TRAMA:
La lettera di Pascal, datata 24 agosto 1654, è l’esempio di come un singolo documento matematico possa cambiare il corso della storia: ha infatti segnato la nascita della moderna teoria della probabilità e al giorno d’oggi, affari, politica, difesa, guerra, scienza, ingegneria, medicina, sport, finanza, edilizia, trasporti, attività ricreative e molti altri aspetti della vita quotidiana sono regolati da calcoli probabilistici: “Ciò che ora diamo per scontato fu un immenso passo avanti nel pensiero umano, reso possibile soltanto da un significativo sforzo intellettuale”.
Il quesito affrontato da Pascal e Fermat è stato formulato per la prima volta nel 1494, nel libro di Luca Pacioli Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalita: in che modo dei giocatori dovrebbero spartirsi la posta, qualora fosse per loro necessario abbandonare la partita, prima del suo termine? Questo è noto come il problema dei punti e per risolverlo è necessario saper guardare al futuro. A Pascal e Fermat occorsero diverse settimane di intenso lavoro intellettuale per risolvere il problema, a dimostrazione del fatto che “anche gli esperti possono trovare difficile padroneggiare una nuova idea matematica”. Pacioli aveva ipotizzato che la soluzione fosse quella di dividere la posta in base alla situazione raggiunta di fatto, ma il ragionamento non è corretto, come venne dimostrato nel 1539 da Girolamo Cardano. Il problema venne proposto a Pascal da Antoine Gombaud, un giocatore d’azzardo. Pascal trovò una soluzione, ma, non sicuro della correttezza del ragionamento, chiese a Fermat se condivideva la sua strategia.
Nello scambio epistolare che seguì, Pascal dimostra di essere un matematico incredibilmente dotato, ma, come non fatica a riconoscere, Fermat era ancora meglio. I due uomini adottarono approcci diversi alla soluzione del problema: entrambi i metodi erano corretti, ma la soluzione di Fermat era di gran lunga la migliore. La soluzione di Pascal “è difficile da seguire anche per un matematico di professione”, mentre l’approccio di Fermat, “che va direttamente al fulcro del problema e fa soltanto ciò che è richiesto per ottenere la risposta cercata, dà prova di un’autentica genialità”.
“Pascal e Fermat non avrebbero mai compreso pienamente che il loro scambio epistolare avrebbe rivelato all’umanità un modo del tutto rivoluzionario con cui gettare un’occhiata nel futuro, cambiando drasticamente la vita umana”. Per loro si trattava probabilmente solo di un rompicapo matematico, senza alcuna utilità per la realtà quotidiana.
Nello stesso anno della morte di Pascal, il 1662, il libro Natural and Political Observations Made Upon the Bills of Mortality di John Graunt cambiò ulteriormente il modo di vedere la teoria della probabilità, segnando la nascita della statistica moderna. “Graunt e il suo pamphlet fecero uscire la teoria della probabilità di Pascal e Fermat dalle sale da gioco per portarla nella realtà quotidiana”:
Nel 1657, Christiaan Huygens pubblicò De ratiociniis in ludo aleae, considerato negli anni successivi un testo fondamentale per la teoria della probabilità: Huygens superò il lavoro di Pascal e Fermat, applicando i metodi della teoria della probabilità nella vita reale, con l’introduzione del concetto di “aspettativa”.
Il lavoro venne portato ulteriormente avanti dalla famiglia Bernoulli: Jakob enunciò la legge dei grandi numeri, dimostrando che la frequenza relativa di un evento permette di predirne la probabilità tanto più accuratamente, quanto più numerosi sono i casi osservati. Nikolaus pubblicò, nel 1709, il libro De usu artis conjectandi in jure, nel quale discuteva la stima della durata della vita umana, segnando un importante passo avanti nella gestione del rischio. Daniel consentì la soluzione dell’enigma noto come paradosso di San Pietroburgo, osservando il modo in cui la gente valutava soggettivamente i rischi e compiendo una profonda osservazione riguardo all’utilità.
Le idee di Nikolaus Bernoulli vennero riprese da Abraham de Moivre, che nel 1733, con il libro Doctrine des chances, mostrò come un insieme di osservazioni casuali si distribuiscono attorno al valore medio, ovvero studiò la distribuzione normale, che otto anni dopo Karl Friedrich Gauss comprese di poter usare per stimare il valore dei dati. La misura di de Moivre, nota come deviazione standard, permise di giudicare se un insieme di osservazioni fosse sufficientemente rappresentativo dell’intera popolazione.
L’ultimo personaggio della storia è Thomas Bayes: riconosciuto oggi come una mente matematica brillante, durante la sua vita non pubblicò nessuno scritto originale, ma furono notate le sue abilità scientifiche, visto che era un membro della Royal Society. Il suo approccio alla probabilità fu rivoluzionario e aveva una vasta gamma di applicazioni, visto che permetteva di rivedere la stima di una probabilità alla luce di nuove informazioni. Ignorato per quasi due secoli dagli statistici e dai teorici della probabilità, il metodo di Bayes divenne sempre più diffuso a partire dagli anni Settanta del Novecento, grazie anche alla disponibilità di potenti computer che hanno reso possibile eseguire iterativamente il processo. Il punto di forza dell’approccio di Bayes è nel fatto che può guidarci quando le nostre intuizioni sono sbagliate.
