A Matematopia, Zero Junior sta per partecipare alla sua prima Adunanza, durante la quale vedrà all’opera l’Esemplificatore, che «affronta e risolve, rendendoli semplici e comprensibili, problemi ed esercizi di qualunque tipo». L’immensa Piazza Calcolo è gremita, ma gli abitanti di ogni quartiere non hanno rapporti con quelli degli altri, perciò i Numeri e le figure geometriche non si mescolano. Zero Junior attira l’attenzione su di sé, dando la risposta corretta a un problema proposto dall’Esemplificatore: il piccolo Zero e la piccola Cerchiolina fanno fronte comune, mentre attorno a loro gli altri Numeri e i Poligoni cominciano a evidenziare in quanti modi gli Zeri e i Cerchi siano diversi e non rispettino le regole. Mentre gli Assiomi cercano di mettere ordine in mezzo ai tumulti, la famiglia degli Zeri e quella dei Cerchi decidono di lasciare Matematopia. Alla successiva adunanza l’Esemplificatore si arrabbia e dimostra la necessità di cerchi e zeri attraverso problemi che li coinvolgono. Al ritorno delle due famiglie, l’Esemplificatore richiama l’attenzione sulla ricchezza delle diversità: «i “diversi” non esistono. Esistono semmai gli “speciali”: nel senso che le loro differenze sono in realtà delle specialità che arricchiscono non solo loro, bensì tutti quanti».
Parlando di aritmetica e geometria, Pettarin e Olivieri parlano anche di tolleranza, come se la matematica fosse la scusa per parlare d’altro. La favola alimenta l’amore per la matematica attraverso la metafora della vita e, al tempo stesso, permette di affrontare il tema della “diversità” utilizzando cose apparentemente innocue come i numeri. Ha il sapore di certe favole di Gianni Rodari: per quanto i disegni di Giulia Orecchia contribuiscano a dare una certa leggerezza al racconto, non si può non coglierne la morale.
«Quattro artisti che contano» è il titolo dell'ultimo lavoro di Anna Cerasoli, un piccolo gioiello pubblicato con la collaborazione di Giuseppe Vitale a novembre 2018 per le Edizioni Artebambini. La casa editrice vanta trent'anni di esperienza nell'ambito dell'educazione: non solo pubblica lavori di qualità, ma collabora anche con musei e istituti culturali, oltre ad essere un ente accreditato presso il MIUR per la formazione del personale scolastico.
Anna Cerasoli, laurea in matematica, è nota per il suo impegno nella divulgazione con i più piccoli, mentre Giuseppe Vitale unisce i suoi studi scientifici alla specializzazione in pedagogia dell'immagine.
Il libro crea un ponte tra arte e matematica e permette ai più piccoli di giocare con le forme e con i concetti di base del calcolo combinatorio. Dopo che la piccola Sofia, con fantasia e creatività, ha dato vita a cerchi, quadrati, triangoli e rettangoli, questi vanno in giro per il mondo a cercare il proprio posto e competono per scoprire chi è più importante. Il quadrato, così preciso, il triangolo, con la sua indole artistica, il cerchio, sempre gentile e il rettangolo, così pratico, si combinano per costruire faccine geometriche, alfabeti per linguaggi cifrati, collane e segnaposto colorati, tassellazioni e... arte! Infatti, le quattro forme sono le protagoniste delle opere di Auguste Herbin, pittore parigino ed esponente dell'astrattismo geometrico. Gli autori non fanno mancare un approfondimento matematico dedicato al calcolo combinatorio (per agli adulti) e le soluzioni ai giochi proposti.
Il libro può essere fonte di spunti per attività da fare con i più piccoli e presenta la matematica per ciò che realmente è: fantasia, creatività... arte!
«La radice quadrata della vita», pubblicato da Rizzoli, è il primo romanzo di Lorella Carimali. Docente di provata esperienza, di matematica e fisica nelle scuole superiori, riconosciuta nel 2017 tra i dieci migliori insegnanti italiani dall’Italian Teacher Prize, nel 2018 è stata selezionata tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, noto anche come Nobel per l'insegnamento.
