Ogni nuovo inizio porta con sé nuove sfide: per qualcuno, nuovo inizio significa nuove opportunità, per qualcun altro i nuovi inizi portano con sé ansia e incertezza.
Federico Benuzzi, insegnante-giocoliere-attore, ci offre un prezioso esempio di nuovo inizio: «l’emozione della prima volta, dopo anni che non provavo più un batticuore di quel tipo, e il testo dello spettacolo che corre come se il 22 febbraio fosse stato il giorno prima». Le sue riflessioni, per quanto si riferiscano alla sua carriera di attore, possono essere generalizzate ad ogni situazione: nel leggere il post, che siate insegnanti o studenti e qualsiasi sia la vostra professione, avete pensato a tutti i vostri nuovi inizi dopo un’interruzione e, visti i tempi, avete pensato alla ripresa dopo le chiusure dell’emergenza sanitaria. Si tratterà, come sempre, di superare i primi minuti di nervosismo e poi sarà come non aver mai smesso…
Magari qualcuno riuscirà a ripartire con gli effetti speciali di Matthew Weathers, della Biola University in California, perché d’altra parte lo scorso anno scolastico ci ha mostrato quali strumenti informatici abbiamo a disposizione. Se con la tecnologia, invece, siete ancora un po’ zoppicanti, potete approfittare della terza puntata di smART attack, una delle iniziative del prefestival di BergamoScienza. Cristian Manzoni, docente di Fisica al Polimi di Milano e Simone Iovenitti, astrofisico e fondatore di physicalpub, hanno intrattenuto il pubblico per circa un’ora misurando il valore di pi greco con un… p-endolo. Un bellissimo suggerimento che collega fisica e matematica.
Tra i nuovi inizi, ogni anno c’è il test di ammissione alle facoltà sanitarie. Secondo Paolo Canova, di Taxi1729, quest’anno si è trattato di «una prova difficile, in linea con quella degli ultimi anni, ma serviva uno studio specifico». Di fatto, è sempre più chiaro che non bastano gli studi delle superiori per affrontare questa prova, perché serve una preparazione diversa. La prova, come sempre, è a disposizione sul sito dell’Alpha Test: in questo modo, ognuno può farsi una propria opinione.
In questo inizio molto particolare, gli studenti sono invitati a dare il proprio contributo per questa indagine di Redooc: il questionario è compilabile direttamente online ed in esso «si approfondisce lo stato d’animo con cui ci si appresta a far rientro a scuola, le norme da seguire che ci si attende, oltre ad un termometro di quello che è stato il periodo di lockdown, per valutare le piattaforme e le modalità di interazione con i docenti durante quel difficile momento». I risultati verranno diffusi su Redooc.com.
Posso celebrare questo nuovo inizio con un sito nuovo di zecca! Durante l’estate ho risistemato un po’ i contenuti e qualcuno ha lavorato per me sulla grafica, aggiornando la struttura del sito. Potete quindi vedere già in homepage le ultime recensioni che ho avuto occasione di fare (ho superato le 250!). Il primo libro è Il computer è donna, opera di Carla Petrocelli, docente di storia della rivoluzione digitale presso l’Università di Bari. Suddiviso in sei capitoli, il libro ripercorre la storia dell’informatica tra Ottocento e Novecento: si comincia con Ada Byron e si procede con Grace Hopper, Hedy Lamarr e Dorothy Johnson Vaughan. Sono certa che troverete un sacco di cose che non conoscete, a partire dalla nascita dei termini hardware e software: gli uomini ritenevano che il lavoro di progettazione della macchina fosse più importante di quello di programmazione, tanto che i termini hard e soft lasciavano «pensare che i lavori “duri” erano solo appannaggio maschile» ed erano «opposti a quelli “morbidi”, più femminili». Il secondo suggerimento è Almarina, di Valeria Parrella, finalista alla Settantaquattresima edizione del Premio Strega. La protagonista è un’insegnante di matematica cinquantenne, da poco rimasta vedova, che lavora nel carcere minorile di Nisida. Ed è proprio lì che incontra Almarina. Quello di Valeria Parrella non è semplicemente un romanzo, ma un percorso che ci permette di immedesimarci nelle paure e nelle ansie della protagonista e al tempo stesso di sperare per Almarina, che è stata lanciata nella vita con una grande dose di sfortuna, in un futuro migliore. Il libro di Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, è un po’ più impegnativo: fin dall’inizio, Rovelli ci racconta che il tempo è diverso «da questo uniforme scorrere universale» e «resta il mistero forse più grande». Le sue intenzioni sono chiare: «nelle pagine che seguono, racconto quello che abbiamo capito del tempo, le strade che stiamo seguendo per cercare di capire meglio, quello che ancora non capiamo e quello che mi sembra di intravedere». L’autore ci guida passo passo in questo percorso, ma si attraversa un po’ tutta la fisica, dalla teoria della relatività alla termodinamica, dall’entropia alla meccanica quantistica, perciò non è sempre facile. L’ultimo suggerimento di lettura è Einstein forever, scritto da Gabriella Greison, nota attrice e divulgatrice scientifica. Suddiviso in tredici capitoli, non numerati ma distinti l’uno dall’altro con un simbolo scientifico, ogni capitolo è una risposta ad una lettera che Einstein ha ricevuto, nel corso della sua vita, dai bambini oppure a lettere a noi contemporanee. Il libro è frutto di un grande lavoro di ricerca, svolto a Princeton, presso la Hebrew University di Gerusalemme e chiacchierando con il fisico e matematico britannico Freeman Dyson.
