Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico delle scienze applicate, recupero di settembre.
Argomento: equilibrio dei fluidi, equilibrio dei solidi, ottica geometrica.
Durata: due ore.
Verifica di fisica, classe seconda liceo scientifico e liceo scientifico delle scienze applicate, recupero di settembre.
Argomento: termologia, forze e moti, cinematica.
Durata: due ore.
Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico, recupero di settembre.
Argomento: onde e suono, elettrostatica, circuiti elettrici.
Durata: due ore.
Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico, recupero di settembre.
Argomento: Equazioni di secondo grado, equazioni e disequazioni irrazionali, geometria euclidea, applicazione dell'algebra alla geometria.
Durata: due ore.
Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico, recupero di settembre.
Argomento: goniometria, trigonometria, calcolo delle probabilità, calcolo combinatorio, geometria solida.
Durata: due ore.
“Non c’è niente di meglio, per un rinfresco temporaneo dalla calura estiva, di un bel ghiacciolo”: comincia così il post Ghiaccioli fai da te di Dario Bressanini del 4 agosto scorso. Forse non vi è mai capitato di chiedervi come mai i ghiaccioli siano al tempo stesso “solidi e duri come il ghiaccio ma cedevoli sotto i denti”. Io me lo sono chiesto, visto che ho provato a preparare i ghiaccioli usando della spremuta di pompelmo diluita con acqua: ho ottenuto dei ghiaccioli che erano solo “solidi e duri come il ghiaccio”, ma, decisamente, tutt’altro che cedevoli! Il problema è che “la loro particolare struttura è dovuta alle sostanze disciolte nell’acqua” e io, evidentemente, non avevo disciolto quelle giuste, perché “sono gli zuccheri disciolti, solitamente saccarosio, glucosio e fruttosio a donare ai ghiaccioli la loro caratteristica struttura”.
Per chi ha avuto un debito in matematica, l’estate non è solo sinonimo di ghiaccioli. Visto che ormai siamo agli sgoccioli e presto sarà ora di sostenere i terribili esami di riparazione, spero che i miei alunni abbiano seguito queste dieci semplici regole proposte da Redooc. “Tutti noi vorremmo conoscere il trucco magico per ottenere con il minimo sforzo il massimo risultato, ma la verità è che l’unica vera tecnica infallibile è ORGANIZZARSI.” E siccome questo è il segreto anche per un anno scolastico ricco di soddisfazioni e considerato che l’inizio del prossimo anno scolastico è alle porte, bisognerebbe fare tesoro di questo post. La mia regola preferita resta la numero 3: “Sfrutta tutta l’estate”, ovvero fai esercizi con continuità, perché non ha senso uno studio “matto e disperatissimo” di pochi giorni… non dà nemmeno i risultati sperati!
Parlare di prova costume alla fine dell’estate forse non ha molto senso, ma in questo caso se ne parla pensando alla matematica: secondo un esperimento del 1998, “le ragazze ottengono punteggi più bassi in test di matematica e di concentrazione quando li eseguono indossando soltanto un costume da bagno”. Leggete l’articolo e capirete il motivo!
Non manca mai, tra i miei contatti di Facebook, chi mi segnala articoli riguardanti la matematica, in particolare, come in questo caso, articoli che riguardano il cervello alle prese con un problema matematico: “in un paper pubblicato sulla rivista Psychological Science, un team di psicologi della Carnegie Mellon University ha identificato, e fotografato, un processo in quattro stadi utilizzato dal cervello per risolvere un problema matematico.” I quattro processi individuati, cifratura, pianificazione, svolgimento dei calcoli e produzione della risposta, sembrerebbero corrispondere proprio al procedimento che si segue durante lo svolgimento di un problema. Indagare il comportamento del cervello potrebbe essere un modo per perfezionare l’insegnamento della matematica. E sempre a proposito di cervello: Come fa il cervello a capire le leggi della fisica? La domanda, e la conseguente risposta, arriva da “Le scienze” e, anche in questo caso, da una serie di esperimenti di imaging cerebrale: “un gruppo di ricercatori americani – il cui studio è stato pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” – ha identificato nella corteccia cerebrale umana un insieme di aree coinvolte nell’osservazione dei fenomeni fisici”. Di domande senza risposta ce n’è ancora parecchie, ma quel che conta è che si sta lavorando nella direzione giusta.