In questo romanzo, Lorella Carimali porta la propria esperienza come insegnante, l’amore per i ragazzi e la passione per la matematica e amalgama i tre ingredienti armonicamente. Il fil rouge di questa narrazione è la matematica, come maestra di vita e come fonte di ispirazione per gestire la complessità dei rapporti umani, visto che la matematica «ti permette di superare anche i problemi personali. Certo, puoi sbagliare, ma poi puoi sempre recuperare». È quanto la saggia Donatella, insegnante di matematica ormai prossima alla pensione, spiega a Bianca, docente di italiano alla sua prima esperienza lavorativa.
Ambientato nel liceo scientifico Margherita Hack di Milano, il romanzo ha per protagonista Bianca, padre iraniano e madre italiana, che deve gestire la sfida del nuovo incarico e la complessità del rapporto con il padre, che non accetta la sua indipendenza. La presenza amorevole di Donatella, che fin dall’inizio è molto protettiva nei suoi confronti, la aiuta a fare chiarezza dentro di sé, sia attraverso il racconto dell’esperienza di vita dell'amica, sia grazie alla matematica. Così Bianca troverà il proprio equilibrio, ma imparerà anche ad amare la matematica, con la quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale. Il merito è, in parte, anche degli alunni: non solo sanno indicarci una diversa prospettiva nell’osservare le cose, ma a volte, con le loro passioni, sanno coinvolgerci e stupirci. È il caso di Matteo, con la sua tesina “Matematica e letteratura”: «Poiché l’immaginazione e la fantasia sono i principali ingredienti della creatività matematica, combinare questa disciplina con la letteratura, che va considerata un ampliamento della realtà, è indispensabile per stimolare queste doti già presenti in ognuno di noi».
Il romanzo si legge con piacere, perché le vicende di Bianca coinvolgono e appassionano. La matematica che, spesso, in romanzi di questo tipo, sembra una forzatura, in questo caso è coprotagonista con naturalezza, forse proprio grazie al fatto che l’intera vicenda è ambientata in una scuola. Inoltre, non è così strano che un’insegnante di matematica alla fine della carriera cerchi di risolvere ogni situazione come se si trattasse di un problema di matematica. Come insegnante, ho apprezzato alcuni spunti didattici originali e, per gli alunni, sicuramente stimolanti. Consiglio la lettura a chiunque, anche solo per il regalo originale di Mimmo a Donatella, quando le chiede di sposarlo: «con quel teorema mi stava incoraggiando a compiere un passo la cui sensatezza non era dimostrabile». Si tratta del teorema di Gödel. «Il fatto che esistano proposizioni indecidibili in matematica minava i fondamenti logici della disciplina. Proprio come la sua proposta di matrimonio minava quelli della mia vita».
«La Scuola è un ambiente vitale, luogo di relazioni, di dialogo, di collaborazione, di scambio reciproco, di crescita personale. Di tutti questi suoi aspetti, però, si parla poco.
La Scuola è stata ed è un mio amore.
La matematica è la mia passione nonché la mia maestra di vita.
La fiducia e la speranza nei giovani è l’anima del mio lavoro.»
«Women in Science» è scritto e illustrato da Rachel Ignotofsky, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016 dalla Ten Speed Press e, al momento, non ancora pubblicato in lingua italiana (purtroppo!). Rachel Ignotofsky è una giovane illustratrice che, ispirata dalla scienza e ritenendo che le illustrazioni siano uno strumento potente per trasmettere informazioni, ha scritto questo libro per ispirare le ragazze a seguire le proprie passioni e i propri sogni.
Il libro è una raccolta di cinquanta brevi biografie: ad ogni scienziata sono dedicate due facciate e la breve biografia occupa solo una di esse. L’altra pagina è dedicata ad una immagine della scienziata che sembra una figura fluttuante, contornata dagli strumenti o dagli utensili che hanno caratterizzato la sua azione, mentre i margini della pagina della biografia sono pieni di immagini che raccontano tutti gli aspetti biografici che non hanno trovato spazio nel breve racconto. Le cinquanta donne scelte sono unite dalla loro battaglia contro gli stereotipi, dalla rottura delle regole e hanno lavorato per amore della conoscenza: creatività e tenacia sono le altre caratteristiche che le accomunano. Tutte le donne del libro dimostrano al mondo che non contano il genere, la razza o l’estrazione sociale: chiunque può raggiungere grandi risultati.
