«Matematica in pausa caffè» è stato pubblicato dalla Codice Edizioni nel 2014 (comparso in una nuova edizione nel 2020) ed è il terzo libro di Maurizio Codogno, che si definisce, dalle pagine del Post, un «matematto divagatore». Maurizio ha scritto numerosi libri, «per raccontare le cose che a scuola non vi vogliono dire, perché altrimenti potreste apprezzare la matematica»: «Matematica in relax» (2011), «Matematica e infinito» (2013), «Fantamatematica» (2014), «Alfabeto matematico» (2015), «Matematica in pausa pranzo» (2016), «Scimmie digitali» (con Paolo Artuso nel 2018), «Numeralia» (2019), «Chiamatemi pi greco» (2022). Gli interessi di Maurizio Codogno sono molti e variegati, considerando che bazzica la rete dal 1984, è laureato in matematica alla Scuola Normale Superiore di Pisa e in informatica, è portavoce di Wikimedia Italia, lavora alla Telecom, e gestisce il blog xmau.com, dove si definisce un «tipo semplice», come si può intuire dalla grafica del sito, principalmente testuale.
«Matematica in pausa caffè» offre una serie di spunti che possono essere usati per chiacchierare di temi matematici curiosi, nel tempo necessario per bere una tazza di caffè, visto che ogni argomento è trattato in tre pagine (in media). Gli ambiti trattati sono cinque e per ogni ambito ci sono sette pause caffè. L’obiettivo dell’autore è quello di stuzzicare la curiosità del lettore, facendolo divertire e portandolo a comprendere in modo intuitivo le idee portanti, aiutandolo a «farsi un’idea della struttura logico-matematica di quello che ci circonda». D’altra parte, senza la matematica saremmo facili vittime delle bufale, come dimostra l’analfabetismo numerico dilagante. Gli argomenti sono trattati in modo da essere comprensibili anche ai non matematici, e mostrano come si possano «comprendere le idee matematiche anche senza mettersi a fare chissà quali calcoli».
Il primo ambito esplorato è quello dell’aritmetica, con la spiegazione del prodotto tra i numeri negativi, la differenza tra media, moda e mediana, la prova del nove che rimanda all’aritmetica modulare, la classificazione dei numeri – tra i quali individuiamo quelli «di dubbia fama», come gli irrazionali e i surreali – il paradosso di Zenone che ci porta alla distanza di Planck, i logaritmi e la crescita esponenziale.
Il secondo ambito riguarda i paradossi, la probabilità e le previsioni: Codogno parla della probabilità bayesiana partendo da un semplice esempio, ci racconta il paradosso delle due buste, il gioco di Penney legato al lancio di una moneta, il paradosso di Simpson e la legge di Benford, propone un problema di Fermi attuale domandandosi quanto peserebbe la stampa di tutta Wikipedia in lingua italiana e affronta la matematica delle coalizioni, citando il Nobel per l’economia Kenneth Arrow e ragionando sui modelli matematici, che, in quanto modelli, «considerano solo alcuni aspetti della realtà» e sono certamente «utili per avere un’idea, ma non necessariamente attinenti alla realtà».
Il terzo ambito è quello dei giochi, intesi come giochi d’azzardo ma non solo, con la probabilità che aiuta il ragionamento e risolve apparenti paradossi. Mentre Codogno ci ricorda che il banco vince sempre, ci suggerisce come “vincere” alla roulette (appunto: ma vincere quanto?) e dispensa consigli preziosi: «Non lasciatevi prendere dal panico di fronte a un problema, e iniziate a cercare una scorciatoia per giungere alla soluzione!». Ritroviamo la matematica anche nel tennis, dove a volte vince il peggiore, giochiamo con le carte e con i dadi, e scopriamo le dismutazioni che ci offrono un calcolo che assomiglia solo graficamente al fattoriale. In tutto questo, «la matematica è un utile ausilio, ma il mondo reale non è sempre così matematico… checché ne dicesse Galileo.»
