«Il professor Z e l’infinito» è stato pubblicato nel 2017 da Edizioni Dedalo. L’autore, Tommaso Castellani, ha conseguito un dottorato in fisica teorica all’Università La Sapienza e si è poi dedicato alla didattica e alla comunicazione della scienza. Ha scritto “Risolvere problemi difficili. Sudoku, commessi viaggiatori e altre storie” per Zanichelli (2013) e “Equilibrio. Storia curiosa di un concetto fisico” per Dedalo (2013), scrive inoltre regolarmente sulla rivista “Sapere”, di cui è editor.
Questo è il primo libro di una serie di tre. Il protagonista è Giulio, dodicenne che frequenta la seconda media in un istituto di Roma: ci racconta della sua amicizia con Ivano che lo aiuta ad appassionarsi alla matematica e a vincere il bullismo, che si presenta con le sembianze di un peluche di Coccolino. Tutto comincia con il teorema di Pitagora, le infinite terne pitagoriche e i difficilissimi problemi proposti dal professor Z, il “cattivissimo” insegnante di matematica, che ha l’abitudine di fare “domande strane”. D’altra parte, “il professor Z era il contrario esatto della chiarezza”, se condividiamo con Giulio la sua idea di chiarezza: “una spiegazione chiara è come un giallo che inizia con la rivelazione del nome dell’assassino”. È lo stesso Giulio a specificare che, per poter capire le lezioni di matematica, è necessario “un certo sforzo”: solo dopo aver scelto di farlo, grazie ad Ivano, le lezioni del professor Z si trasformeranno in qualcosa di appassionante. Questo professor Z non può che piacere: apparentemente agli antipodi rispetto al bravo – secondo gli alunni – insegnante di matematica, riesce a sfidare i propri studenti e ad appassionarli, grazie alla curiosità che riesce a suscitare.
Il racconto comincia con la scomparsa di Michele Bernocchi, compagno di classe dei due protagonisti, che dall’oggi al domani smette di frequentare la scuola. Alla soluzione del mistero non contribuiscono solo Giulio e Ivano, ma anche i compagni di classe, come Davide Rosso, apparentemente il bullo della classe, Chao, e Valentina Cirri, “una di quelle che prendevano sempre i voti più alti”. A raccontarci la vicenda è un Giulio adulto, che ricorda la sua frequenza delle scuole medie negli anni ’90. La narrazione è alla portata di qualsiasi studente delle medie e contiene tutta una serie di stereotipi sui matematici, sulla matematica, sulla vita in generale, che vengono in qualche modo smantellati. Al centro di questo racconto c’è la scuola e non manca la presentazione degli insegnanti in chiave umoristica: sono descritti con le loro manie e il loro piacere per il dramma nei rapporti umani, come dimostrano le incomprensioni tra Michael Jackson, come è soprannominata l’insegnante di educazione artistica, e la professoressa di italiano De Mattei.
Il fatto che, sulla copertina, il libro sia descritto come un “giallo matematico” ci suggerisce che la sparizione di Michele possa non essere l’unico mistero da risolvere: in seconda media si incontrano i numeri irrazionali, ci si confronta con l’infinito numerabile e il professor Z sfida i propri alunni con l’ultimo teorema di Fermat. Tutto questo ci permette di percepire la ricchezza del libro dal punto di vista matematico, e dà l’opportunità a ogni studente di incontrare una matematica un po’ diversa da quella che si studia a scuola. Un libro per i ragazzi delle medie, che può avere qualcosa di importante da dire anche agli adulti.
«Il gatto di Tesla» è stato pubblicato dalla casa editrice Scienza Express a settembre 2020. L’autrice, Monica Marelli, laureata in fisica, è una divulgatrice, ma anche un’illustratrice (la copertina del libro è un suo disegno). Nel 2001, Federchimica le ha conferito il Premio per la divulgazione scientifica e nel 2009 ha vinto il premio Frascati Scienza nella sezione La Scienza per i piccoli. Ci aveva già guidato alla scoperta della meccanica quantistica con «C’era un gatto che non c’era» e, anche in questo caso, è garantita una buona dose di leggerezza, alla scoperta delle «invenzioni, ricerche e meraviglie dell’elettromagnetismo».
