Daniela Molinari

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Sabato, 20 Luglio 2024 14:41

L'invenzione di Eva

«L’invenzione di Eva» è stato pubblicato all’inizio di luglio di quest’anno per Mondadori, nella collana Strade Blu. L’autore è Alessandro Barbaglia, noto per «La mossa del matto», vincitore del Premio Segafredo Zanetti e del Concorso letterario Coni, e per «La locanda dell’ultima solitudine», finalista al Premio Bancarella 2017. Ha vinto il Premio Strega ragazze e ragazzi nel 2021 con «Scacco matto tra le stelle».
Secondo quanto dichiarato sui social, Barbaglia ha avuto l’idea di questo libro dal 2018: la vita di Hedy Lamarr è così piena di avvenimenti che, presi singolarmente, potrebbero riempire un’intera vita. In altre parole, la vita di Hedy racchiude così tante vite che è impossibile riassumerla, perciò, l’impresa di raccontarla ha richiesto parecchio tempo.

La cosa che mi ha colpito fin da subito, nella prosa di Barbaglia, è la frequenza dei punti di domanda, perché l’autore non dà risposte (in certe situazioni può solo fare ipotesi), ma le domande che pone aprono una riflessione che ci porta a riconoscere alcuni dettagli: ad esempio, non possiamo definire la normalità o la genialità, e non sappiamo dire cosa sia un’invenzione o chi sia un inventore. Hedy Lamarr è stata una donna scomoda e Alessandro Barbaglia riporta molto bene questo aspetto: è come se, nella finzione letteraria, avesse vissuto la vicenda di Lamarr, come se l’avesse conosciuta, come se l’avesse tenuta vicino qualche anno, intervistandola a più riprese e facendosi aiutare in qualche modo a narrare le vicende di cui è stata protagonista. Non è facile raccontare una donna «troppo bella per essere anche intelligente», una donna posseduta da un talento gigantesco e oscuro, una donna che «è fatta tutta di futuro, è fuori dal tempo», una donna che ha indossato una maschera per tutta la vita, perché «il corpo è una maschera che non mi posso togliere». «È difficile capire una persona che è passata attraverso tante vite come ho fatto io. Ho vissuto tante situazioni, tante fasi, come si fa a spiegare la mia vita a chi ne ha avuta una semplice, a chi non ha mai visto il paradiso e l’inferno, come è capitato a me?» Questa distanza della vita di Hedy dalla vita di tutti noi viene resa con chiarezza da Alessandro Barbaglia: Hedy Lamarr è stata la diva che si è fatta conoscere grazie al film Estasi, è stata la moglie ebrea di un gerarca nazista in Austria, è stata il volto di Biancaneve di Walt Disney, è stata una diva, è stata una donna geniale che ha inventato la vite per il rossetto, la tinta per capelli per Max Factor, ed è stata l’inventrice dimenticata dell’indimenticabile wi-fi. «Nessuno si fida di Eva» e la sua invenzione, che ha brevettato nell’agosto del 1942, troverà la propria strada solo vent’anni dopo: «Le donne è già difficile che il mondo le prenda sul serio quando vanno al passo con i tempi, figurarsi quando sono avanti anni luce».
Nella finzione narrativa, Barbaglia finge di essere fratello di una donna geniale ma incomprensibile, con una vita molto simile a quella di Hedy Lamarr: «mi sento un bimbo capriccioso alle prese con alcune storie troppo grandi, la tua, la mia e quella di questa donna: la più bella del mondo». Il racconto si apre con la sorella: l’io narrante si illude che sarà più facile raccontarla avendola avuta vicina, perché non ci rendiamo conto, forse per colpa della nostra superficialità, che non riusciamo a raggiungerne la vera essenza, ad andare in profondità. Nel corso del libro, questo fratello imparerà a conoscere Hedy Lamarr e, al tempo stesso, a riscoprire e comprendere le scelte della sorella, che all’inizio viene definita, a più riprese, come una «stronza». Così, si rende conto solo più avanti che «nelle vite di tutti noi ci dev’essere sempre una grande paura, una paura che faccia sembrare tutte le altre insignificanti», che guida le nostre azioni rendendole incomprensibili agli altri, tanto che non è possibile imbrigliare il nostro io più profondo con una banale etichetta.

La copertina del libro mi ha catturata mentre gironzolavo tra gli scaffali di una libreria: non sapevo che fosse stato scritto un libro su Hedy Lamarr, ma la sua immagine mi ha ammiccato dallo scaffale e non ho potuto non acquistarlo. Conoscevo la sua vicenda, conoscevo i dettagli della sua vita, dal film Estasi alla devastante chirurgia estetica degli ultimi anni, ma l’ho sempre raccontata concentrandomi sull’invenzione del wi-fi e trattando tutto il resto come un dettaglio secondario. Alessandro Barbaglia ha trovato il modo di “tener dentro” tutto, raccontandoci qualche verità in più su Hedy Lamarr, facendo convivere tutti i particolari della sua vita e facendolo con la consapevolezza, dichiarata a più riprese, che «il futuro, le nostre vite, tutto prende una piega diversa a seconda che a mangiare del frutto della conoscenza sia un uomo o una donna. I peccati originali si rimettono più volentieri agli uomini. Alle donne, invece, toccano le sette maledizioni di Eva.»
Alessandro Barbaglia ripercorre «la vicenda scordata di una donna senza fili che avrebbe potuto cambiare il nostro domani e che oggi nessuno ha più idea di chi sia»: ha il volto della celebre Biancaneve, ma nessuno lo sa.
Se scrivere questo libro è stata davvero un’impresa, anche parlarne non è facile: sono state tante le emozioni scatenate dalla lettura di questo libro, che consiglio caldamente, sia per le vicende della protagonista, sia perché l’autore ha avuto la capacità di raccontare questa storia con obiettività ed emozione, restituendole il posto che merita nella storia degli inventori.

«Il 9 novembre, ogni anno, nel giorno del suo compleanno, viene celebrata la giornata degli inventori dimenticati: quella giornata è dedicata a Hedy Lamarr. Non lo sa nessuno. Il 9 novembre tutti ricordano solo la caduta del muro di Berlino.»

Martedì, 02 Luglio 2024 08:24

224 - 2 luglio 2024

Studiare la prospettiva per progettare i laboratori di BergamoScienza mi ha fatto cogliere quanto sia determinante il punto di vista. Come ogni anno, parecchio viene detto e scritto sulla prova di matematica dell’Esame di Stato al liceo scientifico, perciò avrete già avuto modo di trovare tutto e il contrario di tutto. Il giudizio sull’eventuale difficoltà della prova dipende da tanti fattori e, anche se il punto di vista è lo stesso (ad esempio: docenti che insegnano allo scientifico), l’opinione cambierà in base alla propria esperienza.

