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Mi capita spesso di domandarmi quanto la matematica sia presente in ambito professionale, quanto i miei (ormai ex) alunni debbano “fare i conti” con questa disciplina, tanto che al termine del percorso liceale, chiedo loro di tornare a trovarmi e di raccontarmi cosa hanno scelto di fare e quanto sia stato utile ciò che abbiamo studiato insieme. A volte sembra che il problema si esaurisca nell’utilità, ma non è così: da parte mia, c’è la necessità di capire se ho fornito loro abbastanza strumenti per affrontare il percorso professionale che hanno scelto, qualsiasi esso sia.

Confrontandomi con un medico, a settembre, mi sono sentita dire: «Diciamoci la verità: la matematica che uso nel mio lavoro è quella delle elementari: faccio le addizioni, qualche sottrazione, ma niente di veramente impegnativo!»

È stata questa la molla che ha fatto nascere in me l’esigenza di guardare più in profondità: davvero la matematica che usiamo tutti i giorni nel mondo professionale è solo quella dei primi anni delle elementari? Saltando da un pensiero all’altro, ha preso piede l’idea di realizzare un’indagine statistica e ne è nato un lavoro di educazione civica per la mia terza del liceo scientifico. Abbiamo proceduto per fasi, un po’ a tentoni: guardandomi indietro, mi rendo conto che avrei dovuto guidarli meglio, ma credo che il lavoro fatto abbia permesso loro di capire cosa significhi realizzare un’indagine statistica e, al tempo stesso, abbia fornito un’idea del mondo del lavoro un po’ più articolata. Quello che segue è l’articolo che, suddivisi a gruppi, i ragazzi hanno realizzato al termine del percorso, analizzando i risultati emersi dai questionari raccolti. Dopo aver definito gli obiettivi e i destinatari dell’indagine, gli alunni hanno partecipato attivamente alla stesura delle domande, alla scelta della modalità di somministrazione e alla correzione delle bozze; una volta approntato il modulo Google, hanno diffuso il questionario fra i propri conoscenti e, alla chiusura della consegna, hanno lavorato in gruppo, suddividendosi le domande da analizzare, realizzando una parte dell’articolo riportato di seguito e una parte del Power Point usato per presentare gli esiti dell’indagine alla classe.

In allegato:

  • la presentazione che abbiamo realizzato in Power Point perché ogni gruppo potesse presentare al resto della classe il proprio lavoro
  • il testo del questionario

 

1. Profilo dei partecipanti

2. Matematica e mondo del lavoro

3. Il rapporto con la matematica

4. Conoscenze adeguate?

5. Prospettive future

 

Lavoro realizzato dalla classe 3AS del Liceo Scientifico "Decio Celeri" di Lovere (Bg)
Berlinghieri Tommaso, Bonomelli Anna, Cancellerini Claudia, Cocchetti Chiara, Colosio Sofia, Elmetti Davide, Gatti Gabriele, Mazzucchelli Filippo, Meloni Claudia, Oprandi Roberta, Romele Marta, Pe Sara, Previtali Ambra, Stefini Anastasia, Stofler Riccardo, Taboni Diego, Tomaini Filippo

2 gennaio 2024: dopo essere stato fermo un turno a dicembre, il gruppo del Carnevale della Matematica viene richiamato all’ordine. Flavio Ubaldini invita i partecipanti a produrre i propri contributi, offrendo come tema la matematica bisestile.

Mumble mumble…

A me viene in mente solo “anno bisesto, anno funesto”, ma sulla stessa linea trovo “anno bisesto che passi presto”, “anno bisestile chi piange e chi stride”, ma credo che, pur parlando di matematica, Flavio non avesse in mente le lacrime quando ha proposto il tema.

Mumble mumble…

Che significa matematica bisestile? Secondo il dizionario Treccani bisestile deriva dal latino bisextus, che significa “due volte sesto”, «secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno prima delle calende di marzo (giorno bisesto), cioè il 24 febbraio». Ma quindi devo parlare di una matematica che si ripete? Se digito “matematica che si ripete” in Google, trovo: frattali, «figura geometrica che si ripete all’infinito uguale a sé stessa, su scala sempre più piccola». Sì, i frattali sono nel mio cuore da quando con la mia scuola abbiamo partecipato all’edizione del 2018 di BergamoScienza, ma… non credo sia questa la matematica bisestile.

Mumble mumble…

Digito “matematica bisestile” in Google e mi ritrovo con una serie di link per aiutarmi a capire cos’è un anno bisestile, ma non molto in merito alla matematica. Forse se cercassi in inglese… Ma come si dice “anno bisestile” in inglese? Leap year. Ma cosa significa leap? Salto! In realtà, cercando “leap year in math” trovo un paio di link interessanti: il primo è il blog Slate (che significa lavagna) dell’astronomo, divulgatore scientifico e blogger Philip Plait, Leap days explained!, e il secondo è una spiegazione matematica del sito della NASA, Leap day math. L’immagine scelta da Phil Plait in apertura di articolo è quella di una simpatica capra che salta, mentre il link della NASA porta a un breve pdf schematico ed esaustivo. Potrebbe essere sufficiente, ma…

Mumble mumble…

9 gennaio 2024: faccio un salto in libreria. Aggirarsi tra gli scaffali è, per me, rilassante e fonte di ispirazione, anche se, purtroppo o per fortuna, trovo sempre qualcosa da comprare. Non abito in una grande città e le librerie della zona sono abbastanza piccole e poco fornite per quando riguarda la parte matematico-scientifica. Se voglio avere qualche possibilità di successo, devo esplorare gli scaffali dedicati ai bambini: per i più piccoli, si trova parecchio in termine di divulgazione scientifica. Sembra che gli adulti abbiano sempre molto da spiegare ai bambini, forse perché sono ancora alla scoperta del mondo, forse perché questi sono più curiosi rispetto agli adulti. Con la scusa di regalarli ai nipoti, ho comprato un paio di testi che mi hanno ispirato. Il primo è L’atlante del tempo, di Tommaso Maiorelli, con le illustrazioni di Carla Manea: «il tempo è un’acqua profonda e misteriosa, e la Storia è lo scorrere impetuoso di quest’acqua. E allora la Storia è un fiume, con tutto quello che ci sta dentro» e gli uomini nuotano e navigano su questo fiume. In uno dei primi capitoli scopriamo che la linea del tempo non è sempre stata una linea e, mostrandoci «La linea del tempo del tempo», Maiorelli ci illustra la GEOMETRIA del tempo! Per i Babilonesi, il tempo era un ciclo senza fine, un CERCHIO, quindi, per il buddhismo, il tempo affronta «infiniti cicli eterni», per la tradizione greca e quella romana il tempo è come «una SFERA che abbraccia tutto». Maya e Aztechi elaborarono un calendario complicato, ma sostanzialmente «composto da moltissimi cicli e sotto cicli». D’altra parte, ciò che osserviamo attorno a noi ci rimanda all’idea del ciclo: «Primavera, estate, autunno, inverno e poi ancora primavera… Gli alberi nascono dai semi, crescono e prima di morire danno frutti che a loro volta daranno altri semi». È il cristianesimo a spezzare il cerchio e a cominciare a pensare al tempo come a una LINEA, una linea con un verso di percorrenza preferenziale, secondo quanto confermato dalla termodinamica. Eppure, i grandi filosofi non ci fanno mancare, nel corso dei secoli, ulteriori immagini geometriche: per Henry Bergson, «Il tempo vissuto […] è una “PALLA di neve” che ruzzolando si ingigantisce sempre di più», mentre per Hegel «la Storia avanza e si sviluppa progressivamente e il tempo “cresce” all’infinito su sé stesso, come in un vorticoso movimento a SPIRALE».
Non è solo la rappresentazione del tempo ad essere geometrica, perché anche per misurare il tempo l’uomo cerca il supporto della matematica: CERCHI di pietre celebri come quello di Stonehenge in Inghilterra non sono altro che «pesanti calendari di pietra», mentre le prime clessidre ad acqua, inventate dagli Egizi, sono costruite con vasi CONICI con un piccolo foro alla base.
La misura del tempo si affina con il tempo (!) e le unità di misura si evolvono con essa, come riportato ampiamente nel libro Quanti? Tanti! di Sandra Lucente, che esplora la matematica, la fisica, l’archeologia, la letteratura, … tutto ciò che ruota attorno alla misura e agli ordini di grandezza.
Le misure del mondo di Andrea Minoglio con le illustrazioni di Bethany Lord è il secondo acquisto: in questo libro, che permette di esercitare anche l’arte della stima, fornendo il confronto tra elementi naturali e costruzioni, ci parla del tempo usando le PROPORZIONI, visto che ci imbattiamo nella storia della Terra in 12 ore. Il riferimento al calendario cosmico ideato dall’astronomo e divulgatore statunitense Carl Sagan è evidente: «il calendario è formato da un unico anno terrestre, ma in questo arco temporale viene compressa la cronologia dell’intero universo». Se volete risparmiare tempo (!), un breve short di Erik Viotti, (conosciuto sui social come il Prof di Montagna) che usa il calendario cosmico per fare i suoi auguri a inizio anno, vi dirà tutto ciò che serve. Siccome per i più piccoli anche un anno è difficile da visualizzare (il senso del tempo cambia crescendo, dilatandosi con l’età), un intervallo di 12 ore, dalle 8:00 alle 20:00, rende meglio l’idea: la vita ha origine solo alle 9:25, ma esplode alle 18:34, i continenti si formano alle 19:31 e solo alle 19:50 si diffondono i mammiferi, e mentre i primi arnesi in pietra fanno la loro comparsa alle 19:59:27 (anche i secondi cominciano ad avere importanza!), l’uomo moderno arriva due secondi prima delle 20:00. Una linea del tempo a misura di bambino!

