«I numeri uno» è l’ultimo libro di Ian Stewart, pubblicato da Einaudi. Insegnante di matematica alla Warwick University, Stewart è un noto e apprezzato divulgatore: ha pubblicato decine di libri e scrive rubriche di matematica per importanti testate scientifiche, come “Mathematica Recreations” per Scientific American dal 1991 al 2001, oltre ad intervenire regolarmente come ospite in trasmissioni televisive e radiofoniche. Tra i suoi libri, ricordiamo «Com’è bella la matematica», un “tentativo di aggiornare alcune parti del libro di Hardy”, Apologia di un matematico, oppure «La piccola bottega delle curiosità matematiche del professor Stewart», ricco di piccoli giochi, aneddoti divertenti e scoperte interessanti. Nel 1997 ha ricevuto la Michael Faraday Medal, mentre fa parte della Royal Society dal 2001 e nel 2008 ha ricevuto la Christopher Zeeman Medal, istituita per premiare la divulgazione matematica.
«I numeri uno» è una raccolta di biografie di venticinque matematici: «Il messaggio più ovvio è l’eterogeneità. I pionieri della matematica provengono da tutti i periodi della storia, da tutte le culture e da tutti gli ambienti. Le storie che ho scelto qui coprono un arco di 2500 anni. I loro protagonisti vivevano in Grecia, Egitto, Cina, Persia, India, Italia, Francia, Svizzera, Germania, Russia, Inghilterra, Irlanda e America. Alcuni nacquero da famiglie benestanti – Fermat, King, la Kovalevskaja – molti appartenevano al ceto medio, e alcuni nacquero poveri, come Gauss e Ramanujan. Alcuni provenivano da famiglie colte, come Cardano e Mandelbrot, altri no, come di nuovo Gauss e Ramanujan, nonché Newton e Boole. Alcuni vivevano in tempi difficili, come Euler, Fourier, Galois, la Kovalevskaja, Gödel, Turing; altri furono fortunati a vivere in una società più stabile, o almeno in una parte più stabile della società, come Madhava, Fermat, Newton, Thurston. Alcuni erano politicamente attivi, come Fourier, Galois, la Kovalevskaja, tanto che i primi due furono imprigionati; altri hanno tenuto per sé le loro idee politiche, come Euler e Gauss.»
Cosa hanno in comune questi matematici? «Amano la matematica, ne sono ossessionati, non possono fare altro. Rinunciano a professioni più redditizie, vanno contro le opinioni della famiglia, vanno avanti nonostante tutto anche quando molti dei loro stessi colleghi li considerano pazzi, sono disposti a morire non riconosciuti e non ricompensati. Insegnano per anni senza paga, solo per mettere un piede in università. I numeri uno sono tali perché sono determinati.»
La lettura è stata interessante e istruttiva: ad ogni matematico sono state dedicate una decina di pagine, sufficienti per avere un’idea delle scoperte effettuate, dell’importanza avuta nel campo, e le notizie biografiche aiutano a comprendere il percorso umano e professionale. Si possono leggere nell’ordine scelto dall’autore, quello cronologico, o si può procedere in base alle proprie preferenze: chi non conosce i matematici ha l’occasione di fare un primo incontro, che può essere l’anticamera di un ulteriore approfondimento, mentre per chi li conosce può essere un modo per ritrovarli, tutti insieme, ripercorrendo 2500 anni di storia della matematica.
Il libro di Chiara Valerio non è semplicemente la storia “di sei matematici veri e uno finto”, come recita la copertina: è qualcosa di diverso, è qualcosa di più. Cominciamo dal percorso dell’autrice: “Mi sono iscritta alla facoltà di matematica perché nel 1996 ho fallito l’esame di ammissione alla classe di lettere della Scuola Normale. La delusione era stata tale da condurmi quasi immediatamente alla certezza spocchiosa che mai nessun altro fallimento mi sarebbe toccato.” Cosa può aspettarsi dalla matematica dopo una scelta avvenuta in simili circostanze? “Non so che cosa mi aspettassi dalla matematica, quando nell’ottobre del 1996 mi sono iscritta all’università, ma ero certa fosse il contrario, l’antipodo di ciò che amavo.” Il fatto che la Valerio abbia dedicato dodici anni della sua vita alla matematica, con tanto di dottorato e post-dottorato e poi abbia scritto un libro come questo è la dimostrazione di quanto abbia imparato ad amarla, complice forse anche la professione del padre, fisico. Ma la convivenza dei due amori pervade ogni pagina di questo libro, che è innanzi tutto la storia dell’autrice stessa, considerati i riferimenti autobiografici, e delle sue numerose letture. Il linguaggio è informale, come dimostrato dalle numerose battute, anche se il modo di scrivere è a tratti contorto, quasi come se si trattasse di un flusso di pensieri che vagano tra matematica e letteratura.
