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Giovedì, 25 Luglio 2019 16:43

Capire davvero la relatività

Daniel F. Styer è un fisico teorico, professore di fisica presso l’Oberlin College. Autore di libri riguardanti la meccanica quantistica, nel 2011 ha pubblicato «Relativity for the questioning mind», tradotto in italiano con «Capire davvero la relatività» e pubblicato da Zanichelli nella collana “Chiavi di lettura”. Il titolo originale, traducibile come «La relatività per chi si pone domande», ci dice che Styer vuole dal lettore una partecipazione attiva, perché possa costruirsi una sua conoscenza personale della relatività. Segue l’esempio di Einstein che affermava: «una sciocca fede nell’autorità è il peggior nemico della verità».

Non è un libro tecnico, visto che non usa nemmeno una matematica complessa, si accontenta dell’algebra e del teorema di Pitagora, ma nemmeno descrittivo, visto che è estremamente analitico, non esattamente divulgativo. Non è un racconto: richiede lo svolgimento di esercizi: non è semplicemente un libro da leggere, ma un libro da scrivere. «Com’è noto, non si può imparare a nuotare guardando gli altri: occorre buttarsi in acqua e provare di persona. Vale altrettanto per la scienza: è impossibile impararla facendosela “versare nella mente” come in una bottiglia vuota. Bisogna mettere in discussione gli esperimenti, criticare le deduzioni e verificare le conclusioni. Spero che lo farete in tutto il corso del libro; e in particolare vorrei che dedicaste un po’ di tempo ai problemi presentati alla fine dei capitoli».

I primi sedici capitoli sono dedicati alla relatività ristretta, mentre gli ultimi tre riguardano la relatività generale. Ogni capitolo sulla relatività ristretta è costituito da tre parti: la prima è una spiegazione densa di esempi, la seconda è una selezione di domande, scelte tra quelle che gli studenti hanno posto all’autore al termine di ogni sua lezione sulla relatività e l’ultima parte sono problemi posti al lettore, per i quali sono offerti, al termine del libro, alcuni suggerimenti per lo svolgimento.

Durante la trattazione, Styer aiuta ad armonizzare i tre effetti della relatività, ovvero la dilatazione del tempo, la contrazione delle lunghezze e la relatività della sincronizzazione. Non ci sono incoerenze logiche, ma schemi, calcoli ed esempi illuminanti, mentre la simultaneità diventa la «chiave di volta senza cui l’intera struttura crollerebbe rovinosamente». Se considerassimo solo contrazione e dilatazione, alla fine cadrebbero in contraddizione, ma non è certo facile accettare la relatività della simultaneità. Per quanto possa sembrarci strano, Styer ci ricorda che la relatività «si avvicina alla realtà più dell’approssimazione classica basata sul senso comune» e gli esempi al riguardo non mancano. Affronta gli argomenti qualitativamente, numericamente o simbolicamente, a seconda dei casi, scegliendo quello che, di volta in volta, è l’approccio più efficace.

L’ultimo capitolo è dedicato a una serie di approfondimenti, proposti dall’autore attraverso altre letture ed è seguito da una postfazione, legata al caso dei neutrini che, apparentemente, hanno superato la velocità della luce durante un esperimento: offre l’occasione per un’interessante riflessione su come funziona la scienza.

Utilizzare il libro per far lezione sulla relatività aiuta a spiegare meglio alcuni concetti: la scelta dell’autore di un’unità di misura di tempo particolare e i disegni utilizzati per ogni sistema di riferimento, aiutano gli alunni a cogliere le sfumature della teoria della relatività e le contraddizioni con la realtà se da un lato scuotono le nostre convinzioni, dall’altro aiutano a comprendere ancora meglio la novità di questa teoria. La lettura è consigliata a tutti coloro che abbiano veramente la volontà di comprendere e, quindi, di impegnarsi a risolvere i problemi proposti, unico modo per partecipare attivamente a quest’avventura proposta da Styer.

Pubblicato in Libri
Martedì, 06 Novembre 2018 17:33

Astrobufale

«Astrobufale» è il titolo dell’ultimo libro di Luca Perri: dopo l’esordio con «La pazza scienza», dedicato ai Premi IgNobel e il libro per i più giovani «Errori galattici», ecco un libro dedicato all’astrofisica – la specializzazione dell’autore – e alle bufale, o meglio, ai meccanismi che ci spingono a credere a ciò che non è vero. Pubblicato da Rizzoli nel settembre del 2018, comincia con una prefazione di Paolo Attivissimo, noto al grande pubblico per la sua opera di debunking delle più diffuse teorie complottiste, il quale definisce questo testo «un ricco pasto per la mente, colmo di sorprese», che ci permette di costruirci, a furia di esempi, «una sorta di fiuto generale per le bufale scientifiche».