Il primo commento della prova nel quale mi sono imbattuta è stato quello di Davide Calza, del Math-Segnale, che in un lungo post su Facebook, scritto di getto all’indomani della prova, ha confermato i miei sospetti, ovvero che la prova fosse composta per metà da argomenti trattati negli anni precedenti, perché la matematica «è una costruzione continua». Non entro nei dettagli, l’ha già fatto Davide, ma vorrei far notare come queste scelte mostrino, ancora una volta, l’importanza della geometria euclidea, anche solo come sostegno nell’affrontare gli esercizi: è un metodo di ragionamento, ma è anche un’arma in più che è fondamentale aggiungere al proprio arsenale lungo il percorso liceale.
La prova era fattibile, ma, certo, molto dipendeva dalle scelte del singolo: in questo, è fondamentale possedere una buona consapevolezza dei propri punti di forza e delle proprie debolezze, anche se si ha tutto il tempo per leggere con attenzione il testo. Se ci si limita a studiare meccanicamente i contenuti, nel corso del quinquennio, senza lasciare il tempo perché i contenuti si depositino, se non si sono recepiti fino in fondo i capisaldi della disciplina, allora non c’è modo di svolgere con serenità questa prova. Condivido, a questo proposito, una parte della chiusura del post di Davide, che ci parla della sua passione: «la matematica non è fatta di “capitoli” da studiare e dimenticare, ma è una costruzione continua, in cui ogni pezzo poggia o si intreccia coi precedenti, spesso in modo imprevedibile» ed è per questo, forse, che è tanto odiata. In classe, spesso, la paragono all’amica/o che, dopo che tu non ti sei fatto vivo per un po’, devi faticare a riconquistare, ma Davide va ben oltre, paragonando la costanza richiesta dalla matematica alla costanza necessaria per seguire una serie tv: «Vivetela in modo positivo, come scegliete di vivere una serie TV! Bramate di vedere l'episodio! Stoppate e riguardatelo più volte per scovare ogni dettaglio, ogni bellezza, ogni inaspettato Easter egg piazzato lì dall’autore! Desiderate con ardore l’uscita del nuovo episodio e incazzatevi se qualcuno lo ritarda! Siate tristi quando finisce una stagione, ma vivete anche con passione l’attesa della stagione successiva, per vedere cosa succederà, per capire quali colpi di scena ci saranno!»
Mi è piaciuto molto anche il commento di IlariaF Math: anche lei definisce la prova fattibile ed il suo commento è quello di chi ha corretto la prova come commissario esterno. «Ho apprezzato molto la presenza nel testo di citazioni dettate da matematici importanti per la storia» che «ci aiutano a capire che la matematica non cade dal cielo: è legata a uomini e donne che si sono chiesti il perché delle cose e con creatività ci hanno consegnato quello che oggi conosciamo della matematica». 

Adeguarsi ai tempi
Parlare della seconda prova riconduce necessariamente a una riflessione didattica: al termine dell’anno scolastico, ho somministrato, con i colleghi delle classi parallele, una prova finale e ho avuto modo di rendermi conto di come uno studio a singhiozzo, che avviene solo in prossimità delle prove di verifica, non possa portare ad una reale assimilazione dei contenuti. Per questo motivo, anche il quesito numero 7 della seconda prova, riguardante l’equazione di un’ellisse, poteva sembrare al di fuori della propria portata, pur riconoscendone la semplicità, in quanto troppo lontano nel tempo. Ciò che mi ha colpito, osservando i risultati delle classi a me vicine, è stata la polarizzazione dei risultati: ci sono stati risultati eccelsi o risultati gravemente insufficienti, forse proprio per la differenza tra chi ha studiato con continuità nel corso del quinquennio e chi si è limitato ad accumulare sufficienze risicate.
Vi consiglio di leggere i commenti al post di Davide, perché offrono un’ampia riflessione. Tra di essi, si può trovare quello di Rocco Dedda, Un quarto d’ora con il Prof, che ribadisce un aspetto importante: «sulla didattica siamo a un bivio: gli studenti non apprendono, nel complesso, come facevamo noi, dalla nostra generazione a quelle precedenti. Credo sia tempo di accettarlo e di metterci, come categoria, completamente in discussione, se non vogliamo che i gap vengano colmati con la memoria e che inevitabilmente ci sia un calo nella difficoltà dei contenuti proposti». (Su RaiNews è possibile vedere una traccia della soluzione del secondo problema proposta da Rocco Dedda).
È interessante anche il video proposto da Federico Benuzzi La scuola deve (?) cambiare: non è direttamente legato alla prova di matematica della maturità, ma offre un interessante punto di vista, nell’ambito della didattica. Tutto parte da un video di Mirko Mazzon che sostiene che la scuola dovrebbe cambiare per adeguarsi all’evoluzione del mondo. Se da un lato è vero, dall’altro, secondo l’opinione di Federico Benuzzi (che io condivido) bisogna rivalutare l’importanza del tempo. Per poter accedere a certe competenze, per poter davvero imparare la matematica, è necessario concedersi del tempo. Se è vero che per la generazione precedente l’attesa è stata una necessità, è anche vero che la velocità di oggi ci ha portato a una riduzione dell’attenzione: «il fatto che siamo abituati a video brevi ha portato a far sì che l’attenzione quadratica media sia diventata quella di Dory la pesciolina: basta un attimo per distrarsi». La società sta cambiando, ma non sempre è necessario che la scuola si adegui a questo cambiamento, propendendo per il tecnologico a scapito di carta/penna o lavagna/gessetti. Il gesto di scrivere ci restituisce quella lentezza che abbiamo perso per strada e aiuta ciò che apprendiamo ad «essere introiettato in modo più efficace». (Già che parlo di Federico Benuzzi: è cominciata una nuova serie su YouTube, La matematica dei giocolieri

La bellezza della matematica
La scelta di proporre delle citazioni nel testo della prova ha stupito: le citazioni sono di Ennio De Giorgi e di Godfrey Hardy, «nella prima la matematica è correlata al mistero della conoscenza, nella seconda alla bellezza». Un commento in proposito ci viene proposto dalle pagine di MaddMaths! scritto da Sandra Lucente: Sandra ha apprezzato le citazioni, e non solo perché una delle due era di De Giorgi, «uno dei pensatori del Novecento che ogni studente dovrebbe leggere». Oltre a riconoscere, in quella proposta, «una prova abbastanza standard», viene sottolineato come essa ripercorra il quinquennio non solo attraverso i contenuti, ma anche per il nuovo «approccio culturale alla matematica». Forse questo potrebbe costituire un ponte verso il futuro, un invito ad approfondire il pensiero di De Giorgi e a scoprire che la citazione è incompleta: «All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. [Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio.] A questo mistero la matematica ci avvicina, senza penetrarlo». In realtà, parlare di mistero e basta in qualche modo ha concesso ad ognuno di noi la possibilità di una lettura personale facendo propria questa frase. È quello che è successo ad Alberto Saracco, intervistato a Radio3 Scienza nella puntata Fare i conti con la bellezza. Anche Alberto Saracco dichiara di aver avuto un’impressione positiva del compito e di avervi trovato una celebrazione della bellezza. E a chi protesta contro la difficoltà del testo, risponde con una citazione di John von Neumann: «Se le persone credono che la matematica non sia semplice, è soltanto perché non si rendono conto di quanto la vita sia complicata». 