Eppure la quarta parte, Andando in giro, sembra dirci che la matematica si nasconde ovunque: quella che viviamo è una realtà pervasa di contraddizioni, perché scopriamo che un tratto di tangenziale in più potrebbe peggiorare il traffico, che è sempre la corsia del supermercato che non scegliamo quella che ci avrebbe portato più velocemente alle casse, che i nostri amici hanno più amici di noi, che gli ascensori vanno sempre in senso inverso rispetto a quello che servirebbe a noi, che gli autobus hanno sempre lunghi tempi d’attesa e forse sarebbe meglio perderli, che il traffico si comporta come un’onda e che la «marcia dell’ubriaco» potrebbe portarci alla legge dei grandi numeri e nasconde in sé un pizzico di pi greco.
L’ultimo ambito di indagine non poteva che essere quello informatico: Codogno ci racconta il metodo di John Horton Conway che dal «giorno del giudizio» ci porta al calendario, ci insegna che per piegare un A4 in tre parti sono utili i triangoli simili, ci invita a diffidare dei file troppo compressi, ci dimostra che una crittografia perfettamente sicura è praticamente inutilizzabile, confronta i CD e i vinili, ci parla della nuova vita della steganografia, mettendoci in guardia dai gattini che frequentano la rete, e non può che concludere il cammino con i Big Data.
Il percorso che ci viene offerto da Maurizio Codogno mostra la sua originalità anche nel capitoletto finale, la bibliografia/sitografia che ci offre spunti «per saperne di più»: gli approfondimenti sono linkati attraverso un link TinyUrl, uno dei tool storici per i blogger, che ci dà un’idea dell’esperienza dell’autore (un po’ come coloro che usano l’acronimo LOL al posto della più nota emoji).
«Matematica in pausa caffè» ci offre una passeggiata attraverso vari ambiti della matematica, non sempre così noti: è un po’ come se la realtà si aprisse davanti a noi come la pagina di un sito e Maurizio Codogno ci offrisse un accesso al linguaggio di programmazione nascosto, permettendoci di apprezzare ancora di più la realtà che ci circonda. Il libro è davvero alla portata di tutti: si può leggere nell’ordine proposto dall’autore, per cogliere meglio i rimandi tra i singoli capitoli, oppure si può scegliere anche un ordine personale, visto che ogni capitolo è indipendente dagli altri.
Il libro è un vero regalo per gli insegnanti di matematica, che condividono la volontà dell’autore di far apprezzare la matematica ai propri alunni (e di alleggerire un po’ il percorso scolastico, a volte tedioso, scandito da equazioni e disequazioni).
Un filo rosso
Come succede nei telefilm, capitano periodi in cui ti sembra che ciò che stai vivendo ruoti attorno a un unico tema, che ritrovi in tanti aspetti della tua vita, sia professionale che personale. Che associate a questo filo rosso un’origine romantica, l’origine marinaresca raccontata da Goethe o l’inconscio di Freud, il mio filo conduttore ultimamente sembra essere il fallimento, o la paura del fallimento. Non è difficile capire il perché e possono esserci diverse motivazioni, ma lo voglio declinare usando la matematica…
È un fallimento! O no?
Vittorio Pelligra, professore di Politica Economica all’Università di Cagliari, parla di fallimento dalle pagine del Sole24Ore a fine agosto del 2021, mentre sono in corso le Paralimpiadi (e la chiusura dell’articolo ci spiega qual è stato il collegamento). Pelligra cita la psicologa Carol Dweck, che distingue tra due diversi atteggiamenti, uno rigido e l’altro di crescita: «le nostre reazioni agli errori e i risultati che possiamo ottenere a seguito di un fallimento dipendono in maniera determinante da ciò che noi stessi pensiamo voglia dire “fallire”.» Inutile aggiungere che se leggiamo i nostri fallimenti in un’ottica di crescita, li potremo vivere come un trampolino di lancio, un’occasione per imparare e per crescere. Anche tra le pagine della rivista matematica Prisma ho ritrovato il fallimento: ne parla Paolo Santori, filosofo della storia, che analizza la vicenda dell’armatore Morrel, personaggio del celebre capolavoro di Dumas “Il conte di Montecristo” (che io, altro tratto di filo rosso, ho cominciato a leggere proprio nei giorni scorsi). Mentre ripercorre la vicenda, citando brani del romanzo, Santori ci fa notare che «le pagine di Dumas sono una sferzante critica alla retorica della meritocrazia di oggi, che ci conduce inesorabilmente a identificare il successo con il merito.»