La guida, in questo nuovo viaggio, è sempre il “bellissimo tabby tigrato tra il nocciola e il marrone scuro, con il naso mezzo rosa e mezzo bruno e le labbra tutte rosa” del primo volumetto e, questa volta, non si limita a concedere un’intervista in quanto discendente del famoso gatto di Schrödinger, ma coinvolge Monica in un viaggio nel tempo, che la porta al 6 luglio del 1934 a New York, per la precisione al trentatreesimo piano del New Yorker, un albergo all’incrocio tra la Trentaquattresima Strada e la Ottava Avenue. Nella stanza 3327 di questo albergo, Nikola Tesla ha passato gli ultimi anni della sua vita: nonostante l’eccentricità per la quale è noto e forse grazie alla sua amicizia con il felino, lo scienziato permette a Monica di intervistarlo. Le parla della propria vita e dello sviluppo dell’elettromagnetismo: «mi fa bene parlare con te. Rivedo la mia vita, metto a posto i tasselli, rivivo alcune emozioni, belle o brutte che siano».
A partire dai suoi esordi in Europa fino al viaggio che l’ha portato negli Stati Uniti, Tesla racconta la Guerra delle Correnti presentando, per una volta, una versione di Edison molto diversa da quella mitizzata e patinata nella quale ci siamo imbattuti tante volte al cinema. Impariamo anche che Tesla aveva scoperto i raggi X prima di Roentgen e che è il vero inventore della radio, anche se la paternità gli verrà riconosciuta solo dopo la sua morte. Le manie di Tesla vengono presentate con bonarietà, mentre Monica si immedesima nella sua capacità di affezionarsi agli animali e di soffrire per le loro sofferenze: le vicende della Guerra delle Correnti, vissuta senza esclusione di colpi da parte di Edison con il sacrificio di numerosi animali, non possono che farci inorridire.
«Pensate a come sarebbe diversa la nostra vita senza le invenzioni di Tesla: auto, fabbriche, computer… ogni cosa elettrica che ci circonda “contiene” un po’ del suo genio.» Guidati da questa consapevolezza, possiamo seguire il percorso nel mondo dell’elettromagnetismo, godendoci il viaggio, grazie alla guida eccezionale e ad una visione della realtà fuori dall’ordinario. Ancora una volta, un libretto prezioso, che in un paio d’ore può regalarci una visione d’insieme e, soprattutto, la voglia di andare oltre per approfondire l’argomento.
«Oltre le stelle più lontane», pubblicato nel 2021 da Mondadori, è un dialogo tra Amalia Ercoli, classe 1937, e sua figlia Elvina Finzi, classe 1976. L’una, Amalia, un’ingegnere (con l’apostrofo!), professoressa emerita al Politecnico di Milano, prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, ma soprattutto fra i principali investigator della missione Rosetta. L’altra, Elvina, doppia laurea con lode al Politecnico di Milano e all’Ensta di Parigi, e dottorato di ricerca in ingegneria nucleare.
Il libro, pensato per ragazzi delle medie, è un ottimo dialogo che mette in luce le differenze di vita tra Amalia ed Elvina: la prima ha vissuto la sua infanzia sul finire della Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, mentre la seconda a fine anni ’80, e quindi il confronto fra le loro vite è un confronto anche di due epoche. Amalia ha dovuto combattere contro una serie di stereotipi rappresentati dalla madre, che la definiva “maschiaccio” perché non si interessava a quelle che erano considerate le faccende femminili, perciò nei confronti di Elvina ha cercato di essere supportiva e di spingerla a cercare di realizzarsi innanzitutto come donna. La storia di Amalia Ercoli è una vera fonte di ispirazione: si pone come una role model non solo per la figlia, che poi in qualche modo seguirà le sue orme, ma anche per la nipotina Nicole, che ritroviamo in un interessante dialogo proprio nelle ultime pagine. Nel libro si alternano capitoli in cui scrive Amalia a capitoli in cui scrive Elvina da piccola nel proprio diario, quindi da un lato ci sono i racconti “un po’ sfilacciati” della vita di Amalia, come li definisce la stessa Elvina nella postfazione, e dall’altro ritroviamo la freschezza di un diario con quelli che sono anche i momenti di rabbia di una ragazzina in crescita, che si deve scontrare con una madre dalla personalità molto forte.
Alla luce della sua esperienza, Amalia ricorda a ognuna di noi che dobbiamo realizzare il nostro potenziale, ascoltando ciò che abbiamo dentro: «Se una donna invece desse sempre retta a quello che le dicono gli altri intorno… finirebbe per non ascoltare più la voce che le viene da dentro». Amalia ci offre il suo esempio: la sua scelta di studiare ingegneria, in un’epoca in cui erano poche le donne a farlo, la scelta di andare contro i progetti familiari e di dedicarsi a un lavoro impegnativo nonostante una famiglia numerosa.
