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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:51

Una storia ingarbugliata

TRAMA:
“Questa storia è stata pubblicata a puntate nel The Monthly racket, a partire dall’aprile del 1880.” Le puntate sono dieci, dieci garbugli, o capitoli, e contengono quesiti di natura algebrica o logica e sono stati inseriti “per divertire, ed eventualmente per istruire, i gentili lettori della rivista”. Si può procedere nella lettura dei garbugli ordinatamente, oppure in ordine sparso, visto che non sono collegati gli uni agli altri, nel senso che sono indipendenti, anche se alcuni personaggi sono protagonisti di più garbugli. Il lettore è invitato a risolvere i garbugli per proprio conto, ma in ogni caso in appendice sono riportate le soluzioni.
 
COMMENTO:
Il testo è stimolante, visto l’invito implicito rivolto al lettore ad impegnarsi a risolvere i quesiti. Per questo motivo, è necessario prestare la massima attenzione durante la lettura, per poter cogliere tutti gli indizi forniti dall’autore. 
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:33

Flatlandia

TRAMA:
La vicenda si svolge nel regno di Flatlandia: “Immaginate un vasto foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al loro posto, si muovano qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersene sollevare e senza potervisi immergere, come delle ombre, insomma – consistenti, però, e dai contorni luminosi.”
La gerarchia sociale è stabilita proprio dal numero di lati: maggiore è il numero di lati, più alto è il ceto sociale al quale si appartiene. Nel caso dei triangoli, la posizione nella gerarchia è data dalla regolarità: gli isosceli con un angolo al vertice estremamente acuto sono i reietti della società, criminali, soldati e operai, i Triangoli Equilateri sono la Classe Rispettabile dei Commercianti, ovvero la Borghesia; poi ci sono i Quadrati e i Pentagoni, ovvero i Gentiluomini o Professionisti, ed infine l’Aristocrazia, dagli Esagoni fino ai Poligonali. Quando i Poligonali diventano quasi indistinguibili dai Circoli, si entra nell’ordine Circolare o Sacerdotale.
La classe più reietta è quella delle donne, visto che non hanno nemmeno un angolo: sono dei segmenti di retta, che hanno la bocca e l’occhio a un estremo. Siccome viste da dietro sono quasi invisibili, sono costrette per Legge a mantenersi sempre in movimento e ad emettere il loro grido di pace in continuazione.
Il Quadrato prosegue nella descrizione di tutte le abitudini del Regno di Flatlandia, finché, in sogno, ha la visione del Regno della Linelandia, ovvero del regno dove c’è una sola dimensione, i cui abitanti sono costretti a muoversi lungo una retta e sono essi stessi segmenti di retta, con due occhi e due bocche agli estremi. 
Resta stupito dalla visione, ma prosegue la sua vita normale. Poi, una sera, mentre sta vegliando con la moglie in attesa del Secondo Millennio, una Sfera irrompe in casa sua. E con la Sfera, il Quadrato può conoscere il Regno della Spacelandia e può rendersi conto dell’esistenza di una Terza Dimensione. Ma questo non gli basta: aspira a questo punto a conoscere il Regno della Quarta Dimensione e poi quello della Quinta e così via. La Sfera, adirata, lo riporta bruscamente a casa.
Il Quadrato non può tenere per sé tutto quello che ha appreso, perciò comincia a parlare in pubblico della Terza Dimensione e del fatto che il Regno della Flatlandia non esaurisce tutto l’Universo. Soprattutto, dopo che in sogno la Sfera gli ha mostrato il Regno della Pointlandia e gli altri regni a più dimensioni. Questo causa la sua carcerazione a vita, per aver tentato di sovvertire l’ordine esistente in Flatlandia.
 