Ogni scienziata è tratteggiata con poche caratteristiche che la rendono unica, in modo che le ragazze che leggono il libro possano trovare in essa un modello. Astronomia, matematica, paleontologia, medicina, ingegneria, genetica, biologia, geologia, botanica, chimica, fisica… ogni ramo della scienza è rappresentato da queste cinquanta donne. Il racconto comincia con Ipazia, che è vissuta nel IV sec. d.C. ad Alessandria d’Egitto e termina con Maryam Mirzakhani, iraniana, prima donna a vincere la Medaglia Fields, matematica eccezionale purtroppo scomparsa prematuramente. Tra queste cinquanta donne, ce ne sono state alcune che hanno potuto vivere un grande sodalizio professionale con il marito, come Marie Curie e Gerty Cori, che, segnata dalla malattia, poteva contare sulla forza del marito per muoversi nel laboratorio, ma ce ne sono state altre che hanno raggiunto i propri risultati da sole oppure, come nel caso di Esther Lederberg, arrivata alla soglia del Premio Nobel, si è vista negare l’onorificenza, mentre il marito, insignito del premio, non ha avuto nemmeno il coraggio di riconoscere il ruolo da lei avuto nella ricerca. Undici donne hanno ricevuto il premio Nobel (Marie Curie addirittura due), ma a cinque di esse, nonostante i meriti, è stato negato. Dieci donne sono ancora in vita: alcune hanno vissuto a lungo, altre sono morte giovani, come Katia Krafft, morta per amore della ricerca; alcune hanno collaborato con grandi enti, come la Nasa, altre hanno fondato i propri laboratori e in qualche modo hanno trovato i fondi per la propria ricerca. C’è chi ha avuto così fiducia nelle proprie capacità da conservare dello Champagne al fresco, nel caso fosse arrivata la conferma della vittoria del premio Nobel (Rosalyn Yalow), molte di loro hanno avuto l’onore di essere le prime in qualcosa, alcune hanno dedicato la propria vita interamente alla ricerca, mentre altre hanno avuto dei figli, come Lillian Gilbrethe che ne ha partoriti dodici; la loro provenienza è varia, ma quasi metà sono statunitensi.
Dopo le prime dodici biografie, abbiamo un elenco degli obiettivi raggiunti fino ad ora dalle donne nel corso della storia della scienza; a metà libro abbiamo un paio di facciate dedicate agli strumenti di laboratorio; dopo altre undici biografie troviamo le statistiche che, attraverso i grafici, mostrano il coinvolgimento delle donne nello studio delle materie STEM e, al termine, abbiamo un’aggiunta di altri quattordici nomi e ritratti (ma ne vengono in mente anche molti altri), mentre l’ultima immagine ha solo un punto di domanda e sotto di essa è scritto: “la prossima grande scienziata potresti essere tu!”. Il libro si conclude con un glossario e con un elenco dei film, dei siti e dei libri che hanno ispirato l’autrice.
La lettura è stata interessante, soprattutto perché di cinquanta scienziate ho scoperto di conoscerne solo venti: è stata quindi un’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Se il libro fosse già stato pubblicato in italiano, ne avrei consigliata la lettura dalle medie in poi, ma in ogni caso l’inglese semplice che lo caratterizza lo rende accessibile dal primo anno delle superiori. Aggiungo solo un’ultima cosa: è un libro che fa sognare e lo posso dire con certezza, visto che anch’io ho sognato scorrendo queste pagine!
«I numeri uno» è l’ultimo libro di Ian Stewart, pubblicato da Einaudi. Insegnante di matematica alla Warwick University, Stewart è un noto e apprezzato divulgatore: ha pubblicato decine di libri e scrive rubriche di matematica per importanti testate scientifiche, come “Mathematica Recreations” per Scientific American dal 1991 al 2001, oltre ad intervenire regolarmente come ospite in trasmissioni televisive e radiofoniche. Tra i suoi libri, ricordiamo «Com’è bella la matematica», un “tentativo di aggiornare alcune parti del libro di Hardy”, Apologia di un matematico, oppure «La piccola bottega delle curiosità matematiche del professor Stewart», ricco di piccoli giochi, aneddoti divertenti e scoperte interessanti. Nel 1997 ha ricevuto la Michael Faraday Medal, mentre fa parte della Royal Society dal 2001 e nel 2008 ha ricevuto la Christopher Zeeman Medal, istituita per premiare la divulgazione matematica.
