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Giovedì, 27 Giugno 2024 18:15

L'esame che... sorprende

La quarta (e ultima, per la commissione di cui ho fatto parte) giornata di prove orali è stata in qualche modo caratterizzata dalla scoperta dell’arte, perché, considerata la mia abissale ignoranza in materia, non potevo che restare sorpresa dal coinvolgimento della matematica.

Il primo documento era un’immagine che contrapponeva comunismo e capitalismo: ho trovato un articolo di Pietro Greco, pubblicato per Il Bo live a maggio 2018, intitolato Marx, il matematico che non ti aspetti. Anche se poi, nel corso dell’articolo, leggiamo che Marx non può essere definito un matematico di «primaria grandezza», di fatto è stato l’autore dei Manoscritti matematici, pubblicati solo recentemente, ai quali ha lavorato per tutta la vita. Con questo testo si mostra «capace di penetrare i fondamenti della scienza dei numeri» e ha due obiettivi: il primo era di «fondare l’economia su solide basi matematiche», mentre il secondo era di «fondare il calcolo differenziale su solide basi concettuali», mostrando così di non voler relegare la matematica al ruolo di ancella dell’economia, ma di riconoscerne «il valore culturale in sé».

Il secondo e il quarto documento hanno avuto a che fare, entrambi, con l’arte. Il secondo documento era uno dei quadri di De Chirico della serie Piazze d’Italia, nello specifico era il quadro Presente e passato. Il primo link che ho visitato parlava, in realtà, di Paolo Uccello che nel Quattrocento rappresentava atmosfere surreali, attraverso una distorsione della prospettiva. De Chirico ha trovato, in Paolo Uccello, una fonte di ispirazione: come esponente della Pittura metafisica, visto che «aspira a superare i limiti del visibile e del reale», attraverso uno spazio ordinato, con scene nitidissime, fatte da oggetti e forme riconoscibili e collocati in uno spazio «delimitato dalle forme geometriche». È stato solo in un secondo momento che ho trovato l’opera Nostalgia dell’infinito, datata 1913, «caratterizzata da una forte enfasi dell’aspetto geometrico che mette in evidenza angoli e spigoli presenti, i quali arrivano a trasmettere all’osservatore, intento nella ricerca di un’interpretazione personale dell’opera stessa, un senso di distacco». Infatti, essendo l’infinito «non descrivibile tramite forme e linee, che lo ingabbierebbero inevitabilmente», con questa rappresentazione De Chirico regala una sensazione di amarezza e rammarico: la nostalgia, appunto! E qui, il collegamento è davvero semplice, visto che l’analisi, oggetto di studio del quinto anno, è pervasa dall’infinito.

Il quarto documento è stato Il volto della guerra di Salvador Dalì e ho trovato un articolo davvero interessante di Silvia Benvenuti, pubblicato su MaddMaths!, Genio e sregolatezza: le passioni matematiche di Salvador Dalì. L’autrice esordisce dicendo «di voler sostenere che la matematica può essere, oltre che un valido supporto tecnico per gli artisti, anche un eccezionale stimolo creativo». La citazione di Dalì, riportata subito dopo, pare sostenere proprio questa tesi: «Devi, soprattutto da giovane, usare la geometria come guida alla simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori più o meno romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono l’ispirazione dell’artista, dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, è proprio per non aver da pensare e riflettere su certe cose, che tu le usi.» I bozzetti preparatori mostrano proprio l’importanza di fissare alcune proporzioni, ma visto che si tratta di un grande artista, Dalì non si limita alla sezione aurea, dominio di tutti, va ben oltre. Troviamo, quindi, la topologia nella Persistenza della memoria, la quarta dimensione in Corpus Hypercubicus, e poi la teoria delle catastrofi. Dalì «è stato profondamente affascinato dalla matematica durante tutta la sua vita, e le sue opere riflettono in modo molto profondo questa passione», che, grazie ai suoi studi e alle amicizie matematiche, conosceva bene.