Nella giusta direzione ha lavorato anche chi ha trovato un nuovo numero primo, con 22 milioni di cifre: gli hanno persino dato un nome, M74207281, perché può essere calcolato elevando 2 alla 74.207.281 e sottraendo poi 1 al risultato e la “M” sta per Mersenne, visto che si tratta di un numero primo di Mersenne. La scoperta è di Curtis Cooper, matematico dell’Università del Missouri Centrale: il matematico è noto per aver scoperto anche altri tre numeri primi da record, nel 2005, nel 2006 e nel 2013. Citando il lavoro di un matematico, nasce spontanea la domanda di quali siano le caratteristiche di un matematico ed ecco la risposta di Maurizio Codogno, anzi di Jeremy Kun (tradotto da Codogno), “giovane matematico, che ha raccontato di quali siano secondo lui le caratteristiche precipue della ‘gente altamente matematica’.” “Sono cose che tutti noi possiamo imparare, indipendentemente da cosa facciamo nella vita: sono insomma il frutto di un allenamento a vedere le cose in un modo diverso”… ancora una volta si parla di allenamento! E aiuta a chiarire ancora di più le idee la Lectio Magistralis in occasione della Laurea Honoris Causa in Matematica conferita a Vaughan F. R. Jones, medaglia Fields nel 1990, dall’Università di Roma Tor Vergata il 30 giugno scorso. Il titolo della dissertazione di Vaughan è “Matematica come serva e padrona”: “vedremo due casi in cui essa viene usata in modo molto pratico e ripetitivo – matematica come schiava – e come allo stesso tempo una piccola curiosità possa condurre a una intensa riflessione indotta dal soggetto considerato. Così intensa che si viene coinvolti in una rete di pensieri ossessivi da cui non si esce fino a quando il problema è risolto – matematica come padrona.” Buona lettura!
Il 6 agosto scorso, il World Wide Web ha compiuto il proprio primo quarto di secolo: attualmente i siti web sono oltre un miliardo, ma pochi sanno che il primo passo è stato compiuto al Cern, al quale spetta l’onore di aver messo online il primo sito web della storia. L’idea risale al marzo del 1989 e l’autore è stato l’informatico Tim Berners-Lee. “Lo scopo era quello di creare un sistema per collegare i computer dei centri di ricerca e condividere le informazioni”. In realtà, gli utenti devono aspettare il 1993 per iniziare a navigare, grazie al codice sorgente del sistema informativo rilasciato dal Cern.
“In matematica si può dire ‘non esiste’”: devo dire che il titolo di questo articolo di Massimo Ferri per Il Fatto Quotidiano mi ha fatto un po’ sorridere eppure mette in luce un aspetto della matematica che forse conoscono in pochi. Non è abbastanza dire, nel caso del problema proposto dall’autore, che non esistono soluzioni, bisogna dimostrarlo: in questo caso, i matematici danno l’impressione di essere i “soliti” pignoli. “Questi teoremi piacciono poco agli ingegneri, eppure sono utilissimi, perché ci invitano a non perdere tempo a cercare cose impossibili”. Diversa è la non esistenza nella scienza, come dimostra la storia del bosone che non esiste: “Bosone, annunciare l’errore fa avanzare la scienza” è il titolo di un articolo di Repubblica del 9 agosto. Gli scienziati del Cern non hanno nessuno che gli possa dire di smettere di cercare, perché non hanno la certezza che la particella non esista, devono continuare a fare esperimenti e “fare esperimenti vuol dire avere la capacità di ‘riprovare’”. Il bosone in questione sarebbe stato davvero utile, perché “avrebbe messo a posto un sacco delle cose che mancano alla fisica oggi”, ma pare non esserci: “Fare esperimenti al Cern vuol dire far partire un miliardo di collisioni al secondo e tra queste cercare qualcosa che non hai mai visto, che speri tanto che ci sia, ma non sai cos’è. Non è un lavoro facile, e la parte forse più difficile è mantenere un livello altissimo e imperturbabile di autocritica.” Tutto questo è davvero affascinante e, al tempo stesso, ci insegna qualcosa riguardo alla nostra vita.