Concludo con due riflessioni. La prima è di Federico Benuzzi: Cosa rende un insegnante, un bravo insegnante? Nel post, ci parla di conoscenza, studio, coerenza, ma soprattutto amore: «un insegnante deve Amare. Amare due volte. Amare al quadrato. Amare la disciplina e Amare i ragazzi. La prima perché credo che solo passando per l’Amore si possa veramente insegnare. [...] I secondi perché è l’unico modo per entrare in classe giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza rischiare di arrivare ad odiare il proprio lavoro.» Come non essere d’accordo?
La seconda riflessione riguarda lo studio ed è stata fatta da uno studente, Alessio Cozzolino, che con entusiasmo ha condiviso su Facebook il risultato positivo nell’Advanced di Cambridge English e, alla vigilia della sua quinta liceo classico, ha scritto: «Lo studio è l’unica cosa che offre una soddisfazione imperitura. Avanti col prossimo obiettivo, però. Non c’è un traguardo, quando si apprende: al contrario, vi è un lungo cammino da percorrere per acquisire, passo dopo passo, sempre più sapere.» Grazie, Alessio!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
PS: non posso non condividere il video di Federico Benuzzi sull’energia, anche se è un po’ fuori tema…
«Einstein forever» è stato pubblicato nel gennaio del 2020 dalla casa editrice Bollati Boringhieri. L’autrice, Gabriella Greison, è una scrittrice laureata in fisica e un’attrice che porta i suoi spettacoli in tutta Italia, approfittandone per divulgare le sue conoscenze in particolare sulla fisica moderna e sulle grandi donne che ne hanno permesso lo sviluppo.
È il secondo libro che Greison dedica a Einstein, dopo «Einstein e io», ma questo si riferisce alla seconda parte della vita del fisico, a quella ambientata in America, dal 1932-33 quando lascia la Germania fino al 1955, l’anno della sua morte. Non è un caso che l’autrice si dedichi ancora alla figura del fisico, perché «l’eredità che abbiamo ricevuto da Albert Einstein è immensa»: la sua è una «dichiarazione d’amore nei confronti di chi ci ha insegnato a sognare, e ci ha rivelato il segreto di come restare bambini per sempre». D’altra parte, il celebre fisico è una “icona pop”, cioè un vero e proprio modello, una figura di riferimento negli ambiti più diversi.
Gabriella Greison ha svolto come sempre un grande lavoro di ricerca: presso gli archivi della Hebrew University di Gerusalemme e a Princeton, dove ha avuto modo di incontrare spesso Freeman Dyson, fisico e matematico britannico, mancato subito dopo la pubblicazione del libro. È lei stessa a raccontarci di come Dyson l’abbia fatta «viaggiare con la mente» permettendole la stesura di questo libro.
Suddiviso in tredici capitoli, non numerati ma distinti l’uno dall’altro con un simbolo scientifico, ogni capitolo è una risposta ad una lettera che Einstein ha ricevuto, nel corso della sua vita, dai bambini oppure a lettere a noi contemporanee: Gabriella Greison si avventura in una risposta un po’ più impegnativa, mentre Einstein, pur rispondendo a tutte, si limitava ad alcune battute. In ogni capitolo c’è una seconda parte, intitolata Extra, nella quale la Greison racconta degli aneddoti legati alla passione per la musica di Einstein che si esibiva spesso con il suo violino, che aveva chiamato Lina e del quale aveva molta cura. Non è la prima volta che l’autrice collega la sua narrazione alla musica, in questo caso alla musica che Einstein amava.
Ci sono cinque capitoli dedicati alla fisica, con la spiegazione della celeberrima formula E=mc2, la descrizione dello spazio-tempo, la nascita della fisica quantistica, la gravità, gli ultimi studi che Einstein ha fatto a Princeton e, come in una previsione del futuro, i viaggi su Marte. Due capitoli sono dedicati a due amicizie importanti, ovvero Bohr e Gödel e poi c’è spazio per la descrizione della sua vita, l’atteggiamento di Einstein nei confronti delle minoranze, il percorso che ha fatto per diventare il fisico che tutti conosciamo, il suo anticonformismo e il suo rapporto con Dio.
Il libro è una lettura interessante per chiunque, anche per coloro che non hanno conoscenze scientifiche approfondite, visto che anche i capitoli dedicati alla fisica hanno un carattere divulgativo: non dimentichiamo che Gabriella Greison è abituata a spiegare la meccanica quantistica a chiunque, con monologhi teatrali. Proprio in considerazione della sua bravura come attrice, ho approfittato della possibilità di leggerlo, attraverso la sua voce, con Audible.
