Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico
Argomento: problemi risolvibili algebricamente, equazioni di secondo grado parametriche
Durata: 120 minuti
Ho pochi ricordi del mio rapporto con la matematica alla scuola primaria, forse perché mi veniva facile e naturale, ma mi è rimasto impresso il disegno alla lavagna di un trapezio e la sua trasformazione in un triangolo equivalente, a spiegare perché per calcolare l’area fosse necessario sommare le basi e moltiplicarle per metà altezza. Forse in quel momento mi sono innamorata della geometria.
I ricordi più vividi sono quelli della scuola media: ricordo quando il professore assegnava delle espressioni da svolgere e le proponeva come sfida alla classe, tanto che in quei momenti, quando capitava che due persone si alzassero nello stesso momento, si assisteva a vere e proprie gare di corsa per raggiungere prima la cattedra. Ricordo, in particolare, che a volte arrivavi alla cattedra, soddisfatto del tuo lavoro e trepidante, ma il professore scuoteva la testa guardando il risultato e allora tornavi al tuo banco per riprovare, intestardendoti alla ricerca della strada corretta.
Del percorso liceale ricordo che l’errore in matematica ha cominciato a presentarsi con una maggiore frequenza, se penso ai problemi di geometria euclidea e analitica o di trigonometria, magari con tanto di discussione e sistemi parametrici al seguito. Capitava di intestardirsi su un problema che non dava il risultato corretto: al mattino, condividevo la mia frustrazione con mia cugina, che era in una classe parallela alla mia, e mi confrontavo con lei, che magari stava litigando con lo stesso problema (avevamo lo stesso insegnante) e ne parlavamo, ripercorrendo insieme le fasi della soluzione, mentre camminavamo verso la scuola. A volte succedeva che trovassimo la soluzione prima di arrivare in aula, e trascrivere i passaggi sul quaderno era solo la conferma di quanto avevamo già capito lungo il cammino. Altre volte, ancora, mi capitava di continuare a pensare al problema durante tutto il pomeriggio, senza riuscire a trovare una soluzione, ma al mattino mi svegliavo con la consapevolezza di conoscere quella soluzione e, prendendo in mano carta e penna, verificavo i passaggi, prima ancora di essere completamente sveglia: è stato in quel momento che ho capito l’importanza del “dormirci su”. Ancora adesso, con maggiore consapevolezza, se ho un problema che non riesco a risolvere (che sia di matematica o di altro) ci penso un attimo prima di addormentarmi, perché la mia testa possa continuare a lavorarci mentre riposo. È la stessa strategia che suggerisco ai miei alunni (per quanto, durante una verifica sia un po’ più difficile riuscire a “dormirci su”…). Mi fa ripensare a Poincaré che, dopo essersi concentrato a lungo e inutilmente su un problema, decise di partire per un gita e, mettendo piede sull’omnibus di Coutances, riuscì a trovare la soluzione (secondo il racconto fatto nel libro Le ostinazioni di un matematico, che racconta l’originale storia di Armand Duplessis, che avrebbe sprecato la propria vita nel tentativo di dimostrare la congettura di Goldbach).
Credo si sia colto il comune denominatore di questi tentativi: la testardaggine… e se penso al percorso universitario, questa mia caratteristica ha avuto un ennesimo banco di prova. Mi sono ritrovata nelle parole di Roberta Fulci che, durante la diretta con Ilaria Fanelli, Una matematica a Radio3 Scienza, ha risposto alla domanda di uno spettatore che chiedeva di essere rassicurato in merito alle sue difficoltà universitarie: Roberta ha raccontato che, avendo scelto matematica dopo il liceo classico, si è trovata ad affrontare grandi difficoltà durante il primo anno di corso ed ha avuto la sensazione di passare “dall’essere brava all’essere un rapa”. Come al solito, Roberta ha espresso il concetto in modo colorito e simpatico, come è tipico suo, e io ho capito perfettamente cosa intendesse, perché l’ho provato sulla mia pelle, anche se avrei dovuto essere più facilitata di lei, visto che alle spalle avevo un liceo scientifico! In realtà, arrivare alla fine del mio percorso universitario, alla tanto desiderata laurea in matematica, ha richiesto un bel po’ di caparbietà, tanto che a chi mi chiedeva che cosa avessi imparato dal mio percorso universitario rispondevo: “Ho imparato ad abbattere i muri a testate”.
Ho concluso il percorso universitario, nonostante… nonostante tutto! Per questo, forse, ho sempre ritenuto la caparbietà una componente fondamentale della buona riuscita in matematica. Addentrandomi sempre più nella storia della matematica, ho scoperto che essa è costruita sulla determinazione, sulla tenacia, sulla caparbietà. Uno dei primi libri che ho letto è L’ultimo Teorema di Fermat di Simon Singh: i tentativi di dimostrare il teorema si dipanano lungo i secoli, dando luogo a una staffetta espressione di un lavoro corale, come se ognuno dei matematici che ha preso parte a questo percorso avesse contribuito alla soluzione del puzzle apportando la propria piccola tessera, fino ad arrivare al risultato finale di Andrew Wiles. Per questo, forse, si parla di comunità matematica, pensando a quelle occasioni in cui i singoli matematici concentrano tutti le proprie forze per raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro continuo.
La mia convinzione che determinazione e caparbietà possano essere un’arma vincente anche a scuola mi ha portato a proporre, all’inizio di ogni percorso scolastico, una citazione di John Wooden, uno dei più grandi allenatori nella storia del basket delle università americane:
«Quando si migliora un po’ ogni giorno, alla fine si raggiungono grandi risultati. Quando si aumenta l’allenamento giorno dopo giorno, si ottiene un netto miglioramento della forma fisica. Non sarà domani, né dopodomani, ma poi i progressi saranno notevoli. È inutile puntare a grandi risultati in tempi brevi, conviene invece cercare di migliorare un po’, un giorno dopo l’altro. È l’unico modo per ottenere risultati duraturi.»
