«Il professor Z e l’infinito» è stato pubblicato nel 2017 da Edizioni Dedalo. L’autore, Tommaso Castellani, ha conseguito un dottorato in fisica teorica all’Università La Sapienza e si è poi dedicato alla didattica e alla comunicazione della scienza. Ha scritto “Risolvere problemi difficili. Sudoku, commessi viaggiatori e altre storie” per Zanichelli (2013) e “Equilibrio. Storia curiosa di un concetto fisico” per Dedalo (2013), scrive inoltre regolarmente sulla rivista “Sapere”, di cui è editor.
Questo è il primo libro di una serie di tre. Il protagonista è Giulio, dodicenne che frequenta la seconda media in un istituto di Roma: ci racconta della sua amicizia con Ivano che lo aiuta ad appassionarsi alla matematica e a vincere il bullismo, che si presenta con le sembianze di un peluche di Coccolino. Tutto comincia con il teorema di Pitagora, le infinite terne pitagoriche e i difficilissimi problemi proposti dal professor Z, il “cattivissimo” insegnante di matematica, che ha l’abitudine di fare “domande strane”. D’altra parte, “il professor Z era il contrario esatto della chiarezza”, se condividiamo con Giulio la sua idea di chiarezza: “una spiegazione chiara è come un giallo che inizia con la rivelazione del nome dell’assassino”. È lo stesso Giulio a specificare che, per poter capire le lezioni di matematica, è necessario “un certo sforzo”: solo dopo aver scelto di farlo, grazie ad Ivano, le lezioni del professor Z si trasformeranno in qualcosa di appassionante. Questo professor Z non può che piacere: apparentemente agli antipodi rispetto al bravo – secondo gli alunni – insegnante di matematica, riesce a sfidare i propri studenti e ad appassionarli, grazie alla curiosità che riesce a suscitare.
Il racconto comincia con la scomparsa di Michele Bernocchi, compagno di classe dei due protagonisti, che dall’oggi al domani smette di frequentare la scuola. Alla soluzione del mistero non contribuiscono solo Giulio e Ivano, ma anche i compagni di classe, come Davide Rosso, apparentemente il bullo della classe, Chao, e Valentina Cirri, “una di quelle che prendevano sempre i voti più alti”. A raccontarci la vicenda è un Giulio adulto, che ricorda la sua frequenza delle scuole medie negli anni ’90. La narrazione è alla portata di qualsiasi studente delle medie e contiene tutta una serie di stereotipi sui matematici, sulla matematica, sulla vita in generale, che vengono in qualche modo smantellati. Al centro di questo racconto c’è la scuola e non manca la presentazione degli insegnanti in chiave umoristica: sono descritti con le loro manie e il loro piacere per il dramma nei rapporti umani, come dimostrano le incomprensioni tra Michael Jackson, come è soprannominata l’insegnante di educazione artistica, e la professoressa di italiano De Mattei.
Il fatto che, sulla copertina, il libro sia descritto come un “giallo matematico” ci suggerisce che la sparizione di Michele possa non essere l’unico mistero da risolvere: in seconda media si incontrano i numeri irrazionali, ci si confronta con l’infinito numerabile e il professor Z sfida i propri alunni con l’ultimo teorema di Fermat. Tutto questo ci permette di percepire la ricchezza del libro dal punto di vista matematico, e dà l’opportunità a ogni studente di incontrare una matematica un po’ diversa da quella che si studia a scuola. Un libro per i ragazzi delle medie, che può avere qualcosa di importante da dire anche agli adulti.
«Ucciderò il gatto di Schrödinger» è stato pubblicato da Mondadori a settembre 2020. L’autrice, Gabriella Greison, laureata in fisica, è attrice teatrale, scrittrice, giornalista scientifica e ha già scritto altri tre libri dedicati ad altrettanti personaggi della meccanica quantistica: L’incredibile cena dei fisici quantistici (Salani 2016), dedicato al Congresso di Solvay del 1927, Hotel Copenaghen (Salani 2018) dedicato a Niels Bohr, e La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall (Salani 2019), dedicato a Werner Heisenberg.
Protagonista di questo romanzo è Alice Schrödinger, ventottenne tormentata che assomiglia molto fisicamente a Gabriella Greison, ma forse è una reincarnazione o una discendente del fisico Erwin Schrödinger. Ha lo stesso nome di Alice Liddell, ma il suo paese delle meraviglie è la meccanica quantistica e la sua guida non è un coniglio, ma un gatto, il “famoso gatto”. Per dormire, Alice ha bisogno di usare lo Stilnox, che le regala dodici ore consecutive di sonno, alle quali fanno seguito dodici ore di veglia. Il libro è dato da questo alternarsi di sonno e veglia: durante la veglia, è Alice a raccontarci ciò che sta vivendo e le sue sensazioni a riguardo, mentre nel tempo del sonno, la voce narrante è l’Entità dei sogni, che ci descrive i vagabondaggi notturni della protagonista. Questi sogni ci regalano un viaggio in un mondo parallelo e irreale, la stessa irrealtà che si coglie tra le pieghe della meccanica quantistica: è un ottimo espediente narrativo per raccontare questa parte della fisica nelle sue sfumature più difficili e per permetterci di incontrare i fisici del passato, attraverso delle interviste, che sono in realtà una rivisitazione dei loro scritti, e dietro alle quali, quindi, c’è un grande lavoro di ricerca. Ciò che succede nel mondo dei sogni ricorda un po’ le stranezze della meccanica quantistica, come il salto da un posto all’altro che richiama un po’ i salti quantici.