Il tempo corre, la scadenza incombe e la mia mente è popolata di immagini, il mio quaderno contiene solo alcuni appunti pasticciati, ma ancora non c’è il percorso che dovrebbe essere oggetto di questo articolo per il Carnevale della Matematica!

Mumble mumble…

11 gennaio 2024, ore 22:30: una lunga giornata densa di avvenimenti volge al termine, la casa è avvolta nel silenzio, la scadenza per la consegna del link è a solo una manciata di ore da me (e vorrei anche dormire un po’ nel frattempo!).
Secondo quanto riportato da Annalisa Santi in Matetango, il calendario gregoriano (attualmente in uso) entrò in vigore con la bolla pontificia di Papa Gregorio XIII Inter Gravissimas, che cancellò di fatto 10 giorni dal calendario, dal 5 al 14 ottobre 1582: da giovedì 4 ottobre, si saltò direttamente a venerdì 15 ottobre. «L'idea iniziale era di saltare i primi dieci giorni di ottobre, a cui però i francescani si opposero per poter ricordare il 400° anniversario di San Francesco, nato nel 1182. Infatti, della nascita non si conosceva il giorno preciso e si ritenne di festeggiarla nella data liturgica del 4 ottobre, giorno successivo alla morte del 3 ottobre 1226.» Presente fin dall’inizio tra i mumble mumble che hanno caratterizzato le mie riflessioni sulla matematica bisestile, c’è il libro di Abner Shimony, pubblicato nel 2000, Tibaldo e il buco nel calendario. Tibaldo Bondi è il protagonista della vicenda e, all’epoca della bolla papale, ha quasi 12 anni: per la precisione, dovrebbe compiere gli anni il 10 ottobre del 1582, uno dei giorni cancellati dalla riforma gregoriana. Per i bambini i compleanni sono una tappa importante ed è per questo motivo che Tibaldo si accanisce a cercare una soluzione. Sullo sfondo la Bologna rinascimentale, le convinzioni medico-astrologiche dell’epoca e le consuetudini in ambito ostetrico, evidenti quando il protagonista accompagna la sorella Anna Maria nell’esercizio della sua professione. Alla fine, Tibaldo troverà una soluzione, come è giusto: perché la festività di San Francesco non può essere spostata, ma il compleanno di un dodicenne può essere cancellato?

Sto divagando…

Mumble mumble…

Riprendo in mano il post di Phil Plait e lo leggo con attenzione, poi un’ultima ricerca su Google: “Numberphile leap year”, perché non è possibile che il celebre canale non abbia fatto un video dedicato. E infatti eccolo! Un video pubblicato il 28 febbraio 2012, avente per protagonista l’astronoma Meghan Gray, che parla di questo anno bisestile come di un aggiustamento. Sembra di percorrere con lei la strada della scienza, un passo avanti e uno indietro, come in una danza alla ricerca della soluzione corretta. Il nostro percorso attorno al Sole si compie in 365 giorni e… briciole! Quantifichiamo queste briciole: sono 5 ore, 48 minuti e 46 secondi, quasi 6 ore, quasi un quarto di giorno. Anche le briciole, se sono corpose, possono avere una loro sostanza (lasciatevelo dire da chi è perennemente a dieta!) e sommando quattro di questi resti otteniamo quasi un giorno intero, per la precisione 23 ore, 15 minuti e 4 secondi. Mancano ancora 44 minuti e 56 secondi per fare un giorno intero, ma questo non impedisce di aggiungere un giorno intero ogni 4 anni: il 29 febbraio! Secondo il principio per cui anche le briciole contano, se moltiplichiamo questi 44 minuti e 56 secondi per 100 (tanti sarebbero i 29 febbraio nell’arco di 400 anni), otteniamo 3.12 giorni, abbastanza per scegliere di cancellare 3 anni bisestili e così gli anni che terminano con 00 non sono bisestili, se non nel caso in cui siano divisibili per 16, come riportato dettagliatamente nella spiegazione del sito della NASA, Leap day math.

12 gennaio 2024: questo flusso di coscienza sugli anni bisestili, con qualche spruzzata di matematica qui e là, sta giungendo al termine. Non so se ho rispettato le consegne o se sono andata fuori tema, ma secondo quando riportato in Matematti, il sito di appoggio per il Carnevale della Matematica, il tema «non viene necessariamente seguito dai partecipanti». Avendo aperto con un proverbio, concludo con un modo di dire bergamasco (anche se io l’ho sentito per la prima volta da mio suocero, bresciano), giusto per chiudere il CERCHIO: «Ol tép l’è töt tecàt», che letteralmente si traduce con “il tempo è tutto unito”, ovvero «I giorni si susseguono l’uno all’altro senza soluzione di continuità».

Per me è ancora un mistero: cosa significa realmente? Certi modi di dire sono più difficili della matematica!

Intervento al convegno Mathesis di Brescia, “Dalla ricerca alla pratica: come è cambiata la didattica della matematica”, del 19 ottobre 2023

L’intento di questo intervento è quello di parlare del ruolo che può avere il Web nella nostra didattica. È, quindi, necessario che io faccia una breve storia del Web, anche se sarà una storia un po’ egocentrica, visto che è costruita “attorno a me”. Pare, da questa foto [la foto della mia laurea, mentre stringo la mano al mitico prof. Degiovanni!],

che parta un po’ da lontano, ma non spaventatevi! È il 6 novembre del 1998, il giorno della mia laurea! Quello stesso giorno, dopo la proclamazione, sono passata in segreteria per alcune carte e ho trovato questo:

Complice il fatto che un impiego come insegnante sembrava lontanissimo, ho deciso, seduta stante, di iscrivermi a un corso biennale di perfezionamento in didattica della matematica (era venerdì, e il corso cominciava il lunedì successivo), forse per paura di perdere il mio status di studente, o per paura di crescere. La verità è che questo corso mi ha dato grandissimi stimoli e una tale ricchezza che, a distanza di 25 anni, posso ancora attingere a quanto fatto.
Nel 1998 eravamo quasi tutti digiuni di Web e, tra le materie, c’era anche informatica. Ricordo ancora la lezione nel laboratorio: la prima ricerca online sul motore di ricerca Virgilio, un po’ più noto all’epoca rispetto a Google, nato da poche settimane.

Tutti i dispositivi collegati in rete, insieme agli apparati necessari per l’interconnessione, costituiscono Internet, abbreviazione di “internetworking”, un termine che risale alla Seconda guerra mondiale e che ha a che fare con le comunicazioni radio. Come spesso capita con i grandi progressi, anche Internet è nata in tempo di guerra, durante la guerra fredda per la precisione: gli Stati Uniti d’America, negli anni Sessanta, erano alla ricerca di un nuovo sistema di difesa e di controspionaggio e Internet costituiva una facilitazione nelle comunicazioni.