La matematica ovunque
La prova orale dell’Esame di Stato consiste nell’assegnazione di un documento, che può essere una fotografia, un’opera d’arte, una citazione o un articolo di giornale, al candidato, il quale deve costruire un percorso che colleghi le singole discipline oggetto d’esame al documento. In un liceo linguistico non è certo facile sentire degli approfondimenti di matematica, come avevo già avuto modo di notare l’anno scorso, perciò ho deciso di scegliere i mie collegamenti, quelli cioè che, in un modo ideale, mi sarebbe piaciuto sentir raccontare. Ho collegato la Rivoluzione russa a Igor Tamm, l’eterno ritorno di Nietzsche alle funzioni biunivoche, Dickens a Ian Stewart con il bellissimo Teorema di Natale di Fermat, Jane Eyre a Mary Everest Boole, Il ritratto di Dorian Gray a Godfrey Hardy, la dittatura alla democrazia impossibile, l’assurdo di Camus al suicido di Alan Turing… Ho costruito questi collegamenti in quattro diversi articoli, uno per ogni giornata d’esame, in maniera tale da fornire qualche spunto o semplicemente per permettere a chiunque di notare come la matematica sia davvero ovunque. 

Matematica danzante per chiudere in leggerezza
Ho l’occasione di chiudere in bellezza questa newsletter: visto il ritardo nell’invio (l’articolo ha avuto una gestazione più lunga del previsto), posso condividere la nuova puntata di Matematica danzante pubblicata ieri. Dopo un lungo periodo di assenza, Raffaella Mulas ci ripaga dell’attesa parlando di Paul Erdős, con il suo stile tipico, ovvero con leggerezza e allegria. Paul Erdős è stato un matematico originale e unico, e, nel corso del video, scopriamo che il numero di Erdős di Raffaella Mulas è 3. Complimenti! 

Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Giovedì, 27 Giugno 2024 18:15

L'esame che... sorprende

La quarta (e ultima, per la commissione di cui ho fatto parte) giornata di prove orali è stata in qualche modo caratterizzata dalla scoperta dell’arte, perché, considerata la mia abissale ignoranza in materia, non potevo che restare sorpresa dal coinvolgimento della matematica.

Il primo documento era un’immagine che contrapponeva comunismo e capitalismo: ho trovato un articolo di Pietro Greco, pubblicato per Il Bo live a maggio 2018, intitolato Marx, il matematico che non ti aspetti. Anche se poi, nel corso dell’articolo, leggiamo che Marx non può essere definito un matematico di «primaria grandezza», di fatto è stato l’autore dei Manoscritti matematici, pubblicati solo recentemente, ai quali ha lavorato per tutta la vita. Con questo testo si mostra «capace di penetrare i fondamenti della scienza dei numeri» e ha due obiettivi: il primo era di «fondare l’economia su solide basi matematiche», mentre il secondo era di «fondare il calcolo differenziale su solide basi concettuali», mostrando così di non voler relegare la matematica al ruolo di ancella dell’economia, ma di riconoscerne «il valore culturale in sé».

Il secondo e il quarto documento hanno avuto a che fare, entrambi, con l’arte. Il secondo documento era uno dei quadri di De Chirico della serie Piazze d’Italia, nello specifico era il quadro Presente e passato. Il primo link che ho visitato parlava, in realtà, di Paolo Uccello che nel Quattrocento rappresentava atmosfere surreali, attraverso una distorsione della prospettiva. De Chirico ha trovato, in Paolo Uccello, una fonte di ispirazione: come esponente della Pittura metafisica, visto che «aspira a superare i limiti del visibile e del reale», attraverso uno spazio ordinato, con scene nitidissime, fatte da oggetti e forme riconoscibili e collocati in uno spazio «delimitato dalle forme geometriche». È stato solo in un secondo momento che ho trovato l’opera Nostalgia dell’infinito, datata 1913, «caratterizzata da una forte enfasi dell’aspetto geometrico che mette in evidenza angoli e spigoli presenti, i quali arrivano a trasmettere all’osservatore, intento nella ricerca di un’interpretazione personale dell’opera stessa, un senso di distacco». Infatti, essendo l’infinito «non descrivibile tramite forme e linee, che lo ingabbierebbero inevitabilmente», con questa rappresentazione De Chirico regala una sensazione di amarezza e rammarico: la nostalgia, appunto! E qui, il collegamento è davvero semplice, visto che l’analisi, oggetto di studio del quinto anno, è pervasa dall’infinito.

Il quarto documento è stato Il volto della guerra di Salvador Dalì e ho trovato un articolo davvero interessante di Silvia Benvenuti, pubblicato su MaddMaths!, Genio e sregolatezza: le passioni matematiche di Salvador Dalì. L’autrice esordisce dicendo «di voler sostenere che la matematica può essere, oltre che un valido supporto tecnico per gli artisti, anche un eccezionale stimolo creativo». La citazione di Dalì, riportata subito dopo, pare sostenere proprio questa tesi: «Devi, soprattutto da giovane, usare la geometria come guida alla simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori più o meno romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono l’ispirazione dell’artista, dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, è proprio per non aver da pensare e riflettere su certe cose, che tu le usi.» I bozzetti preparatori mostrano proprio l’importanza di fissare alcune proporzioni, ma visto che si tratta di un grande artista, Dalì non si limita alla sezione aurea, dominio di tutti, va ben oltre. Troviamo, quindi, la topologia nella Persistenza della memoria, la quarta dimensione in Corpus Hypercubicus, e poi la teoria delle catastrofi. Dalì «è stato profondamente affascinato dalla matematica durante tutta la sua vita, e le sue opere riflettono in modo molto profondo questa passione», che, grazie ai suoi studi e alle amicizie matematiche, conosceva bene.

Chiudo questa rassegna di diciotto collegamenti un po’ fuori dagli schemi con una citazione di Albert Camus, tratta da Il mito di Sisifo: «L’absurde dépend autant de l’homme que du monde. Il est pour le moment leur seul lien» (traduzione di Google: L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo. Per il momento è il loro unico legame). Per cercare di farmi un’idea, ho setacciato il web (come al solito): «In questa opera Camus negando qualsivoglia valore a un significato trascendente alla vita e al mondo, riconosce come assurda l’esistenza: senza un significato l’esistenza è irrazionale ed estranea a noi stessi. Resta dunque il suicidio», che però non risolve il problema, e non resta altra soluzione se non la “sopportazione”. In un primo momento, ho pensato alla dimostrazione per assurdo, ma mi è parso il collegamento citato all’inizio di questo percorso della resistenza partigiana con la resistenza elettrica, perciò ho cercato di andare oltre. L’idea del suicidio mi ha portato alla vicenda di Alan Turing, del quale, proprio pochi giorni fa, è stato celebrato il settantesimo anniversario della morte. Per celebrare l’avvenimento, Il Post ha proposto un articolo sul grande genio, protagonista della decodifica dei messaggi di Enigma durante la Seconda guerra mondiale, ma anche autore di un importante articolo del 1950, nel quale si pone un’importante questione: «Le macchine possono pensare?». Il test che porta il suo nome è diventato un punto di riferimento per chi si occupa di intelligenza artificiale ed è un problema quanto mai attuale, soprattutto per noi insegnanti che siamo chiamati a distinguere l’operato dei nostri alunni dall’opera di ChatGPT. Se non abbiamo grandi speranze in tal senso, stando a un articolo di Nature del luglio scorso, non ci resta altro da fare che investire le nostre energie su altro: ad esempio, a far nascere una passione…

