Daniela Molinari

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Lunedì, 24 Febbraio 2020 11:22

Il genio delle donne

Mentre leggo queste brevi biografie, immagino la simpatica cadenza di Piergiorgio Odifreddi che mi racconta queste storie e mi sembra quasi abbia il fiato corto, mentre percorro in fretta le pagine dedicate ad ogni scienziata. Ventisette donne in ventiquattro capitoletti che non superano le dieci pagine: matematiche, chimiche, fisiche, astronome, biologhe, astronaute, informatiche, inventrici, le donne proposte da Odifreddi sono «top models alternative», ovvero vengono qui ricordate «per la sostanza del proprio essere e la profondità del proprio lavoro, più che per le apparenze del proprio aspetto e la superficialità della propria fama. Sono loro a costituire, esse sì, le vere forze di cambiamento della società.» Insomma, in un mondo povero di modelli femminili, Odifreddi raggruppa queste donne, creando una «breve storia della scienza al femminile», «ma a uso e consumo di un pubblico senza distinzioni di genere.»

Introdotti da titoli che dicono senza dire, costellati da battute umoristiche venate di sarcasmo – come è tipico dello stile di Odifreddi – questi ventiquattro capitoletti sono uno stuzzichino che stimola l’appetito della conoscenza, spingono il lettore ad approfondire, fanno nascere la voglia di saperne di più.

Originale la conclusione di Odifreddi che, dopo aver snocciolato le statistiche e le percentuali che evidenziano il ruolo delle donne nella ricerca scientifica, sostiene che, pur essendo in grado di raggiungere ruoli di responsabilità e prestigio, forse le donne scelgono di fare altro: «Che alcune donne possano raggiungere quegli obiettivi e seguire quei modelli, lo dimostrano le storie che abbiamo raccontato. Il problema, o forse semplicemente la soluzione, è che molte non vogliono, e poste di fronte al diabolico dilemma tra carriera e vita compiono la scelta più saggia, non lasciandosi indurre in tentazione dal serpente. Una scelta forse più da elogiare e imitare, che da criticare e rimediare.»
Venerdì, 21 Febbraio 2020 00:00

Circonferenza febbraio 2020

Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: circonferenza e disequazioni irrazionali.

Durata: due ore.

Mercoledì, 19 Febbraio 2020 00:00

Frazioni algebriche febbraio 2020

Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: frazioni algebriche e scomposizioni.

Durata: un'ora.

Sabato, 15 Febbraio 2020 17:36

152 - 15 Febbraio 2020

Insegnare matematica è una sfida che si affronta ogni giorno.

Insegnare matematica vuol dire, a volte, entrare in classe e, senza sentirsi al meglio delle proprie possibilità (perché non si è sempre in formissima), cercare di fare una lezione che abbia un senso. Potrebbe capitarvi, come racconta il prof. Federico Benuzzi, che proprio quando non vi sentite al meglio, sappiate fare una lezione che lascia un segno e che entra tra gli aneddoti che gli alunni poi si raccontano anche negli anni a venire…

Insegnare matematica vuol dire cercare sempre nuove strade per proporre cose vecchie, perché è fondamentale non lasciarsi prendere dall’abitudine: se è vero che per noi insegnanti è la ventesima volta che spieghiamo i logaritmi dall’inizio della nostra carriera, non dobbiamo dimenticare che gli alunni che assistono alla nostra spiegazione ne sentono parlare oggi per la prima volta e hanno diritto alla stessa freschezza e originalità che avevamo vent’anni fa. (Fortunatamente, internet ci permette di accedere a nuovi contenuti ogni giorno, come il triangolo del potereproposto dal canale YouTube 3Blue1Brown.)

Insegnare matematica vuol dire riuscire a leggere tra le righe e, nel vedere una lavagna piena di simboli, saperci intravvedere una forma di arte (a volte anche nelle verifiche apparentemente incomprensibili dei piccoli geni, che ancora non sanno di essere tali, che popolano le nostre aule). La stessa arte che Jessica Wynneha immortalato nelle sue immagini…

Insegnare matematica vuol dire trovarsi in disaccordo con quel Dirigente, descritto da Jacob Barandessull’Harvard Magazine, che paragona fare matematica a un lavoro e leggere un libro a un piacere. Insegnare matematica significa riuscire a rilassarsi facendo un esercizio alla lavagna, tanto da ritenerlo terapeutico (per me è così) quando in classe si creano situazioni di tensione e fare un esercizio aiuta a entrare in una dimensione, quella della matematica, che crea piacere tanto quanto leggere un libro.