Ad una prima lettura, il libro può sembrare contorto e difficile da seguire, ma potrebbe essere una conferma di quanto diceva Feynman: «Penso di poter affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica». Leggere questo libro non è come leggere un qualsiasi romanzo, perché non è possibile riportare l’intera vicenda sui binari della razionalità, visto che è come se Alice vivesse tutte le caratteristiche della meccanica quantistica nella sua vita, ma la Greison è abile nel guidarci in questo viaggio, attraverso i luoghi, i personaggi e i fatti della meccanica quantistica. Ci sono, ad esempio, dei garbugli nella narrazione che ci permettono di cogliere il paradosso, come l’incontro tra Alice, che in qualche modo rappresenta l’autrice, e l’autrice stessa. Sono proprio questi i punti di forza del libro! Sparse nel racconto, troviamo anche delle considerazioni filosofiche riprese dagli scritti di Schrödinger, che ci dimostrano come sia labile il confine tra la fisica e la filosofia e, al tempo stesso, ci permettono di entrare nel mondo tormentato di Alice, che, nella sua ricerca, trova la meccanica quantistica anche nel mondo della New Age. Il paradosso del gatto diventa anche una metafora della vita di Alice: nel momento in cui sceglie di non aprire la scatola, di fatto sceglie di restare in uno stato di incertezza, di non vivere e di lasciarsi trasportare dagli eventi, mentre quando sceglierà di aprire la scatola, effettuerà una scelta di coraggio, assumendosi il rischio di scoprire che il gatto è morto, ovvero che la realtà è diversa da quella che avrebbe voluto.
Questo romanzo è un viaggio, intrapreso da Alice a 14 anni, quando il padre le ha regalato il biglietto con l’immagine del gatto: il paradosso di Schrödinger è diventato un indicatore direzionale della sua vita e solo quando ha trovato finalmente la sua strada, può lasciarlo andare, facendolo metaforicamente morire. Da spettatrice, finalmente Alice diventa protagonista della propria vita, attraverso la chiacchierata TED che la mette, letteralmente, al centro della scena. La conclusione era inevitabile, dato che il teatro è una sorta di coprotagonista: ogni capitolo è, infatti, seguito da una piccola parentesi intitolata “Sipario”, nella quale Gabriella Greison ci porta dietro le quinte, raccontandoci il tema centrale del capitolo e spiegandoci come è stato costruito e quale lavoro di ricerca sia stato fatto.
La narrazione comincia, il 2 gennaio del 2020, nel cimitero cattolico di Alpbach, in Austria, dove è sepolto Schrödinger e si conclude il 18 aprile del 2020 in piena pandemia. Alice ha avuto modo di visitare anche altri cimiteri, come il cimitero di Vienna, dove è sepolta Hedy Lamarr, o il fiume Delaware, dove sono state sparse le ceneri di Einstein. Nei suoi sogni, incontra i protagonisti della fisica e i suoi modelli di riferimento: Schrödinger, Hedy Lamarr, Einstein e Ada Lovelace. Alice ripercorre non solo metaforicamente la strada della meccanica quantistica, ma anche la strada percorsa dalla stessa Gabriella Greison, nelle sue ricerche e nei suoi incontri con i ricercatori che attualmente si occupano di questa branca della fisica.
Per immergersi fino in fondo nella struttura della storia e della fisica stessa, è consigliabile una seconda lettura, durante la quale ci si potrebbe ritrovare a vivere in prima persona ciò che succede nella ricerca scientifica: «Si avanza a tentoni per anni, e poi tac! Si schiarisce il cielo dalle nubi, di colpo». Gabriella Greison ci spiega, facendoci fare esperienza, come sia complicata la fisica a certi livelli: dopo averci spiegato per anni il mondo della meccanica quantistica, mostrandoci quegli aspetti che possono essere raccontati con semplicità, con questo romanzo ha deciso di scavare più in profondità e far fare al lettore un’esperienza.
Il libro è consigliato a tutti, ma, come succede con la buona divulgazione, non si deve avere la pretesa di capire tutto e si deve avere il coraggio di continuare il proprio viaggio, anche quando il panorama sembra nascosto dalla nebbia.
«Matematici in prima linea», pubblicato nel 2021 dalla Casa Editrice Mateinitaly, è stato scritto da Simonetta Di Sieno e Angelo Guerraggio. Simonetta Di Sieno è docente di matematiche complementari presso l’Università di Milano e si occupa di storia della matematica italiana, di comunicazione, di didattica della matematica e ha curato la mostra MaTeinItaly del 2014 presso la Triennale di Milano; Angelo Guerraggio è direttore del centro Pristem dell’Università Bocconi ed è direttore editoriale del mensile Prisma. Entrambi si sono occupati della storia della matematica in particolare del periodo post-unitario e Guerraggio ha numerose pubblicazioni al riguardo, come La scienza in trincea per Raffaello Cortina nel 2015.
«Matematici in prima linea» contiene la storia di dieci matematici che, dal 1848 sino alla soglia del terzo millennio, hanno contribuito a vario titolo alla vita e alle vicende del Paese, grazie alla propria passione civile. Idealisti, hanno combattuto per ciò in cui credevano, tentando di esportare la razionalità scientifica nella vita civile, come i due autori ripetono a più riprese.