Terza giornata di prove orali: L'esame che amerei

Mercoledì, 26 Giugno 2024 20:22

L'esame che amerei

La giornata di oggi è stata dominata dai grafici e, devo riconoscerlo, sono uno strumento effettivamente semplice ed evitano ai candidati collegamenti fantasiosi che suonano un po’ come un’arrampicata libera sugli specchi. Il primo grafico è collegato alla celebre frase di Nietzsche “Dio è morto” e rappresenta la distribuzione delle religioni nel mondo. Personalmente, mi sarebbe piaciuto sentir parlare della dimostrazione dell’esistenza di Dio di Gödel, o forse si sarebbe potuta aprire una riflessione, visto l’impazzare di ChatGPT, a partire dall’articolo, ormai datato, di MaddMaths! E questa prova ontologica dell’esistenza di dio? nel quale si racconta che Christoph Benzmüller dell’Università di Berlino e Bruno Woltzenlogel Paleo dell’Università di Vienna hanno verificato, con theorem provers, la prova ontologica, che di fatto è un esercizio di logica modale. Questa verifica «offre un ulteriore spunto al tentativo di formalizzare mediante linguaggi meccanici i metodi e le strategie del ragionamento matematico».

Anche il secondo argomento proposto aveva a che fare con dei grafici: in questo caso, si trattava della concentrazione della ricchezza in Italia e nel mondo, e i due grafici accompagnavano un piccolo estratto de I malavoglia di Giovanni Verga. Il grafico è stato riportato, nel dicembre 2017, sul quotidiano Avvenire: si riferisce al periodo 1995/2013 ed evidenzia l’aumento delle diseguaglianze sociali, secondo la ricerca di Salvatore Morelli, dell’Unità di studi sulle diseguaglianze dell’Università di New York, Paolo Acciari del ministero dell’economia, e Facundo Alvaredo, della Paris School of Economics.

Il terzo documento ha aperto una strada più interessante: si parla di Futurismo e l’opera presentata è Il dinamismo dell’automobile di Luigi Russolo, mentre l’articolo è stato pubblicato su MaddMaths! e porta la firma di Roberto Natalini. Nel 1940 Marinetti ha scritto il Manifesto della “Matematica futurista”, con la collaborazione del matematico Marcello Puma, e ha acquisito «la sintesi delle nuove matematiche discusse nei primi venticinque anni del Novecento, rivalutando i principi della probabilità, della casualità, del caos e la teoria dei giochi». All’inizio del XX secolo, la comparsa della tecnologia ha generato un cambiamento nell’arte, il Futurismo, ma ha generato un cambiamento anche nella matematica, che diventa «una matematica di guerra», mostrandosi come una «forza terribile» che «può dare un aiuto incomparabile». Siamo alla fine degli anni Venti e nasce l’Istituto per le Applicazione del Calcolo: il lavoro di Mauro Picone, del quale l’istituto porta il nome, permette il passaggio da un universo matematico a priori (quello ipotizzato da Galileo Galilei) a un universo da matematizzare attraverso i modelli.

L’ultimo documento della mattinata è stato scelto per lingua e letteratura spagnola: si parla della dittatura franchista e non può mancare il riferimento al libro di Chiara Valerio La matematica è politica, presentato da Il Sole 24 ore, dove si parla della matematica come di uno degli strumenti più equi nell’esercizio della democrazia. Ma per quanto sia equo, non riesce a evitare il paradosso, presentato da Marco Menale dalle pagine di MaddMaths! Si tratta del teorema di Kenneth Joseph Arrow, pubblicato nel 1957, che ci obbliga a notare che «l’unico sistema decisionale democratico sarebbe la dittatura». La conclusione, inevitabile, di Marco Menale è un po’ amara: «Ogni sistema di scelta maggioritario è in realtà un gioco non banale nel senso matematico, in cui la soluzione potrebbe non essere la migliore possibile, ma solo la meno sgradita ai più.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

Quarta giornata di prove orali: L'esame che... sorprende

Martedì, 25 Giugno 2024 16:19

L'esame che vorrei

Il secondo giorno di prove orali dell’Esame di Stato non è stato meno ricco di spunti del primo.

Al primo candidato è stata proposta la raccolta di novelle Vita dei campi di Giovanni Verga: non ho trovato collegamenti tra Verga e la matematica (il che non esclude che ci siano), ma Verga viene sempre associato a Charles Dickens (e in effetti anche il candidato ha virato subito dopo sulla letteratura inglese). Nella ricerca di collegamenti tra Dickens e la matematica, mi sono imbattuta in un articolo di Brittany Carlson, dell’Università della California, che paragona il blocco dello scrittore all’ansia per la matematica, che spesso si esprime nel guardare impotenti un problema, senza riuscire a trovare un approccio. Nonostante la sua amicizia con Charles Babbage e Ada Lovelace, Dickens non aveva una buona opinione della matematica: nutriva un certo sospetto nei confronti di questa disciplina, soprattutto per l’uso che ne era stato fatto nelle statistiche, che avevano portato a deumanizzare e depersonalizzare i meno abbienti, appiattendo la situazione: la sua riprovazione è rivolta alle New Poor Laws del 1834, ma ha da ridire anche sull’educazione matematica, visto che non accettava che fosse insegnata, nel XIX secolo, usando la memorizzazione. Nella mia ricerca, ho trovato anche un articolo pubblicato sul numero 268 di Le Scienze, nel dicembre 1990, e riproposto nel 2012: è intitolato Il Teorema di Natale di Fermat ed è stato pubblicato nella rubrica L’angolo matematico di Ian Stewart. La lettura è davvero divertente: si tratta di un Canto di Natale modificato, con un Mister Stooge (=fantoccio) come protagonista (al posto di Scrooge=Tirchio), che incontra il Fantasma dei Teoremi del passato, il Fantasma delle Intuizioni future e il Fantasma delle Dimostrazioni presenti. Costellato da una serie di curiosità matematiche, a partire dai fattoriali e dai frattali, fino al “moduloscopio” che modifica i numeri, accarezza la Congettura di Fermat (nel 1990 non era ancora l’Ultimo Teorema), fino ad arrivare a Minkowski, alla relatività einsteiniana e alla “geometria dei numeri”.