In un recente intervento pubblico, Amalia Ercoli ha dichiarato di saper parlare bene di due cose: le donne, «perché sono una femminista antesignana» e lo spazio. Dopo il libro dedicato allo spazio, «La signora delle comete», scritto da Tommaso Tirelli per Dedalo, nel quale Amalia racconta l’avventura della missione Rosetta, l’obiettivo di questo libro è di raccontare le scelte delle donne ai bambini, andando oltre gli stereotipi, attraverso la storia di una vita vissuta ascoltando la propria voce interiore. Nel libro, sono numerose le frasi che andrebbero citate, ma su tutte scelgo di citare Elvina nella postfazione: «Io spero che le ragazze di oggi siano consapevoli delle grandi opportunità offerte dalle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e che queste non sono loro precluse. Al contrario: nel futuro della società tecnologica che le aspetta, complessa e in rapidissima trasformazione, l’intelligenza, l’intuito e la passione femminile faranno la differenza. Le ragazze STEM non saranno poche stelle isolate. Saranno intere costellazioni che illumineranno il cielo».
«F***ing Genius», pubblicato nel settembre 2020 da HarperCollins Italia, è una delle ultime fatiche di Massimo Temporelli. Fisico di formazione, si occupa da vent’anni della diffusione della cultura scientifica, tecnologica e dell’innovazione, attraverso scritti, articoli, speech, e in particolare tramite l’attività per Storie libere, una piattaforma di podcast indipendente. Massimo Temporelli si definisce un «defibrillatore culturale», più che un divulgatore scientifico, visto che il suo obiettivo primario, come dice nell’introduzione, «è scaldare i cuori, scuotere la carne, accendere la vita e il respiro umano intorno alla scienza e alla tecnologia». Anche con questo libro, vuol accendere la curiosità nel lettore, con la sua passione e il suo entusiasmo, desiderando di poter fare «la differenza tra il prima e il dopo»
L’autore ci presenta gli otto personaggi di questa rassegna con grande vivacità, senza andare in profondità, come potrebbe fare una biografia vera e propria, ma stimolando nel lettore la voglia di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati. Gli otto personaggi scelti non sono i soliti che potremmo trovare in una raccolta di biografie e pur essendoci degli aspetti in comune tra di loro, sono stati scelti perché da ognuno di loro si possa imparare «una lezione per provare a migliorarci […] una lezione per imparare a diventare un po’ più simili a questi straordinari pensatori scientifici, capaci di cambiare la traiettoria della nostra evoluzione». Questi personaggi hanno una genialità «quasi fastidiosa […] che ci obbliga a ripensarci».
Il percorso comincia con Charles Darwin e Leonardo da Vinci, Ada Lovelace e Charles Babbage occupano il terzo capitolo, non possono mancare Albert Einstein che ha rivoluzionato la fisica del Novecento e Marie Curie che gli è stata in qualche modo compagna, si procede con Elon Musk, che sta modificando il nostro modo di vedere la tecnologia, e in chiusura troviamo Isaac Newton e Steve Jobs. Ognuno di questi personaggi ha in qualche modo innovato il tempo e l’ambito nel quale si è trovato a operare e in questa innovazione ha usato quelle caratteristiche, che danno il titolo al capitolo. Ogni personaggio è presentato in alcuni capitoli compresi tra l’introduzione e il capitolo finale, intitolato “take away”, a significare ciò che il lettore deve in qualche modo assorbire. Secondo Temporelli, per essere dei veri innovatori dobbiamo essere giovani, perché è la gioventù che ci dà l’incoscienza e lo stimolo per abbattere i confini nei quali ci troviamo ad operare, e dobbiamo accettare di lavorare in squadra, non possiamo vivere isolati. Possiamo commettere degli errori, ma dobbiamo andare avanti con passione e caparbietà, senza lasciarci vincolare dalle barriere della singola disciplina, costruendoci da soli quando ci ritroviamo a partire svantaggiati rispetto ai nostri coetanei. Dobbiamo aver voglia di competere con gli altri e con noi stessi, perché la competizione può portarci a migliorare le nostre capacità.
Gli otto geni sono accompagnati da personaggi secondari ai quali vengono dedicate solamente un paio di facciate, che aiutano ad evidenziare un aspetto particolare. Così, ad esempio, nel momento in cui si parla di Darwin, ci ritroviamo Jeanne Baret, un’esploratrice a me sconosciuta. Leonardo da Vinci è accompagnato dai fratelli Wright, proprio a fare da cassa di risonanza alle sue grandi invenzioni. Ada Lovelace e Charles Babbage sono seguiti da Pascal, con la sua pascalina. Einstein è seguito da Bertha Benz, che, moglie dell’inventore tedesco che progettò la prima auto della storia, ha il merito di aver fatto compiere a questa auto un viaggio molto lungo, mostrando le potenzialità di questo mezzo di trasporto. Marie Curie è accompagnata da Almon Strowger, l’inventore della telefonia automatica, giunto a questo risultato solo per far rifiorire la sua impresa di pompe funebri. Elon Musk è seguito da Morse, il professore pittore e insegnante di disegno alla New York University che inventò il telegrafo. Newton è seguito da Bíró e Bich, per l’invenzione della penna a sfera che ha completamente cambiato il nostro modo di scrivere e di vivere. Infine, Steve Jobs è accompagnato dalla storia di Mark Zuckerberg, che nel logo di Facebook ha inglobato anche il logo di Sun per ricordare questo fallimento, «così che tutti capiscano che se smetti di innovare, muori, anche se hai fatto la storia».