La rassegna comincia con tre intellettuali impegnati nel periodo risorgimentale: Francesco Brioschi, che ha contribuito all’istituzione del Politecnico, Quintino Sella, che ha introdotto gli strumenti matematici nella cristallografia e dal punto di vista politico aveva come obiettivo di fare di Roma la capitale non solo politica ma anche scientifica d’Italia, e Luigi Cremona, che ha collaborato a vario titolo con entrambi e ha contribuito a costruire la scuola italiana. Nella generazione successiva troviamo Vito Volterra, che ha aperto un nuovo settore di studi, l’analisi funzionale, e ha studiato il modello preda-predatore, permettendo l’applicazione della matematica ad altre discipline. Vito Volterra è noto anche per le vicende che l’hanno coinvolto durante il fascismo, visto che, insieme ad altri undici docenti universitari, si è rifiutato di sottoscrivere il giuramento al fascismo e per questo motivo ha danneggiato irreparabilmente la propria carriera, ma è noto soprattutto perché ha avuto un ruolo fondamentale nella fondazione del CNR, di cui è stato il primo presidente. Eugenio Elia Levi, di una generazione successiva rispetto a Volterra, ha vissuto l’epoca della Prima guerra mondiale, alla quale ha contribuito con la vita e con la costruzione delle tavole di tiro. Renato Caccioppoli si è opposto al fascismo pagando con l’internamento, visto che per impedire che venisse incarcerato la sua famiglia ha denunciato ipotetici problemi mentali che lo riguardavano: il suo valore nel mondo matematico è riconosciuto grazie al suo “possente ingegno”. Bruno De Finetti, che ha guadagnato l’immortalità matematica con la definizione di probabilità, è stato arrestato per ciò in cui credeva e perché ha cercato di difendere i diritti degli obiettori di coscienza al servizio militare. Emma Castelnuovo è un’icona della matematica del Novecento: con la didattica del fare, ha cambiato il modo di fare matematica, dando il proprio contributo come formatrice di altri insegnanti fino alla fine della sua vita. Si è spesa molto per la scuola, anche riorganizzando la didattica della matematica e contribuendo a costruire i programmi di matematica della scuola media nel 1977. Lucio Lombardo Radice è stato incarcerato, giovanissimo, nell’epoca del fascismo per la sua fede comunista, e nel secondo dopoguerra, mostrando il suo dissenso rispetto alla linea ufficiale del partito, è rimasto ai margini, senza riuscire a fare una vera e propria carriera politica. La sua attenzione era volta soprattutto alla divulgazione scientifica, tanto che fu anche consulente e ideatore di programmi televisivi. Il percorso si conclude con Ennio De Giorgi, il risolutore del diciannovesimo problema di Hilbert. Ha contribuito con numerose idee pionieristiche in vari ambiti matematici e, dal punto di vista civile, ha partecipato alla fondazione di Amnesty International sezione Italia, ha lottato in favore dei dissidenti sovietici e ha contribuito al progetto dell’Università dell’Eritrea in Somalia.
Altro elemento comune di questi matematici è la scuola e, parafrasando Massimo D’Azeglio, potremmo dire che, fatta l’Italia, era ora di costruire una scuola italiana, visto il notevole impegno speso in tal senso: Brioschi, Sella e Cremona, che hanno vissuto da protagonisti il periodo risorgimentale, hanno contribuito alla nascita della scuola matematica italiana, Bruno de Finetti parteciperà attivamente all’organizzazione delle prime gare matematiche e sarà presidente della Mathesis, dove porterà tutta la sua contrarietà all’insegnamento basato su formule da mandare a memoria, Emma Castelnuovo contribuirà a riorganizzare la didattica della matematica, Lucio Lombardo Radice mostrerà un’attenzione costante verso l’insegnamento e la scuola.
Questi dieci personaggi hanno contribuito a migliorare la nostra Italia con fervore e convinzione ammirevoli e ci hanno dimostrato che i matematici sono davvero figure a tutto tondo, pur soffrendo per non potersi dedicare a tempo pieno alle proprie ricerche. La lettura è sicuramente adatta a tutti e consigliata soprattutto agli insegnanti delle superiori che possono trovare numerosi spunti per gestire il percorso di educazione civica, mostrando come lo studio della matematica possa portarci a vivere in modo più consapevole nella società.
«Hotel Copenaghen» è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Salani. L’autrice è Gabriella Greison, fisica, attrice teatrale, giornalista professionista, scrittrice e appassionata del mondo della meccanica quantistica, che ha trovato modo di presentare a teatro in celebri monologhi. Il romanzo in questione fa parte di un gruppo di romanzi dedicati ai protagonisti della meccanica quantistica: il primo è stato L’incredibile cena dei fisici quantistici (2016), ambientato a Bruxelles al termine del Congresso Solvay del 1927.
I fatti presentati in questo romanzo si svolgono tra il 1932 e il 2017, ma ci sono parecchi riferimenti ad eventi precedenti. Nella narrazione, ritornano alcune date sempre uguali, come anniversari che celebrano un momento importante: il 7 ottobre (nel 1885 è nato Bohr), il 18 novembre (nel 1962 è morto Bohr), il 7 dicembre (nel 1913 segna la nascita del modello atomico di Bohr, che ha pubblicato un articolo a luglio dello stesso anno). Il romanzo è raccontato in modo originale da due narratrici, che si alternano a seconda del luogo o del tempo in cui è ambientato ciò che viene raccontato: la prima voce narrante è Margrethe Nørlund, moglie di Niels Bohr, mentre la seconda è Adelaide, cuoca di casa Bohr, che di fatto racconta, in un diario personale, gli avvenimenti più recenti di cui è spettatrice.
