del libro –, ripercorra la propria vita alla ricerca di una risposta: «Come ho fatto a smarrire la strada?»
Il romanzo ha inizio il 20 ottobre del 1896 a Zurigo, la prima volta che Mileva mette piede al Politecnico: è proprio durante una lezione del professor Heinrich Martin Weber che incontra Albert Einstein, che attira subito la sua attenzione con la sua «zazzera scarmigliata di riccioli scuri», visto che non le levava gli occhi di dosso. Il libro si conclude il 29 luglio del 1914 a Berlino, il giorno in cui, dopo aver preso accordi per il divorzio, Mileva rientra con i figli a Zurigo. Al termine di tutto c’è l’epilogo del 4 agosto del 1948, il giorno della morte di Mileva, nel quale essa dà una spiegazione delle tre parti in cui è stato suddiviso il libro: quasi come in un tributo a Newton e alla fisica, le tre parti sono scandite dai tre principi della dinamica dato che, ci dice Mileva, «da fanciulla pensavo che il principio si applicasse unicamente ai corpi inanimati; soltanto più tardi ho compreso che anche le persone agiscono in sua conformità.»
Prima dell’arrivo a Zurigo la vita di Mileva «ha continuato a snodarsi in linea retta finché non è intervenuta una forza esterna. Albert è stato quella forza». La seconda parte, con il secondo principio della dinamica, inizia il 12 Aprile del 1898 e si chiude il 14 Marzo 1913: inizia con il ritorno di Mileva a Zurigo, dopo la frequenza di un semestre a Heidelberg in Germania, e si chiude nel momento in cui Mileva cambia di nuovo la sua traiettoria. «La forza Albert ha agito su di me in conformità con la seconda legge del moto. Sono stata risucchiata nella sua direzione e nella sua velocità, e la sua forza è diventata la mia». Nella terza parte, con il terzo principio della dinamica, Mileva, non riuscendo più a reggere la forza di Albert, ha «esercitato una forza uguale in grandezza e contraria in direzione rispetto alla sua», ovvero rispetto a quella di Einstein. Ed è così quindi che si conclude questa storia d’amore.
Nelle sue ricerche, Marie Benedict ha scoperto che Mileva è diventata «il punto focale di un dibattito assai vivace nel mondo della fisica. La discussione, che verteva intorno alla parte da lei avuta nella formulazione delle pionieristiche teorie del marito del 1905, era divampata ancora di più in seguito al ritrovamento, negli anni Ottanta, del carteggio intercorso tra i due dal 1897 al 1903.» È abbastanza evidente che Mileva abbia avuto un ruolo nelle scoperte di Einstein e nell’annus mirabilis, il 1905, durante il quale furono pubblicati i quattro articoli sugli Annalen der Physik. Quale sia stato questo ruolo però non è dato sapere: sono molti i dubbi attorno alla loro storia: non si sa se Mileva sia stata semplicemente una «cassa di risonanza per le idee di Albert» oppure se l’abbia aiutato solo con la matematica oppure ancora se il suo ruolo sia stato di gran lunga più cruciale. L’autrice sposa proprio quest’ultima ipotesi.
Il libro è un romanzo piacevole, raccontato in prima persona da Mileva. Le emozioni che la donna ci permette di vivere attraverso il suo racconto sono intense, tant’è che ho faticato ad arrivare all’ultima pagina del romanzo sapendo fin dall’inizio quale sarebbe stato il triste epilogo di questa storia, sapendo cioè che Mileva, dopo essere vissuta all’ombra del marito durante il loro matrimonio, sarebbe tornata poi nell’ombra di una vita anonima al momento del loro divorzio. «Ho assistito alla canonizzazione di Albert come santo laico. Ciò nonostante, mai una volta ho provato il desiderio di tornare al ruolo di sua moglie. Tutto ciò a cui sempre avrei voluto tornare è il ruolo di madre di Lieserl.»