Gigliola Staffilani, prima donna italiana full professor al MIT, alla domanda rivoltale da Roberto Natalini in un’intervista del 2018 «Quanto del tuo lavoro è intuizione e quanto è solo duro lavoro?» ha dato una bella risposta: «Credo che l’intuizione arrivi quando ti sei chiarita abbastanza della tua mente da poterla ricevere. E per chiarirti devi lavorare duramente per cercare di eliminare tutti quei tentativi che non portano da nessuna parte.» Secondo la leggenda, pare che al re Tolomeo, che chiedeva un metodo rapido per studiare la geometria, Euclide abbia risposto che non esistono “vie regie”, ovvero percorsi privilegiati: in altre parole, ci sono stati matematici grandissimi nella storia, ma questo non significa che per loro le cose siano state più facili, perché avevano talento. Il duro lavoro resta una componente fondamentale per la buona riuscita in matematica!
Nei giorni scorsi, durante una lezione nella mia terza liceo scientifico, mentre le idee continuavano ad accumularsi intorno al tema della caparbietà, ho chiesto ai miei alunni quale potesse essere la caratteristica che una persona deve possedere per garantirsi un successo in matematica. Sono rimasta molto colpita dalle loro risposte: innanzi tutto perché molti di loro, invece di indicarmi una caratteristica, hanno risposto fornendo una strategia, che passava attraverso il ragionamento, la comprensione o la spesa di un po’ di tempo per creare collegamenti mentali, ma qualcuno ha risposto: «bisogna sapere le regole per poterle applicare meccanicamente» e, davanti alle mie proteste, si è difeso parlando di una strategia personale. Mi ha colpito, inoltre, che qualcuno ritenga importante il calcolo o “farsi piacere la matematica”, perché se è vero che, per certi aspetti, l’apprendimento è reso più facile dalla passione, non è certo possibile imporsi a comando di amare una disciplina. Dopo aver indicato la necessità di fare molti esercizi, qualcuno ha parlato di perseveranza e costanza, della capacità di non abbattersi per un risultato negativo, di forza di volontà e determinazione… e poi c’è il mio foglietto con scritto: caparbietà.
Ho voluto approfittare di queste risposte per riflettere con loro, a partire dalla storia di Sophie Germain (è mia intenzione partecipare a #peopleformath2024 lanciato dal canale IlariaF Math…). La sua vicenda biografica ha tutte le caratteristiche di un romanzo, con l’assunzione dell’identità di Antoine Le Blanc, per poter interloquire con i matematici più importanti dell’epoca come Lagrange e Gauss, e per approfondire la sua vita ho fatto riferimento al libro di Cecilia rossi Sophie Germain. Libertà, uguaglianza e matematica.
Al momento di costruire una bibliografia, mi sono imbattuta anche in Nothing stopped Sophie, di Cheryl Bardoe, con le illustrazioni di Barbara McClintock: si tratta di un libro per bambini, disponibile solo nella versione inglese, nel quale troviamo, ripetuto più volte, “Nothing stopped Sophie”, perché effettivamente niente riuscì a fermarla! Nel momento in cui i suoi genitori hanno cercato di ostacolarla nella sua passione per la matematica, lei ha trovato il modo di andare avanti, ad esempio.
Le donne che hanno scritto di lei considerano la caparbietà uno dei suoi lati più positivi, ma non è così se la sua vicenda viene interpretata da uomini: nel libro Il genio delle donne, Piergiorgio Odifreddi ha dedicato alla Germain il capitolo La prima vera matematica, ma non le risparmia il suo sarcasmo, visto che la definisce una giovane dal «carattere difficile e [dai] modi arroganti». Parlando poi del suo scontro con l’astronomo Joseph de Lalande, che l’aveva omaggiata del suo “Astronomia per le dame”, una delle pubblicazioni dell’epoca che trattava le donne con condiscendenza e proponendo una divulgazione in versione semplificata, dice che lei «disdegnava i testi divulgativi, e rivolse presto la sua attenzione alle difficili Disquisizioni aritmetiche», come se in realtà Sophie Germain peccasse di presunzione e non fosse realmente in grado di comprendere un testo del genere. Come insegnante ho imparato a considerare la presunzione e l’arroganza una necessità, per i giovani: senza presunzione, non potrebbero mettere in dubbio i tanti “ipse dixit” con i quali si trovano a confrontarsi quotidianamente, e senza un po’ di arroganza non avrebbero il coraggio di competere con gli adulti. Franco Pastrone, del Dipartimento di matematica dell’Università di Torino, nel suo intervento per l’Associazione Subalpina Mathesis, che è diventato l’introduzione nel libro di Maria Rosa Menzio Il Signor Le Blanc, ha un giudizio a tratti tranchant: riferendosi all’infanzia, parla di episodi «forse un po’ forzati al fine di esaltare la determinazione della ragazza», che descrive come una persona timida in pubblico, anche se, quando si trattava di ottenere dei risultati scientifici «la sua timidezza scompariva, anzi riusciva a mostrare una cocciuta aggressività».
Mi è parso quasi di cogliere che questa caparbietà, così positiva quando esercitata dagli uomini, diventasse un aspetto quasi negativo se declinato al femminile. Eppure, quando parliamo di Andrew Wiles, la sua determinazione viene celebrata, e la sua capacità di isolarsi dal resto del mondo per lavorare in autonomia alla dimostrazione non viene presa per presunzione, semmai gli viene riconosciuto il coraggio di aver rischiato tanto. Andrew Wiles ha avuto il coraggio di affrontare una sfida che aveva attraversato i secoli e, quando viene individuato un errore nella sua dimostrazione, prova a correggersi, impegnando altro tempo.
Non parla di presunzione, Gauss che, una volta conosciuta l’identità di Sophie Germain, le scrive:
«Il fascino di questa scienza sublime si rivela in tutta la sua bellezza solo a chi ha il coraggio di esplorarla. Una donna, a causa del suo sesso e dei nostri pregiudizi, incontra molti più ostacoli di un uomo nel familiarizzarsi con problemi complessi. Tuttavia, quando supera queste barriere e penetra nelle profondità più recondite, rivela di possedere il coraggio più nobile, un talento straordinario e un genio superiore.»