«I numeri uno» è una raccolta di biografie di venticinque matematici: «Il messaggio più ovvio è l’eterogeneità. I pionieri della matematica provengono da tutti i periodi della storia, da tutte le culture e da tutti gli ambienti. Le storie che ho scelto qui coprono un arco di 2500 anni. I loro protagonisti vivevano in Grecia, Egitto, Cina, Persia, India, Italia, Francia, Svizzera, Germania, Russia, Inghilterra, Irlanda e America. Alcuni nacquero da famiglie benestanti – Fermat, King, la Kovalevskaja – molti appartenevano al ceto medio, e alcuni nacquero poveri, come Gauss e Ramanujan. Alcuni provenivano da famiglie colte, come Cardano e Mandelbrot, altri no, come di nuovo Gauss e Ramanujan, nonché Newton e Boole. Alcuni vivevano in tempi difficili, come Euler, Fourier, Galois, la Kovalevskaja, Gödel, Turing; altri furono fortunati a vivere in una società più stabile, o almeno in una parte più stabile della società, come Madhava, Fermat, Newton, Thurston. Alcuni erano politicamente attivi, come Fourier, Galois, la Kovalevskaja, tanto che i primi due furono imprigionati; altri hanno tenuto per sé le loro idee politiche, come Euler e Gauss.»
Cosa hanno in comune questi matematici? «Amano la matematica, ne sono ossessionati, non possono fare altro. Rinunciano a professioni più redditizie, vanno contro le opinioni della famiglia, vanno avanti nonostante tutto anche quando molti dei loro stessi colleghi li considerano pazzi, sono disposti a morire non riconosciuti e non ricompensati. Insegnano per anni senza paga, solo per mettere un piede in università. I numeri uno sono tali perché sono determinati.»
La lettura è stata interessante e istruttiva: ad ogni matematico sono state dedicate una decina di pagine, sufficienti per avere un’idea delle scoperte effettuate, dell’importanza avuta nel campo, e le notizie biografiche aiutano a comprendere il percorso umano e professionale. Si possono leggere nell’ordine scelto dall’autore, quello cronologico, o si può procedere in base alle proprie preferenze: chi non conosce i matematici ha l’occasione di fare un primo incontro, che può essere l’anticamera di un ulteriore approfondimento, mentre per chi li conosce può essere un modo per ritrovarli, tutti insieme, ripercorrendo 2500 anni di storia della matematica.
Roberta Torre, regista di cinema e teatro premiata nel 1998 con il David di Donatello come migliore regista esordiente, ha scritto nel 2016 «Ipazia e la musica dei pianeti» per RueBallu Edizioni, con le illustrazioni di Pia Valentinis, artista che ha esposto in numerose mostre, collettive e personali.
Il libro è un racconto per bambini, nel quale l’autrice immagina Camilla, una giovane astronauta di vent’anni, che si reca sull’asteroide 2003-SD220 per piantare dei microfoni che registreranno il suono dell’universo. Su questo asteroide, inaspettatamente, Camilla incontra Ipazia: le due donne fanno amicizia e mentre Ipazia le racconta della sua infanzia, di suo padre e del Museo, dell’amicizia con Sinesio e di quanto fosse speciale la città di Alessandria, Camilla coinvolge Ipazia in una danza, mentre insieme ascoltano la musica dal lettore di Camilla. Quando arriva il momento di tornare a casa, è proprio il lettore che Camilla lascerà in dono a Ipazia, mentre dalla Terra avvisano l’astronauta che il suo lavoro è stato vano: in un laboratorio sulla Terra sono riusciti a registrare le onde gravitazionali.
Nella lettura del racconto, i bambini vengono coinvolti non solo dalla storia di Camilla, che se ne va da sola in giro per l’universo, ma soprattutto dalla storia di Ipazia, moderna eppure antica, eccezionale eppure ordinaria.