Come tutti sappiamo, al CERN, sul finire degli anni Ottanta, c’era invece il problema della gestione delle informazioni: i fisici avevano bisogno di condividere i dati e Tim Berners-Lee propose una rete globale di documenti HTML. Robert Caillau, che creò il logo WWW World Wide Web, supportò entusiasticamente l’idea di Berners-Lee e creò il primo browser per Mac. Il CERN non mostrò, però, un grande entusiasmo per il loro progetto, anzi: dichiarò che si trattava di un uso improprio delle risorse e che, non rispondendo ai fini del CERN, non aveva senso spendervi del denaro. Fu così che nel 1992 Tim Berners-Lee si trasferì al MIT. Ad aprile del 1993, il CERN concesse l’uso del Web a chiunque, gratuitamente e nel 1995 gli utenti connessi erano ormai 18.000.000. Il 1995 è l’anno della nascita di quei giganti di Amazon e Ebay e, nel 2004, Tim O’Reilly parla della fine del Web statico e della nascita del Web 2.0, che vede un ruolo attivo dell’utente. Per realizzare i primi siti web, era necessaria la padronanza dell’HTML, ma ad un certo punto, chiunque, anche senza una preparazione tecnica adeguata, poteva realizzare il proprio blog e, quindi, contribuire a modellare il Web. Non solo…

Tra il 1997 e il 2000 è attivo il primo social, SIXDEGREES, ispirato alla teoria dello scrittore ungherese Frigyes Karinthy formulata in un racconto del 1929, secondo la quale ogni persona può raggiungere chiunque nel mondo con non più di sei passaggi, ovvero di cinque persone come tramite. Con i suoi 3,5 milioni di utenti, il primo social è un po’ piccolino, ma, rispetto ad oggi, sono pochi anche gli utenti della rete. Nel 2003 fa la sua comparsa Linkedin, che conta 930 milioni di utenti, nel 2004 Facebook, che ora conta 3 miliardi di utenti, e nel 2006 Twitter, con 1,3 miliardi di utenti e un logo che ricorda i simboli matematici per gli insiemi numerici.

Nel 1998, all’epoca del corso biennale, il Web era un grande ipertesto, qualcosa di più ricco e complesso di un libro, insomma, potenzialmente motivante e stimolante per gli alunni.

Questo è l’estratto di un documento scaricato da internet e stampato il 26 novembre del 1998 (o ra purtroppo irreperibile).

Il corso biennale non aveva solo l’obiettivo di darci strumenti all’avanguardia per entrare in classe, ma anche di farci riflettere sulla necessità di uno spessore culturale. La prof.ssa Maria Paola Negri (all’epoca docente di filosofia, storia e scienze dell’educazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore) ha scelto di citare Einstein, che, nominando il filosofo scozzese David Hume e il fisico e filosofo austriaco Ernst Mach, ricordava come le idee nascano dai terreni più strani, purché siano fertili: «A chi mi chiede quando per la prima volta pensai alla teoria della relatività, rispondo: leggendo le opere di Hume e Mach.»

Tra le materie del corso c’era anche una riflessione sull’apprendimento, guidata dal prof. Alessandro Antonietti, attualmente preside della facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano. Egli stimolò la riflessione di noi insegnanti sulla matematica, ci invitò a pensare che cosa questa materia rappresentasse per noi e compilammo, quindi, la nostra personale mappa della matematica: dopo aver scritto su un foglio “matematica” al centro, attorno scrivemmo tutte quelle cose che nella nostra mente si collegavano ad essa. E scoprimmo che per noi la matematica non era davvero solo una questione di numeri: gli alunni possono vederci numeri e operazioni, magari emozioni (in genere negative!), ma noi ci possiamo vedere estetica e arte, cogliamo le relazioni, e la vediamo ovunque, anche in contesti apparentemente lontani.

Il web, ad esempio, trabocca di matematica, perché funziona grazie alla matematica, ma anche perché sono numerosissimi i contenuti di matematica che possiamo trovare. Da Salvatore Aranzulla, al blog Mathone, (del centro studi A. Manzoni), attualmente ci sono parecchi elenchi di siti e basta cercare “esercizi matematica” per ottenere, in meno di mezzo secondo, oltre 15.000.000 di risultati. Ed è lo stesso risultato a cui possono accedere i nostri alunni… La situazione è cambiata completamente nel 2020, sia a livello di quantità di contenuti, sia a livello di didattica: la rivoluzione che abbiamo portato avanti, consapevolmente o meno, nelle nostre aule virtuali (più probabilmente nel salotto di casa nostra) ha cambiato tante cose e le tre icone delle principali piattaforme usate da tutti noi con la DAD non hanno certo bisogno di essere presentate.

Anche per questo, il panorama era completamente diverso nel 2006: sembra quasi di parlare della preistoria…

Dopo un corso di aggiornamento a scuola, durante il quale ci era stata presentata una piattaforma grazie alla quale condividere materiali e documenti con i ragazzi, rendendomi conto dell’impossibilità, per la mia scuola, di realizzare questa cosa così futuristica, decido, insieme a mio marito e su suggerimento di un’amica, di dare vita a un mio sito internet, con il quale, appunto, condividere materiali.

Ad agosto del 2006, il mio sito comincia il suo percorso e due sono i miei obiettivi:

  • Condividere materiali con gli alunni, come appunti e schemi, verifiche ed esercizi
  • Condividere cultura, attraverso recensioni di libri e curiosità

All’epoca non erano molti i siti di matematica, anzi: non erano molti i siti in generale! Ma anche gli alunni non avevano grandi possibilità tecnologiche: i miei alunni andavano in biblioteca per poter accedere al sito o per scaricare la posta elettronica, e facevano stampare le verifiche ai genitori in ufficio. Nel giugno del 2007 il primo iPhone è stato lanciato sul mercato e a partire dal 2010, questo strumento ha raggiunto anche i nostri studenti (a volte prima ancora di diventare di nostra proprietà!).

Ho deciso di presentarvi la mia personale rassegna di contenuti, che va ben al di là degli esercizi di matematica che si possono trovare online. Immaginando che ognuno di voi, a seconda dell’indirizzo in cui insegna, abbia la propria sitografia, in merito a contenuti scolastici, quello di cui voglio parlare oggi va al di là dei contenuti scolastici. Va ad incidere, appunto, sulla cultura matematica.

Comincio dall’inizio, ovvero dal febbraio del 1999, con Francesca Ortenzio, Piero Fabbri e Rodolfo Clerico, meglio noti come i Rudi Mathematici. Da febbraio del 1999 i tre amici, che lavorano totalmente a distanza, visto che abitano lontani tra loro, si occupano della pubblicazione di questa rivista elettronica, che con il proprio nome richiama i Ludi mathematici di Leon Battista Alberti e il soprannome di Rodolfo Clerico, Rudy. Il logo stesso della rivista trasuda cultura: il disegno è di Maurits Cornelis Escher e la scritta è una citazione di Pierre de Fermat e del suo celebre “Ultimo teorema”. La rivista arriva in circa 3000 caselle di posta elettronica ogni mese, tutt’altro che puntuale, ma accompagnata da una simpatica mail. Da qualche anno ha ampliato i propri orizzonti con una rubrica sul blog di Le Scienze e sulla rivista Le Scienze.

Procedo con Maurizio Codogno, che ha aperto il suo blog Notiziole di .mau. a settembre del 2001. Maurizio (che ha una voce Wikipedia tutta per lui, scritta in dialetto milanese!) è un informatico e il suo blog è una vera miniera, dato che scrive tantissimo: commenta le notizie, recensisce libri, propone giochi matematici, e, come in un diario, ci racconta ciò che fa (è così che ho scoperto di averlo incontrato nel corso dell’ultimo Festival della Fotografia che si è tenuto a Capo di Ponte). L’ultimo post è dedicato alla parabola che aiuta a fare le moltiplicazioni, scoperta al Mathematikum, il museo di Gieben.

Maurizio Codogno è anche l’ideatore e l’anima del Carnevale della matematica. Il carnevale è attivo dal 14 maggio 2008 e viene ospitato sul sito di uno dei partecipanti il 14 di ogni mese (così anche i Rudi sono obbligati ad essere puntuali!). A parte la pausa estiva, il Carnevale non si è mai interrotto ed è alla sua 172^ edizione (ospitata da Maurizio Codogno). Il carnevale ha alcune particolarità: si tratta di un gruppo di divulgatori che sceglie di pubblicare un articolo (ma spesso più di uno) attorno al tema proposto da chi ospita il carnevale. Ogni Carnevale si apre con una cellula melodica, musicata da Flavio Ubaldini, in arte Dionisoo, e scritta da Marco Fulvio Barozzi, in arte Popinga, che ha ideato la celebre poesia gaussiana: fattorizzando i numeri composti e associando a ogni numero primo un verso, è possibile ottenere una poesia.