Per concludere, non può mancare un riferimento all’ultimo premio Abel, Michel Talagrand, che dichiara che «il segreto del successo in matematica è di lavorare ogni giorno fino a essere esausti ma non di più». Ne parlano, con dovizia di particolari, Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti nel podcast del Post Ci vuole una scienza: Talagrand parla delle proprie difficoltà in matematica, legate a un “cervello lento” e a una “memoria terribile”, eppure dichiara di aver usato questo metodo proprio per superare le sue difficoltà. E direi che, visti i successi, non ci resta che fidarci!
Ricordo ora che anche Maryam Mirzakhani si è sempre definita una matematica lenta, ma è riuscita, nella sua breve vita, a raggiungere risultati eccezionali. Alex Eskin, dell’Università di Chicago, con il quale ha collaborato a lungo, racconta, nel film Secrets of the Surface, l’esperienza di lavoro con Maryam, paragonando il loro percorso a una camminata in montagna. Si trattava, come spesso succede, di una montagna inesplorata, e, a un certo punto, i due matematici hanno avuto l’impressione di poter raggiungere agevolmente la cima, quando un burrone ha sbarrato loro la strada. Con un sorriso dolce-amaro, Eskin racconta lo scoraggiamento che hanno provato, dato che quel burrone è costato loro due anni di duro lavoro e fatica. In tutto questo, Maryam si è mostrata positiva, anche se per un anno mezzo non ci fu nessun tipo di progresso. Per affrontare una fatica del genere e uscirne vittoriosi, è necessario avere una grande stabilità mentale e fiducia in sé stessi.
Aggiungendo queste caratteristiche alla caparbietà, credo proprio che il successo sia assicurato!
La matematica è donna
Il profilo Instagram StorieScientifiche, la cui mission è, come scritto nella descrizione, il racconto della vita e delle scoperte «di uomini e donne che hanno contribuito, con le loro idee e i loro sogni, a portare avanti il progresso scientifico», il 24 marzo ha realizzato un post dedicato a Gigliola Staffilani, matematica presso il Massachusetts Institute of Technology, dove ricopre il ruolo di full professor (ovvero professore ordinario) in matematica pura, prima italiana di sempre e seconda donna della storia a ricoprire questo ruolo. La frase di apertura del post cattura l’attenzione: «Ho imparato, dopo molti anni, che dai fallimenti talvolta nascono grandi progressi». La sua storia ha dell’incredibile: famiglia contadina, orfana di padre a soli dieci anni, Gigliola sarebbe stata indirizzata dalla madre verso un futuro da parrucchiera, a causa della situazione complicata dal punto di vista economico che la sua famiglia stava vivendo. È solo per la sua bravura in matematica, per l’insistenza del fratello e per il sostegno dei professori che riuscirà a realizzarsi e ad avere un futuro nell’ambito della matematica. Tra gli aspetti interessanti della sua biografia che StorieScientifiche sceglie di mettere in evidenza, c’è il ruolo dell’insegnante del liceo scientifico Mario Illuminati, che le assegnava problemi difficili per i compiti a casa: «Io ero in grado di risolverli e mi rendeva estremamente felice».
Per un ulteriore approfondimento, si possono leggere le due interviste realizzate da Roberto Natalini per MaddMaths! La prima nel dicembre del 2010, e la piccola nota di redazione in apertura racconta parecchio di lei: si tratta di una segnalazione che i curatori dell’intervista hanno voluto fare dopo aver trascritto la registrazione, non solo perché è stato impossibile rendere l’accento abruzzese di Gigliola, che ora ha «qualche intrusione americana», ma anche perché «come si trascrive una risata?» Durante questa intervista, Natalini presenta la figura di Gigliola Staffilani a tutto tondo, facendola parlare delle sue scelte di vita, sia per lo studio che per la matematica, del ruolo delle donne, visto che è impegnata nella Association for Women in Mathematics (e fa notare che la situazione americana è peggiore di quella italiana), e fa infine un confronto tra il mondo della matematica americano e quello italiano. La seconda intervista, realizzata a luglio 2018, è apparsa originariamente sulla Newsletter della European Mathematical Society.
Matematica (da amare e) da insegnare
Alla domanda di Roberto Natalini: «Quanto del tuo lavoro è intuizione e quanto è solo duro lavoro?», Gigliola Staffilani risponde: «metà e metà. Credo che l’intuizione arrivi quanto ti sei chiarita abbastanza della tua mente da poterla ricevere. E per chiarirti devi lavorare duramente per cercare di eliminare tutti quei tentativi che non portano da nessuna parte». Altro aspetto interessante è che, dopo Illuminati, la Staffilani parla di un altro docente, il professor Sally, che le fece un assegno di 1500 $ per permetterle di restare in America: «Penso spesso a quel momento, una fortunata coincidenza, completamente casuale, che sarebbe potuta non succedere. Se così fosse stato la mia vita sarebbe stata completamente diversa!» Gigliola stessa è un’insegnante e dichiara che ha bisogno di sentirsi felice al lavoro, altrimenti sarebbe «una pessima ricercatrice, insegnante e mentore». Anche Federico Benuzzi parla di felicità per rispondere alla domanda di un ragazzo, al termine di un suo spettacolo: «Vorrei fare l’insegnante, me lo consiglia?» La risposta di Federico (e se avete avuto occasione di assistere a un suo spettacolo, potete confermarlo) è accurata e sottolinea come, per poter fare l’insegnante, siano necessari due amori: l’amore per la materia, che non è scontato, e l’amore per i ragazzi. L’amore per la disciplina è fondamentale, perché c’è bisogno di una passione per accendere la passione nei ragazzi e per poter trasmettere il sapere in maniera efficace (e non sempre è sufficiente, aggiungo io…), mentre l’amore per i ragazzi permette all’insegnante di riconoscere le loro potenzialità e di apprezzare quanto, a loro volta, i ragazzi insegnano. «Credo che siano questi gli ingredienti fondamentali per continuare a insegnare anni senza “colpo ferire”. Segreto per svegliarsi tutte le mattine alle 6.20 felice di andare al lavoro. Pietra filosofale per restare eternamente giovani!»
