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Giovedì, 05 Gennaio 2023 07:30

Le 7 misure del mondo

«Le 7 misure del mondo» è stato pubblicato dalla casa editrice Laterza a fine 2021 ed è stato scritto da Piero Martin, professore ordinario di fisica sperimentale all’Università di Padova, specializzato nel settore della fusione termonucleare e Chief Physicist di DTT, l’esperimento di fusione italiano. Con quest’opera ha vinto il premio Fiuggistoria Scienza per il 2022 ed è stato finalista sia per il Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica sia per il Premio Nazionale di divulgazione scientifica Giancarlo Dosi, che ha vinto nell’edizione 2018 con il libro scritto con Alessandra Viola «Trash. Tutto quello che dovreste sapere sui rifiuti».

Con «Le 7 misure del mondo», Piero Martin ci racconta le sette unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale, dedicando un capitolo ad ogni misura. Ogni capitolo è diviso in paragrafi, all’inizio dei quali un’illustrazione ci aiuta a focalizzare l’argomento trattato: il racconto si snoda tra il percorso storico della misura e la sua definizione. Questo rende necessario un passaggio attraverso gli ambiti principali della fisica, dato che le unità di misura sono definite attraverso le costanti della fisica, quindi si parla profusamente di elettromagnetismo, relatività e fisica quantistica. Non è, quindi, solo una storia delle unità di misura, ma una storia della fisica.

La narrazione è caratterizzata da numerosi aneddoti e in ogni capitolo l’autore sembra partire da lontano: l’introduzione comincia nell’Indra Musikclub di Amburgo, il primo capitolo, dedicato al metro, esordisce con la lotta di Einstein al razzismo, il secondo capitolo inizia dalla «mitica palla di vetro» nella quale cade la neve… Oltre a mostrarci come ogni aspetto della realtà possa diventare un’occasione per parlare di fisica, gli aneddoti permettono a Piero Martin di scatenare il suo senso dell’umorismo che, con le numerose battute, alleggerisce la narrazione e aiuta a destreggiarsi più agevolmente tra le pagine.
Punto di forza del racconto sono gli esempi, che chiariscono senza banalizzare, tanto da rendere accessibili a tutti anche i concetti più complessi: Piero Martin, con grande maestria e chiarezza, ci guida nel percorso, mostrandoci anche le equazioni, se necessario. In questa storia della fisica incontriamo, inevitabilmente, i grandi scienziati: accanto ad Einstein, Fermi e Planck, ritroviamo Maxwell, Faraday, Schrödinger, l’immancabile Galileo Galilei che è quasi onnipresente, Newton, Ampère, Boltzmann, Volta…
Ogni aspetto della narrazione ci mostra «la straordinaria eleganza della fisica» e le «meraviglie scientifiche» che la caratterizzano, sottolineando quanto sia importante conoscere: la necessità della conoscenza è ribadita soprattutto nelle battute finali quando l’autore parla sempre di più della scienza come di un mezzo per salvare l’ambiente, visto che può portarci ad un futuro migliore ed aiutarci a compiere scelte responsabili.

Nelle sue conclusioni, Piero Martin sottolinea come il Sistema Internazionale sia uno «strumento potente e universale per comprendere la natura, il mondo e noi stessi», ma al tempo stesso evidenzia il limite di questo strumento. La sua utilità dipende soprattutto dalla maestria di chi effettua le misure, ma non ci può comunque dare tutte le risposte: «le misure sono un mezzo prezioso dietro al quale ci deve essere […] l’umanità che le interpreta con la scienza e il suo metodo». Più avanti ribadisce che «la scienza non è un distributore automatico di certezze», quindi per quanto il nostro mondo dipenda dalle misure che vengono effettuate ogni giorno, di fatto esse rappresentano il linguaggio della fisica e sta a noi riuscire a interpretarle in maniera adeguata.

Consiglierei la lettura di questo libro in una quinta delle scuole superiori, per ritornare a quello che è stato l’inizio del percorso con la fisica, con le unità di misura fondamentali: lo proporrei per consentire agli studenti di rendersi conto della difficoltà concettuale di ciò che era sembrato semplice all’inizio, e per chiudere il cerchio. Come insegnante, ne farò largo uso nel momento in cui si parla delle unità di misura, scegliendo gli aneddoti alla portata degli studenti e, al tempo stesso, mostrando le parti più entusiasmanti, per costruire la passione per la fisica fin dall’inizio, sfruttando l’entusiasmo dell’autore che si coglie tra le righe.

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Giovedì, 25 Agosto 2022 17:45

Bomba atomica

«Bomba atomica» è stato pubblicato nel 2020 da Rizzoli e l’autore è Roberto Mercadini, di formazione ingegnere elettronico, attualmente attore monologhista e youtuber. Nel 2018 ha scritto «Storia perfetta dell’errore» e il suo ultimo lavoro è «L’ingegno e le tenebre», pubblicato ad aprile 2022, entrambi per Rizzoli. «Bomba atomica» è stato vincitore, a dicembre 2021, del torneo letterario di Robinson, l’inserto culturale del quotidiano La Repubblica. Il libro è nato da un monologo teatrale del 2017, realizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Robert Oppenheimer e commissionato da Franco Pollini, direttore artistico del Teatro Bonci di Cesena: «Da allora questa storia mi si è conficcata nel cranio e ho promesso a me stesso che avrei approfondito la vicenda nella sua interezza, raccontandola in un libro.»