La diffusione di disinformazione attraverso i media è uno dei maggiori rischi per il futuro a livello globale e le fake news non risparmiano davvero nessuno: siamo tutti possibili vittime di un’informazione errata, per questo è importante capire i meccanismi che stanno alla base della loro diffusione e i processi mentali che ci portano ad esserne vittime. Nel testo troviamo otto coppie di frasi riguardanti lo spazio, che sono apparse in qualche modo su un mezzo di comunicazione di massa: in ogni coppia, ci sono una frase scientificamente vera e una bufala. Lo scopo del gioco è quello di smontare un po’ di bufale, riconoscere i bias cognitivi per riuscire a correggere la nostra percezione e raccontare un po’ di Universo. Citando la poetessa statunitense Muriel Rukeyser, per la quale «l’Universo è fatto di storie, non di atomi», Perri ci guida tra le storie della ricerca spaziale, ricordandoci che, «nell’inventarle, l’Universo ha molta più fantasia dell’essere umano».

I quesiti sono stati proposti durante uno dei laboratori del Festival BergamoScienza e Luca Perri ha continuato a proporli durante le sue conferenze per un paio d’anni: la sua indagine statistica ha rilevato una risposta corretta solo per il 25% delle domande. Basta questo dato per cogliere la necessità di questo libro: c’è bisogno di storie e, in particolare, di storie di scienza. C’è bisogno di leggere la ricerca scientifica con occhi diversi, di conoscerne le storie fallimentari e quelle di successo e di capire finalmente che, nel mondo della scienza, «la certezza e la Verità con la V maiuscola non sono di casa».

L’utilizzo del bias dell’umorismo è, a mio modo di vedere, il punto forte di Perri, tant’è che sulla copertina hanno scritto: «Siete pronti a divertirvi sul serio con la scienza?». Il divertimento è una delle parole chiave, quando si leggono i libri di Perri ed è per questo motivo che è altamente sconsigliato leggerli se siete seduti in attesa nell’ambulatorio di un medico, come ho fatto io. Soprattutto se vi ritrovate a leggere il capitolo riguardante le evacuazioni degli astronauti: la mia espressione oscillava tra lo schifato e il divertito, ma sicuramente ho concluso che, visti i problemi di salute che si devono affrontare per realizzare l’impresa, non farò mai l’astronauta!

In questo caso, oltre ad augurarvi buona lettura e buon divertimento, vi auguro, rubando le parole a Luca: «Buon test!». È bello mettersi alla prova, soprattutto quando nessuno è lì a ridere del vostro fallimento…

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Martedì, 05 Settembre 2017 15:53

Il diritto di contare

“Il diritto di contare” è il titolo del film trasmesso nelle sale italiane pochi mesi fa: dalla locandina e dal trailer appare evidente che si tratta della storia di tre donne di colore, che hanno contribuito al successo delle missioni spaziali degli Stati Uniti, ma al tempo stesso hanno combattuto contro gli stereotipi, di genere e di razza.

“Il diritto di contare” è innanzi tutto il titolo del libro di Margot Lee Shetterly, al quale il film si è ispirato. E nel libro non c’è solo quello che compare nel film, ma molto di più. C’è innanzi tutto la storia degli Stati Uniti, dalla Seconda Guerra Mondiale fino al primo allunaggio, con la guerra fredda che fa da sottofondo. L'impegno americano nel conflitto mondiale ha aperto le porte alle donne, precedentemente escluse, della NACA (la National Advisory Committee for Aeronautics): doveva essere un impegno temporaneo, ma la sezione di donne calcolatrici è in seguito diventata vitale. Il testa a testa tra Stati Uniti e Unione Sovietica nella corsa allo spazio ha permesso alle protagoniste di essere parte attiva nella progressione che si è conclusa con l'allunaggio del luglio 1969. L'autrice non fa mancare riferimenti dettagliati, mentre la corsa allo spazio assume un ritmo incalzante.