COMMENTO:
La lettura di questo libro è estremamente interessante, sia per chi lo consideri solo come opera matematica, sia per chi lo voglia vedere come una satira degli Stati tuttora esistenti: in fondo, la gerarchia sociale è una realtà anche per noi, nonostante sia stabilita dal censo e non dalla nostra conformazione fisica. Inoltre, chi voglia “predicare” un mondo diverso, ovvero un mondo che va contro l’ordine precostituito, viene messo ai margini, esattamente come succede per il Quadrato.
Il libro è scorrevole e suscita profonde riflessioni. Può essere letto da chiunque, perché non richiede una particolare preparazione di tipo matematico.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:31

La misura del mondo

TRAMA:
La vita di Alexander von Humboldt viene presentata a partire dall’infanzia: minore di due fratelli, il primo diventa un famoso filologo, si raccontano i dispetti che gli vengono fatti dal fratello. Dopo aver studiato finanza all’Università di Francoforte, alla morte della madre, Humboldt si sente libero di partire e, dopo aver dato le dimissioni dall’incarico di assessore, parte per Weimar, poi procede per Salisburgo, dove acquista gli strumenti necessari per le misurazioni in Sudamerica e resta un anno in Austria per esercitarsi all’utilizzo degli strumenti. Si reca a Parigi, dove è ospite del fratello. Inizialmente doveva partire, per un viaggio intorno al mondo, con Baudin, che però fugge con i soldi. Incontra Aimé Bonpland, medico, naturalista, botanico francese, che doveva partire anche lui nella spedizione di Baudin. Insieme partono per la Spagna. A Madrid, ottengono udienza con Manuel de Urquijo, amante della regina e ministro. A La Coruna prendono una fregata per la via dei Tropici. Giungono a Tenerife e poi in Nuova Andalusia, dove in sei mesi esaminano e misurano tutto il misurabile. Sta per elaborare un nuovo concetto di geografia e approfitta dell’eclissi per effettuare ulteriori misurazioni.
A Caracas compiono l’ascesa della Silla e poi, in sella a dei muli, partono alla volta dell’Orinoco. Nella città di San Fernando vendono i muli, comprano una barca a vela e scelgono quattro uomini che li accompagnino. Durante la navigazione lungo l’Orinoco, la vegetazione diventa sempre più fitta e, quando raggiungono le famigerate cateratte, i gesuiti della missione locale mettono a loro disposizione degli indigeni che possano aiutarli. Oltre le cateratte, il fiume diventa molto stretto e rapide vorticose fanno mulinare la barca. Procedono per rio Negro e a San Carlos raggiungono l’equatore magnetico. Raggiungono l’ultimo insediamento, la missione Esmeralda e, poco oltre, decidono di rientrare. Cercano poi di salire sul Chimborazo, ma non raggiungono la cima, anche a causa del mal di montagna che li affligge. 
Durante il viaggio in nave per raggiungere la Nuova Spagna, vengono sospinti alla deriva da un’eruzione del vulcano Cotopaxi. Salgono al Popocatepetl, visitano le rovine di Teotihuacan, si recano sul vulcano Jorullo, dove Humboldt si fa calare nel cratere e sconfessa la teoria del nettunismo. Prende poi una nave per l’Avana e infine per Philadelphia. Qua viene portato a Washington, dove incontra il presidente della repubblica. Rientra infine a Parigi.
Gauss ha una vita meno avventurosa: vive un’infanzia molto povera, essendo figlio di un giardiniere, ma il maestro di scuola, nonostante la sua severità, si rende conto della predisposizione per la matematica del su o allievo, dopo che questi risolve in pochi minuti il problema di addizionare tutti i numeri da uno a cento. Sempre grazie a lui, viene ammesso al liceo, ed incontra il duca di Brunswick, che si occupa di mantenerlo. Poi fa una scoperta che cambia il corso della sua vita, ovvero riesce a disegnare un poligono regolare di 17 lati, con l’aiuto di soli riga e compasso. Proprio in seguito a questo, Gauss decide di occuparsi solo di matematica. Dopo la sua laurea, per problemi economici, si occupa dell’agrimensura, per riuscire a mantenersi. Proprio durante questo suo lavoro per le campagne conosce Johanna, che in seguito diventa sua moglie. E mentre lavora, ha anche l’ispirazione per scrivere la sua opera più importante, le Disquisitiones Arithmeticae. Riesce a individuare dove il pianetino Cerere sarebbe riapparso e quando e diventa famoso, visto che l’astronomia è una scienza popolare: chi scopriva una stella era un grand’uomo. Il duca lo convoca e gli propone di diventare direttore dell’osservatorio che vuole fondare, ma Gauss chiede un po’ troppo e il duca non si decide a far la sua proposta. Si sposa e si trasferisce a Gottinga, dove, dopo avergli dato tre figli, la moglie muore. Successivamente decide di sposarsi con Minna, amica un po’ ottusa della moglie, la quale gli darà tre figli. 
Gauss iIncontra von Humboldt nel 1828, a Berlino, dove si reca con il figlio Eugen per il Congresso degli scienziati tedeschi. Gauss si sta occupando delle statistiche di mortalità, mentre Humboldt è ciambellano. Vagando per le strade di Berlino, il figlio di Gauss si ritrova coinvolto in un’assemblea di studenti e viene catturato dalla gendarmeria; il padre e Humboldt intervengono per liberarlo, ma fanno più male che bene. Mentre il padre comincia la sua collaborazione con Weber e i suoi studi sul magnetismo e Humboldt compie un deludente viaggio in Russia, Eugen riesce ad ottenere l’esilio e si reca in America, dove, senza la forte invadenza del padre, forse riuscirà a crearsi una sua vita.
 