In apertura Mercadini definisce la bomba atomica una «cattedrale eretta da un uragano», come mostrato dalla «traiettoria assurda» descritta nel corso della narrazione, costituita da «cambi di direzione, rovesciamenti della sorte, sforzi che finiscono per produrre un effetto opposto a quello desiderato, fatti paradossali che si collegano perfettamente, errori che si inanellano in modo impeccabile, casualità che si sistemano in rigorosissimo ordine».
Il protagonista assoluto del racconto è Enrico Fermi che, da eterno secondo, dopo la morte del fratello Giulio resterà primo per tutta la vita. Secondo protagonista è Adolf Hitler, «una goccia che evapora e svanisce», e a lui si contrappone Ludwig Wittgenstein, filosofo della parola, perché «questa storia parla del dire e del tacere», a partire da Fermi, che aveva l’abilità di far capire anche gli argomenti più difficili, e dal Mein Kampf di Hitler, fino ad arrivare ai discorsi di Truman e dell’imperatore Hirohito, dove si coglie appieno la difficoltà di comunicare, aspetto evidenziato più volte con equivoci e ambiguità. Ultimo personaggio del racconto è Harry Truman, «il signor Chiunque», colui che ha dato l’ordine di lanciare la bomba.
Il libro è diviso in quattro parti: Alba, Mezzogiorno, Eclisse e Luna Nuova. Con l’Alba, vediamo la nascita dei quattro protagonisti: nel caso di Hitler, Wittgenstein e Truman, è raccontato il loro ruolo durante la Prima guerra mondiale, mentre per Fermi vengono descritti gli esordi della carriera, con la laurea alla Normale. La seconda parte, Mezzogiorno, si concentra sul progresso della fisica: i protagonisti sono Bohr, Heisenberg, Majorana, Lise Meitner, mentre a Fermi viene conferito il premio Nobel e parte per l’America, e Hitler conclude la sua ascesa alla guida della Germania. La chiusura della seconda parte, con la spiegazione della scissione dell’atomo, prepara il campo per la terza parte, l’Eclisse, che comincia dalla genesi del Progetto Manhattan e arriva all’esperimento Trinity. L’ultima parte, Luna Nuova, ha come protagonisti due personaggi che potremmo definire “secondari”, perché non sono quelli che hanno contribuito a plasmare la Storia: sono Terufumi Sasaki e Toshiko Sasaki, coinvolti nell’esplosione di Hiroshima: «forse il mondo è nelle mani di persone come queste; più luminose di ogni deflagrazione, più ardenti del fuoco, più audaci degli dèi».

Questo libro può essere definito storico, perché racconta la costruzione della bomba atomica fin dai suoi esordi; è biografico, perché descrive le vite di Fermi, Truman, Wittgenstein e Hitler; è scientifico, perché, grazie alla preparazione di Mercadini, tutto è spiegato con chiarezza e competenza; è un romanzo, ma può essere letto come un’opera teatrale, perché ha la forza del monologo, con l’autore che riesce a mantenere sempre desta l’attenzione del lettore.
Il racconto merita di essere letto: ha una grande valenza didattica, sia per gli insegnanti di fisica, che possono mostrare ai propri alunni gli eventi da un punto di vista storico, sia per gli insegnanti di storia, che possono approfondire la parte scientifica della vicenda, sia per i ragazzi stessi, visto che si legge rapidamente ed è ricchissimo di aneddoti, non sempre riportati sui libri di storia.

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Giovedì, 14 Luglio 2022 06:36

Ucciderò il gatto di Schrödinger

«Ucciderò il gatto di Schrödinger» è stato pubblicato da Mondadori a settembre 2020. L’autrice, Gabriella Greison, laureata in fisica, è attrice teatrale, scrittrice, giornalista scientifica e ha già scritto altri tre libri dedicati ad altrettanti personaggi della meccanica quantistica: L’incredibile cena dei fisici quantistici (Salani 2016), dedicato al Congresso di Solvay del 1927, Hotel Copenaghen (Salani 2018) dedicato a Niels Bohr, e La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall (Salani 2019), dedicato a Werner Heisenberg.