«L’ordine del tempo» è stato pubblicato nel 2017 da Adelphi. L’autore è Carlo Rovelli, fisico teorico e membro dell’Institut universitaire de France e dell’Académie internationale de philosophie des sciences, e la sua principale attività scientifica avviene nell’ambito della teoria della gravità quantistica a loop, della quale è uno dei fondatori. Per la sua opera di divulgazione, nel 2015 ha vinto il Premio Letterario Galileo per il libro «La realtà non è come ci appare»: il premio è stato istituito nel 2007 dal Comune di Padova, per incentivare la diffusione della cultura scientifica, soprattutto tra i giovani, e celebrare il prestigio dell’Università che ha visto Galileo Galilei tra i suoi docenti.
Fin dall’inizio, Rovelli ci racconta che il tempo è diverso «da questo uniforme scorrere universale» e «resta il mistero forse più grande». Le sue intenzioni sono chiare: «nelle pagine che seguono, racconto quello che abbiamo capito del tempo, le strade che stiamo seguendo per cercare di capire meglio, quello che ancora non capiamo e quello che mi sembra di intravedere».
Il libro è diviso in tre parti: nella prima viene riassunto il tempo spiegato dalla fisica moderna ed è un po’, come dice l’autore, «il racconto di questo sfaldarsi del tempo». Nella seconda parte, Rovelli descrive quello che resta una volta che si è tolta tutta la sovrastruttura della fisica e la terza, che è quella più difficile – come ci dice l’autore stesso – è comunque «la più viva e quella più vicina a noi». Anche di fronte alle difficoltà, l’autore cerca di incoraggiare il lettore a intraprendere il viaggio della lettura: «Qui il libro diventa magma rovente di idee, talvolta luminose, talvolta confuse; se mi seguite, vi porto fin dove io credo arrivi il nostro attuale sapere sul tempo, fino al grande oceano notturno e stellato di quello che ancora non sappiamo.»
La prima idea che abbiamo di tempo è di qualcosa che scorre allo stesso modo in tutto l’universo, ma già dai primi capitoli Rovelli ci fa notare come il tempo scorra «a velocità diverse a seconda di dove siamo e a che velocità ci muoviamo». Non c’è solo il problema della velocità, che in qualche modo ci è diventato quasi familiare sentendo parlare della teoria della relatività di Einstein: c’è anche il problema della differenza tra passato, presente e futuro, una distinzione che di fatto si perde se osserviamo le equazioni elementari che descrivono la realtà fisica. In questo viaggio che comincia, prevedibilmente, con la teoria della relatività, entrano in gioco anche l’entropia e quindi la termodinamica, ma arriviamo fino ai concetti abbastanza complessi della meccanica quantistica e Carlo Rovelli non ci fa mancare il suo sostegno, visto che, di volta in volta, accompagna la sua narrazione con immagini molto esplicative e, al tempo stesso, con piccoli riassunti, che nei punti più salienti fanno in qualche modo da raccordo e da chiarimento rispetto a quello che è stato il percorso effettuato. Potremmo dire che il suo stile è didattico, proprio come quello di un insegnante che ripete più volte gli stessi concetti, e non mancano gli esempi che ci aiutano ad orientarci in questi percorsi complessi, ma soprattutto lontani dall’immagine della realtà che abbiamo nella nostra mente. Nel testo, ci sono numerosi riferimenti alla cultura classica e potrebbe valere un esempio su tutti, quando la struttura temporale del mondo viene spiegata con un’analogia: «Chi appartiene alla “stessa generazione” di Leonida? Gorgo, che è la madre di suo figlio, o Cleomene, che è figlio dello stesso padre?». «La relazione di figliolanza stabilisce un ordine fra gli esseri umani, ma non fra tutti gli esseri umani», perché è una relazione di ordine parziale; allo stesso modo, non tutti gli eventi possono essere messi in ordine, come ci dimostra il diagramma di Minkowski. In altre parole, «Ogni evento ha il suo passato, il suo futuro, e una parte di universo né passata né futura, così come ogni essere umano ha antecedenti, discendenti, e altri che non sono né antecedenti né discendenti». È un esempio che mi ha molto colpito e che cercherò di tenere ben presente la prossima volta che mi ritroverò a spiegare il diagramma di Minkowski ai miei alunni.
Il viaggio, insomma, è piacevole anche se complesso, in un alternarsi di fisica e filosofia; il libro non è banale e meriterebbe una rilettura. Mi ha aiutato il fatto che mi sia fatta leggere questo libro proprio da Carlo Rovelli, attraverso Audible e, in questo modo, il percorso è stato più piacevole: certe sfumature che, probabilmente, con una lettura autonoma mi sarei persa, sono state evidenziate dal cambiamento di tono dell’autore, che dava enfasi e spessore ad alcuni passaggi.
«Almarina» è un romanzo pubblicato nell’aprile del 2019 dalla casa editrice Einaudi. L’autrice è Valeria Parrella, scrittrice, drammaturga e giornalista, finalista con questo romanzo alla Settantaquattresima edizione del Premio Strega.