I fatti non sono presentati in ordine cronologico, ma se lo facessimo, dovremmo cominciare con la rappresentazione teatrale del 1932, svolta a Copenaghen, come celebrazione di Goethe, con una rivisitazione del suo Faust attualizzato attraverso la fisica. Troveremmo poi il venticinquesimo anniversario di matrimonio di Bohr, nel quale una nostalgica Margrethe indossa il suo abito da sposa, ripensando alla luna di miele all’insegna della fisica, perché, d’altra parte, la proposta di matrimonio di Bohr era stata molto originale: «Vuoi diventare mia moglie, madre dei miei figli e madre dei miei studenti?». Gli anni che seguono la Seconda guerra mondiale racchiudono una serie di riflessioni fatte da Margrethe sulla guerra e sul ruolo degli scienziati: costituiscono una sorta di bilancio. La morte di Bohr è raccontata nel dettaglio e seguono poi le riflessioni di Margrethe e l’incontro con Heisenberg, realmente avvenuto, anche se non si hanno particolari al riguardo. Gabriella Greison usa questo incontro sia in apertura che in chiusura, come due parentesi che contengono tutta la narrazione: l’incontro costituisce un evento cardine attorno al quale ruota l’amicizia tra i due fisici. Con un salto al 1984, attraverso il diario di Adelaide ripercorriamo gli ultimi tre mesi di vita di Margrethe. La sua morte è avvenuta il 21 dicembre, 22 anni dopo la morte del marito ed è il 22° capitolo (l’ultimo) quello che ha per oggetto l’ultimo incontro tra lei e la cuoca. Per il 7 ottobre del 1985, Gabriella Greison immagina una celebrazione dei 100 anni della morte di Bohr, sulla sua tomba, tra studenti di fisica che ripercorrono le scoperte della fisica del Novecento. Altra celebrazione è il centenario del 7 dicembre 2013, ricordato a Parigi con una conferenza di Tomas Bohr, nipote del celebre fisico e fisico a sua volta (la conferenza è reperibile su YouTube). Il 6 gennaio del 2017 viene ripercorso, nel penultimo capitolo, l’incontro del 1941 tra Bohr e Heisenberg, con una nuova interpretazione dei fatti.
Protagonisti di questa storia non sono solo Bohr e Heisenberg, ma anche la moglie e tutti i fisici che hanno ruotato attorno a Bohr. Hotel Copenaghen è la casa dei Bohr: veniva indicata in questo modo, dato che accoglieva tutti gli studenti, i collaboratori e i colleghi del fisico. Il dono di Bohr era stato proprio quello di saper raccogliere attorno a sé i più grandi fisici dell’epoca e numerosi studenti, che in qualche modo contribuirono a costruire la fisica e, in particolare, la meccanica quantistica. Margrethe Nørlund è presentata con il suo nome da nubile, come riconoscimento della sua identità e del ruolo di primo piano che ha avuto nella vita di Bohr, dato che non ne è stata solo la moglie, ma anche la collaboratrice e l’editor dei suoi articoli, ruolo importante, che le è sempre stato riconosciuto dal marito. «Che le donne in casa Bohr e nell’istituto di fisica NBI abbiano avuto un ruolo chiave è cosa sicura». In questo alternarsi di voci e di tempi ritroviamo come protagonisti anche Einstein, grande amico di Bohr, Schrödinger, Pauli e tutti i più grandi fisici del Novecento.
Gabriella Greison ha realmente incontrato un discendente di Bohr, ovvero il nipote Tomas, e da lui ha avuto alcuni riferimenti che sono stati il punto di partenza di questo percorso. Anche in questo romanzo, come in La leggendaria storia di Heisenberg, viene scelta come seconda voce narrante una figura umile, ovvero la cuoca dei Bohr, che sembra richiamare una delle celebri citazioni di Einstein, ovvero: “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna.” La scelta di un personaggio al di fuori del mondo della fisica sembra una garanzia di semplicità, come se Gabriella Greison volesse rassicurare il lettore.
Come sempre, in conclusione l’autrice elenca gli eventi riportati nel libro, distinguendo tra quelli realmente accaduti e quelli necessari alla narrazione. È l’autrice stessa a dirci che possiamo percorrere la storia nel modo che preferiamo: raggruppando le varie narrazioni o nell’ordine in cui lei ce le ha proposte, ma sconsiglia l’ordine cronologico, che farebbe perdere il percorso da lei studiato, quello che ci permette di capire meglio quanto presentato.
La lettura è consigliata a tutti, perché Gabriella Greison è una garanzia di leggerezza e, al tempo stesso, di passione per la fisica del Novecento.
«La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall», edito da Salani, è stato pubblicato nel 2019 ed è il terzo capitolo della quadrilogia di romanzi dedicati ai personaggi della fisica quantistica, dopo L’incredibile cena dei fisici quantistici (2016) e Hotel Copenaghen (2018). L’autrice è Gabriella Greison: personaggio poliedrico, laureata in fisica, è attrice e scrittrice. Celebri sono i suoi monologhi teatrali che registrano sempre il tutto esaurito nonostante gli argomenti complessi da lei trattati. Definita “la rockstar della fisica” dal Corriere della Sera, ha dato voce a tanti personaggi e, in particolare, alle protagoniste femminili che altrimenti sarebbero rimaste inascoltate.