Protagonista di questo romanzo è Alice Schrödinger, ventottenne tormentata che assomiglia molto fisicamente a Gabriella Greison, ma forse è una reincarnazione o una discendente del fisico Erwin Schrödinger. Ha lo stesso nome di Alice Liddell, ma il suo paese delle meraviglie è la meccanica quantistica e la sua guida non è un coniglio, ma un gatto, il “famoso gatto”. Per dormire, Alice ha bisogno di usare lo Stilnox, che le regala dodici ore consecutive di sonno, alle quali fanno seguito dodici ore di veglia. Il libro è dato da questo alternarsi di sonno e veglia: durante la veglia, è Alice a raccontarci ciò che sta vivendo e le sue sensazioni a riguardo, mentre nel tempo del sonno, la voce narrante è l’Entità dei sogni, che ci descrive i vagabondaggi notturni della protagonista. Questi sogni ci regalano un viaggio in un mondo parallelo e irreale, la stessa irrealtà che si coglie tra le pieghe della meccanica quantistica: è un ottimo espediente narrativo per raccontare questa parte della fisica nelle sue sfumature più difficili e per permetterci di incontrare i fisici del passato, attraverso delle interviste, che sono in realtà una rivisitazione dei loro scritti, e dietro alle quali, quindi, c’è un grande lavoro di ricerca. Ciò che succede nel mondo dei sogni ricorda un po’ le stranezze della meccanica quantistica, come il salto da un posto all’altro che richiama un po’ i salti quantici.
Ad una prima lettura, il libro può sembrare contorto e difficile da seguire, ma potrebbe essere una conferma di quanto diceva Feynman: «Penso di poter affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica». Leggere questo libro non è come leggere un qualsiasi romanzo, perché non è possibile riportare l’intera vicenda sui binari della razionalità, visto che è come se Alice vivesse tutte le caratteristiche della meccanica quantistica nella sua vita, ma la Greison è abile nel guidarci in questo viaggio, attraverso i luoghi, i personaggi e i fatti della meccanica quantistica. Ci sono, ad esempio, dei garbugli nella narrazione che ci permettono di cogliere il paradosso, come l’incontro tra Alice, che in qualche modo rappresenta l’autrice, e l’autrice stessa. Sono proprio questi i punti di forza del libro! Sparse nel racconto, troviamo anche delle considerazioni filosofiche riprese dagli scritti di Schrödinger, che ci dimostrano come sia labile il confine tra la fisica e la filosofia e, al tempo stesso, ci permettono di entrare nel mondo tormentato di Alice, che, nella sua ricerca, trova la meccanica quantistica anche nel mondo della New Age. Il paradosso del gatto diventa anche una metafora della vita di Alice: nel momento in cui sceglie di non aprire la scatola, di fatto sceglie di restare in uno stato di incertezza, di non vivere e di lasciarsi trasportare dagli eventi, mentre quando sceglierà di aprire la scatola, effettuerà una scelta di coraggio, assumendosi il rischio di scoprire che il gatto è morto, ovvero che la realtà è diversa da quella che avrebbe voluto.
Questo romanzo è un viaggio, intrapreso da Alice a 14 anni, quando il padre le ha regalato il biglietto con l’immagine del gatto: il paradosso di Schrödinger è diventato un indicatore direzionale della sua vita e solo quando ha trovato finalmente la sua strada, può lasciarlo andare, facendolo metaforicamente morire. Da spettatrice, finalmente Alice diventa protagonista della propria vita, attraverso la chiacchierata TED che la mette, letteralmente, al centro della scena. La conclusione era inevitabile, dato che il teatro è una sorta di coprotagonista: ogni capitolo è, infatti, seguito da una piccola parentesi intitolata “Sipario”, nella quale Gabriella Greison ci porta dietro le quinte, raccontandoci il tema centrale del capitolo e spiegandoci come è stato costruito e quale lavoro di ricerca sia stato fatto.
La narrazione comincia, il 2 gennaio del 2020, nel cimitero cattolico di Alpbach, in Austria, dove è sepolto Schrödinger e si conclude il 18 aprile del 2020 in piena pandemia. Alice ha avuto modo di visitare anche altri cimiteri, come il cimitero di Vienna, dove è sepolta Hedy Lamarr, o il fiume Delaware, dove sono state sparse le ceneri di Einstein. Nei suoi sogni, incontra i protagonisti della fisica e i suoi modelli di riferimento: Schrödinger, Hedy Lamarr, Einstein e Ada Lovelace. Alice ripercorre non solo metaforicamente la strada della meccanica quantistica, ma anche la strada percorsa dalla stessa Gabriella Greison, nelle sue ricerche e nei suoi incontri con i ricercatori che attualmente si occupano di questa branca della fisica.

Per immergersi fino in fondo nella struttura della storia e della fisica stessa, è consigliabile una seconda lettura, durante la quale ci si potrebbe ritrovare a vivere in prima persona ciò che succede nella ricerca scientifica: «Si avanza a tentoni per anni, e poi tac! Si schiarisce il cielo dalle nubi, di colpo». Gabriella Greison ci spiega, facendoci fare esperienza, come sia complicata la fisica a certi livelli: dopo averci spiegato per anni il mondo della meccanica quantistica, mostrandoci quegli aspetti che possono essere raccontati con semplicità, con questo romanzo ha deciso di scavare più in profondità e far fare al lettore un’esperienza.
Il libro è consigliato a tutti, ma, come succede con la buona divulgazione, non si deve avere la pretesa di capire tutto e si deve avere il coraggio di continuare il proprio viaggio, anche quando il panorama sembra nascosto dalla nebbia.

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Mercoledì, 13 Luglio 2022 16:49

Hotel Copenaghen

«Hotel Copenaghen» è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Salani. L’autrice è Gabriella Greison, fisica, attrice teatrale, giornalista professionista, scrittrice e appassionata del mondo della meccanica quantistica, che ha trovato modo di presentare a teatro in celebri monologhi. Il romanzo in questione fa parte di un gruppo di romanzi dedicati ai protagonisti della meccanica quantistica: il primo è stato L’incredibile cena dei fisici quantistici (2016), ambientato a Bruxelles al termine del Congresso Solvay del 1927.

I fatti presentati in questo romanzo si svolgono tra il 1932 e il 2017, ma ci sono parecchi riferimenti ad eventi precedenti. Nella narrazione, ritornano alcune date sempre uguali, come anniversari che celebrano un momento importante: il 7 ottobre (nel 1885 è nato Bohr), il 18 novembre (nel 1962 è morto Bohr), il 7 dicembre (nel 1913 segna la nascita del modello atomico di Bohr, che ha pubblicato un articolo a luglio dello stesso anno). Il romanzo è raccontato in modo originale da due narratrici, che si alternano a seconda del luogo o del tempo in cui è ambientato ciò che viene raccontato: la prima voce narrante è Margrethe Nørlund, moglie di Niels Bohr, mentre la seconda è Adelaide, cuoca di casa Bohr, che di fatto racconta, in un diario personale, gli avvenimenti più recenti di cui è spettatrice.
I fatti non sono presentati in ordine cronologico, ma se lo facessimo, dovremmo cominciare con la rappresentazione teatrale del 1932, svolta a Copenaghen, come celebrazione di Goethe, con una rivisitazione del suo Faust attualizzato attraverso la fisica. Troveremmo poi il venticinquesimo anniversario di matrimonio di Bohr, nel quale una nostalgica Margrethe indossa il suo abito da sposa, ripensando alla luna di miele all’insegna della fisica, perché, d’altra parte, la proposta di matrimonio di Bohr era stata molto originale: «Vuoi diventare mia moglie, madre dei miei figli e madre dei miei studenti?». Gli anni che seguono la Seconda guerra mondiale racchiudono una serie di riflessioni fatte da Margrethe sulla guerra e sul ruolo degli scienziati: costituiscono una sorta di bilancio. La morte di Bohr è raccontata nel dettaglio e seguono poi le riflessioni di Margrethe e l’incontro con Heisenberg, realmente avvenuto, anche se non si hanno particolari al riguardo. Gabriella Greison usa questo incontro sia in apertura che in chiusura, come due parentesi che contengono tutta la narrazione: l’incontro costituisce un evento cardine attorno al quale ruota l’amicizia tra i due fisici. Con un salto al 1984, attraverso il diario di Adelaide ripercorriamo gli ultimi tre mesi di vita di Margrethe. La sua morte è avvenuta il 21 dicembre, 22 anni dopo la morte del marito ed è il 22° capitolo (l’ultimo) quello che ha per oggetto l’ultimo incontro tra lei e la cuoca. Per il 7 ottobre del 1985, Gabriella Greison immagina una celebrazione dei 100 anni della morte di Bohr, sulla sua tomba, tra studenti di fisica che ripercorrono le scoperte della fisica del Novecento. Altra celebrazione è il centenario del 7 dicembre 2013, ricordato a Parigi con una conferenza di Tomas Bohr, nipote del celebre fisico e fisico a sua volta (la conferenza è reperibile su YouTube). Il 6 gennaio del 2017 viene ripercorso, nel penultimo capitolo, l’incontro del 1941 tra Bohr e Heisenberg, con una nuova interpretazione dei fatti.