Il libro è raccontato in prima persona dalla protagonista, Elisabetta Maiorano, docente di matematica e scienze presso il carcere minorile di Nisida. Cinquantenne, ha perso il marito Antonio da tre anni quando si ritrova tra i propri alunni Almarina, una adolescente romena, fuggita da casa per gli abusi del padre e finita in carcere per furto. La vicenda è narrata come una sorta di flusso di coscienza perché di fatto Elisabetta alterna flashback del suo passato insieme al marito a vicende attuali. Si affeziona fin da subito ad Almarina tanto da decidere di adottarla, lei che aveva cominciato un percorso di adozione, che non si era mai concluso, con il marito. Perché proprio Almarina in mezzo a tutti gli studenti che sono passati per la sua aula nel corso della sua carriera? «Perché mi sembra che possa farcela, e non mi va di farle perdere questa unica occasione», risponde Elisabetta a chi le chiede le sue motivazioni. Con la consapevolezza che «non si realizza subito quando la vita sta cambiando», la protagonista passa attraverso questa vicenda con il peso del dolore della perdita, ma al tempo stesso con la speranza di poter cambiare le cose, almeno per Almarina, che porta in sé la promessa del futuro. Tant’è che dice a un certo punto: «Mi affido a peso morto alla tua presa, e tu con tutta la forza che tieni a diciassette anni mi tiri via dal pozzo e mi riporti in classe».
La matematica fa capolino nella vicenda, approfittando delle occasioni in cui può contribuire a spiegare alcuni aspetti del mondo che Elisabetta legge attraverso i propri occhi matematici e al tempo stesso diventando l’unica possibilità per la protagonista di salvare i ragazzi che le vengono affidati. Quello di Valeria Parrella non è semplicemente un romanzo, ma un percorso che ci permette di immedesimarci nelle paure e nelle ansie della protagonista e al tempo stesso di sperare per Almarina, che è stata lanciata nella vita con una grande dose di sfortuna, in un futuro migliore.
«Il computer è donna», pubblicato dalla casa editrice Dedalo, nel 2019, è l’ultima opera di Carla Petrocelli, docente di storia della rivoluzione digitale presso l’Università di Bari. Il libro è stato pubblicato nella collana La scienza è facile, ovvero in una serie di «volumi divertenti e indispensabili per conoscere i principi fondamentali della scienza». Nella sua prefazione Mario Tozzi, geologo noto per la sua attività di divulgatore scientifico e conduttore televisivo, parla di costanza, pazienza, passione e intraprendenza nella sua descrizione del ruolo delle donne nella ricerca scientifica. Le donne di cui parla Carla Petrocelli, usando sempre le parole di Mario Tozzi, «sono donne che hanno dovuto lottare contro pregiudizi e soprusi che hanno reso il loro cammino pieno di ostacoli, sebbene non abbiano minimamente scalfito la loro tenacia.»
Suddiviso in sei capitoli, il libro ripercorre la storia dell’informatica tra Ottocento e Novecento, cominciando con Ada Byron, contessa di Lovelace, che è nota come prima programmatrice della storia e la cui vita sfortunata, unita ai suoi natali così particolari (è la figlia legittima di Lord Byron), la rende particolarmente affascinante e interessante. Nonostante sia entrata in contatto con i grandi matematici del tempo, non ha avuto modo di farsi conoscere realmente sia per il ruolo rivestito dalle donne all’epoca, sia perché morta troppo presto. Il secondo capitolo è dedicato a Grace Hopper. Definita dal primo dei suoi capi “uno dei miei uomini migliori”, a Grace dobbiamo, ad esempio, il termine bug, quando si parla di un difetto nei computer e fare debugging, per lei, significava togliere con le pinzette una falena che era finita in uno dei relè. Capace di fare dell’attacco a Pearl Harbor un’occasione per «dare una svolta alla sua vita», ebbe un ruolo fondamentale nella stesura del primo manuale di programmazione e con il suo approccio sistematico contribuì alla creazione del linguaggio COBOL. Il terzo capitolo è dedicato alle donne che, durante la seconda guerra mondiale, venivano reclutate come “computatrici”. All’epoca, sulla stampa fecero la loro comparsa le Refrigerator Ladies che «esibivano i loro preziosi elettrodomestici grazie ai quali si erano potute trasformare in eleganti donne borghesi» e le donne che collaborarono attivamente nella realizzazione dell’ENIAC di fatto sembravano avere lo stesso ruolo delle Refrigerator Ladies: fanno la loro comparsa in alcune fotografie, ma sempre in secondo piano, come se non avessero avuto alcuna utilità. La realtà era che «il lavoro richiedeva un altissimo livello di specializzazione matematica, era complesso, ripetitivo e tedioso, ma venne considerato particolarmente adatto alle donne, che lo svolgevano in modo più accurato e rapido dei colleghi uomini.» Il quarto capitolo è dedicato a Hedy Lamarr: imprigionata nel ruolo di stella di Hollywood, ha «una storia di ingegno e acume messi da parte, ignorati e trascurati». Vissuta «tra finzione e realtà», solo sul finire della sua vita ha visto riconosciuto il suo ruolo di inventrice: il Secret Communication System è diventato una «componente sempre più importante della telefonia mobile», garantendo la privacy agli utenti. Il quinto capitolo, dedicato alle biblioteche, evidenzia il ruolo dell’informatica nella disparità di genere: «se applicati alle competenze degli uomini, i computer rappresentarono un upskilling, un miglioramento delle loro capacità, ma si rivelarono un deskilling in riferimento al lavoro femminile». Il sesto capitolo costituisce un elenco di «protagoniste sconosciute»: nel 1967 le Computer Girls vennero celebrate in un articolo di Cosmopolitan, tanto da lasciar pensare che «l’epoca della moglie/casalinga fosse arrivata al capolinea». Ma con la Guerra Fredda e la corsa allo spazio, le donne ritrovarono il loro ruolo subalterno, addirittura relegate «in angusti locali sotterranei, a temperature improponibili». Tra le protagoniste, Margaret Hamilton con il codice per l’Apollo 11, Dorothy Johnson Vaughan e le colored computer celebrate recentemente dal film “Il diritto di contare”, Mary Kenneth Keller, non solo abile informatica ma anche modello per le sue allieve, Karen Spärck Jones, che ha contribuito alla nascita dei motori di ricerca, Anita Borg, che «propone l’apertura di uno spazio riservato solo alle donne del settore per supportare, guidare, incoraggiare e condividere risorse e idee» e Evelyn Berezin, che brevettò un computer per facilitare il lavoro di segreteria.