Insomma, sono storie particolarmente ispiranti, scritte con una leggerezza che permette di correre attraverso le pagine come in una chiacchierata, e di esplorare gli aspetti di tutti questi personaggi straordinari. La conclusione è che noi non dobbiamo far altro che seguire questi “f***ing” geni, perché ognuno di noi ha la responsabilità, attraverso le proprie scelte, di progettare quello che sarà il nostro futuro. Un gran messaggio, presentato in modo eccezionale e unico.
«Quanti e misteri» è stato pubblicato ad aprile 2021 dalla casa editrice Scienza Express nella collana Scienza Junior. Gli autori sono Riccardo Bosisio, Tommaso Corti, Luca Galoppo e Matteo Tagliabue: i tre fisici, Bosisio, Corti e Galoppo avevano già collaborato alla stesura di «Elementare, Einstein» nel 2018, pubblicato sempre da Scienza Express; Matteo Tagliabue è insegnante di letteratura in un liceo di Monza. Le illustrazioni sono state curate da Anna Civello.
Il sottotitolo, «Un giallo tra gatti, fisica e ornitorinchi», ci informa che il genere in questione, questa volta, è quello del giallo, ma la protagonista è ancora la fisica, insieme a Pietro, Francesco ed Elisa, ex alunni della seconda media di «Elementare, Einstein», ora frequentanti la classe prima del liceo scientifico delle scienze applicate. Il racconto ha inizio con Pietro che a dieci anni, per una sfida con un paio di amici, si era ritrovato alla Casa del Diavolo, un rudere nascosto nel fitto del bosco: «Nessuno sa di preciso dove si trovi e addirittura c’è chi dice che non esista affatto, ma girano tante storie e leggende al riguardo, che parlano di ragazzini andati a cercarlo e mai più tornati, o di maledizioni, fantasmi, assassini e sette sataniche». Pietro è riuscito a entrare nella casa, ma ne è fuggito terrorizzato: quell’evento cambierà il corso della sua vita, visto che per tutta estate nessuno lo rivedrà più in giro. Un bel giorno, all’inizio della prima superiore, Francesco informa i due amici che Cosimo Pontecorvo, suo vicino di casa, non dà sue notizie da otto giorni: appassionato di gialli, al ragazzo non sembra vero di poter essere protagonista della soluzione di un mistero. Quando mostra il giornale con la fotografia ai due amici, Pietro reagisce in modo strano, ma pian piano si lascia coinvolgere nella soluzione del mistero, insieme all’insegnante di matematica delle medie, il prof. Lapierre, uno dei protagonisti di «Elementare, Einstein». Districandosi tra l’esperimento della doppia fenditura, il gatto di Schrödinger e il fenomeno dell’entanglement, i tre ragazzi scoprono che Cosimo Pontecorvo ha illustri natali, visto che è nipote di Bruno Pontecorvo, uno dei ragazzi di via Panisperna.
Il racconto è estremamente interessante e coinvolgente, il giallo ha un buon ritmo e il fiato rimane in sospeso fino alla fine, mentre i riferimenti alla fisica moderna, nello specifico alla fisica quantistica, sono spiegati con semplicità e chiarezza. Al termine troviamo anche un paio di appendici: il prof. Lapierre ci spiega l’esperimento della doppia fenditura e il principio di funzionamento dei computer quantistici.
Il libro si presta alla lettura fin dalle medie, perché l’argomento della meccanica quantistica, nonostante non sia semplice, è trattato con una certa leggerezza e questo lo rende accessibile a tutti. Potrebbe essere un modo interessante di introdurre l’argomento anche in una quinta liceo scientifico: l’idea di cominciare usando un alone di mistero potrebbe essere buona e potrebbe aiutare a conquistare i ragazzi all’inizio di un percorso non semplice.