COMMENTO:
Un modo originale e simpatico per presentare la biografia di due grandi. Dal punto di vista storico, non ci sono inesattezze e gli aneddoti che imperlano la loro vita fanno sentire ancora più vicini i due personaggi. Il testo è scorrevole, anche se dà l’idea di una narrazione senza pause, quasi di un fiume in piena che fatica a mantenersi negli argini, tanto che anche il discorso diretto non esiste: è una specie di discorso diretto, nella forma indiretta ma senza virgolette. 
La lettura è stata molto coinvolgente e mi ha permesso sia di scoprire cose che non conoscevo, sia di ritrovare aneddoti e episodi, che invece mi erano noti. Consiglierei la lettura a quanti amano il mondo scientifico e soprattutto a coloro che se ne sentono attratti ma al tempo stesso respinti: il libro è leggero e poco impegnativo (nel senso positivo dei termini), perciò alla portata di tutti.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:19

L'uomo che sapeva contare

TRAMA:
Un giovane persiano di nome Beremiz Samir, nato nel villaggio di Khoi ai piedi del monte Ararat, lavorava come pastore al servizio di un ricco signore di Khamat. Per timore di perdere qualche elemento del gregge, Beremiz contava ogni giorno, più volte al giorno, tutte le pecore e divenne quindi molto abile nel contare, tanto da poter contare gli uccelli di uno stormo, le api di uno sciame, le formiche di un formicaio, con una sola occhiata. Per questo motivo, il padrone lo mise a sovrintendere alla vendita dei datteri e, dopo quasi dieci anni di servizio, gli concesse quattro mesi di riposo. Egli decise di recarsi a Baghdad per visitare i parenti e ammirare le moschee e i palazzi.
Durante questo viaggio incontrò Hanak Tade Maia, voce narrante della vicenda, nonché suo fedele amico. Durante il viaggio, Beremiz risolse i quesiti matematici che gli venivano via via proposti e in questo modo riuscì a ottenere numerosi privilegi: un cammello, un magnifico anello d’oro con pietre preziose nere, un turbante blu… diventò anche segretario del visir Ibrahim Maluf!
La sua fama si diffuse sempre più velocemente e lo sceicco Iezid Abul Hamid gli chiese di insegnare le proprietà dei numeri a sua figlia Telassim, per preservarla dalle tragiche disgrazie che un famoso astrologo aveva previsto per lei al momento della sua nascita. Beremiz, che in passato fu istruito da un vecchio derviscio di nome Nô-Elim, al quale aveva salvato la vita durante una violenta tempesta di sabbia, accettò volentieri. Cominciarono così le lezioni: una spessa e pesante tenda di velluto rosso che pendeva dal soffitto fino al pavimento impediva a Beremiz di vedere la sua allieva, che si mostrava in ogni caso attenta e intelligente. 
Beremiz si guadagnò presto anche i favori del Califfo, nonostante l’invidia di alcuni cortigiani che tentarono più volte di metterlo in cattiva luce e di tendergli agguati. 
La prima sera dopo il Ramadan, il Califfo preparò una strana sorpresa per Beremiz: avrebbe dovuto confrontarsi pubblicamente con sette matematici. Poco prima della prova, lo sceicco Iezid intervenne per riportare a Beremiz l’anello che aveva smarrito durante una lezione a Telassim, al quale è legato un biglietto da parte di Telassim stessa, e un tappeto preparato dalla donna, sul quale erano stati ricamati alcuni versi d’amore che solo Beremiz potesse capire. Beremiz rispose senza problemi a tutte le domande e al termine il Califfo gli propose di richiedere qualsiasi cosa volesse. Egli chiese la mano di Telassim, ma prima di concedergliela, il Califfo gli propose un ultimo quesito, al quale Beremiz rispose positivamente. 
Nel 1258, i barbari assediarono la città di Baghdad: lo sceicco Iezid morì in battaglia, il Califfo fu preso prigioniero e decapitato. La città fu saccheggiata e rasa al suolo. Ma Beremiz, la sua famiglia e il suo fedele amico erano ben lontani: a Costantinopoli, con sua moglie e i loro tre figli, Beremiz viveva felice.
 