Insegnare matematica vuol dire vedere la matematica ovunque, ma stupirsi ancora quando qualcuno riesce a vederla in luoghi inaspettati. Il 14 marzo, con la sua giornata internazionale della matematica, si avvicina e di tutte le proposte fatte in questa pagina, confesso che mai avrei descritto i moti collettivi e il motivo delle macchie del leopardo con la matematica…

Insegnare matematica vuol dire emozionarsi ogni volta che senti parlare della storia di Srinivasa Ramanujane del suo rapporto di amicizia con G.H. Hardy. Quanto era “affamato” di matematica Ramanujan quando ha scritto a Hardy? Quanta umiltà! Quanta determinazione! E Hardy? Cosa l’avrà spinto ad accettare quella proposta? «Gentile Signore, Mi pregio di presentarmi a Voi in qualità di contabile presso il Dipartimento Contabilità dell’Ufficio del Port Trust di Madras con un salario di sole 20 sterline l’anno. Al momento ho quasi ventitré anni. Non ho ricevuto un’istruzione universitaria, ma ho seguito il normale corso di studi scolastico. Dopo aver lasciato la scuola, ho utilizzato il tempo libero a mia disposizione per occuparmi di matematica. Non ho seguito il percorso consueto e regolare di un corso universitario, ma sto invece tracciando un nuovo percorso tutto mio. Ho eseguito uno studio particolare delle serie divergenti in generale e i risultati che ho ottenuto sono definiti dai matematici di queste parti “sorprendenti”.» (traduzione presente nel libro L’uomo che vide l’infinitodi Robert Kanigel).

Insegnare matematica vuol dire entusiasmarsi quando realizzi che, ancora una volta, Enrico Bombieriè riuscito a essere, anche a quasi ottant’anni, “il primo italiano che…” Sì, dopo essere stato il primo italiano a vincere la medaglia Fields, è ora il primo italiano ad aver vinto il premio Crafoord, sei milioni di corone svedesi (poco meno di 600 mila euro), assegnati annualmente dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze.

Insegnare matematica vuol dire commuoversi quando realizzi che Giovanni Filocamo, abile divulgatore e appassionato di matematica, non potrà più stupirci con le sue idee vulcaniche, perché un cancro se l’è portato via a soli 41 anni…

Insegnare matematica vuol dire accettare il fatto che, per quanto ti preparerai su un argomento, dopo aver terminato la lezione, troverai, sull’argomento appena presentato, altre sedici cose che sarebbe stato bello dire, come questi poliedri riconoscibili nel Braarudosphaera bigelowii, della famiglia delle alghe fitoplanctoniche costiere monocellulari a squame calcaree (che non sapevo nemmeno cosa fossero) ma che sarebbe stato bello poter inserire nel percorso di BergamoScienza l’anno scorso…

Insegnare matematica vuol dire sapersi inventare nuovi giochi, che sappiano coinvolgere e incuriosire, magari usando oggetti dalle caratteristiche inaspettatamente matematiche, come ha fatto questo maestro di una seconda elementare con il fidget spinner(ottimamente raccontato sul blog Il piccolo Friedrich).

Insegnare matematica vuol dire cercare di aprire gli occhi dei propri alunni, mettendoli in guardia contro le bufale, e cascare come tutti nella bufala del Blue Monday, scoprendo che in realtà è stata inventata da una compagnia di viaggi per fornire una fuga dal giorno più triste dell’anno. (Risale al 2005, ovvero mi faccio fregare da ormai quindici anni…)

Insegnare matematica vuol quindi dire imparare (davvero) a non chiamare matematica qualsiasi cosa che si presenta sotto forma di formula…

Insegnare matematica vuol dire imparare a meravigliarsi per un bel calcolo, come quelli presentati da Mind Your Decisions e inviatimi da un mio contatto, appassionato di matematica. Suvvia: superate lo scoglio dell’inglese e guardate le immagini, che la matematica non ha bisogno del supporto linguistico per essere spiegata (vedi Benuzzi all’inizio). (A surprising answere The answer is too good)

Insegnare matematica vuol dire lasciarsi intrigare da una animazioneben fatta, che forse è fatta da cubi che si scompongono o forse è una tassellazione, mentre immagini in quali contesti potresti proporla in classe.