Matematica da comunicare
Pietro Minto, con il libro La seconda prova. Imparare la matematica, ci parla del suo secondo tentativo di affrontare lo studio della matematica, materia nella quale non aveva eccelso al liceo scientifico, per poter rifare la prova d’esame di matematica della maturità del 2006. Se avete dubbi in merito all’acquisto, leggere questo estratto pubblicato sul Post potrebbe aiutarvi a decidere: le pagine sono dedicate all’indagine sulla necessità (e utilità) delle incognite nell’algebra. Pietro Minto si concede anche la libertà di utilizzare formule semplici, guidandoci attraverso la storia della matematica.
Parlando di comunicazione della matematica, non si può non citare il quindicesimo anniversario di MaddMaths! (Auguri!). L’evento è stato ricordato sui social, condividendo l’articolo postato per il decimo anniversario. In effetti, quanto scritto da Roberto Natalini in quell’occasione è ancora attuale, richiamando «il dovere e la responsabilità di comunicare con il resto del mondo», visto che «la maggior parte dei non addetti ai lavori semplicemente ignora la ricerca matematica e la collega a sgradevoli ricordi scolastici». Nell’articolo si ricordano gli atti fondativi del sito, Roberto Natalini fa un po’ anche di mea culpa, ricordando i suoi precedenti, quando (forse) pensava «che chi si dedicava ad attività di comunicazione della matematica non avesse niente di meglio da fare». Dagli scarsi accessi dei primi tempi, dalle difficoltà nate dal fatto di essere dei pionieri, il sito MaddMaths! ha fatto parecchia strada, fino a diventare un punto di riferimento per i contenuti matematici che compaiono sulla rete.
Dialogando con la matematica
Giovedì 4 aprile si è svolta la terza diretta di quest’anno del canale IlariaF Math: l’ospite, Roberta Fulci, è una matematica, autrice di libri, redattrice e conduttrice di Radio3 Scienza, il quotidiano scientifico di Rai Radio 3. Nel corso della diretta, si è parlato di come Roberta Fulci sia approdata alla conduzione di questo programma, ideato da Rossella Panarese, un po’ per caso: appassionata di matematica, tanto da intraprendere il corso di laurea dopo il liceo classico, ha sempre pensato che si sarebbe dedicata alla ricerca, ma il suo senso di inadeguatezza l’ha spinta a scegliere di frequentare un master di comunicazione della scienza, per poter restare nell’ambito della matematica. Casualmente è arrivata alla redazione di Radio3 Scienza: obiettivo del programma che si trova a condurre è parlare di scienza rendendola accessibile a tutti e intrecciandola con altri aspetti della cultura e dell’educazione civica. Invitata dal pubblico, Roberta Fulci descrive il clima di collaborazione che caratterizza la preparazione di ogni puntata, che viene modificata fino all’ultimo minuto. Sempre su invito del pubblico, Roberta Fulci ha parlato anche delle sue emozioni una volta approdata alla facoltà di matematica, ricordando «il passaggio dalla sensazione di essere brava a quella di essere una rapa», visto che avere alle spalle il liceo classico non può che complicare le cose all’inizio dello studio universitario della matematica. Tra le puntate realizzate, Roberta Fulci parla in particolare della puntata dedicata alla matematica del colore, che ha avuto come ospite Edoardo Provenzi: la puntata non è più reperibile online, ma il professore ha realizzato una serie di articoli per MaddMaths! Interessante è la motivazione fornita per citare questa puntata: “Ho imparato tantissimo!” Nel corso della diretta, Roberta Fulci ha parlato anche delle sue opere: comincia con Ragazze con i numeri e Ragazze per l’ambiente, scritti insieme a Vicky De Marchi, per la collana Donne nella scienza di Editoriale Scienza e racconta di come, avendo scelto di dedicare una collana alle donne della scienza, le due sorelle che gestiscono la casa editrice si siano sentite dare delle kamikaze. E poi racconta del libro Il male detto, che parla del dolore fisico in termini matematici, visto che è un tentativo di darne una definizione. Vi invito a seguire con attenzione la diretta, visto che i racconti (che potete trovare anche nel libro) invogliano davvero alla lettura e la simpatia di Roberta Fulci è coinvolgente.
Festeggiando la matematica
Nei giorni scorsi, si è parlato ovunque di matematica, visto che il 20 marzo è stato assegnato il premio Abel. Come tanti altri, anche il premio Abel viene paragonato al premio Nobel, ma questo, effettivamente, è quello che si avvicina di più: pare sia nato proprio per dare ai matematici un premio equivalente al Nobel, viene assegnato ogni anno dal re di Norvegia e può contare su un premio equivalente a 700.000 euro. Quest’anno la scelta è caduta su Michel Talagrand per i suoi contributi innovativi nell’ambito della teoria della probabilità e dell’analisi funzionale. Dopo la prima presentazione realizzata da Stefano Pisani, MaddMaths! ha dedicato ampio spazio al premio, con un articolo di Adriano Barra, che racconta i risultati e i riferimenti, enfatizzati sui social, al premio Nobel di Parisi. Più di tutto, a me è piaciuta l’ultima puntata di Ci vuole una scienza, il podcast del Post curato da Beatrice Mautino ed Emanuele Menietti, perché non solo ne hanno parlato in modo entusiasta, ma hanno raccontato molto bene e con semplicità i risultati ottenuti. Sessantottenne, Michel Talagrand si è confrontato fin da piccolo con il dolore, dato che a causa di problemi di vista ha dovuto passare un lungo periodo in ospedale: studente mediocre prima della malattia, aiutato dal padre a superare le ore di buio ed isolamento a suon di matematica, ha imparato il potere dell’astrazione. A distanza di tanti anni, dice: «il segreto del successo in matematica è di lavorare ogni giorno fino a essere esausti ma non di più». Dichiara di lavorare in questo modo a causa delle sue difficoltà (!) in matematica, legate a un “cervello lento” e a una “memoria terribile”: lavorando molto e cercando di capire anche le cose più semplici, è riuscito a superare le proprie difficoltà e a vincere numerosi premi. Con tono di meraviglia, Menietti racconta del sito internet del matematico, che, per quanto semplice e vecchia maniera, risulta interessante e ricco di spunti. Personalmente, sono rimasta molto colpita dal rimpianto legato ad una sua scelta compiuta come insegnante, che ricorda ancora con amarezza dopo più di quarant’anni.