A fine marzo 2009 fa la sua comparsa MaddMaths!, un enorme contenitore riempito da numerosi divulgatori. Nella slide ho riportato la foto di Roberto Natalini, ideatore del progetto, matematico e Direttore dell’IAC-CNR (Istituto per le Applicazioni del Calcolo “Mauro Picone”), Stefano Pisani, matematico e uno degli autori del sito satirico Lercio, Alberto Saracco, docente dell’università di Parma e “matematico prestato alla Disney”, e Marco Menale, autore della rubrica La lente matematica.

Spin off di MaddMaths! sono due podcast: il primo, Le maschere del Carnevale Matematico, è realizzato periodicamente da Fabio Quartieri, studente di matematica a Bologna, arrivato ormai al suo undicesimo episodio. Si tratta di interviste a “docenti, ricercatori, matematici che vogliono raccontare la matematica per renderla più accessibile a tutti”. È un raccoglitore di esperienze, ma soprattutto di passione.
Iheart, invece, è una serie di cinque podcast, nei quali Alfio Quarteroni racconta la matematica che ha permesso di realizzare un modello del cuore e di studiarlo meglio. Scopriamo così matematici che parlano di cardiologia e cardiologi che parlano di matematica.

Mr Palomar è un altro dei blog storici: deve il suo nome alla passione di Paolo Alessandrini per Italo Calvino. Paolo è attivo anche su YouTube e è uno scrittore molto prolifico: ha cominciato con Matematica Rock, dedicandolo alla sua passione, la musica, ha proseguito con Bestiario matematico, e l'ultimo, in ordine di tempo, è Matematica in campo, dedicato al calcio.

Taxi 1729 è una società che si occupa di comunicazione scientifica. Attivi dal 2014 con 1251 eventi all’attivo (come dichiarato sul loro sito), che spaziano tra video divulgativi, live streaming, talk spettacolo, momenti di formazione, esposizioni interattive. Gioco d’azzardo, economia e sostenibilità sono i temi che vengono affrontati. Taxi 1729 è un chiaro riferimento a Srinivasa Ramanujan, il famoso matematico indiano. Durante la sua collaborazione con Godfrey Harold Hardy, agli inizi del Novecento, ricoverato in ospedale, ha ricevuto la visita di Hardy, che non era molto abile nella chiacchiera leggera, perciò gli ha parlato di un taxi che aveva come numero 1729. E ha commentato: “Che numero insulso!” Ramanujan ha, invece, ribadito che si tratta del più piccolo intero esprimibile come somma di due cubi, ovvero 10 e 9, 12 e 1.

Victoria Hart: se vi siete imbattuti nei suoi video, non potete averli dimenticati! Sono uno più bello dell’altro: io l’ho conosciuta attraverso i suoi video sui frattali, tutti accompagnati da una chiacchiera infaticabile, mentre disegna e accompagna il disegno matematico con il canto, perché lei è una “mathmusician”, una matmusicista. Figlia di due matematici, ha scoperto la sua passione a 13 anni e ha scelto di coltivarla in modo davvero originale.

Nel 2011, Google commissionò la creazione di 100 canali YouTube per aumentare il traffico sulla piattaforma, che aveva acquistato nel 2006 (e che era nata nel 2005). Per la matematica venne coinvolto Brady Haran e lui scelse di raccogliere la sfida. Per il nome, scelse di proposito di evitare il termine matematica, per minimizzare il riferimento alla scuola, ma la scelta cadde su un termine che richiama l’amore per i numeri, un canale “filonumerico” potremmo dire, Numberphile. Ci sono video di tutti i tipi, da Cédric Villani che parla delle medaglie Fields, a Tadashi Tokieda che fa vedere un cerchio che passa attraverso un buco quadrato, che ha la diagonale minore del diametro del cerchio, o Cliff Stoll che parla delle sue mille bottiglie di Klein nascoste nel seminterrato di casa sua. E c’è pure un video bellissimo, dedicato a pi greco, lungo, ovviamente, 6 minuti e 28 (un chiaro rimando a 2pi), con il quale gli autori mostrano la realizzazione di un miglio di pi greco, con un milione di cifre di pi greco.

Il MATH-segnale è un canale assolutamente da seguire: Davide Calza e Riccardo Moschetti hanno una preparazione fuori dal comune, una grande simpatia e un’abilità grafica che rendono molto facile seguire anche i contenuti più complessi. Ci sono alcuni video che sono imperdibili, come i due dedicati ai grafi, uno per giocare a guardie e ladri e l’altro per trattare la divisibilità in un modo diverso dal solito. Poi ci sono i video realizzati sulla spinta di scoperte recenti, come la nuova dimostrazione del Teorema di Pitagora ad opera delle due studentesse statunitensi: Davide e Riccardo hanno spiegato con chiarezza e senza risparmiarci alcun passaggio, in modo da guidarci sani e salvi alla meta.

Non potevo non concludere con Ilaria Fanelli, autrice del canale IlariaF Math: il suo entusiasmo e la sua passione sono trascinanti, perché con le sue idee Ilaria coinvolge un sacco di persone, non lavora da sola. Così abbiamo gli shorts “Che cosa è per te la matematica?”, che ha realizzato durante Strambinaria, ma che di fatto aveva già cominciato a coltivare tempo fa, quando apriva le sue serate, intervistando divulgatori matematici e non solo, proprio con questa domanda. Troviamo la risposta dei Rudi Mathematici, quella della matematica Roberta Fulci, redattrice e conduttrice di Radio3Scienza, finalista del premio Science Book of the Year con “Il male detto”, quella entusiasta di Federico Benuzzi, e, ultima in ordine di tempo, la risposta meno entusiasta di Federica Gerini, laureata in Biologia della Conservazione, che lavora nell’ambito della comunicazione per Musei e associazioni di protezione della Natura: ha definito la matematica un incubo! Altro grande lavoro di Ilaria, che è un vero catalizzatore di passione, è la sfida #peopleformath Ci sono già state due edizioni e l’elenco dei matematici raccontati dai vari divulgatori sta diventando importante. Ma Ilaria lavora anche parecchio alla divulgazione: sul suo canale si trovano video per giocare e video per approfondire, come la serie dedicata a Dante e la matematica.

Nel post Che cos'è Maddmaths! possiamo leggere: «La matematica è un po’ la bestia nera di tutti gli studenti e non ha una buona reputazione presso il cittadino medio, nonostante gli sforzi, spesso eroici, di alcuni insegnanti validi e preparati che cercano di presentare questa materia in un modo più vivo e attraente. [...] Per questo, a partire dal 2008, nell’ambito delle iniziative della SIMAI (Società Italiana di Matematica Applicata e Industriale) abbiamo cercato di immaginare un percorso che contribuisse a cambiare questo stato di cose, perché crediamo che la matematica sia oggi una delle risorse principali della tanto decantata innovazione tecnologica e per questo sia necessario rimuovere i pregiudizi esistenti contro questa disciplina.»
Ilaria Fanelli dichiara, nella sua home: «Le motivazioni che mi hanno spinto sono molteplici: in primis la volontà di mostrare il lato curioso e affascinante della matematica agli appassionati e ai non addetti ai lavori, offrire agli insegnanti spunti didattici e divulgativi da utilizzare nelle proprie classi e creare una community di persone che possano collaborare tra loro anche a distanza.»

La mia homepage, all’inizio di questa avventura, riportava questo messaggio di benvenuto: «Come tanti altri insegnanti di matematica, ho deciso di “creare” il mio sito internet per poter fornire appunti, esercizi, notizie, curiosità… agli alunni interessati e volenterosi. La domanda sorge spontanea: l’insegnante di matematica medio è realmente convinto che i suoi alunni siano interessati ad una materia così ostica e difficile e, di conseguenza, così odiata? Forse non si tratta di convinzione: forse è l’ingenuo tentativo di far conoscere aspetti inconsueti e divertenti di una materia spesso odiata. Il mio tentativo si esprime già dal titolo del sito: AMO LA MATEMATICA! E di fronte ad un’affermazione del genere, scommetto che a qualcuno di voi sta già venendo l’orticaria…»

Il titolo del sito, negli anni, mi ha regalato piacevoli siparietti: quando fornisco il mio indirizzo email, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., do il via a commenti di tutti i tipi, dal (purtroppo) tipico “Ho sempre odiato la matematica” al più simpatico “Mi è sempre piaciuta, ma poi ho preso altre strade”. Ma anche quando mi viene raccontato l’odio per la matematica, è un sentimento venato di rimpianto, che potrebbe essere ben espresso dalle parole di Mickaël Launay (che campeggiano ora nella mia homepage): «Non la amiamo, eppure ci piacerebbe amarla».