Carla Petrocelli, con uno stile semplice, che non manca di accuratezza e precisione, ci accompagna in questo percorso nella storia dell’informatica, un percorso necessariamente declinato al femminile, nonostante si conosca ancora così poco il ruolo fondamentale delle donne. Fin dall’inizio, le donne vennero destinate a un ruolo secondario: gli uomini ritenevano che il lavoro di progettazione della macchina fosse più importante di quello di programmazione, tanto che i termini hard e soft lasciavano «pensare che i lavori “duri” erano solo appannaggio maschile» ed erano «opposti a quelli “morbidi”, più femminili». Quando, in un secondo tempo, ci si rese conto dell’importanza della programmazione, le donne vennero estromesse anche da questo compito. La storia dell’informatica, breve in quanto molto recente nell’ambito della storia umana, è un esempio di come siano state trattate le donne a più livelli: destinate a un ruolo di secondo piano, solo recentemente è stato possibile ricostruire il loro contributo fondamentale. Per questo motivo il libro è consigliato a quegli uomini che ancora fanno fatica a riconoscere il ruolo delle donne nella storia e a quelle donne, giovani soprattutto, che hanno bisogno di modelli e di capire l’importanza del proprio lavoro. Un piccolo libro che non ruberà molto tempo per la lettura, ma che contribuirà a cambiare il nostro modo di leggere la realtà.
«Bisognerebbe urlare della loro esistenza, renderle vive e raccontarle decine, centinaia, migliaia di volte perché sia dato loro il riconoscimento che meritano, per non sentire i loro nomi solo occasionalmente.»
Ogni volta che mi imbatto in una immagine matematica che mi piace, la salvo in una cartella per le newsletter in ordine crescente di numerazione, in modo che quando la devo allegare, mi basta fare riferimento al numero. Con un po’ di sconcerto, ho visto l’immagine di questo valore assoluto che va a donare il sangue e che dichiara che è impossibile per lui avere un Rh negativo, subito dopo aver prenotato il test sierologico per il personale scolastico. La coincidenza ha del grottesco.
Soprattutto se si considera che l’idea era di partire da un articolo che parla di un errore (comune a molti) che si commette quando si sente parlare di crescita esponenziale. Per darvi l’idea di quale sia l’errore, comincio con un indovinello matematico che conosce diverse versioni: sapendo che una ninfea in un lago raddoppia la sua superficie ogni giorno e che impiega 100 giorni per coprire tutta la superficie del lago, quanti giorni ha impiegato a coprire la metà del lago?* Parte da un quesito simile anche l’articolo del Corriere, che richiama a sua volta un articolo della Bbc: «Immaginate che la vostra banca vi offra un piano che preveda la duplicazione del valore depositato ogni tre giorni, con un investimento iniziale di un euro. Quanto tempo vi occorrerebbe per diventare milionari: un anno? Sei mesi? 100 giorni?». Ciò che ci impedisce di cogliere la pericolosità nell’aumento dei contagi è un bias cognitivo e quindi, per certi aspetti, ne siamo vittime tutti, tranne nel caso in cui decidiamo di studiare un po’ di matematica per non incorrervi.
Di errori matematici sono piene anche le pagine dei giornali, magari perché non sempre i giornalisti si accorgono quando un politico sbaglia nel calcolo di una percentuale, errore per il quale i miei alunni si ritroverebbero un bel segno rosso sulla verifica e una decurtazione del punteggio, soprattutto considerando che l’errore è di due ordini di grandezza. Un altro errore matematico è quello svolto dai candidati al concorso per dirigenti del comune di Torino e probabilmente, a causa dell’errata formulazione di alcune domande, si arriverà al ricorso. Ne parla, con tono polemico (ma in qualche modo condivisibile) anche Luca Perri sulla sua bacheca Facebook e uno dei suoi contatti gli cita il testo incriminato: “Luigi alleva conigli e galline. Se possiede 184 capi che hanno complessivamente 64 teste, quanti sono rispettivamente i conigli e le galline?” che pare dimostrare che il testo fosse davvero formulato male.