Fallimenti in matematica
Con il fallimento ci dobbiamo confrontare tutti! In questa intervista dell’anno scorso, la medaglia Fields Alessio Figalli parla di come sia nata l’idea chiave della teoria del trasporto ottimale, di come la scienza progredisca grazie ai suoi errori e di come il fallimento faccia parte anche della sua vita: «vivo nel fallimento come tutti gli scienziati: per un problema risolto, dieci non me ne vengono». Si vive così immersi nel fallimento, che è fondamentale imparare a gestire la frustrazione che ne deriva: «riesco a gestirla lavorando su più problemi: magari su due o tre non riesco a cavare nulla, ma con il quarto viene fuori qualcosa e quello riesce a darmi la soddisfazione per gestire poi quelli che non funzionano.»
Se pensiamo alle grandi storie della matematica, ritroviamo il fallimento davvero ovunque: a me viene in mente Il teorema vivente di Cedric Villani, e il suo modo colorito di raccontare l’ultimo anno di lavoro che l’ha portato al risultato che gli è valso la Medaglia Fields: «Questo annuncio di premio mi riscalda il cuore, ma non basta comunque a compensare la frustrazione di vedere il mio articolo rifiutato. Per consolarmi avrei almeno bisogno di coccole.» Villani ha trovato un errore nella sua dimostrazione quando pensava che il percorso fosse al termine, esattamente come Andrew Wiles, che ha consacrato anni preziosi della sua vita per dimostrare L’ultimo teorema di Fermat.
Proprio per mostrarci un lato più umano della matematica, Ilaria Fanelli ha lanciato la seconda edizione di #peopleformath: è un invito a presentare le storie delle vite degli uomini e delle donne che si sono messi in gioco per far crescere la matematica, raccontando, oltre ai loro percorsi, i luoghi e le epoche in cui hanno vissuto. Per tutti coloro che scelgono di partecipare, il video va caricato su YouTube prima del pi-day usando, nel titolo, #peopleformath.
Fallimenti via podcast
Chi mi segue sui social sa che ho avuto l’onore di essere intervistata da Fabio Quartieri, studente dell’Università di Bologna, per il podcast di MaddMaths! Le maschere del carnevale matematico, che più volte ho avuto occasione di pubblicizzare con la mia newsletter. Il confronto è stato davvero piacevole e, se avrete occasione di ascoltarlo, scoprirete anche da dove è nata l’idea di parlare del fallimento in questo numero della newsletter. Come tutti, ho avuto modo di confrontarmi anch’io, spesso e (non certo) volentieri, con il fallimento: la mia carriera universitaria è stata costellata di fallimenti e, fino a non molto tempo fa, ho nascosto questo percorso accidentato vergognandomene un po’. Da quanto abbiamo visto nell’intervista di Figalli, nemmeno a lui piace il fallimento, ma sa che fa parte del gioco e cerca di compensare le emozioni negative che inevitabilmente il suo percorso lo porta a provare.