COMMENTO:
Una favola con la matematica come protagonista. E l’Uomo che Sapeva Contare incarna proprio tutte le caratteristiche del matematico: intelligente, con mille risorse e la risposta pronta, ma soprattutto al di sopra di ogni immoralità.
Una delle ricchezze del libro è data dai giochi logici che percorrono ogni episodio: in questo modo, chi affronta la lettura può scegliere se leggere direttamente le risposte dell’Uomo che Sapeva Contare o interrompere per un momento la lettura, tentando di rispondere per proprio conto ai quesiti.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:15

L'ultima storia di Miguel Torres da Silva

TRAMA:
Nel Portogallo del 1772, Manuel, nipote di Miguel Torres da Silva, morto da poche settimane, lascia la sua casa e la sua famiglia, per andare a Coimbra, a studiare matematica all’università e per ritrovare anche la fine della storia che il nonno stava raccontando quando è morto. Per decisione del nonno, a Coimbra avrebbe “esplorato i segreti dei numeri”. Comincia a frequentare il seminario del prof. Ribeiro, dal quale riesce subito a farsi notare: il professore lo convoca nel suo ufficio e comincia così un rapporto di amicizia tra i due. 
Impegnato nel tentativo di riportare alla luce dentro di sé le storie raccontate dal nonno, Manuel  si chiude in biblioteca, ma non riesce a ottenere niente di buono. Il professore gli consiglia di recarsi al mercato, in mezzo alla gente, dove c’è confusione: “la biblioteca è il luogo dei pensieri ordinati, delle storie stampate, il luogo della lettura e dell’apprendimento”, invece è nel “coro di voci [che] si inserirà anche la voce del nonno”. È proprio frequentando il mercato che Manuel incontra Maria, figlia di un mercante di stoffe. In realtà, è lei a cercarlo, perché vuole conoscere il nipote di Miguel Torres da Silva, che il padre incontrava spesso e dal quale era rimasto affascinato. Manuel, colpito dalla sua bellezza, decide di aspettarla l’indomani sull’uscio di casa, di seguirla e di fingere poi di incontarla per caso. Si danno appuntamento per il venerdì dopo e, proprio nel momento in cui si incontrano, Manuel le racconta una storia, come se il legame con lei avesse già sbloccato qualcosa dentro di lui ed avesse aperto la sua memoria. 
Maria è promessa sposa ad un altro: il loro amore continua a crescere, si frequentano di nascosto e Maria è fiduciosa: sa che riuscirà, in qualche modo, a convincere il padre a non farle sposare il promesso. In realtà, è la matematica ad aiutarli: il padre di Maria regala a Manuel una piccola maiolica ornata di decorazioni turchesi, sulla quale è riportato il numero 284. Quando, durante un suo viaggio, gli viene regalata una magnolia simile, ma con il numero 220, perché la regali alla figlia, il padre capisce che Maria deve andare sposa a Manuel: i due numeri infatti sono indissolubilmente legati, essendo una famosa coppia di numeri amici. 
Ma Manuel deve anche completare il suo cammino e si reca quindi a Porto, per accompagnare il professore. Sarà proprio nella stessa locanda di cui parla il nonno nel suo ultimo racconto che Manuel riuscirà a ritrovare la fine della storia che lo stesso stava raccontando quando è morto.
 