Comunque stiano le cose è vero che è abbastanza normale vantarsi della propria incapacità in matematica, concetto che viene ripreso anche da Maurizio Codogno sul Post: «Quello che voglio rimarcare è che sessant’anni fa non era poi così strano che un poeta, laureato in scienze politiche, potesse saperne abbastanza di matematica per comporre un testo, mentre ora un ipotetico futuro dirigente comunale (e il sindacalista che è stato intervistato, e il giornalista che ha fatto l’intervista) ritengono che avere nozioni a livello della scuola media sia disdicevole.»
Forse a volte ci si dimentica che la matematica può anche essere un gioco divertente, che ci regala delle sorprese e lascia ampio spazio alla fantasia. Libri come Perché diamo i numeri? della collana Teste Toste di Editoriale Scienza serve proprio a ricordarcelo. Federico Taddia, ideatore della collana, fa le sue domande a Bruno D’Amore e il loro sodalizio ha funzionato così bene che hanno deciso di continuare l’esperienza anche con YouTube, sul canale BigBang!
Il segreto è quello di continuare a porsi domande e, soprattutto, continuare a cercare risposte. Vanno in questa direzione i video di Federico Benuzzi, che in questo caso ci racconta alcune applicazioni della legge di Bernoulli per i fluidi; il fisico/giocoliere/matematico sta cercando in tutti i modi di raggiungere i 1000 iscritti e non perde occasione per condividere con il pubblico le sue domande e le sue risposte, in modo davvero originale.
Quanto sia difficile trovare le risposte ci viene raccontato anche da Pierre Barthélémy con il suo simpatico libretto Cronache di scienza improbabile. Si tratta di 51 esperimenti improbabili: «Il fascino della scienza improbabile sta proprio qui: all’inizio provoca un sorriso, in seguito scaturisce la riflessione. E ci si accorge che, sotto l’apparente assurdità di un esperimento strampalato, prima di tutto c’è il desiderio profondo di far avanzar la ricerca.» Alcune ricerche sono dei veri e propri rompicapo: come potremmo verificare ad esempio, senza uccidere nessuno, se colpire un essere umano sulla testa con una bottiglia di birra da mezzo litro gli provocherebbe lo sfondamento del cranio?
Anche Arvin Ash, con il suo canale, cerca di rispondere a domande complesse, spiegandole semplicemente, con brevi video: usa animazioni e semplici analogie e può valer la pena seguire il suo canale. Ciò a cui faccio riferimento è il video che spiega tutta la fisica (che val la pena ricordare) in 15 minuti: la carrellata attraversa cinque aree della fisica, ovvero la meccanica classica, l’energia e la termodinamica, l’elettromagnetismo, la relatività e la meccanica quantistica. Purtroppo sono disponibili solo i sottotitoli in inglese, ma vale davvero la pena fare un po’ di fatica…
Concludo con un ultimo suggerimento di lettura, il libro di Mickaël Launay Il grande romanzo della matematica, con l’introduzione di Piergiorgio Odifreddi. Il libro racconta la storia della matematica in diciassette capitoli e sembra davvero un romanzo, mancando una trattazione teorica impegnativa, ma essendo ricco dei racconti delle vicende dei singoli matematici. L’autore scrive in modo colloquiale e la leggerezza dello scritto è un modo per invogliare alla lettura. Il libro permette di dare una maggiore sistematicità alle conoscenze che si possono avere in materia, ma i capitoli si prestano ad essere letti anche indipendentemente l’uno dall’altro, come articoli, la cui lettura richiede pochi minuti. Launay è anche l’autore di un sito, Micmaths, e dell’omonimo canale YouTube (e forse qualcuno di voi sarà contento di sapere che, una volta tanto, il canale è in francese, non in inglese).
Per quanto mi riguarda, invece, nel mio piccolo ho realizzato una storia della termodinamica in sette puntate, attraverso la staffetta dei personaggi che l’hanno resa possibile…
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
*Viene citato anche qui, nel test del quoziente intellettivo più breve del mondo.
«Cronache di scienza improbabile» è un libro pubblicato nel 2013 da edizioni Dedalo. L’autore, Pierre Barthélémy è un giornalista francese indipendente, che con questo libro ha vinto il premio Le goût des sciences del Ministero dell’Istruzione e della Cultura francese. Il libro è la raccolta di cinquantuno articoletti che sono stati pubblicati per il supplemento “Science” del quotidiano “Le monde” a partire dal 2011.