COMMENTO:
Siamo abituati a pensare ai grandi matematici del passato come a persone che non hanno mai avuto alcuna difficoltà a capire una formula, un procedimento mentale: Pascal è la dimostrazione che anche i grandi hanno avuto le loro difficoltà. Ma la chiave di tutto, la differenza tra noi e i grandi, sta forse nella tenacia, nella volontà di capire, di aprire nuovi orizzonti.
Un libro semplice, anche per non addetti ai lavori, che, a partire dalla lettera di Pascal del 1654, traccia la storia del calcolo delle probabilità fino alla nota formula di Bayes e fino alle intuizioni di de Finetti. Consigliato a tutti coloro che non nutrono grande simpatia per questa branca della matematica, solo all’apparenza semplice, ma in realtà complicata e affascinante, nella stessa misura in cui mette in crisi le nostre intuizioni e le nostre errate convinzioni.
TRAMA:
In questo libro, l’autore ci offre alcune delle idee principali sull’odierna teoria delle stringhe: i primi tre capitoli sono di carattere introduttivo, perché ci spiegano i concetti cruciali per la comprensione delle stringhe, come l’energia, la meccanica quantistica e la relatività generale. Nei successivi tre capitoli, l’autore cerca di rendere ragionevole e ben motivata la teoria delle stringhe e gli ultimi due sono dedicati ai tentativi più attuali di connessioni tra la teoria delle stringhe e gli esperimenti con le collisioni di particelle ad alta energia.
Nonostante nella teoria delle stringhe siano estremamente importanti le equazioni, l’autore ha scelto di “mettere in parole” le equazioni più importanti, consapevole del fatto che comportano calcoli di cui non è possibile dare una trattazione divulgativa. Eppure la matematica della teoria delle stringhe, per quanto sia importante, non riduce la teoria a una collezione di equazioni: “Le equazioni sono come le pennellate di un dipinto: senza di queste il quadro non ci sarebbe, ma un quadro è più di un’ampia collezione di pennellate.”
Si ritiene che la Teoria del Tutto sia data dalla teoria delle stringhe, ma non ha conferme sperimentali ed inoltre con le sue dimensioni supplementari, le fluttuazioni quantistiche e i buchi neri, non è per nulla semplice, tanto che persino gli esperti ammettono di non comprenderla. Per la teoria delle stringhe, gli oggetti fondamentali che costituiscono la materia non sono particelle, ma stringhe: un elettrone è in realtà una stringa, che vibra e ruota, ma troppo piccola persino per essere investigata dai più avanzati acceleratori di particelle oggi disponibili.
La teoria delle stringhe è una teoria inventata “all’indietro”, visto che gli scienziati ne possedevano delle parti, elaborate in maniera pressoché completa, ma non capivano il significato profondo dei risultati ottenuti. Dopo una prima formula, scoperta nel 1968, che descriveva come le stringhe non influissero l’una sull’altra, negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta la teoria vacillava: non descriveva adeguatamente le forze nucleari, pur incorporando la meccanica quantistica. Le stringhe non riuscivano a dare una risposta esauriente: fu così che vennero introdotte le brane, oggetti che si dispiegano in molteplici dimensioni. A metà degli anni Novanta, la teoria fece un ulteriore passo avanti, ma continuavano e continuano a esserci difficoltà nel realizzare una teoria completa ed esauriente. Il lavoro del Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra – dove vengono accelerati e fatti collidere protoni a velocità prossime a quella della luce – potrebbe dire se la teoria delle stringhe sia sulla buona strada, grazie all’eventuale scoperta di molte particelle, tra le quali il cosiddetto bosone di Higgs.
L’autore mostra tutta la sua abilità nelle metafore utilizzate per spiegare i passaggi più complessi: la sovrapposizione di due rimi differenti in Fantasia-Improvviso di Chopin diventa la metafora per descrivere la meccanica quantistica, la caduta durante l’arrampicata in artificiale sulla via Cryogenics diventa utile per descrivere la caduta all’interno di un buco nero, la civiltà romana è a fondamento della nostra civiltà esattamente come la teoria delle stringhe è alla base del mondo che conosciamo e la distanza che ci separa dai Romani in termini temporali è la stessa che ci separa dal controllo sperimentale della teoria in termini di energia, il valzer è utile per spiegare la dualità di stringa e le cordate di scalatori forniscono una buona analogia per il bosone di Higgs.
COMMENTO:
Un libro interessante, per quanto molto complesso: nonostante la buona volontà dell’autore, nonostante le sue intuizioni e le sue metafore, la teoria delle stringhe resta comunque una teoria complessa, con l’elevato numero di dimensioni, le D-brane, la dualità di stringa e tutto il resto. Per questo motivo a volte è un po’ complesso: diciamo che una lettura superficiale non aiuta a cogliere in pieno quanto descritto, oltre ad avere una buona concentrazione, bisogna sempre tenere a portata di mano carta e penna…