COMMENTO:
Si corre velocemente da una pagina all’altra, per scoprire la fine della storia che Miguel stava raccontando quando l’ha sorpreso la morte. Ma non è solo questo ad incatenare il lettore. La lettura è molto scorrevole e l’intelaiatura matematica della storia fa saltare da un capitolo all’altro, in attesa di sempre nuove sorprese e incursioni in campo matematico.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:11

Zio Petros e la congettura di Goldbach

TRAMA:
Zio Petros è la “pecora nera” della famiglia Papachristos: i due fratelli minori si sono impegnati nella ditta di famiglia, mentre lui si dedica al giardinaggio e agli scacchi, dopo aver sprecato il suo grande dono, il talento per la matematica.
Il nipote resta però affascinato da questo zio e, alimentato da una forte passione per la matematica, cerca il suo appoggio nel proseguimento degli studi. Al contrario delle aspettative, lo zio non sembra lusingato dall’interesse del nipote e cerca di fargli cambiare strada. Infatti, gli propone un difficile problema di matematica: se non riuscirà a risolverlo, dovrà rinunciare a studiare matematica. Al termine dell’estate, il nipote non è giunto alla soluzione del problema e lo zio gli fa firmare un foglio nel quale dichiara che non cercherà mai di ottenere una laurea in matematica.
Il nipote, sfiduciato, parte per gli Stati Uniti, dove decide di conseguire una laurea in economia. All’inizio del terzo anno di studi, il suo compagno di stanza, Sammy, studente di matematica, gli rivela che il problema che gli aveva sottoposto lo zio non era altro che la Congettura di Goldbach, uno dei tre problemi più difficili della matematica.
Il nipote, arrabbiato, chiede una spiegazione allo zio, ma lo zio risponde con uno strano telegramma. Su consiglio del compagno di stanza, il nipote decide di studiare matematica e, nel prosieguo degli studi, recupera il tempo perduto. Ma non rinuncia a scoprire il mistero dello zio, che si è dedicato per tutta la vita alla dimostrazione della Congettura di Goldbach.
Rientrato ad Atene, lo zio gli racconta tutta la sua vita: il suo giovane talento, la collaborazione con Hardy, Littlewood e Ramanujan, l’incontro con Turing, che, parlandogli del teorema di incompletezza di Gödel, assesta un duro colpo ai suoi tentativi di dimostrazione, il suo amore sfortunato per una donna che lo lascia per un giovane tenente e, alla fine, la sua decisione di rientrare ad Atene e di rinunciare alla matematica.
Il nipote non si dà per vinto: vorrebbe che lo zio riconoscesse il proprio fallimento e riesce ad ottenere da lui che gli racconti tutti i suoi progressi nella dimostrazione, dall’applicazione del metodo analitico a quello “dei fagioli”. Lo zio si infervora durante la spiegazione e, alla fine, torna alla dimostrazione: i suoi tentativi lo portano a chiudersi in se stesso e a riprendere la via che aveva interrotto. 
L’ultimo contatto con il nipote avviene poco prima della sua morte, quando lo chiama chiedendogli di presentarsi con un altro testimone, perché ha dimostrato la congettura.
 
COMMENTO:
La lettura del libro è scorrevole e veloce. La storia di Zio Petros, con il mistero che avvolge la sua vita, impone un ritmo di lettura serrato, per la curiosità di conoscere la fine della vicenda.
Interessante come lettura poco impegnata, ottimo per chi abbia un minimo di conoscenze matematiche e filosofiche e possa quindi apprezzare i riferimenti alla Crisi dei Fondamenti dell’inizio del XX secolo. I numerosi personaggi famosi, Hardy, Littlewood, Ramanujan, Turing, sono una simpatica cornice che permette di apprezzare ancora di più l’opera.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 06:56