Curriculum dei fallimenti
Probabilmente tempo fa ho sentito parlare di Melanie Stefan, che si occupa di neuroscienze computazionali, e che ha scelto di rendere pubblici i suoi fallimenti, consapevole che le carriere degli scienziati, in genere, riportano solamente i successi e danno l’idea di un percorso lineare, che in realtà è tutt’altro. Lei stessa dice che per ogni successo ha raccolto, in media, sei fallimenti e quindi invita ognuno di noi a creare un curriculum alternativo, un curriculum degli insuccessi. Potrà essere anche sei volte più lungo di quello normale e potrà essere deprimente a prima vista, ma ricorderà a ognuno di noi cosa significa essere uno scienziato e potrebbe ispirare un collega aiutandolo a ricominciare. Tempo fa ho deciso di realizzare un curriculum dei fallimenti, ricostruendo, a partire dalle date degli esami sostenuti all’università, un nuovo elenco e i periodi di vuoto sono stati riempiti dai miei tentativi di superare esami che mi hanno richiesto un sacco di tempo. Uno metodo di studio sicuramente carente, lacune di base, una grande insicurezza, le motivazioni possono essere le più diverse, ma ciò che conta è che quell’elenco di esami (più del doppio di quelli previsti) è stato deprimente a prima vista, ma ha aiutato ex alunni in difficoltà nel proprio percorso universitario, esattamente come aveva detto Melanie Stefan. In una sua Ted talk, Melanie ricorda i consigli della sorella, quando ha scelto di cantare in un coro: tieni la voce bassa, così se sbagli non si nota. Sì, ma facendo in questo modo, la scienziata si è resa conto che non avrebbe mai sentito la propria voce e avrebbe perso l’occasione di imparare. Per questo suggerisce, nel suo speech, di cantare ad alta voce: “Se sbagli a cantare, canta più forte!”
Melanie Stefan ci fa notare che nello sport non si può nascondere il fallimento: se un grande campione commette un errore durante una gara, se sbaglia qualcosa, il suo errore ha subito una grande risonanza e viene mostrato più volte nelle riprese della gara. Forse, nella scuola e nella vita di tutti i giorni, dovremmo imparare un po’ di quella forza degli atleti, che sfidano innanzi tutto se stessi, nel tentativo di andare oltre, come avevo scritto tempo fa in questo A scuola di Olimpiadi.
Fallimenti per ridere un po’
A volte al termine di un film, mentre scorrono i titoli di coda, vengono montati gli errori più divertenti: vediamo gli attori ripetere continuamente una scena, perché sbagliano una battuta, un gesto, un’entrata. In quei momenti, percepiamo gli attori come persone, fuori dal loro personaggio, veri. È la scelta che hanno fatto quelli del Post: a fine anno vengono proposti I refusi del Post più divretenti dell’anno e, mentre invitano i lettori a segnalare i futuri errori, passano in rassegna gli errori più divertenti, come il Muro del piano, le armi e le ammonizioni degli Stati Uniti, o pazza del Campo a Siena. Ho recentemente proposto la lettura di questo articolo in classe, invitando i ragazzi, per l’ennesima volta, a non nascondere i propri errori con il bianchetto (che, tra le righe, scopriamo che è stato inventato da una donna, Bette Nesmith Graham), ma ad evidenziarli, per non commetterli più.
Un modo originale per evidenziare l’errore l’hanno trovato anche Davide e Riccardo del Math-segnale, in un video condiviso nella newsletter 181, con la guardia e il ladro che si rincorrono su un grafo. Ad un certo punto, il ladro è diventato un topo, grazie all’errore di Davide, ma Riccardo ha scelto di non nascondere l’errore: l’ha evidenziato, rendendo a quel punto il video davvero memorabile.
Se qualcuno di voi sta pensando di risolvere i propri problemi (ed evitare errori) usando ChatGPT per risolvere esercizi di matematica, non ha che da guardare questa intervista che Elia Bombardelli ha fatto a Riccardo Zecchina, direttore del Dipartimento di Computing Sciences dell’Università Bocconi. Secondo il direttore, ChatGPT si comporta come uno studente che ha imparato a memoria una procedura, senza però capire il senso di quello che sta facendo. In altre parole, ChatGPT può essere un aiuto nello studio, ma non può sostituirsi a noi. Luca Perri ci parla di Bard, la risposta di Google a ChatGPT, che ha dimostrato come l’Intelligenza Artificiale sia una tecnologia ancora immatura e, soprattutto, non sia immune da errori.