C’è da dire che, da quando esiste, il mio sito ha obbligato i miei studenti a dire, almeno una volta, “Amo la matematica”, oppure, per usare un’espressione dialettale (tipica sia del dialetto bresciano che di quello bergamasco – per onorare le capitali della cultura 2023): “Amò la matematica?!”, che non è il passato remoto del verbo amare, ma “Ancora la matematica?!”, come a dire: Ci hai stancato! Ne abbiamo abbastanza!

Conferenza senza bordi: Topologia è…

Pc collegato al proiettore, sullo schermo è aperto un file Power Point con una bella copertina: sullo sfondo immagini di topologia, in evidenza la scritta: “Conferenza senza bordi: Topologia è…” e la data.
Il tavolo con il pc è invaso da oggetti topologici

Sale sul palco la Prof1:
Prof1: Buonasera a tutti e benvenuti! Siamo qui, questa sera, per parlarvi di topologia, l’argomento dei nostri laboratori di BergamoScienza. Purtroppo, hanno chiesto a me di parlarvene, ma io all’Università non ho sostenuto l’esame di topologia. Perciò (la diapositiva successiva recita: “Grazie per l’attenzione!”), vi saluto e vi ringrazio per aver partecipato.

Scende dal palco e se ne va.
Il palco resta vuoto.
Attimo di silenzio.
Dubbi.
Perplessità. 

La Prof2, alzandosi dalla prima fila, prende la parola:
Prof2: Scusate! Temo che ci sia stato un piccolo malinteso con la Prof1. Non erano questi i patti…
Proverò a dire qualcosa io della topologia, anche se ne ho un pessimo ricordo dall’università: il professore mi ha bocciato per due anni consecutivi a tutte le sessioni e non ho imparato nulla. Ci provo! 

La Prof2 sale sul palco, mentre qualcuno si avvicina al pc e cambia la presentazione, inserendo una nuova chiavetta:
Comincerei dallo spiegarvi cosa significa “conferenza senza bordi”. La topologia è una parte un po’ originale della matematica, tanto che viene chiamata “geometria del foglio di gomma”. Io comincerei con questi due anelli: dal posto non li vedete molto bene, perciò, inviterei qualcuno di voi sul palco a darmi una mano (Prof2 chiama Alunn01, prende dal tavolo la striscia di carta e gliela passa, poi confabula con Alunn01, fingendo di spiegare cosa deve fare). Prendete una striscia di carta: se incollate gli estremi tra di loro, ottenete un cilindro e, come potete vedere (Alunn01 mostra la cosa avvicinando i due estremi) ha una superficie interna e una esterna. Adesso, incolliamolo facendo fare una torsione di 180° a uno dei due estremi (Alunn01, intanto, collega con la cucitrice i due estremi): quello che otteniamo è un nastro di Mobius, un nastro che NON ha un dentro e un fuori, perché ha un’unica superficie. Ora prendiamo una seconda striscia e realizziamone un altro, ruotando l’estremo in senso opposto (Alunn01 procede e vengono mostrati i due nastri. Prof2 prende dal tavolo due fogli bianchi) Se prendo due fogli bianchi qualsiasi, di forma rettangolare, riconosciamo tutti che hanno quattro lati [1]: se li uniamo lungo un lato, entrambi i fogli perdono un lato, ma se uniamo due nastri di Mobius… beh! Ogni nastro di Mobius ha un solo lato quindi se io unisco due nastri lungo l’unico lato che hanno… ottengo una bottiglia di Klein che è una bottiglia speciale, visto che non ha bordi, non ha dentro e fuori e non si può riempire. Ecco il motivo per cui questa sarà una conferenza senza bordi, perché non ci sarà qualcuno che parla e qualcuno che ascolta, ma chiunque potrà intervenire, se ha qualche curiosità o se vuole dire qualcosa sulla topologia. 

Entra Alunn02 e prende la parola:
Alunn02: Direi che è ora di mostrare realmente come si svolgerà questa conferenza e cos’è la topologia. Comincerei con una sfilata del Topo-outfit, la linea di moda alla quale abbiamo lavorato quest’anno: Alunn03, tocca a te! 

Alunn03 entra con i pantaloni, sul lato arancio, un toro rosso in testa e il nastro di Mobius enorme a tracolla, una bottiglia di Klein all’uncinetto in una mano come una borsetta e al polso un nastro di Mobius come bracciale 

Alunn02: Come vedete, Alunn03 indossa degli originalissimi pantaloni topologici. Ma in cosa consiste la loro originalità? Non solo nel colore, non certo nella forma (Alunn03 allarga i pantaloni per mostrarne la grandezza), ma nel fatto che, se io chiedo a Alunn03 di mettere a rovescio i pantaloni, lo può fare anche in pubblico, perché non ha bisogno di toglierli! Prego, Alunn03! [2]

Alunn03 procede a rovesciare i pantaloni mentre Alunn02 lo accompagna: A molti di voi sarà capitato di macchiare i pantaloni e di non avere la possibilità di cambiarli. Questa potrebbe essere la soluzione! Mettendoli a rovescio, anche la macchia verrà nascosta! Come vedete, si tratta di un capo molto originale, realizzato con una, anzi due stoffe morbide ed elastiche, in modo che possa essere indossato da chiunque. Certo, per poter rovesciare i pantaloni bisogna essere un po’ elastici e… 

Entra Prof3, con dei libri sotto il braccio, vestito come un professore serio. Interrompe Alunn02 e comincia a parlare:
Prof3: Non è possibile! Ma voi davvero pensate di poter parlare di topologia in questo modo? Andatevene, per favore (e caccia i due dal palco), qui la gente vuole ascoltare qualcosa di serio. Sarà meglio che prenda in mano io la situazione. Buonasera, mi presento: sono Prof3, ex studente del Celeri, e laureando in fisica delle interazioni fondamentali all’Università degli studi di Padova. (si avvicina a pc per mettere una chiavetta e far partire una presentazione e anche chi aveva la postazione a pc si allontana preoccupato). La nobile branca della topologia serve per capire i segreti del nostro universo, dalle cose più grandi come gli astri e le galassie alle cose più piccole come le particelle subatomiche. Prendiamo due buchi neri, oggetti così pesanti che la loro gravità attrae a sé qualsiasi cosa, perfino la luce. Se sono abbastanza vicini, finiranno per fondersi in un solo grande buco nero. Ed ecco che finalmente la forma che volgarmente hanno chiamato “pantaloni” ora ha un significato scientifico importante! Ma non è finita qua: se leggiamo questa figura al contrario, il modello standard, e volendo anche le teorie più recenti e straordinarie come la teoria delle stringhe, ci dicono che questa figura rappresenta una particella che a un certo punto si divide in due particelle più piccole. E questi fenomeni servono non solo alla fisica, ma alla medicina, all’ingegneria e a tutte le scienze! E potrei andare avanti con altri mille esempi, come lo spin delle particelle paragonato al nastro di Moebius, oppure… 

Mentre Prof3 sta concludendo, entra Alunn04, portando un vassoio, sul quale sono presenti una tazza, una teiera e una ciambella. Alunn04 prima offre la tazza vuota a Prof3 (che si ferma perplesso in mezzo a una frase) e poi comincia a versare del liquido nella ciambella, al che Prof3 la ferma: [mentre avviene questo scambio, chi era a pc torna in postazione e fa partire la slide successiva della prima presentazione]

Prof3: Ma cosa stai facendo?