«Elementare, Einstein» è stato pubblicato a novembre 2018 dalla casa editrice Scienza Express, nella collana scienza junior. Gli autori sono tutti e tre fisici: Riccardo Bosisio e Tommaso Corti, che pur lavorando in altri settori collaborano con le scuole in progetti di divulgazione scientifica, e Luca Galoppo, che insegna matematica e fisica presso un liceo scientifico di Erba. Il libro è arricchito dalle illustrazioni di Sara Boscacci.
Il sottotitolo «Alla scoperta della fisica con un pugno di indizi» ci dà già l’idea di cosa ci aspetta. La storia è ambientata in autunno in una seconda media: all’improvviso i ragazzi si ritrovano alcuni messaggi misteriosi che accompagnano alcuni oggetti di uso comune e un sasso, il tutto siglato dalle iniziali U.P., delle quali i ragazzi ricostruiscono l’acronimo, ma non il significato. Solo dopo un’indagine che si protrae per tutto l’autunno, i ragazzi riescono a trovare il responsabile di questi messaggi e, con il suo aiuto, ricostruiranno il percorso che sono stati guidati a fare e che li porterà alla comprensione della teoria della relatività. L’intera classe mostra grande entusiasmo e tanta voglia di imparare ed è guidata in questo percorso dal professore di matematica, il prof. Lapierre, oltre che dal misterioso personaggio che ha disseminato gli indizi. Inserite nella narrazione, troviamo cinque schede di approfondimento che ci presentano altrettanti esperimenti di fisica che hanno a che fare con la teoria della relatività: si comincia con l’ottica geometrica, si procede con la misurazione della velocità della luce attraverso gli esperimenti di Rømer e Fizeau, e dopo l’interferenza luminosa si chiude con l’esperimento di Michelson e Morley.
Durante la lettura, sembra davvero di trovarsi all’interno di una classe e di sentire la partecipazione di tutti i ragazzi: non era certo facile dare voce a tutti, ma gli autori riescono a realizzare una sorta di inclusione, che si realizza anche attraverso il coinvolgimento di Amir, ragazzino immigrato che sembra far fatica ad inserirsi all’interno di questa classe, nella quale è arrivato solamente in corso d’anno.
L’abile narrazione mostra tutta la sua forza nel coinvolgere il lettore attraverso concetti di fisica non sempre facili da digerire ed è proprio questo che rende la lettura adatta anche ai ragazzi delle medie, nonostante si parli di teoria della relatività: il lettore può essere invogliato ad approfondire l’argomento, grazie agli indizi disseminati nel corso della storia. Il libro non è consigliato solo ai ragazzi delle medie, ma anche a quelli delle superiori, che possono in esso trovare uno stimolo per affrontare le difficoltà concettuali della fisica moderna, attraverso la passione e la curiosità che questo libro fa nascere.
«Al telefono con Einstein» è stato pubblicato in Italia nell’aprile del 2021 dalla casa editrice Salani, ma è in realtà stato scritto nel 2018 da R. J. Gadney poco prima della sua morte. Scrittore, artista e accademico, Gadney ha tenuto lezioni nelle università più prestigiose al mondo e ha vinto un Bafta nel 1983, per una serie televisiva in sette parti su John F. Kennedy, interpretata da Martin Sheen.
Il 14 marzo del 1954, giorno del settantacinquesimo compleanno di Einstein, Mimi, che voleva telefonare alla farmacia, sbaglia le ultime due cifre del numero di telefono e si ritrova a parlare con Einstein. Dopo questo breve capitolo, nel quale si coglie la curiosità di Einstein per la sua nuova conoscenza, comincia la biografia del grande fisico: senza la pesantezza delle note a piè di pagina, contiene comunque lettere, articoli e discorsi nelle loro parole originali e numerose fotografie che, personalmente, non mi era mai capitato di vedere in precedenza, come le cartoline inviategli da Elsa, ad esempio. La biografia contiene molti particolari che non conoscevo, come la passione di Einstein per Ilse, la secondogenita di Elsa, oppure il premio Nobel di Ossietzky, proposto dallo stesso Einstein, il giornalista tedesco che si era opposto al neonato regime nazista ed era rimasto vittima di crudeli maltrattamenti.
Solamente alla fine del romanzo, scopriamo come la biografia potrebbe inserirsi all’interno della narrazione principale: Mimi deve preparare un progetto per la scuola e decide di realizzarlo su Einstein e di corredarlo di fotografie. Da qui nascono le domande e, quindi, la biografia che abbiamo letto poche pagine prima. Mimi Beaufort è nata a Greenwich e con la sorella minore Isabella ha frequentato il college di Princeton, dove entrambe si sono distinte nello studio della musica, la stessa abilità che le rende ospiti così gradite in casa Einstein. Il grande fisico non dev’essere solo grato per le ore di spensieratezza che le ragazze gli hanno regalato, ma, stando alla narrazione, per il ruolo che in qualche modo hanno avuto nell’interruzione delle indagini sul suo presunto comunismo. Al termine della sua vita, lascia in eredità alle sorelle la possibilità di realizzare il loro sogno: sarà proprio Einstein a pagare il viaggio e l’alloggio nel Regno Unito presso l’Accademia Reale di musica.