Protagonisti di questa storia non sono solo Bohr e Heisenberg, ma anche la moglie e tutti i fisici che hanno ruotato attorno a Bohr. Hotel Copenaghen è la casa dei Bohr: veniva indicata in questo modo, dato che accoglieva tutti gli studenti, i collaboratori e i colleghi del fisico. Il dono di Bohr era stato proprio quello di saper raccogliere attorno a sé i più grandi fisici dell’epoca e numerosi studenti, che in qualche modo contribuirono a costruire la fisica e, in particolare, la meccanica quantistica. Margrethe Nørlund è presentata con il suo nome da nubile, come riconoscimento della sua identità e del ruolo di primo piano che ha avuto nella vita di Bohr, dato che non ne è stata solo la moglie, ma anche la collaboratrice e l’editor dei suoi articoli, ruolo importante, che le è sempre stato riconosciuto dal marito. «Che le donne in casa Bohr e nell’istituto di fisica NBI abbiano avuto un ruolo chiave è cosa sicura». In questo alternarsi di voci e di tempi ritroviamo come protagonisti anche Einstein, grande amico di Bohr, Schrödinger, Pauli e tutti i più grandi fisici del Novecento.

Gabriella Greison ha realmente incontrato un discendente di Bohr, ovvero il nipote Tomas, e da lui ha avuto alcuni riferimenti che sono stati il punto di partenza di questo percorso. Anche in questo romanzo, come in La leggendaria storia di Heisenberg, viene scelta come seconda voce narrante una figura umile, ovvero la cuoca dei Bohr, che sembra richiamare una delle celebri citazioni di Einstein, ovvero: “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna.” La scelta di un personaggio al di fuori del mondo della fisica sembra una garanzia di semplicità, come se Gabriella Greison volesse rassicurare il lettore.
Come sempre, in conclusione l’autrice elenca gli eventi riportati nel libro, distinguendo tra quelli realmente accaduti e quelli necessari alla narrazione. È l’autrice stessa a dirci che possiamo percorrere la storia nel modo che preferiamo: raggruppando le varie narrazioni o nell’ordine in cui lei ce le ha proposte, ma sconsiglia l’ordine cronologico, che farebbe perdere il percorso da lei studiato, quello che ci permette di capire meglio quanto presentato.
La lettura è consigliata a tutti, perché Gabriella Greison è una garanzia di leggerezza e, al tempo stesso, di passione per la fisica del Novecento.

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Mercoledì, 13 Luglio 2022 15:51

La leggendaria storia di Heisenberg

«La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall», edito da Salani, è stato pubblicato nel 2019 ed è il terzo capitolo della quadrilogia di romanzi dedicati ai personaggi della fisica quantistica, dopo L’incredibile cena dei fisici quantistici (2016) e Hotel Copenaghen (2018). L’autrice è Gabriella Greison: personaggio poliedrico, laureata in fisica, è attrice e scrittrice. Celebri sono i suoi monologhi teatrali che registrano sempre il tutto esaurito nonostante gli argomenti complessi da lei trattati. Definita “la rockstar della fisica” dal Corriere della Sera, ha dato voce a tanti personaggi e, in particolare, alle protagoniste femminili che altrimenti sarebbero rimaste inascoltate.

Nel romanzo in questione, la voce narrante è il nonno di Gabriella Greison: di origini scozzesi, appartenente a una stirpe di navigatori, il nonno si ritrova a fare il cuoco nella villa di Farm Hall, dove, dal 3 luglio del 1945 per sei mesi, gli alleati hanno rinchiuso dieci fisici tedeschi, per potersi rendere conto di quale fosse il livello della fisica tedesca e di quale fosse la compromissione dei fisici. Tra di essi, ci sono un paio di nazisti, ma la maggior parte di loro, pur vivendo in Germania, era avversa al regime: non hanno lasciato il paese per il proprio attaccamento alla patria, come nel caso di Werner Heisenberg, protagonista di questa storia. Forse proprio grazie al carisma che lo caratterizzava, Heisenberg, che, al momento della sua detenzione, è nel pieno della sua carriera, diventa il leader di questo gruppo.