Il primo protagonista del settimo episodio del podcast di MaddMaths! è Maurizio Codogno, celebre “matematto divagatore” del Post, noto per le sue riflessioni, per il suo blog nel quale parla di tutto un po', e per i libri dei quali è autore. In passato ho parlato del suo Chiamatemi pi greco, con il quale ci ha regalato una storia della matematica in forma leggera, nata da una lezione predisposta per i compagni di classe dei figli.
Tra i libri, non posso dimenticare la fatica del prof. Francesco Daddi, Calcolo delle probabilità: 926 pagine, 1800 esercizi svolti, 200 esercizi proposti, «ambientati nei più svariati contesti», con vari livelli di difficoltà e con più metodi risolutivi: due anni di lavoro, per un risultato davvero di rilievo.
L’ultimo libro è Fare scuola con le storie, a cura di Tiziana Bruno, pubblicato da Erickson. Nel libro sono raccontate esperienze di educazione alla lettura in classe da oltre cento insegnanti, tra i quali ci sono anch’io. Nel mio breve articolo, intitolato «Non entri chi non conosce la geometria», ricordo che «i libri aiutano ad appassionare» e «hanno un ruolo fondamentale nella narrazione della mia disciplina: insegnare la matematica non è semplicemente addestrare a utilizzare determinate procedure di calcolo, è qualcosa che coinvolge l’emotività e il compito della lettura è proprio quello di parlare alle nostre emozioni.»
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
«Il successo è quella pace di spirito che puoi raggiungere solo grazie alla soddisfazione di sapere di esserti sforzato per fare del tuo meglio» (John Wooden)
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: recupero primo quadrimestre
Durata: 60 minuti.
Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico.
Argomento: algebra con coefficienti irrazionali e operazioni con i radicali
Durata: 120 minuti.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: scomposizione di polinomi
Durata: 30 minuti.
Verifica di fisica, classe seconda liceo scientifico.
Argomento: cinematica unidimensionale, sicurezza stradale (educazione civica)
Durata: 60 minuti.
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: vettori, somma punta-coda, prodotto per uno scalare, differenza, componenti di un vettore
Durata: 15 minuti.
A che cosa serve la matematica?
Come cerchi che si allargano sulla superficie di uno stagno, i miei incontri con la matematica hanno un raggio d’azione sempre più ampio, permettendomi di raggiungere mete inaspettate. Recentemente ho deciso di aprire un profilo Instagram, _amolamatematica_, per allargare ulteriormente la mia rete di contatti matematici. In questo modo, sono approdata a un video di Neil deGrasse Tyson, uno stralcio di un’intervista, durante la quale l’astrofisico punta a sfatare il mito di un’educazione inutile: spesso gli studenti domandano, non senza vena polemica, dove potrebbero trovare alcuni contenuti matematici oggetti di studio nella loro vita futura e, posto che nessuno vi chiederà di risolvere un’equazione di secondo grado al momento di pagare alla cassa del supermercato, è vero però che la soluzione dei problemi ad essa legati ha lasciato una traccia nel nostro cervello, e quel ragionamento, quel metodo, quella strategia che abbiamo sviluppato per risolvere il problema avrà un’importanza fondamentale in altri aspetti della nostra vita («the act of learning how to do the math establishes a new kind of brain wiring in your mind»). Altrettanto affascinante è lo short di Ilaria Fanelli, che riporta una citazione di Agnes Heller, saggista e filosofa ungherese, che sottolinea l’importanza di studiare proprio «tutto quello che è inutile nella vita», per ritrovarsi a 18 anni con «un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto».
Matematica inaspettata!