Il libro è scorrevole e alla portata di tutti, grazia alla prosa semplice, alle fotografie che rendono più leggera la lettura e alle citazioni che ci fanno cogliere la vera voce di Einstein: ha la precisione di una biografia e la leggerezza di un romanzo. Come dice Ian McEwan, nel commento che viene riportato nella quarta di copertina dell’edizione italiana, si tratta di «un romanzo originale e brillante», «ingegnosamente a cavallo tra verità storica e immaginazione». Non resta che dedicarsi alla lettura.
«Lo spettacolo della fisica», pubblicato a marzo 2021 dalla casa editrice Dedalo, è stato scritto da Federico Benuzzi. Nella presentazione del suo blog, www.federicobenuzzi.com, Benuzzi dice di essere «professore, conferenziere, presentatore, giocoliere, attore…»: è, in effetti, un personaggio poliedrico, che ha al suo attivo non solo spettacoli teatrali, ma anche libri, come «Fisica sognante», pubblicato come bollettino trimestrale dell’Associazione per l’Insegnamento della Fisica, «La legge del perdente», pubblicato nel 2018 sempre per la casa editrice Dedalo, l’ebook «Giocolieri si diventa – manuale pratico di giocoleria», con Giochidimagia Editore ed è anche gestore del canale YouTube che porta il suo nome.
Esattamente come ne «La legge del perdente», il libro comincia con un incontro: ai compagni di avventura della scorsa volta, ovvero a Fazioli, l’ingegnere in pensione, e ad Andrea, studente universitario alla facoltà di statistica, si aggiunge Sara, cameriera aspirante attrice. Nella premessa, Federico Benuzzi ci dice che le pagine che andremo a leggere saranno «pagine di fisica, di didattica e di giocoleria» e in effetti c’è tutto quanto premesso e anche molto altro: oltre alla vicenda dei quattro amici, c’è una descrizione accurata di Bologna che fa veramente venir voglia di visitarla, ci sono la fisica e la matematica della giocoleria e, parlando di didattica, l’autore non si rivolge solo agli insegnanti, ma anche agli studenti. L’attività di Federico diventa, come succede sul palco, un’occasione per coinvolgere i suoi amici e per spiegare la fisica, che ritroviamo negli equilibrismi, spiegati con tanto di diagrammi delle forze, nelle leve e nella loro classificazione, nell’equilibrio, stabile instabile e indifferente e nel funzionamento del monociclo.
Oltre alla narrazione, ci sono le illustrazioni di Emanuela Bellisario e, distribuiti tra le pagine, troviamo dei QR code che rimandano a video e link, in coerenza con quanto scrive lo stesso autore: «è fondamentale, quando si spiega, mischiare insieme più registri comunicativi: è nella loro integrazione il massimo potere esplicativo possibile.»
Il libro è alla portata di tutti e si legge molto agevolmente: non è consigliato solo agli insegnanti, ma anche agli studenti delle scuole superiori, visto che i contenuti di fisica sono ben spiegati, mai banalizzati, ma chiari e semplici da capire. Mi ha colpito molto il fatto che Federico Benuzzi non abbia paura di stimolare il lettore a puntare un po’ più in alto e presenti quindi anche un percorso fatto di formule che possano aiutare a capire meglio la fisica. Non si tratta solo di spettacolo della fisica, perché anche la matematica ha un suo ruolo, protagonista negli schemi della giocoleria: non solo aiuta a rappresentare le combinazioni che si possono realizzare, ma può aiutare a trovare nuove combinazioni, come nel caso della “6x44x6”, «definito a furor di popolo il più bello schema di giocoleria che sia mai stato scoperto», per il quale «tutti riconoscono che, senza la matematica, probabilmente non lo si sarebbe mai trovato.»
Dopo aver visto dal vivo «L’azzardo del giocoliere», dal quale è tratto il libro «La legge del perdente», posso confermare che ciò che cogliamo in queste pagine è ciò che Benuzzi presenta nei suoi spettacoli, ovvero un intrattenimento intelligente, ma al tempo stesso coinvolgente, come mi hanno dimostrato i commenti entusiasti degli insegnanti di altre discipline, che mi hanno confermato la chiarezza degli argomenti spiegati. Consiglio vivamente la lettura di questo libro e, se possibile, la partecipazione a uno dei suoi spettacoli, perché, durante le sue performances dal vivo, la giocoleria e l’insegnamento, ovvero le due passioni, le due anime dell’autore, «potranno fondersi nuovamente insieme, in uno spettacolo unico, che vedrà andar di pari passo l’arte e la scienza. La tecnica e la sua descrizione matematica. Fisica e giocoleria.»