Il romanzo comincia con una serie di riflessioni della voce narrante, e prosegue con la presentazione dei dieci protagonisti: una fotografia e alcuni riferimenti biografici arricchiscono il quadro delineato attraverso i loro interessi nell’ambito scientifico prima della detenzione. Il libro è ricco di vicende di vita quotidiana e non mancano episodi divertenti, occasioni di gioco, di scontro o di riflessione. Fa riflettere il fatto che uno dei momenti più belli della detenzione sia, per i fisici, quando viene loro consegnata una lavagna con dei gessetti, grazie alla quale possono fare un po’ di esercizio o dedicarsi allo studio delle nuove scoperte. Conclusa la detenzione, il racconto prosegue con la descrizione delle loro vite fino alla loro morte e con la scelta dell’autrice di dedicare un po’ di spazio allo sviluppo della meccanica quantistica, raccontata in poche parole e in modo semplice e chiaro. Un piccolo capitolo viene dedicato a Lise Meitner e alla vicenda che la lega a uno dei protagonisti, Otto Hahn, che viene insignito del Premio Nobel proprio durante la sua detenzione a Farm Hall.
In chiusura, l’autrice ci racconta di aver incontrato il figlio di Werner Heisenberg, Martin, e di essersi confrontata a lungo con lui. Ci riporta una breve intervista, nella quale troviamo alcune riflessioni di Martin in merito all’incontro avvenuto, durante la Seconda guerra mondiale, tra il padre e Niels Bohr. Di questo incontro, si è parlato a lungo nel libro Hotel Copenaghen, che l’autrice cita a più riprese.
In conclusione, Gabriella Greison evidenzia quali sono i particolari che ha scelto di introdurre nel discorso per arricchire la narrazione e quali invece corrispondano alla realtà: in questo modo, ci aiuta a distinguere la verità storica dalla realtà romanzata.

Il libro è alla portata di tutti: è molto scorrevole, soprattutto nella parte centrale, con il racconto delle vicende quotidiane dei fisici detenuti e non mancano alcuni riferimenti alla fisica quotidiana, come quella che si nasconde in cucina, visto che la voce narrante è un cuoco. Questo cuoco ha la capacità di instaurare un dialogo con i fisici presenti a Farm Hall e saranno proprio loro a spiegargli la fisica di alcune reazioni che avvengono in cucina, quasi a richiamare il titolo del libro di Robert Wolke “Einstein al suo cuoco la raccontava così”.
La lettura di questo libro è piacevole, in pieno stile Greison: l’autrice ha la capacità di mantenere una leggerezza tale da rendere accessibili a chiunque i contenuti scientifici trattati, anche per coloro che non hanno una preparazione in materia, ma al tempo stesso apre la strada a nuovi approfondimenti, diventando un’occasione per appassionarsi alla fisica moderna. D’altra parte, questa è una branca della fisica che ha avuto un ruolo fondamentale nelle vicende del secolo scorso ed è bene conoscerla per poter fare scelte consapevoli.

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Sabato, 21 Maggio 2022 23:42

La scienza in trincea

«La scienza in trincea», edito da Raffaello Cortina Editore nel 2015, è stato scritto da Angelo Guerraggio, docente di matematica generale presso l’Università dell’Insubria di Varese e l’Università Bocconi di Milano, direttore del centro di ricerca Pristem e direttore editoriale della rivista di divulgazione matematica Prisma.
Il sottotitolo “Gli scienziati italiani nella prima guerra mondiale” dichiara quale sarà il periodo storico che troveremo nel testo, seppur esplorato da un punto di vista completamente diverso: pur non rinunciando alla visione storica dell’evento, Guerraggio focalizza la propria attenzione sul ruolo della scienza e degli scienziati durante il conflitto.

Dopo una breve prefazione, il primo capitolo è dedicato all’evoluzione dei rapporti tra la scienza e il mondo militare, dall’antichità fino all’École Polytechnique, mentre il secondo descrive la situazione politica e scientifica prima della grande guerra. L’aspetto propagandistico è protagonista del terzo capitolo, ma Guerraggio si concentra in particolare sul ruolo di primo piano vissuto dagli intellettuali in questa fase. Il quarto e il quinto capitolo descrivono la partecipazione degli scienziati alla guerra, definita industriale e tecnologica proprio per sottolineare le grandi differenze con i conflitti precedenti. Il sesto capitolo contiene in sé la descrizione del grande cambiamento attraversato dalla scienza: come la scienza ha permesso di combattere una guerra diversa e più innovativa, così la guerra ha dato un nuovo impulso alla ricerca, obbligando gli scienziati a organizzarsi diversamente per poter in qualche modo reggere il ritmo di ricerca loro imposto. Gli inventori diventano scienziati veri e propri, come dimostra il cambio di ruolo dell’Ufficio Invenzioni, e la nuova organizzazione a livello mondiale porta alla nascita del CNR, espressione nazionale di un organismo internazionale. Il dopoguerra è descritto con dovizia di particolari, per mostrare le difficoltà incontrate dagli scienziati nel ricucire i rapporti, dopo essersi ritrovati su due opposti schieramenti. L’ultimo capitolo ci regala uno sguardo sul futuro, essendo riservato agli scienziati pacifisti, mentre un’attenzione particolare è dedicata alla figura di Einstein, pacifista per eccellenza.

Quando si parla del binomio “scienza e guerra”, si pensa subito al Progetto Manhattan o all’operazione Enigma durante la Seconda guerra mondiale, ma, per quanto ci siano sempre state applicazioni militari, è fuor di dubbio che «la prima guerra mondiale rappresenti un tornante di notevole pendenza» per la scienza: era quindi necessario dedicare un libro proprio alla grande guerra. Guerraggio ci parla dell’atteggiamento degli uomini di scienza italiani, del loro ruolo nel dibattito precedente all’intervento armato, dei loro contributi in termini di invenzioni e applicazioni, ma senza «dare un giudizio sull’intelligenza e la coerenza del comportamento tenuto dagli uomini di scienza».