Il secondo candidato si è visto proporre il romanzo Jane Eyre, di Charlotte Bronte, nel quale i temi sono l’amore, l’indipendenza e la figura della donna in epoca vittoriana. Ho trovato un articolo comparso sul numero 9 di Prisma, nel luglio 2019, scritto da Paola Magrone e Ana Millán Gasca, autrici del libro I bambini e il pensiero scientifico, che ha per protagonista Mary Everest Boole, una donna in epoca vittoriana. Moglie di George Boole e nipote di George Everest, «fece della ricerca della verità il filo conduttore della sua vita». Avrebbe potuto studiare matematica a Cambridge, ma, come sentì dire dal padre: «Che cosa può fare una ragazza studiando matematica?». È di fatto costretta a formarsi autonomamente, dimostrando una grande determinazione. Il marito dà un grande contributo al suo percorso, tributandole molta stima, come mostrato dalla lettera scritta ad Augustus de Morgan: «Non c’è assolutamente nessuna persona [in Irlanda] con cui io discuta di logica eccetto mia moglie». L’obiettivo di Mary Everest Boole era di formare i bambini al pensiero scientifico per avere adulti migliori, mostrando le difficoltà della scienza per farla amare, consapevole che una semplificazione eccessiva avrebbe annoiato i bambini, smorzandone la passione.

Il terzo documento è stato preso dal sito Our World in data e si tratta di una serie di tre grafici, proposti dagli economisti Branko Milanovic e Christoph Lakner, che mostra la storia della disuguaglianza economica globale. «Ciò che più conta per stabilire quanto tu sia sano, ricco e istruito, non è chi sei, ma dove sei», è dichiarato in apertura dall’autore dell’articolo Max Roser. I grafici mostrano una situazione di povertà nel 1800, che evolve in una grande disparità nel 1975, fino ad arrivare al 2015, quando l’estrema povertà è crollata come mai prima d’ora.

Il quarto collegamento è stato davvero inaspettato: si parla di letteratura spagnola, che non conosco molto, e protagonista è l’opera di Rafael Alberti. Prima ho trovato la poesia Alla divina proporzione, contenuta nella raccolta Poesie dell’esilio e dell’attesa, probabilmente scaturita dalla lettura della Divina proportione di Luca Pacioli del 1509. Si tratta di un sonetto che, come viene ribadito nel blog Literary, è la «forma poetica rinascimentale simbolo per eccellenza di perfezione metrica lucida e ragionata su parametri matematici non solo nel computo sillabico dell’endecasillabo, ma anche nello schema prosodico in seno a ogni verso». La cosa simpatica è che, letta nella lingua originale, presenta in apertura di strofa “A ti”, che crea un’assonanza con phi, il simbolo della sezione aurea. Cercando ulteriori conferme, sono approdata al blog di Marco Fulvio Barozzi, Popinga, che propone El ángel de los números, dalla raccolta Sobre los angeles del 1928, «in cui affiorano i ricordi di scolaro affascinato dal freddo suono del gesso sulla lavagna e dall’azione del cancellino sulle parole e sui numeri».

La mattinata si è davvero chiusa in bellezza con il documento che rimandava al celebre Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Complice la citazione presente nella prova di matematica dell’Esame di Stato del liceo scientifico («Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle: le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c’è posto perenne per la matematica brutta!»), ho subito pensato al matematico Godfrey H. Hardy. Cercando sul web, mi sono imbattuta nel blog Robiland, che riporta una descrizione del matematico, stralciata dal libro di Robert Kanigel L’uomo che vide l’infinito, pubblicato nel 2003 per Rizzoli. In apertura del quarto capitolo, dedicato ad Hardy, Kanigel scrive: «Era oggetto di studio sull’eterna giovinezza. Un giorno della primavera del 1901, Hardy portò l’amico Lytton Strachey nel prato privato dietro il Trinity College, cui aveva accesso in quanto fellow del college, per una partita a bocce. “È il genio matematico per eccellenza” scrisse Strachey a sua madre “e ha l’aspetto di un bambino di tre anni.” Persino dopo aver superato i trent’anni, Hardy si vedeva spesso rifiutare la birra e almeno una volta, mentre pranzava con altri docenti del Trinity, venne scambiato per uno studente.» Direi che non potrebbe esserci esempio migliore, soprattutto perché L’apologia di un matematico (citata appunto nella seconda prova di matematica) permette una chiusura (di questo articolo) provocatoria: «La matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca. Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. “Immortalità” forse è una parola ingenua, ma un matematico ha più probabilità di chiunque altro di raggiungere quello che questa parola designa.»

 

Prima giornata di prove orali: L'esame che farei

Terza giornata di prove orali: L'esame che amerei

Lunedì, 24 Giugno 2024 19:47

L'esame che farei

Ogni volta che mi trovo ad assistere alla prova orale dell’Esame di Stato, succede la stessa cosa: quando si propone al candidato il documento che dovrebbe essere lo spunto del percorso pluridisciplinare, ogni insegnante ha chiaro in mente ciò che vorrebbe sentirsi dire per la propria disciplina. Quando, come me quest’anno, sei un commissario esterno nominato per matematica e informatica in un liceo linguistico, non hai grandi aspettative: i ragazzi possono fare quei collegamenti che sono stati abituati a fare e so che, messo di fronte alla scelta, l’insegnante di matematica in genere dà la precedenza ai contenuti disciplinari, in altre parole agli studi di funzione, e il candidato difficilmente si lancerà in collegamenti di spessore che non ha avuto modo di cogliere nel corso dell’anno. Ciò che intendo è che il collegamento resistenza partigiana – resistenza elettrica capita con una certa frequenza, anche se, in questo caso, declinato in ambito matematico. Perciò, nel momento in cui comincia la prova del candidato di turno, mi diverto a cercare quei collegamenti che mi piacerebbe sentirmi raccontare, spesso imparando un sacco di cose nuove nel frattempo, e creandomi l’opportunità, nel caso di difficoltà del candidato, di proporre un argomento in tema.

Il primo documento di oggi aveva a che fare con la Rivoluzione russa: il primo suggerimento di Google mi rimandava a Perel’man e alla congettura di Poincaré, ma l’ho ritenuto un po’ forzato, avendo in comune solo la nazionalità. Mi è piaciuta, invece, la storia di Igor Tamm, premio Nobel per la fisica nel 1958, raccontata da Pisani nelle pagine di MaddMaths! Già il titolo conquista: Igor Tamm e il calcolo che… salva la vita. Pisani racconta che, proprio durante la Rivoluzione russa, il fisico insegnava in Ucraina e, aggirandosi per un villaggio in cerca di cibo, un giorno si è imbattuto in un gruppo di banditi. Il capo della banda, una volta saputa la sua professione, gli ha chiesto di dargli «una stima dell’errore che si commette troncando uno sviluppo in serie di Mac Laurin all’n-mo termine». E ha aggiunto: «Fallo e sarai libero, fallisci e ti sparo». Fortunatamente Tamm non ha sbagliato!