Nel romanzo in questione, la voce narrante è il nonno di Gabriella Greison: di origini scozzesi, appartenente a una stirpe di navigatori, il nonno si ritrova a fare il cuoco nella villa di Farm Hall, dove, dal 3 luglio del 1945 per sei mesi, gli alleati hanno rinchiuso dieci fisici tedeschi, per potersi rendere conto di quale fosse il livello della fisica tedesca e di quale fosse la compromissione dei fisici. Tra di essi, ci sono un paio di nazisti, ma la maggior parte di loro, pur vivendo in Germania, era avversa al regime: non hanno lasciato il paese per il proprio attaccamento alla patria, come nel caso di Werner Heisenberg, protagonista di questa storia. Forse proprio grazie al carisma che lo caratterizzava, Heisenberg, che, al momento della sua detenzione, è nel pieno della sua carriera, diventa il leader di questo gruppo.
Il romanzo comincia con una serie di riflessioni della voce narrante, e prosegue con la presentazione dei dieci protagonisti: una fotografia e alcuni riferimenti biografici arricchiscono il quadro delineato attraverso i loro interessi nell’ambito scientifico prima della detenzione. Il libro è ricco di vicende di vita quotidiana e non mancano episodi divertenti, occasioni di gioco, di scontro o di riflessione. Fa riflettere il fatto che uno dei momenti più belli della detenzione sia, per i fisici, quando viene loro consegnata una lavagna con dei gessetti, grazie alla quale possono fare un po’ di esercizio o dedicarsi allo studio delle nuove scoperte. Conclusa la detenzione, il racconto prosegue con la descrizione delle loro vite fino alla loro morte e con la scelta dell’autrice di dedicare un po’ di spazio allo sviluppo della meccanica quantistica, raccontata in poche parole e in modo semplice e chiaro. Un piccolo capitolo viene dedicato a Lise Meitner e alla vicenda che la lega a uno dei protagonisti, Otto Hahn, che viene insignito del Premio Nobel proprio durante la sua detenzione a Farm Hall.
In chiusura, l’autrice ci racconta di aver incontrato il figlio di Werner Heisenberg, Martin, e di essersi confrontata a lungo con lui. Ci riporta una breve intervista, nella quale troviamo alcune riflessioni di Martin in merito all’incontro avvenuto, durante la Seconda guerra mondiale, tra il padre e Niels Bohr. Di questo incontro, si è parlato a lungo nel libro Hotel Copenaghen, che l’autrice cita a più riprese.
In conclusione, Gabriella Greison evidenzia quali sono i particolari che ha scelto di introdurre nel discorso per arricchire la narrazione e quali invece corrispondano alla realtà: in questo modo, ci aiuta a distinguere la verità storica dalla realtà romanzata.
Il libro è alla portata di tutti: è molto scorrevole, soprattutto nella parte centrale, con il racconto delle vicende quotidiane dei fisici detenuti e non mancano alcuni riferimenti alla fisica quotidiana, come quella che si nasconde in cucina, visto che la voce narrante è un cuoco. Questo cuoco ha la capacità di instaurare un dialogo con i fisici presenti a Farm Hall e saranno proprio loro a spiegargli la fisica di alcune reazioni che avvengono in cucina, quasi a richiamare il titolo del libro di Robert Wolke “Einstein al suo cuoco la raccontava così”.
La lettura di questo libro è piacevole, in pieno stile Greison: l’autrice ha la capacità di mantenere una leggerezza tale da rendere accessibili a chiunque i contenuti scientifici trattati, anche per coloro che non hanno una preparazione in materia, ma al tempo stesso apre la strada a nuovi approfondimenti, diventando un’occasione per appassionarsi alla fisica moderna. D’altra parte, questa è una branca della fisica che ha avuto un ruolo fondamentale nelle vicende del secolo scorso ed è bene conoscerla per poter fare scelte consapevoli.
Credo che ognuno di noi interpreti la quotidianità alla luce delle proprie esperienze personali e così, nel caso dell’assegnazione delle Medaglie Fields, qualcuno ha voluto vedere, nella vittoria della matematica Maryna Viazovka, una vittoria della propaganda di Zelensky e una volontà di mettere il popolo ucraino al centro della scena. Succede inoltre che i social e gli smartphone sempre a disposizione ci abbiano abituato a reazioni veloci: si è ormai portati a rispondere subito, senza dedicare tempo alla riflessione e alla razionalizzazione, e così il web si è popolato di commenti alla notizia da parte di chi dubitava del premio. Si tratterebbe, a volte, di avere un po’ di pazienza: Radio3 Scienza ha dedicato la puntata del 6 luglio, How do you FIELDS, proprio ai matematici premiati, alla presenza di Camillo De Lellis e Alfio Quarteroni. Il primo è matematico all’Institute for Advanced Studies di Princeton e il secondo al Politecnico di Milano e all'École Polytechnique Fédérale di Losanna. Entrambi hanno fatto parte della commissione che ha scelto i matematici cui sono state assegnate le Medaglie. Nel corso della puntata, scopriamo così che la commissione ha lavorato per tre anni e la ricerca dei matematici è avvenuta quando si era ben lontani dallo scoppio della guerra. Non solo, i matematici premiati vengono informati con largo anticipo rispetto alla premiazione. Nel libro Il teorema vivente, con il quale Cedric Villani ripercorre le fasi della dimostrazione del teorema che l’ha portato alla vittoria della medaglia Fields, verso la fine del racconto il matematico racconta di come è stato informato del premio e commenta: «Terrò il segreto, quindi, per… sei mesi. Come son lunghi! Tra sei mesi e tre giorni, le televisioni di tutto il mondo annunceranno la novità. Fino ad allora, devo tenere per me il pesante segreto e prepararmi interiormente.»