In chiusura, mi permetto un piccolo consiglio di lettura: lo spettacolo teatrale Il Signor Le Blanc di Maria Rosa Menzio pubblicato per Scienza Express. Continua il mio viaggio di approfondimento, mentre è ormai pronto lo script per il video con il quale parteciperò a #peopleformath2024!
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Traduzione dell’immagine allegata: “Perché dovrebbero bannare il libro di Miss Sweet dalla biblioteca della scuola?” “Non ci posso credere… non posso proprio crederci!” “Forse ci sono alcune cose nel suo libro che non capiamo…” “In quel caso, dovrebbero bannare anche il mio libro di matematica!”
«Il Signor Le Blanc» è stato pubblicato da Scienza Express nel settembre del 2020: si tratta della trascrizione di uno spettacolo teatrale, che è stato rappresentato in prima assoluta a novembre del 2018. L’autrice è Maria Rosa Menzio, ex matematica, nota per la formulazione e dimostrazione del teorema di Menzio-Tulczjew in geometria simplettica, che ha fondato l’associazione culturale “Teatro e Scienza”, essendo diventata nel frattempo drammaturga e saggista. Maria Rosa Menzio dirige il Festival “Teatro e Scienza” che ha luogo in autunno a Torino dal 2007 (con la sola esclusione dell’edizione del 2012), e che nell’edizione del 2018 ha avuto come tema Matematica e altri demoni. Il testo dello spettacolo è preceduto dalla trascrizione di un intervento del professor Franco Pastrone, del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, pubblicato in Conferenze e Seminari dell’Associazione Subalpina Mathesis. Nel suo intervento, Franco Pastrone formula giudizi abbastanza pesanti nei confronti di Sophie Germain, la matematica alla quale quest’opera è ispirata, parlando di «episodi rimasti famosi, forse un po’ forzati al fine di esaltare la determinazione della ragazza», e, pur riconoscendo che all’epoca una donna con un interesse intellettuale era vista come una «curiosità da salotto […] ma non su un piano di parità», la descrive come una persona dal «carattere non facile, spigoloso, con un fondo di presunzione che concorse a guastarle i rapporti con illustri matematici». Forse la scelta di certe sottolineature è il riflesso di un periodo meno dotato di sensibilità in merito al gender gap, visto che la conferenza risale al 1994-1995.
Il sottotitolo dell’opera teatrale è «Matematica e Resistenza nella Francia occupata dai Nazisti» e infatti Maria Rosa Menzio pensa proprio ad un connubio tra matematica e resistenza. I protagonisti della rappresentazione teatrale sono un narratore, testimone di quanto succede in Francia durante la Seconda guerra mondiale e testimone del dramma dei lager, una protagonista femminile, Marianne, che rappresenta la Francia occupata dai nazisti e, inizialmente indifferente a quanto sta succedendo, poi diventa un’eroina partigiana, il professor Levi, docente di matematica ebreo imprigionato dai nazisti e amante di Marianne, e Von Guderian, ufficiale nazista crudele, che seduce Marianne con l’inganno. La vicenda si svolge tra il 1943 e il 1944 e fin da subito scopriamo che il professor Levi e Von Guderian si conoscono da tempo: il nazista non ha mai perdonato al professore la bocciatura in matematica. Durante la prigionia il professore comincia a raccontare a Marianne, secondo quella che sembra essere una prassi consolidata, la vicenda di Sophie Germain, che assume l’identità del Signor Le Blanc per poter studiare matematica e che sarà una delle poche a riconoscere il genio di Evariste Galois. Sophie Germain è riuscita a crearsi un posto in un mondo prettamente maschile, anche se per molto tempo non le è stata riconosciuta la sua grandezza, come dimostrato dall’assenza del suo nome sulla Tour Eiffel, nonostante sia stata una pioniera nello studio dell’elasticità dei metalli.
Il racconto è piacevole, originale e coinvolgente: per quanto vedere lo spettacolo sarebbe stato meglio, la lettura permette di immaginare la rappresentazione teatrale. Le metafore aiutano lo spettatore / lettore a cogliere tutta la negatività del nazismo e la necessità dell’eroismo, per poter far trionfare la giustizia.
Nella quarta di copertina leggiamo: «Amore, tradimento e redenzione, fino allo scontro tra due carri armati e alla morte di Marianne (travestita da ufficiale nazista proprio col nome di Le Blanc) in un finale commovente e inaspettato».
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico
Argomento: geometria analitica, ellisse e iperbole
Durata: 120 minuti
Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico
Argomento: equazioni di secondo grado
Durata: 60 minuti
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico
Argomento: geometria analitica, ellisse e iperbole
Durata: 120 minuti
Verifica di fisica, classe seconda liceo scientifico
Argomento: cinematica nel piano
Durata: 60 minuti
Pi greco!
Ho rimandato l’uscita di questa newsletter fino ad oggi, per poterla inviare proprio in occasione del Pi-Day! Perciò, al centro della scena non può che esserci la Giornata Internazionale della Matematica, che si festeggia dal 2019, proclamata dall’UNESCO e curata da un progetto dell’Unione Matematica Internazionale. Il tema di quest’anno è Playing with Maths – Giocare con la matematica ed è particolarmente interessante la Sfida Creativa proposta, «atta a vedere la matematica nel nostro ordinario, a riconoscere schemi in quello che vediamo tutti i giorni e immortalarli in un’istantanea»: hanno partecipato numerose scuole e alcune delle fotografie ispirano davvero matematica e spingono a realizzare qualcosa di unico. Il poster di quest’anno è bello e colorato, con sei indovinelli e giochi da risolvere. Sul sito di MaddMaths! è possibile vedere l’elenco degli eventi italiani.
MaddMaths! propone anche la terza edizione del CALENPLARIO: Riccardo Moschetti e Roberto Zanasi propongono una serie di problemi, riveduti da Maria Angela Chimetto e Sergio Zoccante, ogni tre giorni, (il martedì, il giovedì e il sabato) alle 3:14, dal 14 marzo fino al 28 giugno. Sarà possibile iscriversi e partecipare insieme ad altre persone.