La lettura è consigliata a tutti i bambini: hanno la mente aperta ed è bene che conoscano la figura di Ipazia, la prima matematica che la storia ricordi. La lettura è consigliata anche ai loro genitori: quanti conoscono la figura di Ipazia? Quanti ne hanno sentito parlare a scuola? La specialità di questo libro consiste proprio nel raccontarci una storia che difficilmente abbiamo sentito raccontare a scuola e cominciare con un linguaggio per bambini può essere il modo migliore per restarne affascinati.
«È tutto calcolato» è il primo libro scritto da Lorenzo Baglioni, più noto probabilmente per la sua performance a S. Remo con un brano sul congiuntivo che non per le sue abilità matematiche. In realtà, Lorenzo ha anche una laurea in matematica tanto che per qualche tempo ha lavorato come insegnante e questo libro pubblicato da Mondadori gli dà modo di mostrare fino in fondo tutte le sue abilità. Obiettivo del libro non è quello di insegnare la matematica, «bensì dimostrare il potere della matematica nel descrivere, spiegare e prevedere situazioni quotidiane che a prima vista sembrano così distanti dalla razionalità del pensiero scientifico».
È una raccolta di dieci piccoli articoli di matematica, con i quali Baglioni esplora il funzionamento del web, delle relazioni sociali, dei social network e di YouTube, attraverso alcuni teoremi, almeno uno per capitolo, ed è sorprendente il fatto che compaiano anche parecchie formule, soprattutto ricordando la massima di Stephen Hawking, che sosteneva che ogni formula dimezzava il numero dei potenziali lettori. Eppure per quanto gli editori invitino a limitare al massimo il numero di formule, come sostiene lo stesso Odifreddi «la cosa è tanto insensata quanto pretendere di parlare di musica senza far ascoltare nemmeno una nota, o di arte senza mostrare nemmeno un’immagine». Baglioni e la Mondadori non commettono questo errore, ma il libro non è certo solo una raccolta di formule: non mancano gli esempi per capire meglio la teoria e sebbene ogni enunciato sia accompagnato dalla dimostrazione, perché «un teorema senza dimostrazione è come una doccia senza acqua: inutile», non mancano le risate. Nel leggere il libro sembra di sentire la voce narrante dell’autore che, con il suo bellissimo accento fiorentino, ci guida con fare esperto nel mondo della matematica.
Nel penultimo capitolo, il testo contiene anche un’introduzione alle funzioni che non sfigurerebbe in una classe quando si affronta lo studio di funzione, ma, al tempo stesso, è svagato. Lo stile del libro è in effetti improntato alla leggerezza, pur trattando argomenti di attualità e non sempre semplici. L’autore si rivolge ai ragazzi che appartengono al suo pubblico, ma al tempo stesso anche a tutti coloro che non amano in modo particolare la matematica: è un libro di divulgazione, che non banalizza i contenuti matematici, come dimostra l’ultimo capitolo, dedicato al paradosso di Monty Hall. Gli insegnanti possono trovare alcuni spunti per introdurre gli argomenti in modo originale: Baglioni, nell’introduzione, dice che la matematica serve per ingannare il lettore e per raccontare delle storie, mentre nel costruire i modelli matematici l’autore ci insegna ad usare la matematica nella quotidianità.
Il libro è consigliatissimo a tutti, soprattutto per l’originalità e la leggerezza con cui vengono trattati gli argomenti e per il senso dell’umorismo di Baglioni. La sua specialità è proprio nell’usare argomenti quotidiani per mostrarci l’universalità e l’utilità della matematica.
«Buongiorno matematica»: questo il titolo dell’ultimo libro di Anna Cerasoli, dedicato ai ragazzi delle medie e pubblicato per Feltrinelli nell’autunno del 2018. Anna Cerasoli è ben nota per le sue pubblicazioni dedicate ai bambini e ai ragazzi: dopo la laurea in matematica e dopo aver insegnato per un periodo nella scuola secondaria, si è dedicata con successo alla divulgazione, pubblicando numerosi libri, che parlano ai bambini, ma possono essere utili anche agli insegnanti che sono alla ricerca di nuovi spunti.