Mentre perdo tempo su Facebook, mi imbatto spesso negli articoli del “Commesso perplesso”, dove si può trovare una raccolta di aneddoti che hanno per protagonisti dei clienti. Il caso 1651 è ambientato in pasticceria e nasconde, tra le righe, una piccola (e inaspettata) chicca matematica: «per chi non lo sapesse, a parità di peso una torta rotonda è più ingombrante di una rettangolare». Anche Ilaria Fanelli propone qualcosa che sembrerebbe non avere nulla a che fare con la matematica: la bicicletta! Dopo alcune considerazioni geometriche sul design della bicicletta, Ilaria ci parla della cicloide, in un racconto particolarmente coinvolgente. Da una curva geometrica all’altra, approdiamo alla suggestiva spirale dell’apprendimento di Sofia Sabatti, docente di scuola media: la fotografia mostra una scala a chiocciola fotografata dall’alto e rimanda l’idea che, mentre in una proiezione sulla base orizzontale della scala sembra che ognuno di noi percorra circonferenze, tornando in continuazione sui propri passi, in realtà, cambiando la quota (grazie all’alzata del singolo scalino), rivisita le stesse proiezioni con un’altezza diversa, ovvero, fuor di metafora, rivede gli stessi contenuti matematici ma con un grado di consapevolezza diverso.
Matematica e oltre
Ho cominciato a lavorare sul calcolo delle probabilità con la mia seconda ed i video di Taxi1729 coinvolgono molto i ragazzi, oltre a essere una vera fonte di ispirazione per me. In questo video, Diego Rizzuto e Paolo Canova sono protagonisti di una serie di interviste per le vie di Torino, durante le quali propongono ai passanti il gioco delle tre porte, noto come Problema di Monty Hall. Oltre alla spiegazione del gioco, protagonista del video è lo status quo bias: anche di fronte alla dimostrazione matematica di come sia più conveniente, dal punto di vista probabilistico, cambiare scelta, la maggior parte delle persone sceglie di non cambiare, perché la paura del rimorso è così grande da spingerci a mantenere lo status quo.
Math attack
Su Instagram mi sono imbattuta nel profilo Math attack, dietro al quale lavorano Lucia Montanari, Giacomo Matzeu e Fabio Bernabei: i tre condividono notizie e curiosità riguardanti la storia della matematica, in modo molto coinvolgente. Dopo un anno di lavoro sui social, hanno deciso di aprire anche un canale YouTube e hanno esordito con un vero Math Attack (che ricorda un po’ gli attacchi d’arte di Giovanni Muciaccia, solo che hanno per oggetto la matematica) parlando del calcolo letterale. A breve i ragazzi di terza media cominceranno il loro percorso con l’algebra e Math attack non poteva trovare un modo migliore per motivarli, raccontando la rivoluzione che ha portato all’ingresso delle lettere nel mondo dei numeri, e permettendo ai matematici di dire molte cose con una sola formula.