Il secondo documento è stato più semplice: il protagonista era Nietzsche, ritratto da Munch, perciò ho googlato “Nietzsche e matematica” e mi sono imbattuta in un interessante articolo di Paolo Caressa, pubblicato sul numero di febbraio 2021 della rivista Prisma, Il teorema dell’eterno ritorno. «Il suo argomento per l’eterno ritorno è matematicamente sensato e si può ricondurre al fatto che, se f: X → Y è una funzione fra gli insiemi X e Y, con X infinito e Y finito, allora f non può essere biunivoca, cioè non può far corrispondere ciascun elemento di X a un solo elemento di Y», dove X è l’insieme degli infiniti istanti, mentre Y è l’insieme degli elementi di cui consta il mondo (ed è per forza un insieme finito). Anziché parlare di funzioni biunivoche, però, mi sono accontentata di fare riferimento alla circonferenza che rappresenta l’eterno ritorno, chiedendo se la circonferenza fosse una funzione…

La terza proposta era l’immagine di una trincea e richiamava, quindi, la Prima guerra mondiale. Devo dire che, in questo caso, ho trovato abbastanza semplice il collegamento, avendo parlato del ruolo degli scienziati tra le due guerre mondiali proprio in una serie di lezioni di educazione civica, proposte alla mia ultima quinta. Ho provato comunque a googlare e ho ritrovato l’articolo di Pietro Nastasi Un matematico alla grande guerra: Mauro Picone. Nell’articolo si parla dei calcoli per ricostruire delle tavole di tiro adeguate, visto che il lancio di granate avveniva in montagna, oltre alle enormi possibilità di calcolo della calcolatrice Brunswiga (e noi che pensiamo sempre e solo a Turing contro Enigma!), ma si parlava soprattutto del fatto che Mauro Picone è stato il fondatore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo, che oggi porta, appunto, il suo nome. È un peccato che questa storia non sia stata raccontata agli studenti…

Il quarto argomento aveva a che fare con gli Organi dello Stato e in questo caso il riferimento immediato, almeno per quanto mi riguarda, era al libro di Chiara Valerio La matematica è politica. Il secondo riferimento, invece, ha a che fare con il fascismo: si tratta di Vito Volterra, matematico impegnato in politica, è stato senatore a partire dal 1905, ha contribuito alla Fondazione della SIPS, la Società Italiana per il Progresso delle Scienze, ma soprattutto ha rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. La sua storia è ben raccontata nella graphic novel La funzione del mondo, che racconta la sua vita e la nascita della modellizzazione.

L’ultimo collegamento mi ha messo un po’ in difficoltà: si trattava di una citazione tratta da Notre-Dame de Paris di Victor Hugo che, per un caso fortuito, sto ascoltando in auto durante il viaggio per raggiungere la sede d’esame (160 km al giorno sono tanti…). Ho setacciato il web, ma non ho trovato nulla che collegasse l’opera del grande scrittore alla matematica. Mi sono imbattuta in un testo dell’Università degli Studi di Firenze, ma non sono riuscita a scaricarlo, perciò ho rimandato la ricerca. Rientrata a casa, sono stata in grado di aprire il pdf, e di scoprire che Hugo non aveva grande simpatia per la matematica, ma mi sono imbattuta anche in una versione pdf del romanzo. Una rapida ricerca mi ha permesso di verificare che la matematica viene citata solo due volte: «Quella zingara che sapete, quella che viene tutti i giorni a danzare sul sagrato, nonostante il divieto ufficiale! Ha una capra indemoniata con le corna del diavolo, che legge, scrive, conosce la matematica come Picatrix, e che basterebbe a far impiccare tutti gli zingari.» La seconda non è migliore, visto che Gringoire dice di aver «calcolato matematicamente la resistenza di quella castità alla seconda potenza». Inoltre, Victor Hugo non recupera nemmeno citando tre volte Pitagora: prima lo mette insieme a Nicolas Flamel e Zoroastro, poi lo indica come filosofo, e infine facendo dire a Jean du Moulin: «sarò un vero Pitagora di scienza e di virtù».

L’avventura tra letteratura e matematica per oggi si chiude qui, ma spero che domani le pagine di Gian Italo Bischi dedicate a Matematica e letteratura possano riservarmi citazioni più ottimistiche di quella di George Orwell (da “1984”): «Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

Domenica, 16 Giugno 2024 11:36

Gravitazione maggio 2024

Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico
Argomento: gravitazione

Durata: 60 minuti

Martedì, 11 Giugno 2024 11:45

Matematica estiva

Alla ricerca di ispirazione per il Carnevale della Matematica, con il tema “matematica estiva” lanciato da Maurizio Codogno, faccio scorrere le foto della scorsa estate e realizzo che le foto di prati verdi e boschi rigogliosi che costellano in genere le mie estati (sono un’appassionata di camminate in montagna) si alternano a foto di bottiglie di Klein colorate realizzate all’uncinetto, di pantaloni molto ampi e altre amenità legate alla topologia. Dal 2016 ad oggi, le mie estati sono state arricchite dalla preparazione dei laboratori per il Festival di BergamoScienza, che si tiene ad ottobre, e, quindi, so che anche quest’anno la mia matematica estiva sarà ricca di prospettiva, visto che il mio cellulare già esplode di fotografie inerenti disegni prospettici, illusioni ottiche, anamorfosi, carte geografiche e tanto altro.

Vorrei concentrarmi, però, in questo caso, sulla matematica in montagna: il mio occhio ormai allenato (ossessionato, direbbe qualcuno) è abituato a individuare la matematica ovunque, e, mentre sono impegnata a raggiungere la meta del giorno, la mente vaga e cerca la matematica nella natura.

Comincio con gli straordinari giochi di luce che sul finire dell’estate interessano le due montagne (sacre, per gli antichi Camuni) che si fronteggiano nella Media Valle Camonica, il Pizzo Badile, protagonista al mattino, e la Concarena, che si ammanta di luce al tramonto. I raggi di luce, che all’Equinozio proiettano l’ombra delle montagne nel cielo, si mostrano come semirette con un’origine comune.

 

Quando si cammina in montagna, uno dei problemi con i quali ci si confronta di più è quello della pendenza: sono in bilico tra una terza e una quarta liceo scientifico e realizzo che quella che abbiamo visto fino a questo momento come pendenza della retta (ed esplorato in lungo e in largo anche con la cinematica e i diagrammi dei moti unidimensionali), ora diventerà la tangente dell’angolo formato dalla retta con l’asse delle ascisse, visto che cominceremo ad aggirarci tra i meandri della goniometria. La pendenza ha un ruolo determinante nella scelta di una camminata in montagna, perché non conta solo il dislivello che si deve colmare per raggiungere la meta, ma anche lo sviluppo del percorso. Diciamo che la pendenza è forse l’aspetto matematico più bistrattato durante le camminate di gruppo: il tratto che per chi ha allenamento e abitudine alla fatica è in genere un falso-piano, per chi è affaticato diventa una salita ripidissima.