Chiudo questa rassegna di diciotto collegamenti un po’ fuori dagli schemi con una citazione di Albert Camus, tratta da Il mito di Sisifo: «L’absurde dépend autant de l’homme que du monde. Il est pour le moment leur seul lien» (traduzione di Google: L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo. Per il momento è il loro unico legame). Per cercare di farmi un’idea, ho setacciato il web (come al solito): «In questa opera Camus negando qualsivoglia valore a un significato trascendente alla vita e al mondo, riconosce come assurda l’esistenza: senza un significato l’esistenza è irrazionale ed estranea a noi stessi. Resta dunque il suicidio», che però non risolve il problema, e non resta altra soluzione se non la “sopportazione”. In un primo momento, ho pensato alla dimostrazione per assurdo, ma mi è parso il collegamento citato all’inizio di questo percorso della resistenza partigiana con la resistenza elettrica, perciò ho cercato di andare oltre. L’idea del suicidio mi ha portato alla vicenda di Alan Turing, del quale, proprio pochi giorni fa, è stato celebrato il settantesimo anniversario della morte. Per celebrare l’avvenimento, Il Post ha proposto un articolo sul grande genio, protagonista della decodifica dei messaggi di Enigma durante la Seconda guerra mondiale, ma anche autore di un importante articolo del 1950, nel quale si pone un’importante questione: «Le macchine possono pensare?». Il test che porta il suo nome è diventato un punto di riferimento per chi si occupa di intelligenza artificiale ed è un problema quanto mai attuale, soprattutto per noi insegnanti che siamo chiamati a distinguere l’operato dei nostri alunni dall’opera di ChatGPT. Se non abbiamo grandi speranze in tal senso, stando a un articolo di Nature del luglio scorso, non ci resta altro da fare che investire le nostre energie su altro: ad esempio, a far nascere una passione…

Terza giornata di prove orali: L'esame che amerei

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Mercoledì, 26 Giugno 2024 20:22

L'esame che amerei

La giornata di oggi è stata dominata dai grafici e, devo riconoscerlo, sono uno strumento effettivamente semplice ed evitano ai candidati collegamenti fantasiosi che suonano un po’ come un’arrampicata libera sugli specchi. Il primo grafico è collegato alla celebre frase di Nietzsche “Dio è morto” e rappresenta la distribuzione delle religioni nel mondo. Personalmente, mi sarebbe piaciuto sentir parlare della dimostrazione dell’esistenza di Dio di Gödel, o forse si sarebbe potuta aprire una riflessione, visto l’impazzare di ChatGPT, a partire dall’articolo, ormai datato, di MaddMaths! E questa prova ontologica dell’esistenza di dio? nel quale si racconta che Christoph Benzmüller dell’Università di Berlino e Bruno Woltzenlogel Paleo dell’Università di Vienna hanno verificato, con theorem provers, la prova ontologica, che di fatto è un esercizio di logica modale. Questa verifica «offre un ulteriore spunto al tentativo di formalizzare mediante linguaggi meccanici i metodi e le strategie del ragionamento matematico».

Anche il secondo argomento proposto aveva a che fare con dei grafici: in questo caso, si trattava della concentrazione della ricchezza in Italia e nel mondo, e i due grafici accompagnavano un piccolo estratto de I malavoglia di Giovanni Verga. Il grafico è stato riportato, nel dicembre 2017, sul quotidiano Avvenire: si riferisce al periodo 1995/2013 ed evidenzia l’aumento delle diseguaglianze sociali, secondo la ricerca di Salvatore Morelli, dell’Unità di studi sulle diseguaglianze dell’Università di New York, Paolo Acciari del ministero dell’economia, e Facundo Alvaredo, della Paris School of Economics.