Alunn04: Beh, voi topologi non dite forse che una tazza e una ciambella sono la stessa cosa? Stavo versando il tè nella ciambella e le stavo dando la tazza da mangiare… 

Entra allegra Alunn05 portando con sé una palla pelosa:
Alunn05: Se si parla dell’umorismo dei topologi, allora tocca a me! Sono qui per parlarvi del teorema della palla pelosa, dimostrato dal matematico olandese Brouwer nel 1912! (nel frattempo, Prof3 se ne va mostrando esasperazione e Alunn04 abbandona il palco) «Il teorema ci dice che, se abbiamo una palla pelosa come questa, non è possibile pettinarla in modo continuo in una stessa direzione, senza che ci siano peli che vanno nella direzione sbagliata o punti non pettinati come questo punto qua. Questo teorema […] può essere applicato anche al nostro pianeta, infatti possiamo considerare, anziché la direzione dei peli, la direzione del vento e il teorema in questo caso ci dice che sulla Terra esiste sempre un punto, come questo qua, in cui non c’è minimamente vento.» [3] 

Entra, chiaramente infastidito, il Prof4, vestito da serioso professore e prende la parola:
Prof4: Ma non è possibile! Non si può parlare della matematica in questo modo, come se si trattasse di una barzelletta da raccontare! (Caccia Alunn05dal palco) Innanzi tutto, scusa collega (rivolgendosi alla Prof2), mi pare che tu sia stata un po’ imprecisa su quella cosa del “senza bordi” (sarcasticamente). Forse è bene che chiarisca il concetto per il nostro pubblico. Ho giusto predisposto un paio di slide in proposito... (fa un cenno e subito vengono proiettate le foto delle dispense di topologia, in cui viene “descritto” come ottenere cilindro, nastro di Möbius, toro e bottiglia di Klein a partire da un quadrato). Partiamo considerando un quadrato, o un rettangolo, tanto sono spazi topologici omeomorfi. Come si evince chiaramente dalle immagini mostrate, è possibile quozientare il quadrato chiuso, ovvero [0,1]×[0,1], mediante relazioni di equivalenza opportunamente definite, per ottenere altri spazi topologici: ad esempio, se definiamo la relazione di equivalenza ρ mediante la partizione formata, per ogni punto Y di un lato verticale, dalle coppie {Y,Y^'}, con Y' simmetrico di Y rispetto all’asse di simmetria verticale, e dai singleton {X} per ogni altro punto X del quadrato, lo spazio quoziente [0,1]^2/ρ è omeomorfo al cilindro, cioè S^1×[0,1]. Il cilindro non risolve tuttavia la questione del togliere i bordi, dato che ha frontiera omeomorfa all’unione di due circonferenze distinte, come neppure il nastro di Möbius, dove il bordo è evidentemente omeomorfo a S^1 (sguardo di rimprovero alla Prof2)... se però consideriamo la naturale relazione di equivalenza che identifica anche i lati orizzontali, ciascuno percorso nel verso positivo, allora il quoziente che si ottiene è chiaramente omeomorfo a un toro, cioè al prodotto cartesiano della 1-sfera con se stessa, che ha frontiera topologica vuota, anche senza scomodare la bottiglia di Klein, che pure in effetti è un quoziente del quadrato, mediante la relazione... 

Alunn01, dal posto, alza la mano e, togliendogli la parola, esclama: Io non ho capito niente, me lo può rispiegare?

Si alza dal pubblico la Prof5 e cerca di risolvere la questione
Prof5: Prof4, se non è un problema, provo io. (Rivolgendosi al pubblico) Prendiamo un rettangolo (o un quadrato, visto che per la topologia sono la stessa cosa) e ripieghiamolo su sé stesso. (procede a realizzare davvero quanto dichiarato, con un foglio rettangolare) Come vedete, otteniamo un cilindro. Ora ripieghiamolo di nuovo e facciamo combaciare i due estremi: quello che otteniamo è un toro, quello che i non matematici chiamano ciambella. (prendendo in mano un mega-toro realizzato con la stoffa) Eccone qui una versione in stoffa, un po’ più grande per rendere l’idea! In ogni caso, avrete notato che da un foglio con quattro bordi, siamo passati a un oggetto che non ha alcun bordo! 

Prof4: (impaziente) Va bene… immagino che forse così possa essere chiaro, per un pubblico non esperto. 

Prof5: Volevo concludere raccontando che recentemente è stato dimostrato un risultato di topologia molto importante, che era stato enunciato nel 1977, perciò ci sono voluti quasi cinquant’anni e… 

Interviene Alunn06, timidamente, salendo sul palco con in mano il nastro di Moebius che è una riproduzione all’uncinetto del celebre nastro di Escher:
Alunn06: Mi scusi, Prof5, credo che ora tocchi a me, visto che lei sta parlando da un po’. (Rivolgendosi al pubblico) Vorrei mostrarvi questo bellissimo nastro di Mobius, realizzato a uncinetto seguendo il disegno di Escher, che tutti, credo, conosciamo (alle spalle compare l’immagine del dipinto di Escher). La cosa interessante di questo nastro è che non è il classico nastro di Moebius: se notate, è arrotolato su sé stesso ben due volte e… 

Entra, prepotentemente, Alunn07:
Alunn07: Ma cosa c’entra adesso il liceo artistico? Stiamo parlando di matematica e tirate fuori queste cose artistiche. Io direi che è ora di cominciare a fare i seri. Sapete, i matematici vedono sé stessi come dei poeti sognatori, mentre gli scienziati usano la matematica come uno strumento, utile per ottenere un risultato. La verità è che hanno ragione tutti! Pensiamo alla teoria dei nodi, che è una branca della topologia: questa parte è nata per risolvere un problema scientifico. Prima della scoperta degli atomi, alcuni scienziati, tra i quali Lord Kelvin, credevano che la materia, chiamata etere, fosse fatta di nodi e garbugli. Quindi, hanno cominciato a classificare i singoli nodi (alle spalle compare l’immagine della tavola dei nodi), per poi rendersi conto che non era un modello adeguato. Allora hanno perso interesse, conquistati dalla nuova teoria degli atomi, che era effettivamente quella corretta. I matematici, però, persone un po’ strane come avrete capito, trovarono nei nodi un simpatico passatempo e continuarono a sviluppare questa teoria, che sembrava non avere alcuna utilità. [4] La scienza, inaspettatamente, ad un certo punto ha avuto bisogno di questa teoria, perché… perché… forse è meglio che lasci la parola alla Prof6, docente di scienze del nostro istituto, che potrà spiegarci cosa intendo. (Invita a salire sul palco la Prof6).

La Prof6 sale sul palco e comincia a parlare:
Prof6: Se ci venisse chiesto di disegnare il DNA molti di noi disegnerebbero una scala a chiocciola, la famosa doppia elica. Gruppi alternati di fosfati e di zuccheri sono il corrimano della scala, mentre le coppie delle quattro basi complementari, adenina, timina e citosina, guanina, formano i gradini della scala. 
La struttura di basi si chiama struttura primaria, la doppia elica, invece, struttura secondaria. 
La lunghezza del DNA si misura in termini di coppie di basi: il DNA umano è lungo circa 3 miliardi di coppie, quello del batterio più comune, l'Escherichia Coli, solo 4,4 milioni di basi. 
Nel 1981 grazie ad una tecnica chiamata elettroforesi si giunse alla conclusione che la lunga molecola del DNA ha anche una struttura terziaria, che consiste in un ulteriore avvitamento nello spazio, un po’ come il filo della cornetta del telefono che dopo un lungo utilizzo, assume una struttura super-inanellata, aggrovigliandosi su sé stesso. Quindi il DNA, nel nucleo della cellula, si trova tutto aggrovigliato e compattato in uno spazio piccolissimo e, in alcuni casi, addirittura sotto forma di anello. In queste condizioni, può capitare che si formino nodi, pieghe e intrecci che hanno ripercussioni anche molto negative sulla funzionalità della cellula. (Al lato del palco si mettono Alunn04 e Alunn05: Alunn04 si siede sull’angolo del palco e Alunn05 prima prende le due trecce e le avvolge a elica, poi le compatta creando una specie di chignon. Prof6 fa un cenno affermativo) Infatti, durante la replicazione e la trascrizione, la doppia elica si deve aprire per permettere l’accesso agli enzimi. Separare due semi-eliche che sono super inanellate, talvolta addirittura formando uno o più nodi, è un problema molto complesso oltre che molto interessante. (A questo punto Alunn05 disfa una treccia ad Alunn04, poi cerca di pettinarla, ma sembra che trovi davvero un sacco di nodi… è peggio di una palla pelosa!) Esistono degli enzimi in grado di sciogliere gli eventuali nodi del DNA e riportare la doppia elica a una configurazione più stabile, questi enzimi sono chiamati topoisomerasi. Ed è proprio qui che entra in gioco la teoria dei nodi; infatti, grazie ad essa e alla topologia si possono creare dei modelli con cui validare o smentire ipotesi su come funzionano le topoisomerasi. [5] 

Al termine della presentazione della Prof6, interviene Alunn06:
Alunn06: Mi scusi, professoressa, posso aggiungere una cosa? Vorrei dire che i nodi non sono proprietà solo della scienza, ma anche dell’arte. A me, parlando di nodi, vengono in mente gli anelli di Borromeo (sullo sfondo si apre l’immagine di un nodo borromeo): sono «un esempio di link con tre componenti, ciascuna delle quali è un nodo banale (cioè un anello semplice) e “link borromeo” (più erroneamente ma comunemente detto “nodo borromeo”) deve il suo nome proprio al simbolo araldico fatto risalire alla persona di Federico Borromeo, cardinale e arcivescovo di Milano, che lo scelse appunto come suo emblema, simbolo della dinastia borromea e, data la sua religiosità, i tre anelli potrebbero rappresentare anche la trinità cristiana.» [6] Realizzarlo è molto semplice: basta prendere due anelli disgiunti e poi legarli con un terzo anello (prende due anelli già realizzati e li collega grazie al terzo anello, una striscia di carta fissata con la cucitrice) È così bello che è stato scelto come logo dall’Unione Matematica Internazionale. 