All'apertura della puntata di Radio3 Scienza, Roberta Fulci introduce i quattro matematici in modo originale: «Uno di loro [June Huh] voleva fare il poeta, si definisce lento e lavora al massimo tre ore al giorno. Un altro [James Maynard] dice che la cosa in assoluto che lo fa lavorare in modo più efficiente è la paura. Un’altra [Maryna Viazovka] non riesce a fare ricerca da settimane, perché nel suo paese c’è la guerra e anche se lei è lontana il suo pensiero naturalmente è lì. Il quarto [Hugo Duminil-Copin] dice che la matematica non è una questione di intelligenza ma di sensibilità.» Quattro matematici che fanno riferimento ad aspetti che, per molti, sono completamente estranei alla matematica: poesia, paura, sensibilità… sentimenti! Eppure, questo è ciò che cogliamo dai video, realizzati per la cerimonia di premiazione: ogni video comincia con una riflessione quasi filosofica, procede con la spiegazione del risultato premiato e si conclude con la presentazione della famiglia.
June Huh ci ricorda che ognuno deve trovare la propria strada, perché non è sempre facile raggiungere ciò che si vuole ottenere: «Quando ero giovane, la matematica era come una terra lontana, circondata da gigantesche pareti che non potevo superare. Sono cresciuto in Korea, sognavo di diventare un poeta, per esprimere l’inesprimibile. Alla fine, ho capito che la matematica è un modo per fare proprio questo.»
James Maynard parla della propria necessità di trovare ordine in un mondo «eccezionalmente complicato». Attraverso la fotografia, cerca di individuare le strutture e le simmetrie delle città che visita, distinguendo i componenti fondamentali dal caos. E cerca di fare la stessa cosa in matematica: trattando spesso «oggetti matematici molto complicati, cerco di astrarre e di individuare la struttura sottostante e di separare questa struttura negli oggetti matematici dal rumore di fondo che non è così importante. Per me, i numeri primi sono questi oggetti stupefacenti ed affascinanti.»
Maryna Viazovka riflette su come l’essere umano riesca in fondo ad adattarsi a tutto, anche se «c’è un prezzo da pagare». La sua vita è cambiata per sempre a febbraio, allo scoppio della guerra, e questo le ha insegnato a non dare nulla per scontato. «Ho sempre data per scontato la pace. E ora capisco quanto mi stessi sbagliando al riguardo.» Nel suo filmato, ricorda Yulia Zdanovska, uccisa a Kharkiv all’inizio della guerra, perché «quando qualcuno come lei muore, è come se morisse il futuro.»
Hugo Duminil-Copin esordisce dicendo che «l’intelligenza non è così importante per essere creativi in matematica. La creatività ha più a che fare con la tua esperienza e la tua sensibilità. Queste cose modellano la tua visione del mondo e ti fanno fare riflessioni che nessun altro avrebbe fatto.» Sottolinea l’importanza dell’errore: «Fare errori è un passo importante del processo creativo e bisogna insegnare ai ragazzi ad accettarli. Una volta colto questo aspetto, la matematica diventa più piacevole.»
Davide e Riccardo del MATH-segnale hanno realizzato a tempo record un bellissimo filmato, per spiegare i risultati matematici dei quattro premiati. Non hanno potuto approfondire l’argomento, ma le loro spiegazioni chiare sono un ottimo modo per cogliere il lavoro fatto. Ogni risultato è accompagnato da una citazione e da una parola-chiave.
Hugo Duminil-Copin ha realizzato un lavoro sulle transizioni di fase in meccanica statistica e, secondo il matematico Martin Hairer, «L’eleganza delle sue dimostrazioni lascia pensare che queste vengano direttamente dal Libro», il libro di cui parla Paul Erdos, quello nel quale sono scritte le dimostrazioni più belle. “Eleganza” è la parola-chiave.
June Huh ha lavorato sulla geometria combinatorica, facendo dialogare due ambiti lontani della matematica. La parola-chiave è “reciprocità”.
“Migliorare” è la parola-chiave associata a James Maynard, che si è occupato di numeri primi, partendo da generalizzazioni molto avanzate del famoso crivello di Eratostene.
Per il lavoro di impacchettamento delle sfere di Maryna Viazovska non c’è una parola-chiave, ma un concetto-chiave: «Oggi, attorno a noi, ci sono persone tanto geniali in matematica quanto chi le ha precedute». Infatti, secondo il matematico Thomas Hales: «Sarebbe servita una persona come Ramanujan per trovare formule come queste» e quindi lei è stata la grande matematica che è riuscita a trovare le formule necessarie!