Il terzo documento ha aperto una strada più interessante: si parla di Futurismo e l’opera presentata è Il dinamismo dell’automobile di Luigi Russolo, mentre l’articolo è stato pubblicato su MaddMaths! e porta la firma di Roberto Natalini. Nel 1940 Marinetti ha scritto il Manifesto della “Matematica futurista”, con la collaborazione del matematico Marcello Puma, e ha acquisito «la sintesi delle nuove matematiche discusse nei primi venticinque anni del Novecento, rivalutando i principi della probabilità, della casualità, del caos e la teoria dei giochi». All’inizio del XX secolo, la comparsa della tecnologia ha generato un cambiamento nell’arte, il Futurismo, ma ha generato un cambiamento anche nella matematica, che diventa «una matematica di guerra», mostrandosi come una «forza terribile» che «può dare un aiuto incomparabile». Siamo alla fine degli anni Venti e nasce l’Istituto per le Applicazione del Calcolo: il lavoro di Mauro Picone, del quale l’istituto porta il nome, permette il passaggio da un universo matematico a priori (quello ipotizzato da Galileo Galilei) a un universo da matematizzare attraverso i modelli.

L’ultimo documento della mattinata è stato scelto per lingua e letteratura spagnola: si parla della dittatura franchista e non può mancare il riferimento al libro di Chiara Valerio La matematica è politica, presentato da Il Sole 24 ore, dove si parla della matematica come di uno degli strumenti più equi nell’esercizio della democrazia. Ma per quanto sia equo, non riesce a evitare il paradosso, presentato da Marco Menale dalle pagine di MaddMaths! Si tratta del teorema di Kenneth Joseph Arrow, pubblicato nel 1957, che ci obbliga a notare che «l’unico sistema decisionale democratico sarebbe la dittatura». La conclusione, inevitabile, di Marco Menale è un po’ amara: «Ogni sistema di scelta maggioritario è in realtà un gioco non banale nel senso matematico, in cui la soluzione potrebbe non essere la migliore possibile, ma solo la meno sgradita ai più.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

Quarta giornata di prove orali: L'esame che... sorprende

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Martedì, 25 Giugno 2024 16:19

L'esame che vorrei

Il secondo giorno di prove orali dell’Esame di Stato non è stato meno ricco di spunti del primo.

Al primo candidato è stata proposta la raccolta di novelle Vita dei campi di Giovanni Verga: non ho trovato collegamenti tra Verga e la matematica (il che non esclude che ci siano), ma Verga viene sempre associato a Charles Dickens (e in effetti anche il candidato ha virato subito dopo sulla letteratura inglese). Nella ricerca di collegamenti tra Dickens e la matematica, mi sono imbattuta in un articolo di Brittany Carlson, dell’Università della California, che paragona il blocco dello scrittore all’ansia per la matematica, che spesso si esprime nel guardare impotenti un problema, senza riuscire a trovare un approccio. Nonostante la sua amicizia con Charles Babbage e Ada Lovelace, Dickens non aveva una buona opinione della matematica: nutriva un certo sospetto nei confronti di questa disciplina, soprattutto per l’uso che ne era stato fatto nelle statistiche, che avevano portato a deumanizzare e depersonalizzare i meno abbienti, appiattendo la situazione: la sua riprovazione è rivolta alle New Poor Laws del 1834, ma ha da ridire anche sull’educazione matematica, visto che non accettava che fosse insegnata, nel XIX secolo, usando la memorizzazione. Nella mia ricerca, ho trovato anche un articolo pubblicato sul numero 268 di Le Scienze, nel dicembre 1990, e riproposto nel 2012: è intitolato Il Teorema di Natale di Fermat ed è stato pubblicato nella rubrica L’angolo matematico di Ian Stewart. La lettura è davvero divertente: si tratta di un Canto di Natale modificato, con un Mister Stooge (=fantoccio) come protagonista (al posto di Scrooge=Tirchio), che incontra il Fantasma dei Teoremi del passato, il Fantasma delle Intuizioni future e il Fantasma delle Dimostrazioni presenti. Costellato da una serie di curiosità matematiche, a partire dai fattoriali e dai frattali, fino al “moduloscopio” che modifica i numeri, accarezza la Congettura di Fermat (nel 1990 non era ancora l’Ultimo Teorema), fino ad arrivare a Minkowski, alla relatività einsteiniana e alla “geometria dei numeri”.