 

Insegnare matematica vuol dire a volte lasciarsi cogliere un po’ dallo sconforto, quando le cose non vanno come vorresti, quando quello che ogni giorno osanni come il lavoro più bello del mondo presenta il conto delle piccole fatiche che tutti noi, qualsiasi lavoro facciamo, ci troviamo a vivere. È allora che queste newsletter e gli alunni con i quali hai potuto stabilire un contatto nel corso degli anni ti ridanno un po’ di forza, citando una newsletterdi un anno e mezzo fa che partiva dalla domanda “Perché insegniamo matematica?”. Io insegno, perché i piccoli palloncini che ho liberato nel cielo a ogni maturità, quando io sono un po’ giù di corda, tornano per restituirmi un po’ di colore. E insegno matematica perché è la materia più bella che ci sia!

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Venerdì, 14 Febbraio 2020 00:00

Vettori febbraio 2020

Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: vettori e forze.

Durata: un'ora.

Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: cambiamenti di stato e primo principio della termodinamica.

Durata: un'ora.

Martedì, 04 Febbraio 2020 00:00

Parabola febbraio 2020

Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: retta e parabola.

Simulazione di una prova di maturità scientifica: due problemi tra i quali sceglierne uno e otto quesiti tra i quali sceglierne quattro.
Realizzata in collaborazione con le colleghe Simona Montone e Marina Moioli.

Durata: due ore.

Domenica, 02 Febbraio 2020 00:00

Misura gennaio 2020

Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: recupero insufficienze primo quadrimestre.

Durata: un'ora.

Mercoledì, 22 Gennaio 2020 00:00

Scomposizioni gennaio 2020 - 2

Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: scomposizione di polinomi.

Durata: trenta minuti.

Venerdì, 17 Gennaio 2020 12:37

151 - 17 Gennaio 2020

Se dovessi definire l’anno scolastico 2019/2020 con una parola, userei la parola ERRORE. Lo userei con un’accezione positiva, ovviamente. Ho cominciato con una mia classe sottolineando come l’utilizzo smodato di correttori e scolorine non faccia che evidenziare la nostra necessità di coprire gli errori che commettiamo, portandoci ad ottenere il risultato opposto, ovvero a dare rilievo al fatto che abbiamo sbagliato. Perdiamo, però, per strada l’importanza di quell’errore: l’errore ha un suo valore nel momento in cui impariamo qualcosa. Ed è per questo che il sito MindShift fa una classificazione degli errori. È vero che l’articolo è scritto in inglese, ma il disegno posto all’inizio è molto chiaro: gli errori vengono classificati, mettendo in ascissa l’intenzionalità e in ordinata l’opportunità di imparare, e sono di quattro tipi diversi. Abbiamo gli “stretch mistakes”, che sono quelli che facciamo quando, impegnati a raggiungere un obiettivo, usciamo dalla nostra zona di confort e puntiamo in alto. In questo caso è normale commettere errori: se non li commettessimo, significherebbe che non stiamo realmente sfidando noi stessi. Abbiamo poi gli “aha-moment mistakes”, che compiamo nel percorso che ci porta a raggiungere i nostri obiettivi: possiamo vincerli solo grazie alla riflessione, oppure dedicando dei momenti di verifica al termine di ogni attività. Gli “sloppy mistakes” sono gli errori di distrazione: magari riusciremmo a migliorare e a raggiungere i nostri obiettivi se ci concedessimo una buona notte di sonno o se silenziassimo tutto ciò che ci distrae, chiudendo le porte per concentrarci meglio. Gli “high-stakes mistakes” sono quelli che ci troviamo a compiere quando la posta in gioco è molto alta: non c’è bisogno di essere il responsabile della sicurezza di una centrale nucleare per sentirci sotto pressione, basta pensare ai test di ammissione ai percorsi universitari o ad una gara per la quale ci siamo allenati a lungo. Ciò che l’articolo ci permette di realizzare è che gli errori non sono tutti uguali e non sempre ci regalano qualche vantaggio, perché imparare dai propri errori non è automatico. Per imparare tutto ciò che possiamo dagli errori, abbiamo bisogno di riflettere su ciò che abbiamo fatto e capirne la lezione sottesa. Osservando i miei alunni e confrontandomi con i colleghi, un giorno è emersa la riflessione che nella vita bisogna imparare a correggere i propri errori, non ad attaccare chi te li fa notare, perché d’altra parte “correggi il saggio e sarà più saggio, correggi l’ignorante e diverrà tuo nemico” (non so di chi sia la citazione).

Tra coloro che evidenziano sempre la positività dell’errore c’è Daniela Lucangeli, della quale sul sito della Erickson trovate un estratto dal libro “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere”. Io ho già provveduto ad acquistarlo...