Concreto vs astratto
Nel settembre scorso la Fondazione Rocca ha presentato il rapporto Scuola, i numeri da cambiare – L’Italia nel confronto internazionale e a fine novembre il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha focalizzato la sua attenzione, a distanza di un solo mese dal suo giuramento, sull’insegnamento della matematica: Cambiare l’insegnamento della matematica, è troppo astratto, ha titolato la Tecnica della Scuola. Emilia Margoni, fisica di formazione ma con una laurea magistrale in filosofia e ora impegnata nello studio della gravità quantistica, sostiene che sia una falsa opposizione quella fra astratto e concreto, che di fatto costituiscono due facce di una stessa medaglia. Invita a «creare intersezioni tra saperi anziché racchiuderli in perimetri angusti», auspicando una contaminazione che possa giovare all’immaginazione, stimolando le capacità del singolo a risolvere problemi. Enrico Bucci, professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia presso il dipartimento di Biotecnologie e consulente per l’integrità scientifica, dalle pagine del Foglio si domanda perché la matematica sia così irragionevolmente efficace e comincia il percorso citando una frase di Einstein: «Come può essere che la matematica, che è dopotutto un prodotto del pensiero umano indipendente dall’esperienza, sia così mirabilmente appropriata a descrivere oggetti della realtà?» Bucci fa sua questa domanda e si addentra nell’ambito della comunicazione, ritenendo la matematica estremamente utile a ridurre l’ambiguità, mentre la matematizzazione dei problemi contribuisce a «rivelare uno scheletro nascosto di relazioni concettuali che collega le proprietà osservabili dell’universo». In altre parole: «non è l’universo a essere irragionevolmente matematico, ma la nostra ragione ad essere matematica, e dunque universale». Partendo dalla domanda rivoltagli da una studentessa tra il pubblico, ovvero se la matematica venga scoperta o inventata, anche Federico Benuzzi parte da Einstein e porta il discorso su un altro piano, descrivendo i “protagonisti” della formula di Eulero, ma ripercorrendo parte del discorso già fatto da Emilia Margoni e Enrico Bucci. La domanda rivolta a Benuzzi è l’effetto di un coinvolgimento attivo, che impedisce agli studenti di essere spettatori passivi (e se avete assistito a uno degli spettacoli di Federico sapete che non si può restare passivi), ma «attori partecipi del processo di apprendimento». Quelle tra virgolette sono le parole di Paola Morando, Professore Associato di Fisica Matematica presso l’Università degli Studi di Milano, che propone attività ludiche che aiutino a fare propri alcuni contenuti matematici con più leggerezza.
Passione matematica
Fabio Quartieri, studente di matematica all’Università di Bologna, continua la sua avventura della serie di podcast Le Maschere del Carnevale Matematico, cercando di scoprire perché i protagonisti di questa puntata ritengano l’attività di divulgazione così importante, cosa li abbia portati a intraprendere questa strada e come agiscano. I protagonisti sono stati più volte citati in questa newsletter: sono Ilaria Fanelli del canale YouTube IlariaF Math, e Davide Calza e Riccardo Moschetti del MATH-segnale. Mentre li ascoltiamo, possiamo toccare con mano la loro passione, che li porta a spendere un sacco di tempo nella realizzazione di filmati interessanti, coinvolgenti, unici. Il loro obiettivo è quello di riuscire a far amare in qualche modo questa disciplina, spesso percepita come difficile (per usare un eufemismo!).
La matematica che sfida! Matematica: che sfida!
La matematica è una sfida contro sé stessi e Davide e Riccardo lo sanno bene, per questo negli short pubblicati su YouTube propongono spesso alcuni giochi interessanti: Il prezzo misterioso ci permette di andare fuori dagli schemi, proponendo un ragionamento che dimostra come spesso ci poniamo dei vincoli inesistenti oppure ignoriamo alcuni dettagli, proprio quelli che nascondono la soluzione. A che ora siamo partiti?, invece, ci permette di ragionare sulle proporzioni o di usare le equazioni ed è un problema spendibile anche in classe. Altrettanto utile in classe, soprattutto se state facendo i radicali, è il quesito posto da Gaetano Di Caprio e riguardante le potenze di irrazionali.