Il secondo candidato si è visto proporre il romanzo Jane Eyre, di Charlotte Bronte, nel quale i temi sono l’amore, l’indipendenza e la figura della donna in epoca vittoriana. Ho trovato un articolo comparso sul numero 9 di Prisma, nel luglio 2019, scritto da Paola Magrone e Ana Millán Gasca, autrici del libro I bambini e il pensiero scientifico, che ha per protagonista Mary Everest Boole, una donna in epoca vittoriana. Moglie di George Boole e nipote di George Everest, «fece della ricerca della verità il filo conduttore della sua vita». Avrebbe potuto studiare matematica a Cambridge, ma, come sentì dire dal padre: «Che cosa può fare una ragazza studiando matematica?». È di fatto costretta a formarsi autonomamente, dimostrando una grande determinazione. Il marito dà un grande contributo al suo percorso, tributandole molta stima, come mostrato dalla lettera scritta ad Augustus de Morgan: «Non c’è assolutamente nessuna persona [in Irlanda] con cui io discuta di logica eccetto mia moglie». L’obiettivo di Mary Everest Boole era di formare i bambini al pensiero scientifico per avere adulti migliori, mostrando le difficoltà della scienza per farla amare, consapevole che una semplificazione eccessiva avrebbe annoiato i bambini, smorzandone la passione.

Il terzo documento è stato preso dal sito Our World in data e si tratta di una serie di tre grafici, proposti dagli economisti Branko Milanovic e Christoph Lakner, che mostra la storia della disuguaglianza economica globale. «Ciò che più conta per stabilire quanto tu sia sano, ricco e istruito, non è chi sei, ma dove sei», è dichiarato in apertura dall’autore dell’articolo Max Roser. I grafici mostrano una situazione di povertà nel 1800, che evolve in una grande disparità nel 1975, fino ad arrivare al 2015, quando l’estrema povertà è crollata come mai prima d’ora.

Il quarto collegamento è stato davvero inaspettato: si parla di letteratura spagnola, che non conosco molto, e protagonista è l’opera di Rafael Alberti. Prima ho trovato la poesia Alla divina proporzione, contenuta nella raccolta Poesie dell’esilio e dell’attesa, probabilmente scaturita dalla lettura della Divina proportione di Luca Pacioli del 1509. Si tratta di un sonetto che, come viene ribadito nel blog Literary, è la «forma poetica rinascimentale simbolo per eccellenza di perfezione metrica lucida e ragionata su parametri matematici non solo nel computo sillabico dell’endecasillabo, ma anche nello schema prosodico in seno a ogni verso». La cosa simpatica è che, letta nella lingua originale, presenta in apertura di strofa “A ti”, che crea un’assonanza con phi, il simbolo della sezione aurea. Cercando ulteriori conferme, sono approdata al blog di Marco Fulvio Barozzi, Popinga, che propone El ángel de los números, dalla raccolta Sobre los angeles del 1928, «in cui affiorano i ricordi di scolaro affascinato dal freddo suono del gesso sulla lavagna e dall’azione del cancellino sulle parole e sui numeri».