Pi greco in video
Non posso non condividere alcuni filmati realizzati da Mathematical Visual Proofs, il canale che si occupa di dimostrare per immagini alcuni risultati matematici. Il primo video è molto efficace nel mostrare l’area del cerchio usando il metodo di esaustione, e sfogliando il cerchio come se fosse fatto da una serie di strati che appaiono quasi impalpabili. Il secondo video è un’approssimazione molto grezza di pi greco: considerando una griglia quadrata di 101 punti con coordinate intere, colorando in blu i punti con coordinate prime tra loro e facendo il rapporto tra il numero dei punti blu e il totale dei punti, si ottiene sei volte il reciproco del quadrato di pi greco, grazie al quale si ottiene l’approssimazione di 3,12. Questa approssimazione mi ha ricordato, in qualche modo, quella proposta al Senato dello stato dell’Indiana, il 12 febbraio del 1897. Stando a Christopher Waldo, della Purdue University, quando nel 1916 l’Accademia delle Scienze dell’Indiana ha deciso di celebrare il proprio secolo di vita realizzando un volume con il quale sarebbero stati ripercorsi i maggiori risultati scientifici, Waldo ha citato un «singolo atto di prevenzione [che] rende maggior merito all’Accademia delle scienze dell’Indiana […] di qualsiasi contributo che abbia mai pubblicato o che possa mai pubblicare in futuro sui propri resoconti». Il risultato è quello di aver impedito che passasse una legge assurda, come gli stava raccontando un senatore, certo che fosse imminente un evento storico importante: «“Se passa questo emendamento – gli dice testualmente – stabiliremo per legge un nuovo e finalmente corretto valore di p. Pensi, professore: l’autore offre al nostro Stato gratuitamente l’utilizzo di questa scoperta nei nostri testi scolastici, mentre tutti gli altri Stati dovranno pagarci i diritti.”» Sul numero 61 di Prisma, in edicola da pochi giorni, è possibile leggere l’intero articolo di Marco Malvaldi: offre l’occasione per un’interessante riflessione sui bias cognitivi e sollecita la nostra attenzione sul rischio di fare affermazioni certe «su problemi dei quali abbiamo una comprensione troppo limitata anche solo per capire come sono sorti».
Magari se non vi piace 3,12 come approssimazione e non apprezzate nemmeno la proposta dello stato dell’Indiana, potete sempre scegliere di considerarlo uguale a 2: si parte da un semicerchio di raggio 1 e, quindi, di lunghezza pi/2, poi si costruiscono altri due semicerchi con raggio pari alla metà del precedente, ma in cui la somma delle semicirconferenze dà sempre lunghezza pi/2 e così via, fino a mostrare che le semicirconferenze si confondono con il diametro. Un po’ come nel caso della radice quadrata di 2 che diventa uguale a 2, confondendosi con l’ipotenusa. Eppure, se ingrandiamo l’immagine o se la guardiamo con gli occhi della matematica, scopriamo che la realtà non è come appare. Il quarto video confronta e^pi e pi^e, usando un ramo di iperbole e un piccolo integrale, mentre il quinto, comparso oggi, offre cinque diverse formule di pi in pi/2 minuti e usando solamente il disegno di un rettangolo di dimensioni 2 e 3, con quattro triangoli al suo interno.
Pi greco e il carnevale della matematica
Il carnevale della matematica di marzo è uscito proprio questa mattina, alle 3.14: ospitato sul blog Dropsea, quindi da Gianluigi Filippelli, amministratore e divulgatore per il sito Edu INAF e per l’Osservatorio Astronomico di Brera, ha per tema, ovviamente, il pi greco. Presentato attraverso un video, nel quale ci vengono raccontate le caratteristiche del numero 176, è davvero ricco di contenuti, spunti, curiosità. L’articolo con il quale ho partecipato è intitolato Cerchi fra i banchi e di fatto è un percorso, fatto per immagini e ricco di file Geogebra, tra le indicazioni ministeriali della seconda liceo scientifico. Ho cominciato con la rappresentazione a colori di 180 cifre del pi greco, e ho proseguito con alcune costruzioni geometriche realizzate con Geogebra, dalla circonferenza per tre punti non allineati, alla costruzione delle tangenti da un punto esterno, ai punti notevoli di un triangolo, fino ad arrivare al cerchio dei 9 punti, che mi ha ricordato un’opera di Lanfranco Bombelli citata nel libretto Il cerchio di Bruno Munari. La conclusione ha per protagoniste le lunule di Ippocrate, il logo della Mathesis e un paio di giochi proposti nella competizione Matematica senza frontiere.
Playing with Maths
Seguendo il tema della Giornata Internazionale, IlariaF Math ha deciso di riprendere le dirette sul suo canale, aprendo la rassegna il 7 marzo scorso con Paolo Alessandrini, autore del libro Matematica in campo. Dopo la domanda di rito su cosa sia per Paolo la matematica, e vi spoilero subito che non poteva che definirla un gioco (anche se non aggiungo altri dettagli), Paolo ha parlato di bellezza e di efficacia. Poi, seguendo il tema del libro, Paolo ha raccontato come il gioco del calcio porti con sé, oltre all’ovvia fluidodinamica, al moto parabolico e alla geometria del fuorigioco, anche la topologia, i poliedri (visto che il pallone è un poliedro!), il calcolo combinatorio e tanto altro. Come sempre, Ilaria è un’ottima padrona di casa e Paolo ha sempre un sacco di curiosità con cui intrattenere il pubblico: se vi siete persi la diretta, dovete assolutamente guardarlo! Stasera, alle 20.45, avrà luogo la seconda diretta, durante la quale Ilaria intervisterà Daniele Aurelio, fisico, insegnante, componente del gruppo Physics4Teenagers e coordinatore del Mathsjam di Pavia, l’unico attivo in tutta Italia.