«Itinerari matematici in Basilicata» è stato pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Giazira Scritture ed è stato scritto da Sandra Lucente, autrice nel 2016 di «Itinerari matematici in Puglia». Sandra Lucente insegna e fa ricerca in Analisi Matematica presso l’Università degli Studi di Bari, dove è anche presidente del Museo della matematica. Ho avuto occasione di conoscerla virtualmente grazie al video «Matera, una prof di matematica con un cubo ‘dimostra la bellezza’ della Capitale della cultura»: il suo utilizzo del cubo di Yoshimoto per presentare la bellezza di Matera è il suo modo per divulgare la matematica e farne apprezzare la creatività.
Pur mantenendo lo stile degli itinerari ambientati in Puglia, ci sono alcune differenze: pensavo che, con il libro precedente, Sandra Lucente avesse esplorato tutta la matematica che è possibile esplorare mantenendo un livello divulgativo, ma con questo libro riesce a migliorarsi, presentando nuovi argomenti o ritornando su quanto già visto a un livello diverso. È ancora Paul, il turista matematico, che ci guida attraverso venticinque percorsi, quasi tutti legati a due paesi diversi della Basilicata (con l’eccezione di Venosa e Matera che hanno un capitolo a testa): nei titoli, sono espressi i luoghi, matematici e fisici, che verranno visitati. Al termine, ritroviamo il taccuino di Paul, che, in poche parole e con qualche schizzo, riesce a riassumere con chiarezza i concetti matematici: l’immagine è elegante oltre ogni dire nella sua semplicità. Il taccuino è particolarmente importante, visto che «in questo secondo percorso i concetti astratti sono maggiormente protagonisti». Il capitolo è concluso da «un pezzo scritto dall’immaginario Paul per il suo immaginario blog “A parole”», dove i concetti matematici presentati sono visti nella loro doppia veste, matematica e quotidiana, e ritroviamo così gli irrazionali, le affinità, l’eccentricità, la varietà, la riflessione, il complesso, l’intervallo, la funzione, la composizione, la frequenza, l’integrazione, il segno, l’insieme, la scoperta… Si tratta di un grande arricchimento, visto che questi piccoli percorsi che si aprono nella narrazione potrebbero arricchire la lezione di un qualsiasi insegnante di matematica, come introduzione di un nuovo argomento oppure da proporre alla fine per sdrammatizzare, visto che «al sapere si arriva utilizzando tutti i sensi. Nel diario è privilegiato l’apprendimento della matematica tramite la vista, nel blog è privilegiato l’udito e ci si apre a tutte le scienze.» Ed è così che «i sensi vista e ascolto si fondono nelle foto di questo libro», affidate, in questa occasione, a Carlo Cardinale, che affianca e arricchisce il percorso proposto da Paul: «gli scatti hanno acquisito geometria e i pensieri di Paul poesia».
Un altro elemento di novità è costituito dalla presenza di personaggi storici, come Leonardo Sinisgalli, Carlo Levi, Rocco Scotellaro, José García Ortega, Francesco Saverio Nitti, Albino Pierro… personaggi che non appartengono necessariamente solo all’ambito matematico, perché Sandra Lucente non crede nella divisione tra le due culture: «L’idea di dividere il sapere in ambiti è figlia di un’innata necessità di classificare, ma i vari ambiti devono dialogare tra loro, altrimenti il sapere muore.» Nel diario di Paul si «passa continuamente dalla matematica all’arte», tanto che la bellezza dell’arte, dell’architettura, delle forme e della natura ci riempiono gli occhi di meraviglia e la testa di pensieri.
Nella bellezza della Basilicata, trova spazio, purtroppo, la catastrofe evocata dai terremoti che hanno spesso colpito questa terra, dalle frane che incombono su interi paesi, rischiando di compromettere vita, storia e cultura: «se non si interviene o se si interviene male, il vuoto, che è assenza di cura, agirà facendo perdere l’unicità di questo luogo.»
Con questo libro, Sandra Lucente ci augura «Buona lettura, buon itinerario, buon gioco», perché si legge come un diario di viaggio, si percorre e si studia come un libro di matematica, ma si può usare per giocare, come dimostrano gli “A parole”. «Una terra che custodisce tante bellezze artistiche non può essere ancora sconosciuta», scrive l’autrice: vale sia per la Basilicata che per la matematica.