La mattinata si è davvero chiusa in bellezza con il documento che rimandava al celebre Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Complice la citazione presente nella prova di matematica dell’Esame di Stato del liceo scientifico («Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle: le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c’è posto perenne per la matematica brutta!»), ho subito pensato al matematico Godfrey H. Hardy. Cercando sul web, mi sono imbattuta nel blog Robiland, che riporta una descrizione del matematico, stralciata dal libro di Robert Kanigel L’uomo che vide l’infinito, pubblicato nel 2003 per Rizzoli. In apertura del quarto capitolo, dedicato ad Hardy, Kanigel scrive: «Era oggetto di studio sull’eterna giovinezza. Un giorno della primavera del 1901, Hardy portò l’amico Lytton Strachey nel prato privato dietro il Trinity College, cui aveva accesso in quanto fellow del college, per una partita a bocce. “È il genio matematico per eccellenza” scrisse Strachey a sua madre “e ha l’aspetto di un bambino di tre anni.” Persino dopo aver superato i trent’anni, Hardy si vedeva spesso rifiutare la birra e almeno una volta, mentre pranzava con altri docenti del Trinity, venne scambiato per uno studente.» Direi che non potrebbe esserci esempio migliore, soprattutto perché L’apologia di un matematico (citata appunto nella seconda prova di matematica) permette una chiusura (di questo articolo) provocatoria: «La matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca. Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. “Immortalità” forse è una parola ingenua, ma un matematico ha più probabilità di chiunque altro di raggiungere quello che questa parola designa.»

 

Prima giornata di prove orali: L'esame che farei

Terza giornata di prove orali: L'esame che amerei

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Lunedì, 24 Giugno 2024 19:47

L'esame che farei

Ogni volta che mi trovo ad assistere alla prova orale dell’Esame di Stato, succede la stessa cosa: quando si propone al candidato il documento che dovrebbe essere lo spunto del percorso pluridisciplinare, ogni insegnante ha chiaro in mente ciò che vorrebbe sentirsi dire per la propria disciplina. Quando, come me quest’anno, sei un commissario esterno nominato per matematica e informatica in un liceo linguistico, non hai grandi aspettative: i ragazzi possono fare quei collegamenti che sono stati abituati a fare e so che, messo di fronte alla scelta, l’insegnante di matematica in genere dà la precedenza ai contenuti disciplinari, in altre parole agli studi di funzione, e il candidato difficilmente si lancerà in collegamenti di spessore che non ha avuto modo di cogliere nel corso dell’anno. Ciò che intendo è che il collegamento resistenza partigiana – resistenza elettrica capita con una certa frequenza, anche se, in questo caso, declinato in ambito matematico. Perciò, nel momento in cui comincia la prova del candidato di turno, mi diverto a cercare quei collegamenti che mi piacerebbe sentirmi raccontare, spesso imparando un sacco di cose nuove nel frattempo, e creandomi l’opportunità, nel caso di difficoltà del candidato, di proporre un argomento in tema.

Il primo documento di oggi aveva a che fare con la Rivoluzione russa: il primo suggerimento di Google mi rimandava a Perel’man e alla congettura di Poincaré, ma l’ho ritenuto un po’ forzato, avendo in comune solo la nazionalità. Mi è piaciuta, invece, la storia di Igor Tamm, premio Nobel per la fisica nel 1958, raccontata da Pisani nelle pagine di MaddMaths! Già il titolo conquista: Igor Tamm e il calcolo che… salva la vita. Pisani racconta che, proprio durante la Rivoluzione russa, il fisico insegnava in Ucraina e, aggirandosi per un villaggio in cerca di cibo, un giorno si è imbattuto in un gruppo di banditi. Il capo della banda, una volta saputa la sua professione, gli ha chiesto di dargli «una stima dell’errore che si commette troncando uno sviluppo in serie di Mac Laurin all’n-mo termine». E ha aggiunto: «Fallo e sarai libero, fallisci e ti sparo». Fortunatamente Tamm non ha sbagliato!