Un paio di settimane fa, Davide Calza e Riccardo Moschetti hanno pubblicato un nuovo video per il Math-Segnale: si tratta dell’analisi matematica del problema numero 15 del World Math Championship del 2022. Il gioco è davvero interessante e la capacità di Davide e Riccardo di tirarne fuori un problema di carattere generale e di riuscire a dimostrarlo in modo semplice non manca mai di meravigliarmi. La descrizione del video è sufficiente a farci incuriosire: «La sfida tra Alice e Bob sembra quasi impossibile. Senza avere praticamente nessuna informazione, e bendata, Alice dovrà trovare il modo di girare tutte le pedine della scacchiera in modo che abbiano lo stesso colore, tutto questo mentre Bob può modificare in continuazione il tavolo da gioco. Come farà?» L’algoritmo descritto mi ha ricordato, in qualche modo, la sequenza di mosse per risolvere il cubo di Rubik e, visto che mia figlia dodicenne è un’appassionata, ho deciso di farle vedere il filmato: come risultato, si è presentata con una benda, una griglia quadrata 2x2 e quattro dischi colorati, chiedendomi di fare Bob. Conoscendo il gioco, ho cercato di renderle le cose difficili, scegliendo la configurazione migliore, ma il risultato è stato che è riuscita a vincere in 7 mosse!
Consigli di lettura
Dall’ultima newsletter ho realizzato tre recensioni: la prima riguarda due libri per ragazzi, A Pisa con Galileo e A Cambridge con Newton, scritti da Silvia Merialdo, con le illustrazioni di Gaia Aloisio ed Emanuela Carbonara. La protagonista è Andrea che con Galileo Galilei va alla scoperta dell’universo e con Newton della gravità, passeggiando con loro nei luoghi dove hanno vissuto. I due scienziati vengono descritti a tutto tondo, tanto che non può che infastidire il carattere litigioso e un po’ burbero di Newton. Semplici, chiari e simpatici, i due racconti contribuiscono ad avvicinare alla scienza i giovani lettori, stimolandone la curiosità.
La seconda proposta è un testo di non facile reperimento, trattandosi di Ultima lezione a Gottinga di Davide Osenda. È un fumetto, pubblicato nel 2009, impreziosito dall’introduzione di Piergiorgio Odifreddi, anche grazie al fatto che le tavole sono state esposte in versione gigante sui muri dell’auditorium di Roma durante il Festival della Matematica. La seconda presentazione è di Andrea Plazzi, editor nel campo dei fumetti, noto per la sua consulenza per le opere di Leo Ortolani. Il fumetto è davvero piacevole, anche se l’argomento non è semplicissimo, visto che l’ultima lezione ruota attorno all’ipotesi del continuo di Cantor.
Il terzo libro è davvero per tutti: è Matematici di profilo, di Umberto Bottazzini. Si tratta di 48 brevi biografie, o, per meglio dire, ritratti, di matematici e matematiche attraverso i quali è possibile ricostruire la storia della matematica. I profili sono stati pubblicati su Il Sole 24 Ore con il quale Bottazzini ha collaborato a lungo, come dimostrato da questo articolo del 2020: L’affascinante storia di «pi greco». Questa affascinante storia si apre con il Don Giovanni di Mozart e il problema della quadratura del cerchio, ovvero il «problema di costruire con riga e compasso un quadrato di area uguale a quella di un cerchio dato». Passando attraverso la Bibbia e re Salomone, Bottazzini cita Il pendolo di Foucault di Umberto Eco e La montagna incantata di Thomas Mann, ma poi ricorda i grandi personaggi che hanno reso immortale questo numero (o forse è questo numero ad aver reso immortali i matematici che l’hanno studiato!). Così ci viene ricordato che il celebre simbolo è stato scelto da Eulero, mentre la dimostrazione dell’irrazionalità risale al 1768 ad opera di Johann Heinrich Lambert. Che dire poi della trascendenza? Ferdinand von Lindemann dà la soluzione definitiva al rompicapo della quadratura del cerchio nel 1882: con riga e compasso è impossibile!
Sono aperte le iscrizioni al secondo convegno nazionale CARME: Ricerca in pratica: la ricerca in didattica della matematica per la scuola. Si terrà a Pistoia, il 17 e 18 maggio prossimi, e le iscrizioni si chiuderanno il 15 aprile.
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Fonte dell’immagine: https://shorturl.at/ioQ39
Si può dire che p sia il protagonista del programma di seconda liceo scientifico: nella prima parte dell’anno scolastico, ci si immerge nell’insieme dei numeri reali e gli irrazionali sono posti al centro della scena. Come dimenticare l’irrazionale per eccellenza?
Nell’immagine è riportata una rappresentazione visiva di alcune cifre decimali di p, 180 per la precisione, che è facile ricostruire assegnando al colore la cifra corrispondente. L’immagine è stata realizzata per uno dei cartelloni esposti durante la seconda partecipazione al Festival di BergamoScienza dell’istituto dove insegno, che ha avuto come protagonista il cerchio.
La classe seconda è il momento in cui si alza il livello di difficoltà: dopo aver risolto equazioni, disequazioni e sistemi lineari, si affrontano, con gli irrazionali nella cassetta degli attrezzi, i problemi di secondo grado ed ecco che in geometria fa la sua comparsa la circonferenza, definita come il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto fisso, il centro.
Uno dei primi teoremi che si incontrano riguarda la circonferenza passante per tre punti non allineati, e la dimostrazione permette, in realtà, di fare una semplice costruzione con Geogebra, evitando di usare lo strumento “Circonferenza – tre punti”. Il teorema fa intravedere i teoremi sulle corde, che presto permetteranno di vederne la lunghezza in relazione alla loro distanza dal centro, e di realizzare che davvero l’asse di una corda passa per il centro.
Il passo successivo è quello di considerare le circonferenze in relazione alle rette e, in particolare, in relazione alle tangenti. Così, può capitare di dover imparare a costruire le rette tangenti a una circonferenza tracciate da un punto esterno, basandosi sul fato che una retta tangente a una circonferenza è perpendicolare al raggio passante per il punto di tangenza. Questo risultato ci regala un anticipo sui triangoli rettangoli inscritti in una semicirconferenza.