Per gli insegnanti di matematica, l’orrore per l’errore passa in secondo piano, quando si tratta di imparare qualcosa di nuovo, come dimostra il paradosso proposto dal prof. Francesco Daddi sulla sua pagina Facebook La matematica del prof. Francesco Daddiil 5 gennaio scorso: «Il post di ieri pomeriggio: “Una donna ha due figli. Almeno uno dei due è un maschio nato di sabato. Qual è la probabilità che i due figli siano maschi?” ha avuto tantissime reazioni. Ho pensato allora di mettere questa tabella, per riuscire a convincere tutti che il risultato è…». Il risultato è effettivamente controintuitivo, come a volte succede con il calcolo delle probabilità, tanto che sono fioccati i commenti, sia da parte di chi si meravigliava per il risultato o chiedeva ulteriori spiegazioni, sia da parte di chi accusava il testo di ambiguità. Il prof. Daddi non ha solo spiegato adeguatamente la soluzione, proponendo grafici e diagrammi ad albero per permettere di capire fino in fondo il problema, ma ha citato anche la pagina di Wikipediache cita il paradosso dei due bambini, indicato come “apparentemente semplice ma in realtà ambiguo e il cui studio porta a una risposta controintuitiva”. In realtà, la spiegazione è più chiara nella pagina inglese di Wikipedia, dove il problema è citato come Boy or Girl paradox. Il quesito è stato inizialmente proposto da Martin Gardner sulle pagine di Scientific American. A me la discussione che è nata dal quesito del prof. Daddi ha ricordato la discussione nata per il problema di Monty Halle ne ho dedotto, come sempre, che il calcolo della probabilità sia solo apparentemente banale, ma è in realtà molto faticoso…

Nel corso della storia della matematica, troviamo situazioni in cui la capacità di aggirare le regole, per commettere quello che per tutti era un errore, ha aperto un nuovo mondo, come è successo nel caso del calcolo della radice quadrata di un numero negativo che ha aperto la strada ai numeri complessi. Che cosa succederebbe se provassimo a dare una possibilità all’errore di dividere per zero? Nick Hilditch ha provato a farlo e ha realizzato un simpatico cartone animato per Ted Ed. Il fatto che arriviamo a una contraddizione, cercando di aggirare il problema, è molto chiaro, anche se il filmato è in inglese e mancano i sottotitoli in italiano.

La puntata di Radio3Scienza del 3 gennaio, intitolata Col venti in poppa – particelle, è un tributo a Fabiola Gianotti, che si è distinta in questi primi venti anni del millennio, con il secondo mandato alla direzione del CERN di Ginevra. Modello di convivenza pacifica fin dal 1954, il CERN dimostra che “quando esistono valori condivisi è possibile collaborare pacificamente” e lo dimostra con centodieci nazionalità diverse impegnate nel sondare i misteri della fisica. Sul finire dell’intervista, la Gianotti ricorda che “la spinta della ricerca scientifica sono la curiosità e l’immaginazione”, proprio come diceva Einstein. D’altra parte, le incognite fanno parte della ricerca, ma lo spirito della ricerca è quello di fare piccoli passi per ottenere delle risposte. Per la direttrice del CERN, pazienza, coraggio e competizione sono parole chiave: nella ricerca è fondamentale non avere fretta di raggiungere i risultati, bisogna avanzare con determinazione e senza lasciarsi scoraggiare, guidati da una sana competizione, che diventi stimolo e aiuto a migliorare.

Per celebrare l’inizio del nuovo anno, The Guardian ha scelto invece i quesiti di Alex Bellos, che vengono poi richiamati dal sito Problemi per matematici in erba: si tratta di giocare con i numeri e le quattro operazioni per arrivare a 2020, utilizzando come oggetti delle nostre operazioni il conto alla rovescia da 10 a 1, oppure solo la cifra 9 o solo la cifra 1 o… non c’è mai limite alla fantasia.

Sempre in tema di inizio anno, non sono mancati i vari oroscopi, che ci hanno raggiunto – per quanto non lo volessimo – attraverso tutti i media possibili. Anche Daddi, con la simpatia che lo contraddistingue, non ci ha fatto mancare il suo oroscopo, particolarmente ispirato e, ovviamente, matematico. Non c’è invece bisogno di un oroscopo per sapere che nel 2020 ci aspetta una giornata della matematica, che verrà celebrata ovviamente il 14 marzo, intitolata La matematica è dappertutto: l’iniziativa è dell’UNESCO che ha accolto la proposta dell’International Mathematical Union.

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

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