Concludo la newsletter di agosto con un suggerimento di lettura e con un video. Il suggerimento di lettura è il Piccolo libro delle curiosità sulla scienza del matematico Paolo Gangemi: un libretto che si presta alla lettura sotto l’ombrellone, per chi ha ancora modo di spendere tempo in riva al mare, ma che invita all’approfondimento, stimolando la nostra curiosità. Il video è invece quello pubblicato dal Corriere il 5 agosto scorso: “Le immagini spettacolari mettono a confronto le dimensioni e le distanze siderali” recita la didascalia del video. Non aggiungo altro, lascio tutto alle immagini.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Il primo incontro di Amir D. Aczel con i numeri è stato così folgorante da restare impresso nella sua memoria: aveva cinque anni e, durante una crociera sulla ss Theodor Herzi – capitanata dal padre – è stato accompagnato da Laci, steward del capitano, ma anche brillante matematico laureatosi all’Università di Mosca, al casinò di Montecarlo. Per Aczel i numeri sono magici: “Mi sono innamorato della loro magia, associandoli nella mia mente a qualcosa di affascinante e proibito” e questo incontro si rinnova anche al Partenone, con i numeri dei Greci che erano in realtà lettere dell’alfabeto, e a Pompei, con i numerali dei Romani. È proprio durante l’infanzia, grazie all’influenza di Laci, che Aczel decide di dedicare la propria vita alla ricerca di una risposta sull’origine dei numeri.
Nel 1972, dopo aver prestato il servizio obbligatorio nell’esercito di Israele, approfitta del passaggio offertogli dal mercantile capitanato dal padre, per raggiungere gli Stati Uniti: si appresta a diventare uno studente all’Università della California, a Berkeley ed è ancora Laci a parlargli di un archeologo francese che “potrebbe aver trovato qualcosa sui numeri in Asia, alcuni decenni or sono; qualcosa d’importante a proposito del numero zero.” Laci non ricorda i dettagli e Aczel sembra dimenticare questa storia per un po’. Nel 2008, la telefonata di Andrés Roemer, conduttore di spettacoli televisivi molto popolari, lo invita a parlare della teoria delle probabilità durante una conferenza internazionale: per Amir e la moglie, Debra, è l’occasione per visitare il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. È qui che, dopo aver visto la Pietra del sole azteca, i due coniugi assistono alla proiezione di un video sulla matematica mesoamericana. Il sistema numerico dei Maya, sviluppatosi in completo isolamento rispetto al resto del mondo, riaccende la passione di Amir D. Aczel per la ricerca delle origini dello zero. È così che, nel 2009, approfondisce i propri studi in tal senso e comincia a progettare un viaggio in India.
Nel gennaio del 2011, Aczel incontra a Nuova Delhi Chandra Kant Raju, professore che sostiene che la matematica è nata in India, non nell’Antica Grecia: “Lo zero, il numero, e il nulla buddhista sono una cosa soltanto. Il nulla è un concetto filosofico profondo, ed è da lì che arriva il nostro zero.” Studiando gli scritti degli storici della scienza, Aczel si confronta con l’ipotesi di Moritz Cantor, secondo il quale i numeri hanno avuto origine in India e con l’aggressività di George Rusby Kaye, per il quale lo zero ha avuto origine in Europa.