In questo caso, Anna veste i panni di un’insegnante delle medie che deve fare i conti con la resistenza dei ragazzi: «Secondo me la matematica è come il latino, la devi studiare bene solo per prendere un buon voto e fare bella figura con qualcuno che ti piace; per il resto è soltanto fatica sprecata.» Quest’insegnante intraprendente raccoglie la sfida e promette di raccontare, ogni giorno, i propri incontri quotidiani con la matematica, che è davvero ovunque. La sfida non tocca solo l’insegnante, ma anche gli alunni che, meravigliati, raccontano i propri incontri e chiedono ulteriori spiegazioni. Nei quaranta capitoletti in cui è divisa la narrazione, fa capolino anche la storia della matematica, mentre l’algebra, il calcolo della probabilità, il calcolo combinatorio, la geometria e persino la fisica mostrano la propria forza per risolvere semplici problemi della quotidianità. Verso la fine, la Cerasoli ci propone anche la dimostrazione dell’irrazionalità della radice di 2: una dimostrazione che non viene calata dall’alto, ma guidata, con metodo socratico, in modo che siano gli stessi alunni a giungere alla conclusione.
Il testo potrebbe essere usato anche in classe, magari affrontando un capitoletto a ogni lezione, proprio come suggerisce la narrazione stessa. I disegni (opera di Alessandro Baronciani) aiutano a focalizzare meglio il problema, mentre i quesiti sparsi qui e là (la cui soluzione è proposta al termine del libro) costituiscono un invito a mettersi in gioco. La Cerasoli sottolinea la ricchezza della matematica, che cerca analogie e somiglianze tra situazioni che sono solo apparentemente lontane, ma in realtà sottostanno alle stesse regole e solo la nostra fantasia, «ingrediente fondamentale», costituisce il mezzo per muoverci con agilità tra un problema e l’altro. A volte ciò che ci frena è solo la paura di sbagliare e ci lasciamo scoraggiare dalla difficoltà che ci impedisce di raggiungere il risultato, eppure: «come il falegname si sporca di segatura e l’imbianchino di vernice così chi sta risolvendo un problema, specialmente se il problema è bello complicato, è facile che sbagli, che faccia errori…».
Insomma, questo libro non è solo un racconto: è un’occasione per guardar dentro i meccanismi della matematica e coglierne meglio l’essenza, è un’opportunità per indagare la matematica nei suoi aspetti più curiosi, è una sfida per il lettore ed è un ricettario per gli insegnanti, che sono alla ricerca dell’originalità. All’interno del testo, si parla, ad esempio, di un parco della matematica, Mat^Nat, e del maestro Mauro che se ne occupa, proponendo una matematica pratica: come la stessa Cerasoli sottolinea in chiusura, non si tratta di un espediente narrativo, perché il parco esiste davvero e chiunque è invitato a visitarlo.
«Nel mondo dei frattali» è stato pubblicato nel 2001 nella collana “I dialoghi” della Di Renzo Editore: nato da un’intervista dell’editore Sante di Renzo e grazie alle sue domande Benoit Mandelbrot sviluppa con sistematicità la materia oggetto della sua ricerca e ci racconta la sua vita. Il nome di Mandelbrot è davvero strettamente connesso ai frattali, questi oggetti a metà tra la geometria e l’arte, ai quali lui stesso ha dato il nome, nel 1975: «Il mio sogno era decisamente romantico: trovare un qualche ordine in un campo – anche insignificante – dove chiunque altro aveva visto solo caos!». Mandelbrot ha lavorato dal 1974 al 1993 presso l’IBM, dove, in quanto «ribelle della scienza» ha potuto trovare un ottimo ambiente, «migliore di qualsiasi dipartimento universitario, sia francese che americano». È stato membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, nel corso della sua carriera, tra i quali nel 1993 il Wolf Prize per la fisica.
