«Non avere paura di sognare» è stato pubblicato nel 2016 dalla Casa Editrice La nave di Teseo. L’autore, Alberto Mantovani, medico immunologo, dal 2005 è direttore scientifico e presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca. Nel corso della sua carriera, è stato insignito di numerosi premi, tra i quali nel 2018 l’Ambrogino d’oro, ovvero la medaglia d’oro di civica benemerenza del Comune di Milano.
Il sottotitolo, «Decalogo per aspiranti scienziati», ci dice subito chi siano i destinatari di questo libretto, ovvero i ragazzi: l’idea del libro nasce da un articolo del 2015 pubblicato sul “Corriere della Sera”, «una lettera idealmente indirizzata ai giovani che pensano a un futuro nella ricerca, nel settore delle scienze della vita: con loro ho voluto condividere alcuni suggerimenti tratti dall’esperienza vissuta e maturata sino a oggi, con l’augurio che potessero diventare utili spunti di riflessione». Strutturato in dieci capitoli, con ogni titolo come la legge di un ipotetico decalogo, il libro è ricco di episodi e ricordi tratti dal vissuto dell’autore. Il senso del libro è «incoraggiare a nuotare controcorrente seguendo la propria passione per la conoscenza», trasmettendo «il senso dell’avventura tipico della scienza, l’entusiasmo e la passione che la caratterizzano», offrendo «una rappresentazione della concretezza della vita scientifica».
Il decalogo comincia con l’invito a seguire le proprie passioni, perché «lavorare tanto non pesa e non ti peserà, se la tua professione continua a essere parte delle tue passioni»: i medici non sono degli impiegati, con dei turni dagli orari rigidi, ma degli appassionati che continuano a formarsi anche al di fuori del proprio orario di lavoro. Il lavoro del medico ha una dimensione internazionale e, grazie ad essa, bisogna contribuire a costruire ponti di pace, visto che «nella scienza, i confini nazionali non esistono»: la diversità è un’aggiunta di ricchezza ed è un ampliamento degli orizzonti scientifici e mentali. Dalla collaborazione con persone più preparate non può che nascere l’umiltà, l’atteggiamento che più apre la mente all’apprendimento e alla conoscenza. Bisogna inoltre continuare a «sfidare se stessi, essere sempre aperti al confronto e rispondere agli stimoli degli altri», senza avere paura di mettersi alla prova con cose nuove, senza perdere occasione di imparare da chiunque, anche dai pazienti: «sono i pazienti l’inizio, il fine e il centro di tutto. Come ammalati, certamente, ma innanzitutto come persone». La collaborazione è una delle chiavi di volta della ricerca scientifica: pur non mancando una componente di competizione, inevitabile, «dalla condivisione delle idee guadagnano tutti, e in particolare la salute dei pazienti». Il settimo capitolo è intitolato: «Impara dai tecnici: la chiave a stella», perché l’umiltà e la consapevolezza di poter imparare da chiunque portano a questo. Nel titolo, l’autore cita “La chiave a stella”, il romanzo di Primo Levi, dedicato alla tradizione del “saper fare”, ovvero a quella portata avanti dai tecnici. In ogni cammino, non mancano gli errori, ma la soluzione sta nell’accettare il giudizio degli altri, oltre che nel farsi guidare dal proprio spirito critico: la storia della scienza in generale «è caratterizzata dall’incrocio di studi diversi e costellata di alti e bassi, con idee sbagliate che sono state ritenute giuste, e idee inizialmente considerate errate ma poi rivelatesi corrette». Come insegna il metodo scientifico, le teorie e le ipotesi vanno sempre verificate, con gli esperimenti che possono rivelare una scoperta geniale o un errore: bisogna rispettare i dati, non avere preconcetti e non lasciarsi guidare dal principio di autorità, «anche davanti ai più grandi […] esercita continuamente il tuo spirito critico». «Nella scienza, prima o poi, la verità dei dati emerge sempre» ed è per questo che possiamo definire la scienza “intellettualmente democratica”. L’ultimo capitolo è di capitale importanza: la condivisione dei propri risultati è fondamentale, anche gli insuccessi, che possono portare a inaspettati e straordinari progressi.
La narrazione si conclude con il consiglio di dieci letture, particolarmente significative per l’autore, di carattere scientifico e non solo.
La narrazione è colloquiale, rivolgendosi a ragazzi, ma la lettura è consigliata a qualsiasi fascia d’età e le idee dell’autore non possono che essere condivisibili da chiunque. Consiglierei questo libro ai ragazzi dell’ultimo anno delle medie, ma anche a coloro che, alle superiori, stanno valutando di intraprendere una carriera in campo medico. La lettura è inoltre un’iniezione di entusiasmo per tutti i lavoratori dell’ambito scientifico. Quello che, secondo l’autore, è un limite di prospettiva, ovvero il fatto che lui sia un medico e un immunologo è in realtà un arricchimento: alcune delle cose riportate in questo libro sono valide per il mondo scientifico in generale e il riferimento ai pazienti permette di mantenere l’attenzione sulle finalità della ricerca, senza farle perdere il suo valore umano.