Al rientro dall’India, Aczel si trova a un punto morto e, per superare l’impasse, la moglie lo invita a studiare altri sistemi numerici. Per caso, trova online la descrizione del matematico Bill Casselman, dell’Università della Columbia Britannica, che parla di uno zero ritrovato in Cambogia dall’archeologo francese George Cœdès, proprio il personaggio di cui aveva parlato Laci quarant’anni prima. Cœdès parla di una stele ritrovata in Cambogia, indicata come K-127, datata 683 d.C. e sulla quale compariva uno zero. Purtroppo, la stele sembra essere andata perduta: Aczel decide di ritrovarla e presenta una proposta di ricerca alla Alfred P. Sloan Foundation di New York per avere i fondi per i propri studi. All’inizio del 2013, Aczel è in Cambogia ed è grazie ad una serie di incontri fortunati e inaspettati che finalmente si trova al cospetto della stele: il proprietario della Galerie Mouhot di Bangkok, Eric Dieu, gli suggerisce il primo contatto, ma poi ci sono gli espatriati con i quali ha occasione di confrontarsi anche su questioni profonde, come Andy Brouwer, che gli fornisce il contatto di Rotanak Yang, il cui padre è il direttore della Angkor Conservation (dove troverà la stele), e Jean-Marc con il quale si trova a parlare proprio di filosofia della matematica. Per risolvere l’ultimo problema legato alla stele, Aczel incontra anche Hab Touch, un personaggio carismatico e molto preparato, che lavora per il Ministero della Cultura: il 9 aprile del 2013, si conclude l’avvincente ricerca di Aczel, grazie alla mail che gli conferma la collocazione della stele presso il Museo Nazionale della Cambogia a Phnom Penh.
Un libro che è il racconto di un percorso, sia esteriore che interiore: Aczel viaggia per il mondo alla ricerca dello zero, ma il viaggio avviene anche nella sua testa, visto che per una tale ricerca è necessario studiare e approfondire l’argomento. Leggere questo libro è avventurarsi nel percorso di Aczel, attraverso la storia della matematica, attraverso lo studio della filosofia orientale dove è nato il concetto di zero, attraverso gli incontri che l’autore ha fatto nell’ultima parte della sua vita. Colpisce, infatti, sapere che la ricerca dello zero si è conclusa nell’aprile del 2013 e l’autore è mancato un paio di anni dopo aver realizzato il suo sogno di trovare l’origine dei numeri.
Sei sezioni per un totale di 42 capitoletti: la manciata di pagine dedicata a ogni capitoletto consente una lettura poco impegnativa, saltando da una curiosità all’altra o procedendo lungo il percorso che l’autore, il matematico Paolo Gangemi, ci propone. Il fatto che la lettura possa procedere spedita, anche sotto l’ombrellone, non ci deve trarre in inganno: gli argomenti proposti, le curiosità mostrate nel libro, non sono certo banali, ma sono alla portata di tutti e la leggerezza dello stile, con le battute colme di umorismo, rende semplice anche il contenuto più difficile.
La prima sezione, “L’alfabeto della natura”, è dedicata alla matematica e il titolo sembra richiamare la ben nota citazione de “Il Saggiatore” di Galileo Galilei. Gli argomenti affrontati non sono difficili: il teorema di Pitagora, un po’ di teoria dei numeri e le unità di misura dell’informatica, ma ciò di cui Gangemi parla sono i fondamenti della matematica, come il suo linguaggio e la necessità della dimostrazione. La seconda sezione è dedicata alla fisica, a partire dalla velocità della luce, proseguendo con un’importante riflessione sulle unità di misura, suggerita dalle scale di misurazione della temperatura, fino a rispondere alla domanda su cosa potrebbe succedere se si tentasse di raggiungere la parte della Terra diametralmente opposta a quella in cui ci troviamo.
Con la terza sezione, si indaga l’affascinante mondo celeste: dalla Luna ai pianeti che orbitano attorno al Sole, fino a domandarsi se il terremoto sia un fenomeno solo terrestre o se riguardi anche altri corpi celesti. La geologia della quarta parte allarga i nostri orizzonti a partire dai vulcani delle Hawaii fino all’interessante (e per me sconosciuta) bridgmanite, il minerale più diffuso sul nostro pianeta, eppure più invisibile: “abbiamo dovuto aspettare che ci cadesse letteralmente dal cielo”. Dai reattori nucleari naturali fino all’Antartide, passando attraverso le laghee si giunge alla scala dei terremoti: se siete ancora convinti che basti la scala Richter per stabilire l’entità di un evento sismico, resterete stupiti dal fatto che il nome giusto dovrebbe essere scala Kanamori.
La biologia della quinta sezione ha la sua origine nella Preistoria, ma si può andare avanti indefinitamente – come dimostra la continua rinascita della medusa che ringiovanisce a ogni ciclo vitale – mentre si scopre che, persino nell’ambito scientifico, non è così semplice assegnare i nomi alle nuove specie che vengono scoperte ogni giorno.