«… chi va in montagna mi capisce al volo: una di quelle volte che ti sei alzato la mattina presto, stai sudando ormai da ore come un becco, sotto lo zaino, verso il rifugio che è là… son tre ore che è là… perché li spostano! Ci ho messo anni a capirlo: lo fanno per il tuo bene ma li spostano, chiaro!» [dal monologo teatrale di Marco Paolini Il racconto del Vajont]

Camminare in montagna aiuta a mettere le cose in prospettiva, per questo l’attività ha degli innegabili benefici psicologici, ma fa anche vedere le cose da un’altra prospettiva: «Tu sei là che ti domandi chi è che te l’ha fatta fare tutta ‘sta fatica, ti casca l’occhio indietro un attimo, e capisci da solo che valeva la pena di fare tutta la fatica del mondo per arrivare là, in quel momento li, perché giù, il fondo valle da dove sei partito, è già coperto di nuvole, ma tu ormai sei sopra. È limpido sopra. A trecentosessanta gradi hai le montagne, le crode, (…) che ti par di poterci volar sopra come un rapace» [Marco Paolini] Infine, la prospettiva cambia la nostra percezione delle altezze:

 

La seconda foto è stata scattata dal fondo valle, mentre la prima è stata scattata dal Bivacco Adamone, che si trova a un’altitudine di 1456 m. La percezione che si ha dal fondo valle delle altitudini è ben diversa dalla realtà: il Pizzo Badile ha un’altitudine di 2435 m, mentre la conca del Tredenus che lo circonda possiede parecchie cime, tutte più alte, ad esempio: Cima del Dosso (2785 m), Cima Meridionale (2796 m), Corno delle Pile (2805 m). Ecco spiegati gli inganni della prospettiva e, forse, anche il motivo per cui tendiamo a stimare la meta più vicina di quanto non sia.

 

Lungo il cammino, fra la vegetazione possiamo riconoscere delle felci: costituiscono un ottimo esempio di frattali, dei quali prima di BergamoScienza 2018 e della costruzione del grande triangolo di Sierpinski avevo un’idea molto vaga. Secondo la definizione di Wikipedia, «un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale». Infatti, anche se concentriamo la nostra attenzione su un piccolo rametto di felce, questo potrebbe essere, nella giusta scala, la felce più grande dalla quale è stato preso.

Se abbiamo la fortuna di andare in montagna dopo una nottata di pioggia, oltre a poter apprezzare maggiormente il panorama, che è più limpido, potremmo anche imbatterci in una lumaca che attraversa il sentiero. Ma la spirale sul suo guscio è logaritmica o archimedea? La spirale archimedea mantiene costante la distanza tra due spire successive, mentre per la logaritmica questa distanza cresce secondo una progressione geometrica. Mi sono portata a casa la domanda e ho cercato, nei giorni successivi, una risposta. L’ho trovata nel blog Base 5 di Gianfranco Bo, il quale ipotizza anche una risposta sul motivo per cui la spirale della chiocciola sia logaritmica: la chiave potrebbe essere nella necessità del mantenimento della forma durante la crescita, ma per un approfondimento non resta che dare un’occhiata al suo lavoro.

Ritroviamo il lavoro di Gianfranco Bo anche nel post I fiori di Fibonacci del blog Sanoma. In effetti, ammirare i fiori, in montagna o altrove, rimanda sempre alla successione di Fibonacci, la sequenza di numeri che comincia con la coppia di 1 e prosegue autogenerandosi: il terzo numero è la somma dei primi due (2) e così ogni numero è la somma dei due che lo precedono, facendoci ottenere 1 1 2 3 5 8 13 21 34 55 89… Nel mio collage di foto compare del Semprevivo dei tetti, esempio matematico classico come possiamo vedere in questa mostra fotografica organizzata dall’Università di Pisa, il fiore del Ginepro, la minuartia austriaca, per me ottimo esempio di pentagono regolare, la genzianella primaverile, che spicca per il suo colore, la primula comune, che possiamo trovare anche senza bisogno di salire ad alta quota, il papavero alpino retico, la macchia di colore che spunta tra le rocce, e infine la mitica stella alpina.

 

Se durante la camminata raggiungiamo un laghetto, come nel caso del Lago Smeraldo in Val di Non o del lago d’Aviolo in Valle Camonica, si può osservare la simmetria assiale all’opera. La bellezza, in questo caso, è duplicata, grazie all’armonia delle forme e ai colori, che ci restituiscono il sapore di un lago incontaminato.

Anche i corsi d’acqua regalano grandi soddisfazioni matematiche: ogni volta che mi affaccio sulla Valle Adamé e vedo il serpeggiare del torrente Poia, che di anno in anno scava sempre di più il suo percorso creando nuove anse, non posso che ricordare la presenza nascosta del pi greco. Il matematico Hans-Henrik Stolum, in un lavoro pubblicato su Science nel 1996, ha mostrato che se si divide la lunghezza effettiva di un fiume, dalla sorgente alla foce, per la sua lunghezza in linea d’aria, si ottiene, approssimativamente, pi greco. Sul sito Matematica Russell, curato dal dipartimento di matematica e fisica dell’omonimo liceo di Roma in collaborazione con gli studenti, troviamo una precisazione: «Questo rapporto, però, non è una legge, infatti il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue.» Il torrente Poia ha, appunto, le caratteristiche necessarie.

Il penultimo tassello di questa camminata in montagna rimanda alle tassellazioni (che per quanto mi riguarda assocerò sempre alla prima esperienza con i laboratori di BergamoScienza): questo ultimo tratto del sentiero che porta al Lago della Vacca, realizzato con il granito dell’Adamello, ricorda in qualche modo una tassellazione. È un tratto pianeggiante, durante il quale si può ammirare il panorama, senza essere sovrastati dalla fatica.

 

L’ultimo passo, però, è quello più goloso: ormai raggiunta la meta, si può accedere al Rifugio, per riposare, riscaldarsi con un bel tè caldo e mangiare una fetta di torta. La mente, ormai allenata a trovare la matematica ovunque, non può che ritrovare la scodella di Galileo tra le tipiche scodelle dei rifugi, e chiedere di avere un settore circolare abbastanza ampio, quando sceglie la torta che preferisce.