Il secondo tema è quello degli stereotipi: le protagoniste devono combattere contro gli stereotipi di genere e, grazie alla propria lungimiranza e, a volte, con il contributo di superiori consapevoli del loro valore, raggiungono inaspettatamente mete ambite. Mete che sono state irraggiungibili per lungo tempo, soprattutto per le persone di colore, sono diventate con il tempo una realtà, grazie ad un cambiamento di mentalità, portato avanti a più livelli. Da un lato, l'obiettivo di vincere la corsa allo spazio contro l'Unione Sovietica è stato perseguito mettendo in campo tutte le eccellenze, dall’altro, la volontà, da parte dei protagonisti, di non rinunciare a nessun obiettivo portando avanti piccole lotte nella quotidianità, ha permesso di abbattere barriere che sembravano insormontabili.

Il libro di Margot Lee Shetterly non è solo la storia di tre donne, ma di tutti coloro che hanno reso possibile il cambiamento: “cresciuta a Hampton, per me il volto della scienza era scuro come il mio”, ci dice nel prologo. Le piccole battaglie quotidiane dei dipendenti afroamericani dell’ente spaziale hanno portato a successi che “fornirono a loro volta ai figli un accesso alla società americana fin lì inimmaginabile”. La curiosità e la consapevolezza di essere in qualche modo in debito con quanti l’hanno preceduta, ha spinto Margot Lee Shetterly a scrivere questo libro, perché, per usare le sue parole: “immergermi nelle loro vicende mi aiutò a capire la mia”. E non solo la sua vicenda: durante le sue ricerche ha potuto cogliere inaspettate connessioni tra persone ed eventi, che hanno gettato nuova luce sulla realtà odierna. D’altra parte, quella narrata – nel libro e nel film – non è una storia limitata, perché si stima che il numero di donne impiegate al Langley come calcolatrici umane potrebbe superare il migliaio. Il prologo, da solo, già permette di cogliere la forza e l’entusiasmo di questa scrittrice, come se si trovasse davanti al lettore: ci si sente parte di una folla che, in piazza, sta ascoltando un suo comizio. Un’atmosfera che accompagna ogni pagina del libro: un libro assolutamente da leggere, una storia che deve essere conosciuta!

 

"Il lavoro della maggior parte delle donne, come quello delle macchine calcolatrici Friden, Marchant o Moroe che usavano, era anonimo. Persino se lavoravano a stretto contatto con un ingegnere sul contenuto di una relazione era raro che le matematiche vedessero apparire il proprio nome sulla pubblicazione finale. Perché mai avrebbero dovuto nutrire il loro stesso desiderio di riconoscimento?, si chiedeva la maggior parte degli ingegneri. Erano donne, dopotutto." 

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Giovedì, 24 Agosto 2017 10:06

T-Minus la conquista della Luna

Tutti ricordano il nome del primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin, e sicuramente molti hanno visto le immagini dell’allunaggio, con la missione dell’Apollo 11, e gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin che hanno calcato per la prima volta il suolo lunare, eppure nessuno ricorda i nomi delle persone che hanno reso possibili queste imprese. Jim Ottaviani, con le illustrazioni di Zander e Kevin Cannon, ci permette di conoscere i più importanti tra di essi: come il russo Sergej Pavlovič Korolëv, e gli americani Max Faget e Caldwell C. Johnson, “C.C.”.

Leggendo questa graphic novel, si arriva all’ultima pagina con il fiatone, perché davvero Ottaviani riesce a trasmetterci l’intensità e l’urgenza di questa corsa allo spazio che ha visto protagonisti gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica: forse l’impellente conto alla rovescia che scandisce la realizzazione di ogni missione spaziale, a cominciare da quella di 7,4 secondi realizzata dodici anni prima di quella dell’Apollo 11, forse il saltare dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica, … Qualsiasi sia il motivo, non si può non sentire l’urgenza di realizzare al più presto la missione decisiva.

Come sempre, Ottaviani non fa mancare le sue ottime idee: possiamo distinguere le vignette ambientate negli Stati Uniti da quelle dell’Unione Sovietica a una prima occhiata, visto che in quelle sovietiche lo stampatello maiuscolo utilizzato per i fumetti richiama in qualche modo i caratteri cirillici. Inoltre, nelle ultime pagine Ottaviani ci regala una bibliografia arricchita dai suoi commenti e sottolinea come le numerose missioni realizzate nel corso degli anni siano merito di oltre 400.000 persone: i protagonisti della graphic novel “non recitano solo le loro parti, ma anche quelle di tantissimi altri tecnici e ingegneri”. In conclusione: il fumetto ci offre un paio d’ore di svago intelligente, ma c’è sempre spazio per approfondire e le precisazioni di Jim Ottaviani al termine ci offrono un sacco di spunti.

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