L’ultima parte è dedicata alla biomedicina: la riflessione su virus, batteri e antibiotici solleva il sempre attuale problema dell’ignoranza scientifica e lo scoprire che “in Italia, le erronee convinzioni e le cattive pratiche sono peggiori della media europea” potrebbe essere l’incentivo che ci serve per migliorare le nostre conoscenze. Il capitolo dedicato a Henrietta Lacks e alle sue cellule HeLa mi ha colpito più di quello dedicato al Progetto Genoma: è definita “una delle persone più importanti del Novecento, se non dell’intera storia dell’umanità” e io non ne avevo mai sentito parlare!
Dalla prima all’ultima pagina, il libro di Gangemi è un invito all’approfondimento: conquistati dalle curiosità elencate nel testo, si sente il bisogno di conoscere qualcosa di più su alcuni argomenti. Insieme ai numerosi suggerimenti, leggendo questo libro non manca lo svago, uno svago stimolante e intelligente, come dimostrato dalla conclusione dell’ultimo capitolo, con la citazione di Italo Calvino.
È stata inaugurata il 12 luglio scorso Extreme, la “nuova esposizione permanente progettata e realizzata dal Museo per scoprire gli strumenti e il lavoro di chi esplora l’infinitamente piccolo”. Si sta parlando del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e la mostra è stata realizzata in partnership con il CERN, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare e con l’INFN, ovvero l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. “Extreme svela ciò che accade all’interno dei laboratori del CERN e dell’INFN, due dei più grandi istituti di ricerca che svolgono esperimenti legati alla fisica delle particelle. Oggetti, anche di grandi dimensioni e di valore storico, insieme a installazioni multimediali e interattive caratterizzano l’esperienza del visitatore.” Sul sito del Museo Nazionale della Scienzaè possibile avere indicazioni più dettagliate sul contenuto dell’esposizione. Il percorso espositivo comincia con il tema delle tracce, che servono da introduzione ai rivelatori, “in un allestimento scenografico sono esposti oggetti storici e attuali che raccontano importanti tappe della fisica italiana e internazionale”: non vedo l’ora di visitarla di persona!
Restando sempre nell’ambito della fisica, forse a breve sentiremo parlare di Jacob Barnett, classe 1998, precoce genio della matematica, che – nonostante la giovane età – probabilmente in futuro riceverà il premio Nobel per le sue teorie, che riguardano la relatività di Einstein. “Il mio bambino speciale” è il libro scritto dalla madre, Kristine, che, grazie alla sua forza, è riuscita a far emergere le doti di Jacob. Poco dopo aver compiuto un anno di età, il ragazzino si era chiuso nel suo mondo, il mondo irraggiungibile dell’autismo, ma la madre è riuscita in qualche modo a raggiungere il figlio e a scoprire che quel quoziente intellettivo di 189, inizialmente passato in secondo piano a seguito della diagnosi di autismo, gli aveva permesso di imparare a leggere, nonostante le raccomandazioni di non aspettarsi troppo da un figlio in simili condizioni. Osservarlo in questa chiacchieratadi TEDxteen riempie di meraviglia: risale a qualche anno fa, ma emerge tutta la passione di Jacob, come ci conferma la madre: «Con il tempo ho capito che i numeri e i concetti numerici sono come amici per lui. […] Gli dico sempre: “Jake, tu non capisci. La matematica fa paura alle persone. Fa paura a me”. Penso che sia per questo che è così dedito a sradicare quella che lui chiama la “matematicafobia” dovunque la individui. Crede davvero che se mi fosse stata insegnata in modo diverso, amerei la matematica quanto lui.» (Di autismo ha parlato anche il “Corriere della Sera” nei giorni scorsi, sostenendo che alcune aziende cercano in particolare gli Asperger: “Delle loro capacità si sono accorti grandi realtà industriali e tutti quegli ambienti lavorativi in cui il comportamento ripetitivo e l’assenza di distrazioni sono essenziali per ottenere risultati migliori.”)