Dal pubblico si alza Alunn08:
Alunn08: Be’, se si vuole parlare di nodi nell’arte, direi che tocca a me… Anzi: tocca a Leonardo da Vinci! Forse può sembrarvi strano questo riferimento al genio di Leonardo in una conferenza sulla topologia, ma si tratta, appunto, di un genio e possiamo trovare qualche traccia di topologia anche nelle sue opere. La mostra che abbiamo presentato ai ragazzi durante il Festival è stata arricchita dalla cornice della biblioteca: con le finestre chiuse, in penombra o con l'illuminazione artificiale, abbiamo ricreato una bolla fuori dal tempo, sia per preservare i libri ivi conservati, sia per poter ricreare un percorso che si sviluppa attraverso i secoli.
Artista, inventore, scienziato… non è così facile definire Leonardo da Vinci, non possiamo incasellarlo o mettergli un’etichetta. Nato nel 1452, Leonardo fa il suo ingresso nella bottega di Andrea del Verrocchio da adolescente: il Verrocchio è un grande artista, ma anche un grande maestro, capace di insegnare ai propri allievi l’uso delle più diverse tecniche pittoriche dell’epoca. Secondo la leggenda, Verrocchio rimase così impressionato dal talento di Leonardo da rinunciare alla pittura per il resto della sua vita, sconfitto dal confronto con l'allievo.
Leonardo si definiva un “homo sanza lettere”: aveva un padre notaio, ma si era rifiutato di seguire le sue orme ed era stato il nonno probabilmente a trovargli il posto presso la bottega del Verrocchio. La sua curiosità insaziabile lo porta a studiare, tanto da costruirsi, nel corso della sua vita, una biblioteca importantissima. Lo sappiamo grazie ai suoi appunti, agli elenchi che abbiamo ritrovato sparsi tra i vari codici. Anche i suoi disegni degli animali sono il suo modo di capire il mondo, capire come si muovono, come sono fatti. Leonardo è un intreccio di scienza e arte: usa la scienza per esprimere meglio la sua arte, usa l’arte per capire la scienza.
Espressione dei suoi pensieri e dei suoi studi sono i suoi famosi codici: si tratta di disegni, schemi tecnici, annotazioni personali, battute di spirito, il tutto annotato con la sua scrittura speculare, orientata da destra a sinistra. Si tratta di migliaia di fogli di diverso formato e ne sono giunti fino a noi circa 8000, ovvero 1/3 di quanto ha realmente scritto. Leonardo avrebbe voluto riordinarli e classificarli, ma non riuscì mai. Alla sua morte li lasciò a Francesco Melzi, uno dei suoi allievi più cari, che li riportò a Milano nel 1523. Ma alla morte di Melzi, gli appunti furono in parte regalati, in parte venduti, in parte rubati.
A noi interessano dei particolari di questi codici: gli intrecci, i nodi vinciani! Sono intrecci che sembrano realizzati come scarabocchi per passare il tempo, gli stessi che tutti facciamo quando siamo annoiati, ma possono essere intrecci che costituiscono uno studio preparatorio per altre opere, oppure schemi per le sue famose macchine, oppure ancora decorazioni delle sue opere più famose (compare l’immagine della Dama con l’Ermellino, con l’ingrandimento di un particolare, un fregio del vestito che riporta, appunto, un intreccio). Tra le sue opere spiccano anche i labirinti, amati dai nobili, per i quali costituivano un passatempo.
Leonardo è vissuto a cavallo tra 1400 e 1500, mentre la nascita della topologia si attesta intorno al 1735, perciò lascerei la parola a Alunn09. 

Alunn09: Grazie! Direi che è il momento di parlare della nascita della topologia, con l’opera di Eulero dedicata ai sette ponti di Konigsberg… 

Al sentir nominare i ponti di Konigsberg, gli animatori di Grafo-mania presenti in sala salgono sul palco: Alunn10, Alunn11, Alunn03, Alunn12 e Alunn13
Alunn03: Se si parla di ponti di Konigsberg, le persone più adatte per parlarne siamo noi, visto che gestiamo il laboratorio di BergamoScienza dedicato a questa bellissima città. Dovete sapere che a Konigsberg ci sono sette ponti e, nella prima metà del 1700, gli abitanti, la domenica pomeriggio, amavano passeggiare su di essi, cercando un modo per passare su ogni ponte una volta sola, ma percorrendoli tutti. Per spiegarvi come fare, abbiamo deciso di rappresentare fisicamente la situazione. La città è divisa in quattro parti dal fiume Pregel e qui ci sono quattro animatori che possono rappresentarle e possiamo prendere questi nastri (sono stati predisposti dei nastri sul tavolo) per realizzare i ponti. Questi due (indicando Alunn12 e Alunn13) sono le due isole, mentre gli altri due sono le sponde del fiume. La prima isola è collegata ad ognuna delle sponde da due ponti (prende quattro nastri e li dispone in modo che colleghino l’isola alle rive), la seconda isola è collegata ad ogni sponda da un ponte (fa la stessa cosa con altri due nastri) e infine le due isole sono collegate tra loro da un ultimo ponte (ed ecco collocato l’ultimo nastro). Vediamo se c’è un volontario tra il pubblico per aiutarci con questa dimostrazione (sale sul palco Alunn14). Chiediamo a Alunn14 di attraversare tutti i ponti una sola volta: ogni volta che passerà sul ponte, lasceremo cadere il nastro corrispondente a mostrare che quel tratto di strada non si può ripercorrere. 

Alunn14 fa un paio di tentativi, si chiama sul palco anche un altro elemento del pubblico (completamente ignaro) perché faccia il proprio tentativo, ma alla fine Alunn08 reagisce con impazienza:
Alunn08: Direi che il nostro pubblico ha capito benissimo come funziona. Se vogliono sapere qual è la soluzione, non hanno altra scelta che partecipare ai laboratori: a proposito, domenica pomeriggio avete l’ultima occasione per farlo. I laboratori si svolgono a scuola dalle 14.00 alle 17.30. Vi aspettiamo! (dopodiché fa cenno ad Alunn09 perché riprenda da dove è stato interrotto

Alunn09: Grazie! Prima di essere interrotta, stavo dicendo che la nascita della topologia è evidenziata dall’opera di Eulero… 

Prof4: (lanciandosi sul palco!) Ora, parlando di Eulero, non si può certamente tralasciare di citare la caratteristica di Eulero di uno spazio topologico! Ho giusto preparato delle slide per l’occasione... (la Prof5 lo interrompe subito

Prof5: Sì, però cerchiamo di renderla un po’ più semplice di prima, che ne dici? Ti va di aiutarmi?

Prof4: Intendi con un esercizio pratico?

Prof5: Esattamente! Quando si parla di risultati matematici, spesso quelli più notevoli ci svelano regolarità inaspettate della realtà: uno di questi è indubbiamente la relazione di Eulero per i poliedri. Per farvi sperimentare quanto diciamo in maniera diretta, ora vi distribuiamo alcuni poliedri, che, come vedete, sono di vari tipi, e vi invitiamo, collaborando anche con i vicini, a fare questo semplice conteggio: contate il numero dei vertici del poliedro, sottraete il numero degli spigoli (lati), e sommate il numero delle facce... (alcuni alunni presenti prendono dei poliedri realizzati con il Polydron e li distribuiscono tra i presenti)
Pare proprio che si ottenga sempre 2. 

Alunn05: (protestando vivacemente) Assolutamente no! Il mio ha dato come risultato zero! 

Prof5: (lanciando uno sguardo di conferma a Prof4): Hai ragione! Ma tu non hai in mano un poliedro qualsiasi. Portalo qui! (Alunn05 sale sul palco, portando con sé un “poliedro toroidale”) Come vedete questo è diverso dai poliedri precedenti (nel frattempo mostra al pubblico in una mano il poliedro toroidale e nell’altra un cubo e un tetraedro). Perché è diverso dagli altri due?