Bisogna definire innanzi tutto cosa si intende per “scienza improbabile”: l’autore dice che si possono considerare scienza improbabile «tutte le ricerche e gli esperimenti a prima vista grotteschi, che mai si sarebbero dovuti intraprendere né pubblicare», in altre parole ricerche ed esperimenti irripetibili, una vera perdita di tempo. Eppure, questi esperimenti godono dell’attenzione, a partire dal 1991, della prestigiosa Università di Harvard, che ha istituito i premi Ig Nobel, ovvero il premio Oscar della scienza improbabile, ormai abbastanza ambito. «Il fascino della scienza improbabile sta proprio qui: all’inizio provoca un sorriso, in seguito scaturisce la riflessione. E ci si accorge che, sotto l’apparente assurdità di un esperimento strampalato, prima di tutto c’è il desiderio profondo di far avanzar la ricerca.» Scopriremo così che gli scienziati, nel corso degli anni, si sono prestati a esperimenti non sempre piacevoli in nome della scienza: hanno mangiato toporagni e cibo per gatti, hanno ignorato il proprio disgusto per dimostrare che la febbre gialla non è contagiosa, si sono fatti schiacciare i testicoli per trovare l’origine del dolore che viene percepito in una zona diversa rispetto al punto colpito, hanno annusato odori e aliti delle persone, hanno svolto esperimenti nei quali erano coinvolti scarabei stercorari o nomi improbabili, hanno verificato che dare il proprio contributo alla collettività partecipando alle elezioni può essere mortale, ma purtroppo nemmeno sorteggiare i deputati potrebbe essere una soluzione equa, hanno dimostrato che scrocchiarsi le dita delle mani non provoca l’artrosi, hanno cercato modi meno dolorosi di partorire proponendo l’utilizzo di una centrifuga o ingegnosi modi per dimagrire, pur mantenendo la propria sedentarietà e la passione per la televisione. Ci sono addirittura scienziati che sono arrivati ad impiccarsi per portare avanti la propria ricerca scientifica e altri che hanno misurato la velocità della morte, alcuni hanno addirittura trovato la risposta alla domanda che tutti ci poniamo quando siamo imbottigliati nel traffico se l’altra fila avanzi più velocemente di noi.
Insomma, le ricerche proposte in questo libretto, che dedica ad ogni esperimento un paio di facciate accompagnate dalle simpatiche illustrazioni di Marion Montaigne, sono una lettura leggera, ma al tempo stesso aiutano a riflettere sul metodo scientifico mostrandoci quanta fantasia sia necessaria per verificare le ipotesi. Alcune ricerche sono, in effetti, dei veri e propri rompicapo: come potremmo verificare ad esempio, senza uccidere nessuno, se colpire un essere umano sulla testa con una bottiglia di birra da mezzo litro gli provocherebbe lo sfondamento del cranio? E se invece si rompesse prima la bottiglia? Se volete conoscere la risposta a queste e ad altre domande improbabili, la lettura di questo libro è sicuramente adatta a voi ed è garantito che vi regalerà qualche momento di svago e molte risate, anche se alcuni esperimenti metteranno a dura prova il vostro stomaco.
«Perché diamo i numeri?» è un libro pubblicato nel 2012 dalla casa editrice Editoriale Scienza. La collana Teste Toste, cui appartiene questo libro, si avvale delle domande impertinenti di Federico Taddia, andando alla scoperta della scienza grazie alle risposte che i grandi divulgatori danno. La collana ha vinto nel 2013 il premio Andersen come migliore collana di divulgazione. Federico Taddia è giornalista, scrittore e divulgatore e ha vinto il premio Alberto Manzi per la comunicazione educativa e Bruno D’Amore, il divulgatore che risponde alle domande, è un matematico che si occupa in particolare di didattica della matematica. Il libro è arricchito dalle illustrazioni di AntonGionata Ferrari, che ha vinto il premio Andersen come miglior illustratore italiano per ragazzi nel 2007.
Ogni piccolo capitolo comincia con una domanda e dalla prima risposta fornita da Bruno D’Amore, si scatena tutta una serie di ulteriori domande. Le domande possono essere raggruppate in cinque ambiti: matematica come regina delle scienze, storia della matematica, operazioni, numeri e curiosità e, al termine di ogni capitoletto, c’è il rimando a domande precedenti o successive che costituiscono un prolungamento rispetto a quanto detto. La cosa interessante è che Taddia non rivolge al matematico domande complicate, ma fa quelle domande che potrebbe fare ognuno di noi, dando rilievo a tutte quelle curiosità che ci portiamo dentro. Domande come “Dove posso andare se non so contare?” o come “La matematica è bella?”. La risposta di Bruno D’Amore è in fondo anche una risposta al motivo per il quale sarebbe bene leggere questo libro: “La matematica è una forma d’arte, a volte di grande bellezza”. Potremmo intravvedere anche domande riguardanti la didattica della matematica, come quando Taddia chiede se ci sia un modo divertente per imparare la matematica o dove si possa trovare la matematica, domanda alla quale D’Amore risponde dicendo “La matematica è dentro alle cose, dalle più piccole alle più grandi. È negli atomi, nelle galassie e anche nella tua merenda”. La curiosità di Taddia si spinge fino a chiedere a Bruno D’Amore se sia rimasto qualche enigma da risolvere, perché effettivamente l’impressione che ha la persona comune è che la matematica abbia ormai scoperto tutto. In realtà, ci sono ancora parecchi enigmi da risolvere e Bruno D’Amore descrive uno dei più semplici da presentare, ovvero la Congettura di Goldbach, che anche a distanza di tre secoli dal suo enunciato non ha ancora avuto dimostrazione.
Il libro ci trasmette l’idea che la matematica sia un gioco divertente perché ogni giorno regala delle sorprese e perché al suo interno lascia ampio spazio alla fantasia. Il libro si rivolge ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado, ma in realtà è ricco di curiosità che possono essere interessanti anche per quegli adulti che hanno sempre considerato negativamente la matematica e hanno in questo modo la possibilità di modificare l’idea negativa che si sono costruiti.