«Itinerari matematici in Puglia» è stato pubblicato nel 2016 dalla casa editrice Giazira Scritture ed è il primo percorso proposto da Sandra Lucente, seguito nel 2019 da «Itinerari matematici in Basilicata». Sandra Lucente, ricercatrice di analisi matematica presso il Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Bari dove è anche presidente del Museo della matematica. è nota per la sua attività di divulgazione: collabora con il blog di MaddMaths!, scrive spesso articoli per Repubblica di Bari e per riviste di divulgazione scientifica.
Il libro presenta una riflessione sia sul turismo che sulla ricerca matematica e la matematica in generale, ed è per questo che può essere considerato sia guida turistica che saggio matematico, rivolgendosi sia al turista che visita la Puglia, che all’insegnante o all’appassionato della disciplina. «Itinerari matematici in Puglia» esprime l’amore di Sandra Lucente per la propria terra, vista con gli occhi dell’appassionata matematica: vuole far «capire che la fortuna di abitarla, di attraversarla, di raccontarla e di viverne la storia, la musica e la gastronomia, è più feconda di un’occasionale vendita di mille souvenir.» A questo si aggiunge che «narrare la matematica serve a far comprendere definizioni e problemi, salvando da quella peste culturale che è la paura della matematica stessa»: nonostante non manchino le difficoltà, visto che le sue strade «si rivelano semplici solo dopo averle percorse», la matematica che ci viene presentata è ricca di immaginazione, creatività e bellezza.
Il libro presenta trenta percorsi, ai quali vengono dedicate quattro o cinque pagine ciascuno, che cominciano innanzitutto con la descrizione di un luogo e della matematica che lo abita, per procedere con un’analisi della teoria sottostante, attraverso le immagini rubate dal taccuino di Paul, l’immaginario turista che ci guida nell’esplorazione. Il tutto si conclude con il paragrafo «Sguardo matematico», che è un elenco puntato di suggerimenti per attività, giochi, percorsi, che possono essere fatti sia dagli appassionati di matematica che dagli insegnanti con i propri alunni. Quella che abbiamo tra le mani è una guida turistica doppia, perché ci guida nell’esplorazione della Puglia e ci porta nelle terre della matematica, facendoci attraversare tutti gli ambiti. Ci ritroviamo così a rimirare la successione di Fibonacci a Castel del Monte, ad imparare i numeri figurati nel castello di Copertino, a discutere dei numeri costruibili davanti al rosone della cattedrale di Troia, ad osservare le coniche nei trulli di Alberobello, a ritrovare spirali, nodi e cuspidi un po’ ovunque, a discutere le serie geometriche di Gravina e San Vito, a parlare del concetto di curvatura nella basilica di Galatina, a rimirare i frattali marini di Polignano… Ogni luogo diventa un’occasione per parlare di un concetto matematico, in un incrocio di storia dell’arte e storia della matematica nella quale ritroviamo i percorsi dei singoli matematici, come De Giorgi, di origine leccese, o Paul Erdos, l’esperto di calcolo combinatorio, o di Riemann per l’analisi. Questo libro è una vera ricchezza, nel suo creare un ponte tra la matematica, l’arte e l’architettura, e si può leggere dall’inizio alla fine come un diario, oppure saltare avanti e indietro, lasciandosi guidare dalle proprie passioni e suggestionare dai titoli.
«Itinerari matematici in Puglia» è stata una lettura interessante, che però mi sono negata a lungo, in attesa del momento in cui avessi avuto l’occasione di visitare la Puglia di persona. Mancandomi per ora l’occasione, ho deciso di pregustare la visita attraverso i percorsi proposti da Sandra Lucente, dopo averla conosciuta grazie alla sua attività di divulgatrice. Nella lettura, mi pareva di sentire la sua voce che mi guidava nel percorso e riflettevo sul fatto che non solo la bellezza ma anche la matematica è negli occhi di chi guarda, forse perché è possibile ritrovarla nell’arte e nell’architettura solo se in qualche modo la si conosce già, altrimenti noteremo la bellezza, l’armonia delle forme, ma non sapremo spiegarcene il motivo.
«La matematica è viaggio tra cristallo e grotta. È analisi e sintesi, locale e globale, particolare e panorama, infinito e infinitesimo. Ogni volta che si attiva lo sguardo matematico bisogna utilizzare questa doppia visione e cogliere infine quello che si cerca con la foto perfetta: l’armonia. È l’armonia il mistero che unisce architettura e territorio, musica e danza, ordine e caos, parola e simbolo. Per noi, Matematica e Puglia.»
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