Alunn05: (con entusiasmo) Perché è giallo!

Prof5: (infastidito): Direi che il colore non è così significativo. Qual è la differenza? Pensateci bene!

Alunn05: (dopo averci riflettuto un po’) Ha un buco!

Prof5: Proprio così: in effetti, si potrebbe dimostrare che il calcolo “vertici – spigoli + facce” della relazione di Eulero è influenzato dalla presenza di buchi. Sorprendente, no? Ora direi che possiamo lasciare di nuovo la parola a Alunn09 (invita Alunn09 a riprendere posto sul palco

Alunn09: Grazie! (timidamente. E poi, rivolgendosi al pubblico) Eccoci ri-ritrovati! Direi che possiamo andare avanti con il nostro percorso, allora. L’ultima protagonista della nostra mostra è Maryam Mirzakhani. Nata a Teheran nel 1977, Maryam, fin da piccola, amava inventare storie e immaginava ragazzine che compivano grandi imprese. Leggeva parecchio, ma pare non amasse molto la matematica, e non mostrava di possedere un talento particolare. La sua insegnante di matematica del primo anno non vede in lei alcun talento e Maryam si convince di non essere molto brava. La prima persona che riesce a far nascere in Maryam l’interesse per la matematica è il fratello maggiore, che le racconta la storia di Friedrich Gauss e della formula per sommare i numeri naturali. Maryam comincia a intuire che la matematica potrebbe essere più interessante di quanto le era parsa fino a quel momento. A undici anni, conosce Roya Beheshti Zavareh, che ora è docente di matematica alla Washington University. Compagne di classe anche alle superiori, sentono parlare delle Olimpiadi internazionali di Informatica e decidono di partecipare, ma devono chiedere l'intervento della Preside del loro istituto, perché le competizioni sono chiuse alle donne. La prima partecipazione è nel 1994 a Hong Kong, dove Maryam vince la medaglia d’oro con un punteggio di 40 su 42, mentre nel 1995, in Canada, ottiene uno strabiliante punteggio pieno di 42 su 42. A quanto dice, la partecipazione alle Olimpiadi le ha mostrato la bellezza della matematica. Prova forti emozioni, e se in un primo momento la considerava una sfida, poi comincia a divertirsi e le piace l’opportunità che le viene data di pensare ai problemi di matematica. La bravura acquisita le apre le porte di Harvard, dove si ritrova Curtis McMullen come advisor, uno dei matematici più importanti del mondo. Conclude il dottorato nel 2004 e con la sua tesi dimostra una congettura aperta da anni. Nel 2008 si sposa con Jan Vondrak, e nel 2011 dà alla luce Anahita. Nel 2009 approda a Stanford e comincia la sua collaborazione con Alex Eskin, dell'Università di Chicago. La loro collaborazione li porta a raggiungere vette inesplorate, ma li obbliga anche a confrontarsi con le difficoltà: per due anni spendono lavoro e fatica e, nonostante la carenza di progressi, Maryam si mantiene positiva, grazie alla sua stabilità mentale e alla fiducia in sé stessa. Per raggiungere la cima, Maryam e Alex sono dovuti tornare al punto di partenza e, con pazienza, sperimentare un nuovo approccio per concludere il percorso. [7] Della matematica di Maryam, però, non sono in grado di parlare e ci dirà qualcosa la Prof2, alla quale cedo la parola prima che mi interrompa! 

Prof2: Maryam è appassionata alla matematica delle superfici: qual è la distanza minore tra due punti? Sappiamo che nel piano è una linea retta. Su una sfera, è un arco della circonferenza massima. E su una ciambella? O su una ciambella con molti buchi? Nessuno conosceva le risposte. Se cammino in linea retta su una sfera, torno al punto di partenza. E anche su quello che i matematici chiamano un toro (e il resto del mondo chiama ciambella), se scelgo adeguatamente il mio percorso, posso tornare al punto di partenza. Ma potrei anche trovare un cammino infinito, che continua senza mai incontrare di nuovo sé stesso. Ce ne sono tanti che soddisfano questa caratteristica e sono tutti diversi tra loro: immaginiamo una formichina che si muove sulla superficie di questo salvag… ehm, toro! (presenta il percorso usando un salvagente e un nastro colorato, che viene avvolto attorno al toro) Potrebbe continuare all’infinito senza mai tornare al punto di partenza. Maryam non ha paura di mettersi alla prova per trovare una risposta e con Alex Eskin riesce a dimostrare il teorema noto come “Teorema della bacchetta magica”, perché risolve problemi che gli scienziati stavano affrontando da anni. Porta un cambiamento poderoso, nella matematica e non solo. Grazie ad esso, gli astronauti possono programmare percorsi più sicuri per le loro astronavi, i meteorologi possono predire il tempo più velocemente e con maggiore accuratezza, i ricercatori possono capire come si diffonde un’epidemia. Sono stati sufficientemente chiara Alunn09? 

Alunn09: Sì, grazie! Maryam è stata la prima donna ad essere insignita della Medaglia Fields, nel 2014, e quando ha ricevuto la mail da parte della presidentessa dell’Unione Matematica, che la informava del conferimento del premio, Maryam, pensando si trattasse di uno scherzo, ha eliminato il messaggio.
Purtroppo, quando le è stato conferito il premio, Maryam era già sofferente per un cancro al seno ed è mancata nel 2017, a soli quarant’anni. La sua opera le è sopravvissuta ed è stato grande il segno che ha lasciato nella matematica. 

Penso che sia ora di chiudere questo nostro percorso che è stato storico, artistico, matematico e costellato di leggende e teoremi strani. Forse siamo riusciti a convincervi che la topologia non è così male. Prof1, che dice? Le piace un po’ di più ora? 

Prof1: Direi che mi avete convinta! Potrei persino pensare di realizzarci un’edizione di BergamoScienza! 

Alunn07 (correndo verso il palco): c’è un’ultima cosa… [8] 

Realizzato con il contributo di Carolina Bergamini, Chiara Bertoni, Luca Campagnoni, Asia Corna, Francesco Mognetti, e dei ragazzi che hanno partecipato ai laboratori di Topo-Scienza realizzati presso il nostro istituto, per partecipare al festival di BergamoScienza. L’articolo è la trascrizione (quasi) fedele della conferenza presentata al pubblico mercoledì 11 ottobre, nella Sala degli Affreschi dell’Accademia Tadini. Grazie al curatore dott. Marco Albertario per l’ospitalità e per le idee, sparse qua e là, grazie alle quali è stata realizzata la mostra presentata nel corso del Festival.

In allegato le slide realizzate per l'occasione

Bibliografia:
[1] La realizzazione di una bottiglia di Klein a partire da due nastri di Mobius, con il filmato di Numberphile, nel quale Cliff Stoll, appassionato di bottiglie di Klein, mostra come si può realizzare: https://arbitrarilyclose.com/2020/04/17/mathartchallenge-day-33-mobius-strip-klein-bottle/
[2] I pantaloni topologici: https://youtu.be/dGi1ibYQWFk?si=pW2gPNnU6uej3vDz
[3] Il teorema della palla pelosa spiegato da Raffaella Mulas con la sua matematica danzante: https://youtu.be/Eeki_8Hvm5E?si=mo4DJ1XFOMLqOPCw
[4] Ben Orlin, Math with bad drawings – Illuminating the ideas that shape our reality, Black Dog & Leventhal Publishers, New York
[5] dall’articolo di Oggiscienza del 28 gennaio 2019, “Sbrogliare il DNA con la teoria dei nodi” di Luisa Alessio https://oggiscienza.it/2019/01/28/teoria-dei-nodi-dna/index.html
[6] dal blog Matetango di Annalisa Santi, la spiegazione dei nodi borromei: http://annalisasanti.blogspot.com/2018/10/dallo-stemma-dei-borromeo-alla-teoria.html#:~:text=Il%20%22nodo%20borromeo%22%20si%20presta,come%20Corpo%2C%20Mente%20e%20Psiche.
[7] video sulla vita di Maryam Mirzakhani realizzato in occasione di #peopleformath2023 https://youtu.be/euZ_vbHMHK4?si=gFH_08MaMby6jgZt
[8] Johann Sebastian Bach, Canone 1 a 2 https://youtu.be/Y0_DeHSTLHU?si=0j0YM-v_Mg_Mr68n

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