Alla luce di quanto detto fino ad ora, non possiamo che renderci conto di come le polemiche ospitate dai social nelle prime ore dopo la premiazione non abbiano alcun senso. Come ho scritto nelle prime righe, ognuno di noi interpreta la realtà alla luce delle proprie esperienze personali ed è per questo che la mia lettura delle polemiche delle prime ore è completamente diversa dalle altre.
Si è appena chiuso l’Esame di Stato per la mia quinta liceo scientifico. Ogni insegnante sa che l’esperienza del commissario per il docente sta al resto dell’anno come una settimana di viaggio di istruzione sta al resto della vita scolastica per gli alunni: nelle due/tre settimane di lavoro delle commissioni, si vive chiusi in un microcosmo, tutto quanto succede ha una maggiore intensità e la vita subisce, in qualche modo, un’accelerazione. Quando l’esperienza è positiva, i commissari vivono in armonia anche il momento della valutazione delle prove orali e si ritrovano in sintonia nel riconoscimento degli obiettivi raggiunti. Il momento della valutazione è spesso vissuto dagli insegnanti come il momento più difficile del proprio lavoro: non è mai facile essere oggettivi e tenere conto di tutte le componenti. Ma è ancora più difficile far capire all’alunno valutato il motivo di certe scelte: il candidato è coinvolto emotivamente e non è sempre consapevole delle proprie difficoltà (o del proprio valore), e, soprattutto, si lascia spesso prendere dallo sconforto nel momento in cui si confronta con il risultato dei suoi coetanei. L’interrogazione dell’Esame di Stato è forse il momento più difficile nella vita scolastica di uno studente, per l’eccezionalità delle richieste e perché, a differenza delle altre prove in corso d’anno, al termine di questa non c’è (quasi mai) modo di chiarire le considerazioni che hanno guidato la valutazione. L’interrogazione non è più un momento di confronto e di crescita, ma è usata per effettuare una misurazione.
Anche nel caso delle medaglie Fields è stata una commissione ad effettuare la scelta dei quattro premi: Alfio Quarteroni dice, nell’intervista a Radio3 Scienza, che «si impara moltissimo da queste esperienze. È un comitato con persone diversissime, con competenze molto eterogenee, con sensibilità molto diverse, con punti di vista molto diversi, ma devo dire che per l’ennesima volta ho scoperto che i matematici sanno lavorare bene insieme. Al di là di quelle che possono essere le posizioni differenti e i punti di vista diversi, poi riescono ad armonizzarsi e ad arrivare a delle conclusioni in maniera sostanzialmente unanime.» Si parla di crescita ogni volta che c’è l’occasione di un confronto e le commissioni, nel lavorare agli stessi obiettivi, sono costrette ad operare delle scelte, a costruire una graduatoria (nel caso della commissione per l’assegnazione delle medaglie Fields) e a riconoscere il merito di chi si è distinto in qualche modo.
Dubitare del premio di Maryna Viazovska equivale a mettere in discussione sia l’operato della commissione che il merito della matematica, quando, di fatto, nessuno dei commentatori aveva le competenze per poter contestare la scelta. In altre parole, per poter riconoscere la grandezza di una prestazione, il valutatore deve avere la preparazione e le competenze necessarie. È per questo che si istituiscono le commissioni: l’amalgama di diverse competenze non può che permettere di cogliere la grandezza del candidato nella sua essenza.
Forse potrei ricordare che «Al mondo c'è una cosa sola peggiore dell'essere oggetto di chiacchere: non essere oggetto di alcuna chiacchera», come diceva Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray: anche se in negativo, grande è stata l'attenzione alla matematica in questi ultimi giorni. In realtà, non sono sicura che la chiacchiera di cui stiamo parlando sia stata un bene, ma forse per qualcuno è stato semplicemente un modo per cercare di capire meglio l'assegnazione delle medaglie Fields e il mondo dei matematici in generale.
Non resta che concludere questa newsletter con la condivisione del catalogo delle tracce di matematica. Matmedia ha cominciato la raccolta delle tracce estratte per la prova scritta di matematica al liceo scientifico. «Ci si aspettava un ampio ventaglio di tracce, quindi una grande varietà di argomenti, di formulazioni, di livelli di difficoltà, di format e invece già la lettura delle prime tracce pervenute rivela una gradita sostanziale omogeneità di impostazioni e di richieste e, dunque, una comunità di docenti di matematica e fisica abbastanza in sintonia al proprio interno.» Per ora si tratta di prime impressioni, ma non mancheranno ulteriori riflessioni al riguardo.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Le domande…
Sono stati scritti parecchi articoli che parlano delle prove del concorso STEM che si è svolto a maggio, ma voglio riprendere, in questa newsletter, l’analisi di Lorenzo Mazza del blog Math is in the air, perché, oltre a fare considerazioni generali sulla scelta del ministero di non concedere l’uso di carta e penna durante lo svolgimento delle prove, propone anche una selezione di quesiti, con i quali misurarsi. Rigorosamente senza carta e penna, ovvio! Solo così ci si può rendere conto della fatica che è necessario fare per rispondere: i quesiti possono non essere difficili, ma dover fare tutto a mente complica davvero le cose. Sono un po’ perplessa (ok, è un eufemismo!): quando, in classe, faccio una domanda che implica un po’ di ragionamento, mi indispettisco quando vedo alunni che cercano di ragionare con lo sguardo perso nel vuoto. Li invito a sporcarsi le mani, a prendere in mano carta e penna e ad abbozzare una soluzione pasticciando un po’, perché mettere nero su bianco i propri pensieri aiuta a riflettere meglio e a giungere, con più facilità e più in fretta, a una soluzione.