Il primo capitolo è dedicato a János Bolyai e al padre Farkas, ma soprattutto alla nuova geometria nata dalla negazione del Quinto Postulato; nel secondo capitolo, il protagonista è Bernhard Riemann, ma il linguaggio scelto è quello della letteratura, visto che con Flatlandia di Abbott l’autrice sembra proporci un’immagine semplificata degli studi di Riemann. Nel terzo capitolo, ecco il calcolo delle probabilità, con Pierre-Simon Laplace, al quale l’autrice non risparmia la propria antipatia. Mauro Picone, con la balistica, è il protagonista del quarto capitolo: è la parte più densa di aneddoti e spiega, in parte, la nascita della matematica applicata in Italia (non dimentichiamo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo intitolato proprio a Mauro Picone). Nel quinto capitolo, il protagonista è un fisico, Lev Landau, con la sua sorprendente vicenda: è nominato come il fisico che morì due volte, o che visse due volte, a seconda dei punti di vista. Il penultimo capitolo, dedicato a Norbert Wiener, dà spazio al problema del rapporto tra l’essere umano e le macchine, partendo dalla storia narrata nel romanzo di Villiers de L’Isle-Adam del 1886, “Eva futura”. L’ultimo capitolo è il racconto delle scelte dell’autrice e del suo percorso in ambito matematico e non solo.
TRAMA:
Usiamo abitualmente i numeri, senza renderci conto di quanto essi siano carichi di mistero: intrecciati da relazioni strane, con la realtà fisica hanno invisibili legami, che ci permettono di indagare i misteri più oscuri dell’universo. Tutto comincia con Hermann Minkowski, che si guadagna una punizione dal professore di fisica quando afferma che la materia è fatta di numeri. Già Galilei aveva affermato che il libro della natura è scritto con caratteri matematici e Minkowski si impone di decifrare questo libro della natura. Con Hilbert e Sommerfeld sono legati da un “sodalizio di pensiero e di amicizia”, come dimostrano le interminabili passeggiate durante le quali discutono di tutto, dalla filosofia alla poesia, dalla musica alla matematica. E c’è lo zampino di Minkowski quando Hilbert, nel 1900, all’apertura del Secondo Congresso Internazionale di Matematica, fa un discorso nel quale parla di ventitré problemi di portata universale, per stabilire in quale direzione stia andando la matematica. “Chi non sarebbe felice di poter alzare il velo dietro il quale si cela il futuro; gettare lo sguardo sui progressi dell’avvenire della nostra scienza e sui segreti del suo sviluppo nei secoli a venire?” è l’incipit del suo discorso. Tra i vari problemi proposti, alcuni ancora senza soluzione, spicca l’ottavo, il preferito di Hilbert: si tratta dell’ipotesi di Riemann, che, se venisse dimostrata, ci porterebbe a individuare la distribuzione dei numeri primi.
Dopo la pubblicazione dei rivoluzionari articoli di Einstein, allievo di Minkowski, quest’ultimo parla, nel settembre del 1908, a un’assemblea annuale di medici e naturalisti, presentando per la prima volta lo spazio-tempo, ovvero l’universo a quattro dimensioni, in termini puramente matematici. Anche Hilbert e Sommerfeld vedono nello spazio-tempo l’avvenire della fisica e la morte prematura di Minkowski non interrompe il procedere della scoperta: Sommerfeld riprende la conferenza, per migliorarne la presentazione matematica e, nel 1916, riesce a dimostrare che “il cuore della realtà vive di numeri!”, trovando un numero universale che regola la forza elettromagnetica, ovvero la “costante di struttura fine”. La strada percorsa da Sommerfeld viene seguita anche da Herman Weyl, uno dei matematici più influenti del XX secolo, che nel 1919 pubblica un articolo sugli “Annali di fisica” con strane speculazioni su un numero puro che dà il rapporto tra la forza elettromagnetica e quella gravitazionale e da Arthur Eddington, che nel 1931 scatena il caos quando parla del rapporto tra la massa del protone e quella dell’elettrone.
Alla luce di queste costanti, nell’estate del 1951 Einstein si domanda se Dio abbia avuto scelta creando l’universo, ma il fatto che le costanti non possano assumere valori diversi da quelli che hanno assunto lascia pensare che Dio non abbia avuto alcuna scelta, come afferma anche sir Roger Penrose, uno scienziato inglese, quarant’anni dopo. Tutti i numeri “su cui si basa il nostro universo sono dunque comparsi molto prima del primo secondo. Il tutto con precisione allucinante, corrispondente a uno scostamento inferiore al miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo.” L’obiettivo del Cern di Ginevra, negli ultimi anni, è stato proprio quello di indagare gli istanti successivi al Big Bang, grazie all’accelerazione delle particelle fino a una velocità prossima a quella della luce. La ricerca del “bosone di Higgs” porta con sé la convinzione che l’essenza dell’universo sia nel “numero dell’universo”, 10120 bit di informazioni, dove per informazione si intende la realtà numerica che codifica le proprietà dell’universo. In altre parole, non siamo così lontani dalla scuola di Göttingen e dai tre cacciatori.
COMMENTO:
Il libro ci presenta una carrellata di matematici: tra coloro che hanno “costruito” il mondo matematico di Hilbert, Minkowski e Sommerfeld, spiccano Riemann, Klein, Cantor e l’ostinazione di Kronecker che ha tentato di ostacolare in tutti i modi il progresso matematico, mentre tra coloro che hanno “fruito” del loro genio, ci sono anche dei fisici: Fermi, Feynman, Ramanujan, Weyl, Gödel, von Neumann.
Il libro tratteggia la storia di centocinquant’anni di matematica e di fisica. La lettura è alla portata di tutti: anche gli aspetti più complessi vengono spiegati con chiarezza, attraverso metafore che ci portano a capire in profondità persino le scoperte più recenti della fisica. Le numerose biografie dei vari personaggi che compaiono aiutano, inoltre, ad alleggerire la lettura e a sentire più vicini i progressi della fisica degli ultimi anni, spesso considerati così lontani.