Il libro è davvero interessante e va a raccogliere tutta una serie di informazioni, dandone una visione unitaria, che permetta al lettore di cogliere il fenomeno in tutte le sue sfaccettature. La lettura è alla portata di tutti, perché il testo non è pensato solo per lo scienziato o l’insegnante di materie scientifiche: è un libro che è necessario leggere per rendersi conto che non si può parlare della Prima guerra mondiale solo dal punto di vista storico, senza coinvolgere l’ambito scientifico. Gli eventi narrati, purtroppo, sono di incredibile attualità, se pensiamo anche solo al Manifesto Fulda, firmato da 93 scienziati tedeschi, e lo confrontiamo con il manifesto firmato dai matematici russi nei giorni dell’invasione dell’Ucraina.

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Venerdì, 11 Febbraio 2022 15:25

Il mio lavoro è una favola

«Il mio lavoro è una favola» è stato pubblicato ad ottobre 2021 dalla Casa Editrice Dedalo. Il libro è nato dall’idea di alcune colleghe della sezione milanese di AIDIA (Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetti), che hanno deciso di «raccontare la passione per il proprio lavoro»: Amelia Lentini, Salvina Stagnitta, Maria Cristina Motta, Giovanna Gabetta, Mara Albini, Chiara Grisanti, Luisa Velardi, Giovanna Iannuzzi, Amalia Ercoli Finzi, Lucia Zerruso, Marina D’Antimo, Barbara Blasi, Michela Balzano, Elvina Finzi e Giulia Fasciolo. Possiamo conoscere ogni autrice grazie al QR-code al termine della favola, che ci rimanda a un breve filmato su YouTube, nel quale ogni donna racconta qualcosa di sé e del proprio percorso.

Nella sua prefazione, la Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti sottolinea il mistero dell’ignoto presente nella matematica e invita le ragazze a esplorarlo, perché «alla scienza mancano le energie e la creatività delle ragazze e alle ragazze manca la possibilità di sognare di diventare scienziate e di realizzare il loro sogno.» Lo ribadisce anche Elvina Finzi nella sua favola: se è vero che un ingegnere ha la capacità di risolvere i problemi, un’ingegnere fa il proprio lavoro «tenendo conto dei bisogni delle altre persone, cercando di sconfiggere le distanze tra le persone e le generazioni.»

Le quindici favole parlano di re che conoscono la matematica, di ragazze che non aspettano un principe che le salvi, di principesse moderne, ma soprattutto di bambine che sanno sognare. Le favole hanno come obiettivo principale quello di abbattere gli stereotipi: il primo da combattere, il denominatore comune di tutte le storie, è quello di genere, visto che viene ribadita in quindici modi diversi la capacità delle donne di fare qualsiasi cosa si prefiggano. La ministra Bonetti, nella prefazione, parla della «grande bugia che da sempre impedisce alle ragazze di entrare» in questo mondo straordinario, quello della scienza. Il secondo stereotipo è quello che descrive gli ingegneri come professionisti dotati di scarsa fantasia: penso a Chiara Grisanti che con il suo racconto, “La finestra che aveva freddo”, è riuscita a riempire di fascino anche un’opera di “messa a norma” per ottenere un “risparmio energetico”. Proprio come nel caso della finestra, ogni autrice ha preso dei particolari del proprio lavoro e ne ha estratto una favola, perché «il lavoro degli ingegneri può essere bello come una favola», una favola nella quale le donne sono le vere protagoniste, perché «possono e devono dare un contributo prezioso», come scrive Giovanna Gabetta.

Il lettore di questo libro si ritroverà nel Campo degli alberi di Natale per scoprire che sono pozzi petroliferi; entrerà in contatto con una scienza quasi magica, che raggiunge i propri obiettivi grazie alla collaborazione; combatterà per Viola contro i pregiudizi di genere; troverà la propria corsa in cui arrivare primo; imparerà che gli obiettivi vengono raggiunti non da chi è bravo, ma di chi mette volontà e passione in ciò che fa; scoprirà che il cambiamento è il motore della crescita; capirà che i progetti di vita nascono dalle passioni e dai sogni. Leggerà le parole di Giovanna Iannuzzi, che ci ha insegnato che «con l’impegno, la perseveranza e la fiducia in se stessi si può raggiungere qualsiasi risultato, e che le difficoltà non sono ostacoli insormontabili.» Il lettore andrà a spasso sulla cometa con la piccola Elfa monella Ephail; imparerà con Meti che «costruire qualcosa è meraviglioso»; porterà il verde trasformando la tristezza in felicità; troverà in un paio di baffi il coraggio di mettersi in gioco; imparerà da chiunque abbia qualcosa da insegnare, perché serve l’ingegno, ma bisogna saper abbandonare la propria presunzione; imparerà che la matematica può essere un’amica; capirà che la vita può essere una sequenza di obiettivi da raggiungere.

Questi sono tutti i motivi per cui val la pena leggere, far leggere o raccontare questo libro. A chiunque.

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Giovedì, 10 Febbraio 2022 23:01

Il gatto di Tesla

«Il gatto di Tesla» è stato pubblicato dalla casa editrice Scienza Express a settembre 2020. L’autrice, Monica Marelli, laureata in fisica, è una divulgatrice, ma anche un’illustratrice (la copertina del libro è un suo disegno). Nel 2001, Federchimica le ha conferito il Premio per la divulgazione scientifica e nel 2009 ha vinto il premio Frascati Scienza nella sezione La Scienza per i piccoli. Ci aveva già guidato alla scoperta della meccanica quantistica con «C’era un gatto che non c’era» e, anche in questo caso, è garantita una buona dose di leggerezza, alla scoperta delle «invenzioni, ricerche e meraviglie dell’elettromagnetismo».