“Sradicare la matematicafobia” è anche la missione di quelli di Redooc che cercano di rispondere, per l’ennesima volta, all’annosa questione: “A cosa mi servirà la matematica nella vita?”. In questo caso, si parla di radiografie e algoritmi e il tentativo di risposta è di Paola Elefante, matematica italiana trapiantata in Finlandia. “La matematica non è immediata. Richiede impegno, analisi, riflessione. Tuttavia la fatica si sente meno quando si ha motivazione, quando si inquadra, seppur lontano, un obiettivo da raggiungere.” La spiegazione di Paola, di cui questa è solo l’introduzione, è davvero geniale e semplice: il linguaggio è leggero e svagato, ma i contenuti, per quanto tosti, sono davvero semplici da capire e… tutto questo fa venir voglia di studiare matematica! Le parole che ho citato mi rimandano a quelle di Michael Atiyah, uno dei più grandi matematici tuttora viventi, vincitore del premio Abel nel 2004 e autore del libro “Siamo tutti matematici”: “La matematica è difficile e, anche se ti piace e sei portato, devi studiare e impegnarti molto.” E ancora: “Per essere un buon matematico non basta la logica, occorre anche immaginazione, intuizione, visione, ovvero tutte le qualità di un artista.” Se avete voglia di dedicare un po’ di tempo a una lettura impegnativa, ma davvero interessante, il libretto di Atiyah è quello che fa per voi! Se invece volete dedicarvi a una lettura che offre anche un po’ di svago, nonostante l’argomento, vi consiglio “Archimede aveva un sacco di tempo libero”, di Bruno Codenotti: la presenza dei fumetti di Claudia Flandoli permette di comprendere più facilmente alcuni degli aspetti più tosti legati all’infinito. Il libro si rivolge a un pubblico che abbia fatto propri i concetti della matematica di base, come i ragazzi del triennio delle superiori. Per le vostre letture estive, ulteriori suggerimenti ci pervengono dal blog mathisintheair: per quanto mi riguarda, alcuni li ho già letti, altri sono nella lista delle mie prossime letture, ma alcuni non li conoscevo, perciò… urge un salto in libreria!
Tornando a Kristine Barnett e all’aiuto che ha dato al figlio, frequentando lei stessa lezioni universitarie di matematica e fisica per consentire al figlio, che era alle elementari, di poter accedere a quel mondo, mi è venuto da sorridere leggendo l’ennesimo post su Facebook di un’amica, nel quale paragona quesiti di matematica di terza elementare a problemi di fisica quantistica, chiedendo aiuto alle altre mamme. Forse anche il team di Redooc ha provato il mio stesso sconcerto e ha quindi lanciato l’indagine #mammacheconta“per capire meglio i problemi delle mamme e per cercare di offrire dei supporti concreti e mirati”. Chiunque abbia problemi, quindi, si faccia avanti!
Per quanto mi riguarda, non è la prima volta che un genitore mi contatta tramite il sito per chiedermi consigli. Diciamo che, in dieci anni, ho avuto alcuni contatti interessanti. Ebbene sì, 10 anni: www.amolamatematica.itfesteggia dieci anni! Non chiedetemi la data esatta, perché per il mio provider il dominio scade il 23 giugno, ma per l’indice ShinyStat il sito è nato il 14 agosto. In ogni caso, ci sono dei numeri più esatti sui quali possiamo contare: 405 articoli nell’ambito degli esercizi, 158 per i libri, 33 in Schemi e riassunti, 15 in storia, 10 nelle curiosità, 25 nel fine ciclo e, da pochi giorni, è online la nuova sezione, Newsletter, nella quale potete trovare le ultime 12 newsletter pubblicate (anche nel caso delle newsletter, però, come potete vedere dal titolo, i numeri stanno diventando importanti, visto che siamo alla numero 91!).