Lunedì, 10 Giugno 2024 09:37

223 - 9 giugno 2024

Matematica e storia
Grazie a Un matematico prestato alla Disney (il prof. Alberto Saracco), mi sono imbattuta nel simpatico articolo di Ben Orlin, autore del blog (e dell’omonimo libro) Math with bad drawings. La riflessione è dedicata al legame tra matematica e storia, dove la storia è presentata come opposto della matematica (o la matematica come opposto della storia). In un grafico con in ascissa la volontà di considerare oggetti complessi come “punti in uno spazio ad alta dimensionalità” e in ordinata il livello-nausea di avversione al lavoro considerato “utile”, matematica e storia risultano agli antipodi. “In matematica, nuovi dati non possono mai confutare un’idea bellissima” e dato che “ogni cosa discende dagli assiomi, pensa intensamente a qualcosa e raggiungerai la verità”. In altre parole, “la matematica contiene sé stessa, mentre la storia è incontenibile”. Alla ricerca di notizie sull’autore e incuriosita dal blog, ho trovato alcuni post messi in evidenza, grazie alla loro popolarità, e ne ho letti due in particolare. Il primo presenta 39 modi di amare la matematica e mi sono soffermata in particolare sul numero 4 e sul simmetrico 5: “Amo il modo in cui la matematica fa emergere l’adolescente nascosto in un professore” e “Amo il modo in cui la matematica fa emergere il professore nascosto in un adolescente”. E poi il numero 17: “Amo il viaggio, amo le strade senza uscita, gli ostacoli, le svolte sbagliate – e amo il raggiungimento della destinazione, finalmente”. Infine, i numeri 37, 38 e 39: “Amo il fatto che la matematica significhi 6000 cose diverse per 6000 persone diverse”. Alla fine dell’elenco, Ben Orlin si domanda se la matematica sia un fine o un mezzo e riconosce che può essere entrambi, visto che “appartiene a scienziati, ingegneri, finanziatori, attuari, artisti e persino autori televisivi”, tanto che il secondo post che voglio citare è quello delle lettere che la matematica potrebbe scrivere all’economia, al Congresso (la mia preferita!), agli studenti, alla fisica, all’informatica, ai test standardizzati ad alto rischio, alla poesia, al comportamento umano, ai libri di testo e alla persona che sta cercando di convincersi che un acquisto stravagante si ripagherà. Al Congresso, la matematica ha deciso di presentarsi, “credo non ci siamo mai incontrati”, agli studenti raccomanda di non essere spaventati da lei, che è solo “una misteriosa sottostruttura che governa l'universo, una forza potente e amorale, al di fuori di ogni controllo”, mentre protesta con i libri di testo: “Quando ho acconsentito che mi venisse fatto un profilo, mi aspettavo un ritratto onesto, non di essere un’assassina. Mi fate sembrare un mostro!”. Con la poesia, infine, la matematica si compiace del fatto che spesso sono considerate affini: “Forse perché siamo entrambe bellissime? O entrambe esoteriche?” (ovvero: incomprensibili ai più?) 

Matematica e arte
Le lezioni sono terminate un po’ in tutta Italia: mancano all’appello ancora la Toscana e le province autonome di Trento e Bolzano, ma siamo tutti in dirittura d’arrivo. Eppure, alcuni cammini cominciano proprio alla fine del percorso: ad esempio, la maturità! Sono appena state nominate le commissioni e a breve comincerà, almeno per quanto mi riguarda, una nuova avventura. Nel frattempo, ho vissuto gli ultimi giorni immersa nel progetto di BergamoScienza: dopo il percorso di formazione che si è svolto tra febbraio e aprile, da mercoledì 5 a venerdì 7 giugno si è svolto il campus di formazione/progettazione. È stato il nostro nuovo inizio, ma anche il proseguimento di un cammino: per due giorni e mezzo, abbiamo fatto circolare idee, abbiamo fatto discorsi da nerd, a tavola e facendo una camminata, confrontandoci sulla prospettiva, su come presentare al meglio il contenuto ai ragazzi che parteciperanno ai nostri laboratori. Nei due laboratori che stiamo progettando, proporremo un binomio: matematica e arte nel primo e matematica e scienze nel secondo. Nel primo, il contesto ci porterà a fingerci curatori di un museo, impegnati ad allestire le sale, a disporre adeguatamente le statue per sfruttare l’effetto ottico per un servizio fotografico, o a ideare un’insegna originale che sfrutti l’anamorfosi; nel secondo, il passaggio cardine è dalle due dimensioni alle tre e viceversa, sfruttando la vicenda di Rosalind Franklin e le costellazioni, lasciandosi ingannare dalle illusioni ottiche e cercando la carta geografica perfetta, alla ricerca della verità. Il nostro percorso di esplorazione della prospettiva ci ha insegnato che la verità è sfuggente e che non solo le fotografie non descrivono sempre la realtà, ma che anche i nostri occhi a volte ingannano e che l’interpretazione di ciò che abbiamo davanti è fondamentale. Cosa ha a che fare la matematica con tutto questo? La matematica ci offre degli strumenti di lettura, ma non solo: «Lo studio della prospettiva è uno dei campi in cui la matematica diventa un elemento fondamentale per la produzione di opere d’arte, anzi, è forse il campo in cui l’unione dei due mondi è considerata più naturale», come dichiarato da Giovanni Filocamo nel suo La matematica è un’opera d’arte

Matematica e letteratura
Alla ricerca di alcuni spunti da sfruttare durante l’esame di maturità, mi sono imbattuta in una lezione del prof. Gian Italo Bischi, dell’Università di Urbino. Matematica e letteratura sono indicate spesso come le due culture, come se fossero due saperi completamente distinti e questa separazione è diventata effettiva nel corso del Novecento. «In questa conferenza si cercherà invece di dimostrare come negli ultimi 150 anni matematica e letteratura si siano molto avvicinate, fino a condividere gli stessi scopi e influenzandosi a vicenda anche quando si sono mosse lungo percorsi paralleli, mostrando crisi, tendenze e svolte molto simili.» L’intento viene dichiarato con l’immagine di copertina, che rappresenta Luigi Pirandello e Albert Einstein, il primo considerato lo scrittore più rappresentativo del Novecento (e forse il più citato durante gli orali degli Esami di Stato), e il secondo che non ha certo bisogno di presentazioni. Per chi desidera avere un cartaceo da studiare, all’argomento è stato dedicato il numero 42 di Alice & Bob.
E poi ho ricordato la playlist di IlariaF Math dedicata alla Divina Commedia: il primo video è ambientato in Paradiso (Par. XVII, 13-18) e ha come protagonista la geometria, il secondo (Inf. XXVII, 118-123) è dedicato alla logica ed è spiegato con i diagrammi di Eulero-Venn, con il terzo si torna in Paradiso (Par. XXXIII, 133-138) e alla geometria, con la quadratura del cerchio. Questa trilogia è stata pubblicata a inizio 2022 ed è stata seguita da un quarto video, pubblicato a febbraio 2023, che cita due brani del Paradiso (Par. XXVIII, 16-21, Par. XIX, 40-42). L’obiettivo di Ilaria è di fornire degli spunti didattici, ma anche di sottolineare come la cultura sia unitaria: «legare tra di loro discipline umanistiche e scientifiche» è utile per «avere una comprensione più approfondita della nostra cultura».
Infine, non posso non ricordare il libro di Bruno D’Amore Più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla. Nella prima parte del libro, ci sono diciassette racconti, nei quali l’autore segue Dante, dall’infanzia all’età adulta, mentre è impegnato a comporre la Divina Commedia: un ottimo modo per approfondire i temi matematici della celebre opera. 

Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

 

PS: Traduzione dell’immagine

Com'è andata la tua prova di matematica?
Male... ma solo perché avevo finito il tempo. La parte peggiore, comunque, è stata che Susie Derkins ha vinto la nostra scommessa su chi avrebbe ottenuto il punteggio migliore. Dovevo pagarle 25 cents. Ma senti questa: l'ho fregata! Le ho dato solo tre "dimes" (ovvero 30 cents)
Io credo che sarebbe meglio che tu studiassi di più
Oh, non cominciare!

Domenica, 02 Giugno 2024 17:35

BergamoScienza 24

 
Martedì 20 febbraio 2024 è cominciato il nostro nuovo viaggio verso la XXII edizione del Festival di BergamoScienza: la NONA partecipazione del Celeri alla celebre manifestazione.
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