La guida, in questo nuovo viaggio, è sempre il “bellissimo tabby tigrato tra il nocciola e il marrone scuro, con il naso mezzo rosa e mezzo bruno e le labbra tutte rosa” del primo volumetto e, questa volta, non si limita a concedere un’intervista in quanto discendente del famoso gatto di Schrödinger, ma coinvolge Monica in un viaggio nel tempo, che la porta al 6 luglio del 1934 a New York, per la precisione al trentatreesimo piano del New Yorker, un albergo all’incrocio tra la Trentaquattresima Strada e la Ottava Avenue. Nella stanza 3327 di questo albergo, Nikola Tesla ha passato gli ultimi anni della sua vita: nonostante l’eccentricità per la quale è noto e forse grazie alla sua amicizia con il felino, lo scienziato permette a Monica di intervistarlo. Le parla della propria vita e dello sviluppo dell’elettromagnetismo: «mi fa bene parlare con te. Rivedo la mia vita, metto a posto i tasselli, rivivo alcune emozioni, belle o brutte che siano».

A partire dai suoi esordi in Europa fino al viaggio che l’ha portato negli Stati Uniti, Tesla racconta la Guerra delle Correnti presentando, per una volta, una versione di Edison molto diversa da quella mitizzata e patinata nella quale ci siamo imbattuti tante volte al cinema. Impariamo anche che Tesla aveva scoperto i raggi X prima di Roentgen e che è il vero inventore della radio, anche se la paternità gli verrà riconosciuta solo dopo la sua morte. Le manie di Tesla vengono presentate con bonarietà, mentre Monica si immedesima nella sua capacità di affezionarsi agli animali e di soffrire per le loro sofferenze: le vicende della Guerra delle Correnti, vissuta senza esclusione di colpi da parte di Edison con il sacrificio di numerosi animali, non possono che farci inorridire.

«Pensate a come sarebbe diversa la nostra vita senza le invenzioni di Tesla: auto, fabbriche, computer… ogni cosa elettrica che ci circonda “contiene” un po’ del suo genio.» Guidati da questa consapevolezza, possiamo seguire il percorso nel mondo dell’elettromagnetismo, godendoci il viaggio, grazie alla guida eccezionale e ad una visione della realtà fuori dall’ordinario. Ancora una volta, un libretto prezioso, che in un paio d’ore può regalarci una visione d’insieme e, soprattutto, la voglia di andare oltre per approfondire l’argomento.

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Domenica, 19 Dicembre 2021 15:58

Mezzogiorno di scienza

«Mezzogiorno di scienza», pubblicato nel novembre 2020 da Edizioni Dedalo, è un libro la cui realizzazione è stata curata da Pietro Greco e che vede la collaborazione di quindici comunicatori della scienza: Pierluigi Argoneto, Roberto Bellotti, Barbara Brandolini, Francesca Buoninconti, Francesco Paolo de Ceglia, Rossella De Ceglie, Romualdo Gianoli, Pietro Greco, Nicoletta Guaragnella, Corinna Guerra, Sandra Lucente, Carla Petrocelli, Gaetano Prisciantelli, Massimo Temporelli e Guido Trombetti.
In questi quattordici «Ritratti d'autore di grandi scienziati del Sud», troviamo una «testimonianza di come gli uomini di scienza nati nel Mezzogiorno [abbiano] saputo legare strettamente le loro terre e la loro attività all’Italia, all’Europa e, sempre più, al resto del mondo». In effetti, ogni protagonista mostra una grande lungimiranza e la capacità di intessere reti di conoscenze, anche al di fuori della propria sfera di competenza. Diversi sono gli ambiti toccati: chimica, fisica, matematica, medicina, ingegneria, botanica, e diverse sono le epoche, a partire dal 1700 fino al 2000, durante le quali i protagonisti hanno influenzato e modificato la società nella quale hanno vissuto.
Pietro Greco nell’introduzione ricorda che il Mezzogiorno è «perennemente in bilico tra modernità e arretratezza» e, citando le parole del celebre attore partenopeo Eduardo Scarpetta, parla di «miseria e nobiltà». Allo stesso modo, questi protagonisti sono presentati con le luci e le ombre che li hanno contraddistinti: non ci sono solo un grande spessore umano e un’incredibile conoscenza, ma anche errori che nessuno degli autori sente di giudicare o assolvere. Ogni protagonista è presentato a tutto tondo, nel modo più obiettivo possibile.