Il libro è il racconto della sua vita, ma non solo: la nascita a Varsavia, la fuga in Francia per scampare ai nazisti e, dopo gli studi universitari a Parigi, la borsa di studio al Caltech e il lavoro all’IBM sono le tappe che hanno caratterizzato la vita di Mandelbrot, ma c’è dell’altro, come la sua propensione, fin da subito, a risolvere i problemi con l’aiuto della geometria, prima ancora di svolgere i calcoli. Il suo trionfo, i frattali, non sono stati una scoperta immediata, sono piuttosto il frutto di una lenta e graduale maturazione: «Ho concepito, sviluppato e applicato in tanti ambiti una nuova geometria della natura, una geometria che trova ordine nelle forme e nei processi caotici.» Questa geometria era già nata prima di lui, ma non è realmente esistita fino a quando lui non l’ha concepita, dandole un nome nel 1975 e così i frattali, prima considerati «qualcosa di mostruoso, di non intuitivo, bizzarro e impossibile», una volta disegnati a pc, una volta fatta emergere l’«impressionante armonia» che li caratterizza, diventano qualcosa di unico e irrinunciabile, visto che «la geometria frattale, oltre ad essere stata la fonte di nuovi sviluppi matematici, si è resa indispensabile in varie scienze e ha rappresentato il punto di partenza di una nuova arte per amore della scienza». E così, i corsi dei fiumi, le linee di costa, le galassie, la biologia… vengono descritti dalla geometria frattale, perché «le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le costiere non sono cerchi e la corteccia non è liscia, né la luce viaggia su una linea retta».
Il libro è molto breve, ma aiuta a entrare in questo argomento così intrigante: la lettura è stata davvero interessante e, per quanto non entri nello specifico con le definizioni matematiche, aiuta a capire cosa siano i frattali. La vicenda umana di Mandelbrot è affascinante ed è anche per questo che consiglio a tutti questa breve lettura: l’autore desiderava «una matematica più vicina alle forme del reale» e… è riuscito a costruirla!
«L’isola delle tabelline» è l’ultimo lavoro di Germano Pettarin, questa volta scritto con l’aiuto di Jacopo Olivieri. A un anno di distanza da «La matematica fa schifo!», sempre per Einaudi Ragazzi, Pettarin conquista anche i più piccoli (il libro è adatto ai bambini che hanno più di sette anni) con un libro che trasforma la noia delle tabelline in un gioco. Questa volta le illustrazioni sono state affidate a Desideria Guicciardini, che oltre a dare ai numeri un volto umano ha contribuito anche a spiegare i concetti matematici. Jacopo Olivieri ha portato nella stesura del testo l'esperienza maturata con i testi della collana "Classicini" per le Edizioni EL, mentre Pettarin la propria professionalità come insegnante.
Si tratta di una favola matematica, nella quale i numeri sono i protagonisti: tutto comincia con il viaggio aereo di Cento che ammira dall’alto l’arcipelago di Cifralia nell’Oceano Pacifrico. Come si può intuire, le geniali intuizioni e i giochi di parole di Pettarin non mancano nemmeno in questa occasione. L’Isola Pari, l’Isola Dispari, l’Isola delle Frazioni, l’Atollo Quadratico e l’Isola dei Più Cento costituiscono questo arcipelago: ogni isola ha la sua regola e possono abitarvi solo i numeri che rispettano tale regola. L’Isola di Tabellandia, un «isolotto a forma di un quadrato perfetto» che «a parte un’unica montagna al centro, era piatta e cosparsa da una fitta vegetazione», apparentemente non ha alcuna regola. Cento scopre subito che il suo viaggio premio era semplicemente un modo per farlo arrivare all’isola ed i suoi abitanti non aspettavano che lui per essere al completo: da lui, gli altri novantanove numeri si aspettano delle risposte, forse lui può dire quale sia la regola che li governa. Cento non ha risposta, ma c’è un turista, che ogni anno visita l’isola, che aiuterà gli abitanti a trovare le loro risposte. Le tabelline che governano – come dice il nome – quest’Isola, si rivelano una fonte inesauribile di regole e potranno aiutare gli abitanti a capire perché mai esistano quattro numeri 24, un solo 25, ma nessun numero primo superiore alla decina.
La lettura è stata davvero divertente e interessante. Consiglio quest’avventura a tutti i bambini che vogliono trovare nelle tabelline un’occasione di gioco e a quegli studenti, ormai grandi, che hanno cominciato a litigare con la matematica proprio a causa delle tabelline!
«A potenza donata non si guarda l’esponente»
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