«Sei donne, sei menti scientifiche pazzesche» sono le protagoniste dell’ultimo libro di Gabriella Greison, «Sei donne che hanno cambiato il mondo». Laureata in fisica nucleare, dopo aver dedicato le sue energie alla ricerca, ha cominciato a specializzarsi nel racconto dei fisici del XX secolo: dopo «Dove nasce la nuova fisica. Einstein, Hawking e gli altri alla corte di Solvay» per Hoepli, «L’incredibile cena dei fisici quantistici» per Salani, finalmente un libro dedicato alle donne della fisica pubblicato nel 2017, a cui fanno seguito «Hotel Copenaghen» e, di imminente pubblicazione, «Einstein e io». Quello scritto non è l’unico linguaggio scelto dalla Greison per divulgare la fisica: oltre a collaborare con riviste e quotidiani come giornalista, ha condotto una rubrica televisiva su RaiNews24, «Pillole di fisica», conduce «La giovane Mileva» su Radio2 ed è sempre impegnata con spettacoli e monologhi teatrali. La Greison è una poliglotta della comunicazione e questa sua abilità si evidenzia nell’accessibilità dei suoi scritti, che sono adatti a tutti, indipendentemente dalla propria preparazione in materia.
Il testo in questione si apre con una ricca introduzione, che riassume il ruolo delle donne, dalla nascita della fisica fino al XX secolo. Davanti a noi si aprono poi sei finestre diverse, tutte affacciate sul XX secolo e tutte che hanno contribuito in qualche modo a rendere grande questa disciplina. Le sei scienziate, Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr e Mileva Marić, sono presentate con una breve introduzione, una scansione cronologica degli eventi che hanno caratterizzato la loro vita e da una canzone: è il primo libro che ho letto e ascoltato, proprio come l’autrice ha ascoltato fino allo stordimento ogni canzone, mentre scriveva queste pagine dense di avvenimenti e di emozioni. Credo che assocerò sempre a questo libro «My way» di Frank Sinatra, che Gabriella Greison associa a Marie Curie.
«Il modo in cui racconterò le vite di queste sei donne è particolare. Sono passate prima dentro di me, e ora ve le ripropongo dopo averle elaborate, dopo un lungo processo di interiorizzazione.»: credo che questa dichiarazione della Greison ci descriva esattamente il senso del libro e, al tempo stesso, il livello di profondità con il quale ogni racconto viene proposto. Possiamo leggere ogni episodio come un racconto, perché pur non conoscendo la fisica studiata dalla protagonista, possiamo cogliere il processo creativo e lo sforzo, umano e professionale, delle donne raccontate.
Due capitoli finali concludono il percorso: il primo è una carrellata sulla fisica più recente, da Fabiola Gianotti a Vera Rubin, mentre l’altro è una conclusione personale, con i ringraziamenti dell’autrice e anche molto altro.
La lettura di questo libro è vivamente consigliata a tutti: a coloro che già conoscono questi eventi, ma che vogliono rivivere queste vicende a un livello diverso, e a coloro che non conoscono la storia di queste donne e che possono così cominciare a prendere confidenza con la fisica, con la promessa di ulteriori approfondimenti. Alle ragazze, che possono trovare in queste donne un modello, e ai ragazzi, che possono cogliere la ricchezza di un differente approccio. Agli alunni, perché «La fisica, come le favole o i sogni, è fatta di personaggi che incantano e di cui vorremmo sentir parlare sempre.», e agli insegnanti, perché possano trovare nuovi linguaggi per appassionare e coinvolgere.
«Sei capitoli per sei donne. Sei donne che hanno dovuto lottare contro i pregiudizi e contro i soprusi. Le loro sono storie di coraggio, di forza e di determinazione. Ciascuna, inserita nel proprio ambiente e nel proprio paese, è stata a suo modo paladina di valori e di ideali. Sono loro le mie eroine di oggi, quelle che hanno preso il posto delle eroine dei fumetti, dei cartoni e delle serie televisive che i nerd di tutte le generazioni ancora frequentano. Sei stelle luminose nel buio del secolo breve. La loro luce si è spenta, com’è destino tra gli esseri umani. Ma la loro traccia è indelebile, lungo il cammino del progresso, non solo scientifico, dell’umanità.»