Il secondo documento è stato più semplice: il protagonista era Nietzsche, ritratto da Munch, perciò ho googlato “Nietzsche e matematica” e mi sono imbattuta in un interessante articolo di Paolo Caressa, pubblicato sul numero di febbraio 2021 della rivista Prisma, Il teorema dell’eterno ritorno. «Il suo argomento per l’eterno ritorno è matematicamente sensato e si può ricondurre al fatto che, se f: X → Y è una funzione fra gli insiemi X e Y, con X infinito e Y finito, allora f non può essere biunivoca, cioè non può far corrispondere ciascun elemento di X a un solo elemento di Y», dove X è l’insieme degli infiniti istanti, mentre Y è l’insieme degli elementi di cui consta il mondo (ed è per forza un insieme finito). Anziché parlare di funzioni biunivoche, però, mi sono accontentata di fare riferimento alla circonferenza che rappresenta l’eterno ritorno, chiedendo se la circonferenza fosse una funzione…

La terza proposta era l’immagine di una trincea e richiamava, quindi, la Prima guerra mondiale. Devo dire che, in questo caso, ho trovato abbastanza semplice il collegamento, avendo parlato del ruolo degli scienziati tra le due guerre mondiali proprio in una serie di lezioni di educazione civica, proposte alla mia ultima quinta. Ho provato comunque a googlare e ho ritrovato l’articolo di Pietro Nastasi Un matematico alla grande guerra: Mauro Picone. Nell’articolo si parla dei calcoli per ricostruire delle tavole di tiro adeguate, visto che il lancio di granate avveniva in montagna, oltre alle enormi possibilità di calcolo della calcolatrice Brunswiga (e noi che pensiamo sempre e solo a Turing contro Enigma!), ma si parlava soprattutto del fatto che Mauro Picone è stato il fondatore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo, che oggi porta, appunto, il suo nome. È un peccato che questa storia non sia stata raccontata agli studenti…

Il quarto argomento aveva a che fare con gli Organi dello Stato e in questo caso il riferimento immediato, almeno per quanto mi riguarda, era al libro di Chiara Valerio La matematica è politica. Il secondo riferimento, invece, ha a che fare con il fascismo: si tratta di Vito Volterra, matematico impegnato in politica, è stato senatore a partire dal 1905, ha contribuito alla Fondazione della SIPS, la Società Italiana per il Progresso delle Scienze, ma soprattutto ha rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. La sua storia è ben raccontata nella graphic novel La funzione del mondo, che racconta la sua vita e la nascita della modellizzazione.

L’ultimo collegamento mi ha messo un po’ in difficoltà: si trattava di una citazione tratta da Notre-Dame de Paris di Victor Hugo che, per un caso fortuito, sto ascoltando in auto durante il viaggio per raggiungere la sede d’esame (160 km al giorno sono tanti…). Ho setacciato il web, ma non ho trovato nulla che collegasse l’opera del grande scrittore alla matematica. Mi sono imbattuta in un testo dell’Università degli Studi di Firenze, ma non sono riuscita a scaricarlo, perciò ho rimandato la ricerca. Rientrata a casa, sono stata in grado di aprire il pdf, e di scoprire che Hugo non aveva grande simpatia per la matematica, ma mi sono imbattuta anche in una versione pdf del romanzo. Una rapida ricerca mi ha permesso di verificare che la matematica viene citata solo due volte: «Quella zingara che sapete, quella che viene tutti i giorni a danzare sul sagrato, nonostante il divieto ufficiale! Ha una capra indemoniata con le corna del diavolo, che legge, scrive, conosce la matematica come Picatrix, e che basterebbe a far impiccare tutti gli zingari.» La seconda non è migliore, visto che Gringoire dice di aver «calcolato matematicamente la resistenza di quella castità alla seconda potenza». Inoltre, Victor Hugo non recupera nemmeno citando tre volte Pitagora: prima lo mette insieme a Nicolas Flamel e Zoroastro, poi lo indica come filosofo, e infine facendo dire a Jean du Moulin: «sarò un vero Pitagora di scienza e di virtù».

L’avventura tra letteratura e matematica per oggi si chiude qui, ma spero che domani le pagine di Gian Italo Bischi dedicate a Matematica e letteratura possano riservarmi citazioni più ottimistiche di quella di George Orwell (da “1984”): «Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

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