… fondamentali…
L’ultimo video di Federico Benuzzi è stato pubblicato il 15 giugno: Federico prende spunto da una domanda del concorso STEM o, meglio ancora, dai tentativi di risposta comparsi su Facebook. Nonostante la brevità del video, Federico riesce a sottolineare alcuni aspetti fondamentali della fisica: nel momento in cui si studia un fenomeno, è necessario isolare le cose importanti, trascurando gli elementi non fondamentali ai fini della propria ricerca. Questo è ciò che ha reso grande Galileo Galilei: la sua capacità di trascurare ciò che era secondario. Il secondo aspetto analizzato da Federico è l’importanza di porsi delle domande (il titolo del video, non a caso, è: la fisica è porsi domande): le domande devono essere poste nel modo giusto, e forse gli autori dei quesiti del concorso non hanno eccelso in questo. Ma “se le domande vanno poste nel modo giusto, è anche vero che bisogna porsi nel giusto modo rispetto alle domande”, per trovare la risposta corretta. Come in ogni suo video, Federico Benuzzi riesce a toccare gli aspetti fondamentali della disciplina che ama, insegna e divulga – dal palco di un teatro, dai libri o dai video – riuscendo ad appassionarci e inducendoci a riflettere.
… e i fondamenti…
Il video è stato caricato tre settimane fa, come #nonsolomath: con questa tipologia di video, Davide e Riccardo si rivolgono non solo ai matematici, ma a tutti gli appassionati. L’obiettivo questa volta è sfatare le fake news che riguardano il pi greco, confrontandosi con aspetti della matematica che sono ancora a livello di congettura. Entriamo in un mondo molto particolare, quello dei numeri normali e dei numeri ricchi: sono definizioni semplici da capire, ma non altrettanto facili da dimostrare. Queste definizioni permettono di confrontarsi con l’essenza della matematica, ovvero con la sua necessità di dimostrare, di trovare la verità. Per chi non si occupa di matematica, forse è proprio questo l’aspetto più difficile da accettare: non tanto il rigore della matematica, quanto la sua necessità di dimostrare qualsiasi affermazione.
… nelle dimostrazioni!
È in stampa il secondo numero di quest’anno della rivista Archimede: è dedicato alla dimostrazione! La rivista si apre con l’analisi del problema da parte del comitato editoriale, poi si procede con il punto di vista filosofico di Silvia De Toffoli, l’articolo di Maria Alessandra Mariotti che osserva la dimostrazione con la lente della didattica, Cosimo Perini Brogi che ci offre la visione del logico e, infine, abbiamo la prospettiva storica di Alberto Cogliati. Persino le rubriche sono tutte dedicate a questo argomento: Maurizio Codogno, i Rudi Mat(h)ematici, la recensione di Roberto Natalini dell’ultimo libro di Gabriele Lolli, che parla di come le dimostrazioni cambino nel tempo. Non manca, infine, il fumetto, realizzato da Alessandro Lise e Dario Grillotti, che ci raccontano perché non ci sia alcuna fotografia della famosa conferenza di Einstein a Padova nel 1921.
La matematica non serve a niente (?)
Il 6 giugno scorso, uno degli incontri del prefestival di BergamoScienza è stato dedicato alla matematica: moderato da Daniel Bonazzi, membro del C.O.S.I. del festival (Comitato Organizzativo Scienza Innovazione), ha visto come protagonisti Giulia Bernardi, matematica e docente di PiGreco – il Luogo Ideale, e Luigi Civalleri, docente al master in comunicazione della scienza della Sissa. Il racconto è stato davvero interessante e ha preso avvio con la frase del matematico Godfrey Hardy, tratta dalla sua famosa “Apologia di un matematico”: “Non ho mai fatto niente di utile. Nessuna mia scoperta ha aggiunto qualcosa, né verosimilmente aggiungerà qualcosa, direttamente o indirettamente, nel bene e nel male, alle attrattive del mondo”. La matematica non ha bisogno di essere utile, secondo Hardy, e lo stesso Civalleri ha sottolineato, con una buona dose di ironia, che la matematica alle superiori serve sostanzialmente per non essere rimandati e per passare una buona estate. È stato inevitabile parlare poi del linguaggio della matematica, con l’esempio dell’imprevedibile nascita delle immagini jpg, della storia della matematica, attraverso la Disfida e il “duello matematico” nato attorno alla soluzione dell’equazione di terzo grado, nella cui formula risolutiva compaiono i numeri complessi, oggi fondamentali per l’elettronica. Rapidamente, si è passati ai quaternioni di Hamilton, oggi utilizzati per l’animazione dei film Pixar, per i videogiochi e per le missioni spaziali. Parlare della bellezza della matematica ha portato ai frattali ed il percorso si è concluso con le barzellette matematiche. Si tratta di un’oretta di leggerezza e vivacità, costellata da battute e risate, anche per i non addetti ai lavori. È come un giro turistico attraverso quegli aspetti astratti e apparentemente complicati della matematica, che pure sono così presenti nella nostra quotidianità.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di informatica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: Geogebra ed Excel.
Durata: 60 minuti.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: disequazioni lineari.
Durata: 45 minuti.
Verifica di educazione civica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: statistica.
Durata: 15 minuti.