Moreno Andreatta, 45 anni, “è stato promosso direttore di ricerca Cnrs all’Ircam (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique) di Parigi ed è soprannominato “matemusicista” per la sua capacità di studiare i rapporti fra matematica e musica”: per quanto la musica sia bella a prescindere dalla matematica, pare che molti grandi autori pensino “come dei matematici senza accorgersene”, dato che “la musica è un’arte molto strutturata, anche se chi la fa spesso non se ne rende conto”. Questo non implica che basti la matematica per comporre buona musica, come specifica Andreatta parlando dei computer: “Ai computer oggi manca la creatività. Calcolo e rigore sono riproducibili, il colpo di genio no. Ma ci stanno lavorando parecchi ricercatori.” Per chi volesse approfondire un po’ l’argomento, ecco alcuni video di youtube intitolati Musimathics.
Per concludere: l’ultima newsletter ha riservato parecchio spazio alla prova di matematica della maturità, ma la polemica non si è ancora sopita, soprattutto dopo che Francesco Alfieri, maturando del Liceo scientifico “Falcone” di Asola, in provincia di Mantova ha segnalato un errore nel testo della prova…
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Il testo di Atiyah appartiene alla collana “Dialoghi” della Casa Editrice Di Renzo, perciò è il “risultato di approfondite discussioni con l’autore”, che riflette sulla propria vita e sulla materia oggetto della sua ricerca. Il libretto è non solo il racconto della vita dell’autore, delle sue ricerche, dei risultati ai quali è arrivata la matematica, ma anche, più in profondità, un modo per Atiyah di analizzare la propria passione per questa difficile materia e il percorso creativo che porta ad elaborare nuovi teoremi e nuovi ambiti di ricerca.
Nel primo capitolo, “Verso la matematica”, l’autore parla della propria vita e di come sia approdato allo studio della matematica, anche se, secondo il padre, si poteva intuire il percorso che avrebbe fatto già da quando era piccolo. Indeciso tra matematica e chimica, Atiyah ha scelto la prima, consapevole che non si trattava solo di imparare a memoria una serie di dati, ma che era soprattutto una “questione di comprensione”. Lo sviluppo della matematica “dipende dall’abilità nell’afferrare i concetti, dalla profondità di comprensione dei fondamenti e dalla capacità di trasferirli ai giovani nel modo più semplice possibile” e, per diventare bravi matematici, è indispensabile avere buoni maestri, che insegnino l’equilibrio tra la capacità di risolvere problemi – e quindi il rigore dei singoli passaggi – e la “qualità di volteggiare liberamente nell’aria come un poeta”.
Il secondo capitolo, “La K-teoria e le stringhe” è il resoconto degli studi dell’autore, che è stato insignito, insieme a Isadore M. Singer, del premio Abel nel 2004. Nel testo, viene riportata la motivazione addotta dall’Accademia per l’assegnazione del premio per il teorema dell’indice, nato dalla collaborazione tra i due matematici, che ha “mutato il paesaggio della matematica”, mostrando “come calcolare in maniera geometrica il numero di soluzioni di un certo tipo di equazioni differenziali”. Il teorema è anche la dimostrazione di come il matematico, in genere, abbia bisogno di collaborazione con altre persone per sviluppare le sue idee.
Il terzo capitolo, “La matematica del XX secolo”, tratta degli sviluppi della matematica dell’ultimo secolo, con il passaggio dal locale al globale, l’aumento delle dimensioni, il passaggio dal commutativo al non commutativo, dal lineare al non lineare e lasciando ampio spazio alla dicotomia tra geometria e algebra. È davvero interessante il punto di vista dell’autore che solo occasionalmente lascia emergere la sua opinione, la sua preferenza per la geometria: riconosce comunque che, visto che l’algebra riguarda la manipolazione del tempo e la geometria quella dello spazio, sono due diversi punti di vista in matematica.
Nel quarto capitolo, “La creatività nella ricerca scientifica”, Atiyah ci racconta il lavoro del matematico, che viene definito come un “processo creativo”, che, innanzi tutto, gli piace e lo diverte.
L’ultimo capitolo, “Scienza e responsabilità”, analizza il ruolo della scienza nella storia, a partire dalla seconda guerra mondiale e dall’organizzazione Pugwash fino ai giorni nostri. “La scienza sta diventando un fattore sempre più dominante, il che significa che aumenterà la responsabilità degli scienziati, in quanto dovranno far sentire – a livello internazionale e collettivo – la loro voce, per obbligare tutti i governi a decisioni sagge e sicure.”