I protagonisti sono presentati in ordine cronologico: Domenico Cirillo è stato medico e botanico e la sua osservazione di specie mai descritte prima ha colpito in modo così importante i contemporanei da spingere un botanico scozzese a dedicargli il genere delle piante Cyrillaceae. Oronzo Gabriele Costa è stato un naturalista, e con l’anfiosso ha trovato una forte prova a sostegno dell’evoluzione. Stanislao Cannizzaro è stato un patriota e un riformatore della scuola e della sanità, ma è stato soprattutto il più grande dei chimici italiani del XIX secolo, tanto da essere insignito della Copley Medal. Maria Bakunin è stata la prima donna a laurearsi in chimica: figlia di un rivoluzionario russo, a causa della sua fermezza e decisione veniva descritta come una prepotente. Mauro Picone, matematico, fu un grande maestro, che rese la propria scuola il fulcro dell’analisi matematica italiana. Organizzatore e manager, fondò l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo, del quale mantenne la guida fino al 1960. Domenico Marotta, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, ha una storia struggente, che mette in luce un problema attualissimo, quello del conflitto tra la magistratura e la scienza: la sua vicenda giudiziaria ricorda quella più recente di Ilaria Capua. Francesco Giordani fu «un chimico nelle stanze del potere», nelle sedi dell’impresa e della finanza: si occupò dell’innovazione della filiera della cellulosa, che fu decisiva nella sua formazione, insegnandogli a misurarsi concretamente con i problemi. Renato Caccioppoli fu un genio matematico irrequieto e tormentato, che ebbe una folgorante carriera accademica. Ettore Majorana, fisico, trovò dei risultati sui quali si continua tuttora a lavorare ed è noto a tutti per la sua scomparsa misteriosa. Filomena Nitti Bovet, figlia dell’antifascista Francesco Saverio Nitti, fu la moglie di Daniel Bovet, che fu insignito di un premio Nobel che era tanto suo quanto della coniuge. Entusiasta, caparbia e tenace, diede un contributo fondamentale alla farmacologia. Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, sempre in anticipo sui tempi, ottenne grandi risultati nell’ambito della lotta ai tumori. Felice Ippolito, come Marotta, provò su di sé l’effetto della macchina del fango negli anni ’60: fu un ingegnere specializzato in geologia e la sua fu «una rivoluzione incompiuta», perché il nucleare non ebbe successo in Italia. Eduardo Caianiello fu un fisico e ottenne una borsa di studio del MIT, ma è ricordato come un pioniere della cibernetica. Ennio De Giorgi grazie alla sua inclinazione per i linguaggi sviluppata al liceo classico, diede fondamentali contributi alla matematica. Fu un «matematico al servizio della Sapienza», che riteneva la condivisione del sapere «una delle più alte forme di carità».

All’interno di ogni capitolo ritroviamo le illustrazioni di Francesco Dabbicco, che per ogni protagonista ha realizzato un ritratto e, spesso, un’immagine che lo caratterizzi. Al termine di ogni capitolo troviamo dei suggerimenti di lettura per approfondire la conoscenza di questi personaggi e all’interno del capitolo due box, uno dedicato ai luoghi che caratterizzano questi personaggi e un secondo di carattere vario, a volte una citazione del protagonista stesso, a volte una testimonianza o un racconto, altre volte una canzone ispirata alla vicenda, come per l’anfiosso di Costa.
Non è un libro per specialisti, ma per appassionati di scienza. Non è necessario, invece, amare il Mezzogiorno, perché quello ci pensano i protagonisti a farcelo amare.

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Domenica, 07 Novembre 2021 15:10

Oltre le stelle più lontane

«Oltre le stelle più lontane», pubblicato nel 2021 da Mondadori, è un dialogo tra Amalia Ercoli, classe 1937, e sua figlia Elvina Finzi, classe 1976. L’una, Amalia, un’ingegnere (con l’apostrofo!), professoressa emerita al Politecnico di Milano, prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, ma soprattutto fra i principali investigator della missione Rosetta. L’altra, Elvina, doppia laurea con lode al Politecnico di Milano e all’Ensta di Parigi, e dottorato di ricerca in ingegneria nucleare.

Il libro, pensato per ragazzi delle medie, è un ottimo dialogo che mette in luce le differenze di vita tra Amalia ed Elvina: la prima ha vissuto la sua infanzia sul finire della Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, mentre la seconda a fine anni ’80, e quindi il confronto fra le loro vite è un confronto anche di due epoche. Amalia ha dovuto combattere contro una serie di stereotipi rappresentati dalla madre, che la definiva “maschiaccio” perché non si interessava a quelle che erano considerate le faccende femminili, perciò nei confronti di Elvina ha cercato di essere supportiva e di spingerla a cercare di realizzarsi innanzitutto come donna. La storia di Amalia Ercoli è una vera fonte di ispirazione: si pone come una role model non solo per la figlia, che poi in qualche modo seguirà le sue orme, ma anche per la nipotina Nicole, che ritroviamo in un interessante dialogo proprio nelle ultime pagine. Nel libro si alternano capitoli in cui scrive Amalia a capitoli in cui scrive Elvina da piccola nel proprio diario, quindi da un lato ci sono i racconti “un po’ sfilacciati” della vita di Amalia, come li definisce la stessa Elvina nella postfazione, e dall’altro ritroviamo la freschezza di un diario con quelli che sono anche i momenti di rabbia di una ragazzina in crescita, che si deve scontrare con una madre dalla personalità molto forte.

Alla luce della sua esperienza, Amalia ricorda a ognuna di noi che dobbiamo realizzare il nostro potenziale, ascoltando ciò che abbiamo dentro: «Se una donna invece desse sempre retta a quello che le dicono gli altri intorno… finirebbe per non ascoltare più la voce che le viene da dentro». Amalia ci offre il suo esempio: la sua scelta di studiare ingegneria, in un’epoca in cui erano poche le donne a farlo, la scelta di andare contro i progetti familiari e di dedicarsi a un lavoro impegnativo nonostante una famiglia numerosa.

In un recente intervento pubblico, Amalia Ercoli ha dichiarato di saper parlare bene di due cose: le donne, «perché sono una femminista antesignana» e lo spazio. Dopo il libro dedicato allo spazio, «La signora delle comete», scritto da Tommaso Tirelli per Dedalo, nel quale Amalia racconta l’avventura della missione Rosetta, l’obiettivo di questo libro è di raccontare le scelte delle donne ai bambini, andando oltre gli stereotipi, attraverso la storia di una vita vissuta ascoltando la propria voce interiore. Nel libro, sono numerose le frasi che andrebbero citate, ma su tutte scelgo di citare Elvina nella postfazione: «Io spero che le ragazze di oggi siano consapevoli delle grandi opportunità offerte dalle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e che queste non sono loro precluse. Al contrario: nel futuro della società tecnologica che le aspetta, complessa e in rapidissima trasformazione, l’intelligenza, l’intuito e la passione femminile faranno la differenza. Le ragazze STEM non saranno poche stelle isolate. Saranno intere costellazioni che illumineranno il cielo».

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