Il percorso in matematica assomiglia a una danza, con un passo avanti e uno indietro, a creare una coreografia, ritornando su cose già viste, ma affrontandole in maniera diversa, e così nel capitolo successivo le circonferenze incontrano i triangoli, sempre inscrivibili in e circoscrivibili a una circonferenza, ma non solo:
Tra il circocentro (E) come punto di incontro degli assi e centro della circonferenza circoscritta, l’incentro (I) punto di incontro delle bisettrici e centro della circonferenza inscritta, il triangolo ABC incontra anche altre tre circonferenze, di centri rispettivamente M, L e G, detti excentri, punti di incontro della bisettrice dell’angolo interno non adiacente con le bisettrici degli altri due angoli esterni e quelle blu sono le circonferenze exinscritte, tangenti a un lato e al prolungamento degli altri due. È stato vedendo un’opera di Lanfranco Bombelli (1921/2008), pittore, incisore e architetto, che ho pensato a questa rappresentazione e…
Ripensare al Cerchio per nove punti è stato un attimo: eccola in tutta la sua bellezza! Indicata in rosso passa per tre terne di punti: quelli rappresentati in verde sono i punti medi dei lati del triangolo; quelli in fuxia sono i piedi delle altezze relative ai lati e poi ci sono gli ultimi, più difficili da definire, perché, individuato con O l’ortocentro (il punto di incontro delle altezze di un triangolo), essi sono i punti medi del segmento che ha per estremi O e un vertice del triangolo. Ho scoperto, giusto oggi, che questa circonferenza è nominata come Cerchio di Feuerbach (almeno, stando a quanto dichiarato su Wikipedia), matematico tedesco, fratello del più famoso filosofo. Qualcuno, invece, la nomina come cerchio di Eulero, ma credo che, in questo caso, il celebre matematico potrebbe accontentarsi della paternità della retta, che passa per tre punti notevoli: ortocentro, baricentro, circocentro.
Mentre scorro le pagine del libretto di Bruno Munari intitolato Il cerchio (e scopro ora che ci sono anche Il quadrato e Il triangolo…) dove ho trovato il riferimento a Lanfranco Bombelli, mi imbatto nelle voci “Raggio decrescente” e “Raggio crescente”:
Mi è parso così interessante, che non ho resistito alla tentazione di realizzare quello crescente con Geogebra, arrivando fino al poligono di 14 lati (inventandomi metodi ingegnosi per rappresentare quelli da 7, 9, 11 e 13 lati). Mi piace citare, in particolare, ciò che scrive Munari, oltre alle indicazioni per la costruzione: «Può sembrare che il raggio, aumentando oltre ogni limite, diventi infinito; invece si avvicina a un limite che è circa dodici volte quello del raggio del cerchio primitivo», esattamente come quello decrescente «si avvicina a un limite che è circa un dodicesimo di quello del raggio del cerchio primitivo».
Non ho resistito alla tentazione di riprendere in mano anche questa simpatica dimostrazione senza parole, che utilizza le lunule e il triangolo di Pitagora. Il triangolo rappresentato è rettangolo e ha come lato di appoggio l’ipotenusa. Sui due cateti vengono costruite (e colorate) le lunule, la «parte di piano compresa fra due archi circolari di raggio diverso aventi in comune gli estremi e giacenti dalla stessa parte rispetto alla corda comune». In questo caso, il raggio delle semicirconferenze esterne è pari a metà del cateto e il centro è il punto medio del cateto, mentre l’arco più interno è la semicirconferenza con raggio pari a metà dell’ipotenusa e centro nel punto medio della stessa. La prima differenza è facile, la seconda, invece, ha a che fare con il teorema di Pitagora: come riportato sul sito del Giardino di Archimede, il museo della matematica: «Nell’enunciato del teorema di Pitagora, i quadrati possono essere sostituiti da altre figure, come ad esempio triangoli, esagoni, o anche figure irregolari, purché simili tra loro». Chi ha avuto modo di visitare il museo, avrà provato a mettersi alla prova con i diversi puzzle realizzati proprio con questo teorema di Pitagora generalizzato.
Sul sito, troviamo poi il caso particolare delle lunule di Ippocrate:
In questo caso, l’area indicata in rosso ha la stessa estensione di quella indicata in blu.
«Se poi il triangolo è isoscele, una lunula è uguale a mezzo triangolo. Questo è il primo caso storicamente accertato (la dimostrazione è attribuita a Ippocrate di Chio) in cui si è dimostrato che una figura rettilinea (il triangolo) è uguale a una curvilinea (la lunula).» Questo ci porta al logo della Mathesis:
Una scelta non casuale, visto che la Mathesis è la «Società italiana di scienze matematiche e fisiche fondata nel 1895».
Il 14 marzo è, dal 2020, la Giornata internazionale della matematica e quest’anno il tema dei festeggiamenti è: Giocare con la matematica. Non potevano mancare un paio di giochi, in chiusura, presi dalle ultime due edizioni di Matematica senza Frontiere:
L’immagine a sinistra è stata proposta quest’anno: dopo averne indicato la costruzione, si chiedeva di determinare l’area della parte colorata, in funzione del lato del quadrato (indicato con a). continuando la tassellazione con altre circonferenze, è stato abbastanza semplice sottrarre, dall’area della circonferenza con raggio pari a metà diagonale del quadrato, un quadrato di lato a e moltiplicare il risultato per 2, ottenendo . Il disegno più colorato, invece, è stato proposto nella competizione dell’anno scorso e dovrebbe rappresentare la finestra con il vetro temperato di una chiesa. Sapendo che per il verde sono stati usati 400 cm2 di vetro, che superficie è necessaria per ricoprire il blu? (E scopriamo che si tratta ancora di 400 cm2).
Il cerchio è davvero una figura eccezionale e Munari dichiara nell’introduzione del suo libretto: «Il cerchio è una figura essenzialmente instabile, dinamica: dal cerchio nascono tutti i ruotismi, tutte le inutili ricerche del moto perpetuo». E dal cerchio è giunto a noi p, come dimenticarlo?
Buon pi-day a tutti!
PS: In allegato i file Geogebra per realizzare le immagini