La collaborazione tra Federico Taddia e Bruno D’Amore si è spinta anche oltre e li possiamo trovare sul canale YouTube Big Bang, con i loro viaggi all’interno della matematica.
«Il grande romanzo della matematica» è stato pubblicato nel maggio del 2019 dalla casa editrice La nave di Teseo ed è stato scritto da Mickaël Launay. Classe 1984, dopo essersi laureato all’École Normale Supérieure, ha aperto il sito di matematica ludica Micmaths e l’omonimo canale YouTube nel 2013, con il quale nel giro di pochi anni ha raggiunto i 470 mila iscritti, mentre i suoi video hanno totalizzato 35 milioni di visualizzazioni. È Piergiorgio Odifreddi che, nell’introduzione, presenta questo romanzo con una descrizione entusiasta dell’autore e delle sue imprese.
Il libro racconta la storia della matematica in diciassette capitoli e sembra davvero un romanzo, mancando una trattazione teorica impegnativa, ma essendo ricco dei racconti delle vicende dei singoli matematici. Alcuni capitoli cominciano con un luogo, come i primi capitoli ambientati al Louvre, il quarto alla Cité des sciences et de l’industrie mentre l’autore osserva la Géode e il sesto, dedicato a pi greco, ambientato al Palais de la Découverte: è come se l’autore volesse farci riscoprire una Parigi matematica. I capitoli sono ricchi di immagini che permettono di visualizzare gli argomenti trattati e poi ci sono dei piccoli box, scritti con un carattere più piccolo, che fanno riferimento ad alcuni aspetti particolari, come delle piccole parentesi di approfondimento che si aprono all’interno della narrazione.
L’autore dice che di fatto la matematica pur facendo paura, è affascinante, ovvero “non la amiamo, eppure ci piacerebbe amarla”, visto che c’è una grande curiosità nei confronti di questa disciplina. Launay l’ha sperimentato durante un mercatino estivo, quando, con il suo stand dedicato alla matematica, ha fatto esperienza in mezzo alla gente, prendendo “i passanti un po’ al laccio”. È la dimostrazione che la divulgazione di Launay è davvero rivolta a tutti.
Il testo comincia con quella forma di matematica preistorica che presto dà origine ai numeri e sconfina poi nella filosofia nell’antica Grecia. Il metodo matematico nasce con gli Elementi di Euclide, sistematizzazione di tutto il sapere del tempo, attraverso la classificazione in definizioni, assiomi e teoremi, mentre il fascino della matematica trova una sua espressione con il pi greco, grazie ad Archimede. Questa storia della matematica non ha luogo solo in Europa: la nascita dello zero ci richiede un trasferimento in India, per poi proseguire presso la Casa della Sapienza di Baghdad, con la nascita della trigonometria e dell’algebra di Al-Khwārizmī. Dopo il necessario passaggio attraverso Fibonacci per giungere in Europa, il percorso prosegue con le equazioni di terzo grado e il teorema fondamentale dell’algebra, ovvero con Tartaglia, Bombelli, Gauss e Galois. Si arriva poi al Rinascimento con la nascita del linguaggio della matematica, con l’algebra che diventa simbolica e l’unificazione di algebra e geometria grazie al lavoro di Cartesio. Dopo un capitolo che esplicita il legame con la fisica, attraverso le vicende di Galilei, Newton e Halley, fanno la loro comparsa il calcolo infinitesimale, nato con la disputa tra Newton e Leibnitz, e il calcolo delle probabilità inventato da Fermat e Pascal. Il penultimo capitolo è dedicato alle macchine, con la pascalina, Babbage e Ada Lovelace, fino a Turing e il libro si conclude con il Congresso Internazionale della Matematica nell’agosto del 1900, che porta la matematica verso l’assiomatizzazione, ma si scontra con il teorema di incompletezza di Gödel. Con l’epilogo, Launay si interroga sulla matematica del futuro, ma è un interrogativo che sconvolge, perché “spingersi fino al confine delle nostre conoscenze e gettare lo sguardo sulla distesa di ciò che non conosciamo ci sgomenta!”
Launay conclude la sua carrellata, ricordando che “non occorre gran cosa per fare matematica” e invita il lettore a lasciare spazio alla curiosità e alla fantasia, fornendo delle indicazioni per l’esplorazione: nell’ultima parte vengono così elencati musei ed eventi, libri e siti. Non manca infine una ricca bibliografia e la lista, che ovviamente segue l’ordine alfabetico degli autori, distingue i testi per epoca e per tema, per cui è abbastanza semplice orientarsi.
L’autore scrive in modo colloquiale e la leggerezza dello scritto è un modo per invogliare alla lettura. Il libro permette di dare una maggiore sistematicità alle conoscenze che si possono avere in materia, ma i capitoli si prestano ad essere letti anche indipendentemente l’uno dall’altro, come articoli, la cui lettura richiede pochi minuti. Gli insegnanti potrebbero seguire il percorso tracciato dall’autore per accompagnare gli argomenti trattati a scuola con un racconto o con la lettura del capitolo corrispondente.
“Basta guardare il mondo con altri occhi per veder comparire la matematica. Una ricerca affascinante e senza fine.”