Matematica da leggere
La matematica serve a intrattenerci, magari con la lettura. Non posso che cominciare da chi diceva che il libro della natura era scritto in caratteri matematici, ovvero dal libro a lui dedicato Galileo era un figo, appartiene alla collana sui “fighi” della prof. Annalisa Strada. Arricchita dalle illustrazioni di Tommaso Ronda, la narrazione si sviluppa con scioltezza e semplicità, intervallata da piccoli box di approfondimento. Tau topologo è opera di Franco Ghione ed è solo apparentemente una storia per i bambini: è di fatto un racconto che ha molto da dire anche agli adulti e che può essere fonte di ispirazione per provare a comunicare la topologia. Le 7 misure del mondo ci permette di seguire il percorso storico della fisica: Piero Martin ci racconta le sette unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale, dedicando un capitolo ad ogni misura. Tra una pagina e l’altra, si percepiscono la passione e l’entusiasmo dell’autore, che ribadisce l’importanza della conoscenza, non solo per sé stessi, ma anche per poter operare scelte consapevoli e responsabili. L’ultimo consiglio di lettura è più di una lettura, è quasi un’avventura all’interno della teoria dei numeri e del linguaggio di programmazione: la miniserie di Alessandro Zaccagnini Spirali e tartarughe. Docente all’Università di Parma, Zaccagnini ci permette di avvicinarci alla congettura di Patterson e al concetto di somme esponenziali, onnipresenti nella teoria dei numeri, guidandoci in un percorso di difficoltà crescente e usando il linguaggio di programmazione Logo, inventato a fine anni Sessanta a scopo didattico.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: scomposizioni di polinomi (raccoglimento totale, raccoglimento parziale, differenza di quadrati).
Durata: 20 minuti.
«Tau topologo, la fiaba che racconta la matematica superiore ai bambini» è stato pubblicato nel 1985 dalla casa editrice La città del sole e purtroppo non è più in commercio, anche se è ancora disponibile online. L’autore è Franco Ghione, che è stato professore ordinario di geometria presso il Dipartimento di matematica dell’Università di Roma Tor Vergata e che è tuttora attivo nell’ambito della divulgazione, visto che ha coordinato il progetto Fibonacci, il lavoro collettivo che ha reso accessibile il Liber Abaci.
Nel libro compaiono anche sedici pitture di Mario Schifano, realizzate per illustrare la fiaba: il pittore e regista, scomparso nel 1998, è stato un punto di riferimento della Pop Art italiana ed europea e, per usare le parole dell’autore, «è riuscito a dare un’immagine concreta a questa idea».
Nell’introduzione, Franco Ghione ci informa che il libro è stato scritto per la figlia Valentina, quando aveva cinque anni ed è anche il racconto di alcuni incontri di matematica “astratta” per bambini, realizzati nel 1983. Il secondo capitolo del libro è stato scritto da Cecilia, figlia minore dell’autore, ed è quello che, nella finzione letteraria, dovrebbe essere stato scritto da Tau quando era piccolo, tanto che ha una grafia da scuola elementare.
Il libro ha inizio con la storia del signor Tau, che è interessato alle proprietà più semplici delle figure nello spazio, perché non ha «nessuna simpatia per gli angoli, le linee spezzate che con tutta tranquillità preferisce immaginare lisce». Per indagare le proprietà, utilizza rudimentali telai di legno, rendendosi conto che la linea retta diventa equivalente a una linea curva, mentre studia le nuvole e parla con una rondine. Si parla di figure connesse, di linee aperte e chiuse, fino ad arrivare al teorema di Jordan. Il secondo capitolo è quello più formale, con gli enunciati e le dimostrazioni di cinque teoremi, preceduti dalle indicazioni per realizzare praticamente la trasformazione continua delle figure, attraverso un foglio di gomma.
Negli ultimi due capitoli, ritroviamo un signor Tau, adulto, che fa giocare i bambini con la matematica: si comincia con il gioco dell’isola, durante il quale si introducono i concetti di omeomorfismo e di trasversalità, fino ad arrivare alla rappresentazione della curva di Peano. Nell’ultimo capitolo, si parla di tori e conigli, con l’enunciato del teorema di Jordan, mentre i bambini provano a verificare anche tridimensionalmente le proprietà indagate nel piano.
Il libro si è rivelato un ottimo testo per apprendere con leggerezza concetti matematici poco noti: consente un approccio pratico, visto che fornisce indicazioni utili per tutti coloro che avessero voglia di esplorare una matematica un po’ fuori dagli schemi.
«Tau ridacchiava contento, così convinto com’era che la matematica, la creazione matematica, trovava alimento soprattutto nel dubbio, nella critica.»