La ragazza e il professore

TRAMA:
Pomeriggio inoltrato: una ragazza, forse una studentessa universitaria, si trova in una sala d’attesa senza finestre. Dopo qualche minuto, viene accolta da Albert Einstein. Il dialogo è inizialmente incerto: si parla della fisica, del fatto che la materia, oggetto di studio della fisica, è complessa e le formule costituiscono una pericolosa semplificazione.
Appeso nella stanza si trova un quadro di Newton: secondo Einstein, Newton era convinto di essere riuscito a spiegare il mondo, quasi in ogni dettaglio. Ma in realtà vedeva solo un pezzetto di mondo, da un’angolatura particolare e alcune dimensioni gli sfuggivano. Il mondo non è come lo vediamo e le parole possono essere poco adeguate per descriverlo. 
Cosa è successo nel 1905? Einstein ha pubblicato tre o quattro brevi articoli su una rivista di fisica, rimettendo in discussione la vecchia struttura newtoniana del mondo. Nessuno è in grado di capire l’importanza di queste scoperte, nemmeno Einstein: dichiara che il tempo è relativo ed è soggetto agli eventi esattamente come succede alla velocità e alla materia, mentre lo spazio-tempo è un nuovo assoluto da cui partire, per coordinare gli eventi.
Improvvisamente, Newton fa irruzione nello studio: discutono animatamente, ma si capisce che non è la prima volta che lo fanno. Einstein cerca di convincerlo che l’azione simultanea a distanza è impossibile e che la teoria della relatività non è che lo sviluppo della gravitazione. Gli parla delle nuove forze, dei nuovi oggetti in gioco, della teoria del tutto: l’universo è infinitamente più vasto e complesso di quello conosciuto da Newton! Con una pila di libri e riviste, lo rimanda in sala d’attesa a studiare e riprende il discorso con la ragazza, rivelandole il mistero della sua presenza. Nelle equazioni di Einstein è celato ancora un mistero, che i fisici odierni stanno cercando di svelare. Einstein sarà in vita fino a quando questi misteri non saranno completamente svelati.
La sua più importante equazione, l’unica realmente conosciuta a livello mondiale, persino da chi non ne conosce il significato, è E = mc2: con questa equazione, Einstein eguaglia materia e energia. È per questo il padre dell’arma nucleare? Proprio lui che per tutta la vita ha militato per la pace?
Si compie a questo punto un tuffo nel passato: si vedono le persecuzioni perpetrate ai suoi danni in Germania, negli anni Trenta, quando i suoi libri vengono bruciati. All’indomani del suo arrivo in America, esplode la sua gloria ed egli cerca di sfruttarla per quelle cause che ritiene giuste: scrive a Freud, chiedendogli la motivazione della guerra, che lo stesso definisce una pulsione di odio e distruzione, insita nel genere umano. I loro carteggi vengono pubblicati nel 1933: secondo Freud è chiaro che “Tutto ciò che contribuisce allo sviluppo della cultura è un atto contro la guerra”, ma, nonostante tutto, le loro voci restano inascoltate. Einstein mostra alla ragazza una sala riunioni in Germania nel 1931-32, quando non riesce nemmeno a parlare, perché viene accolto da grida e fischi: per questo motivo abbandona la Germania. E nel 1939 è a Long Island, dove, in una casetta in riva al mare, riceve Leo Szilard e Eugene Wigner, fisici che godono della sua completa fiducia. I due vogliono convincerlo a scrivere a Roosevelt, per spingere l’America a ottenere la fissione dell’atomo. Hahn e Strassmann, chimici tedeschi, hanno ottenuto il bario bombardando l’uranio con i neutroni: non c’è dubbio, giungeranno presto alla fissione e i tedeschi si stanno preparando a sfruttare questa scoperta, vietando le esportazioni di uranio. La lettera viene probabilmente scritta da Szilard e firmata da Einstein il 2 Agosto del 1939.
Einstein richiama Newton e gli mostra l’esplosione di Hiroshima: “Guarda che cosa hanno fatto con i nostri studi…”. Newton si dissolve lentamente: il suo tempo è finito a Hiroshima e la fissione dell’atomo lo porta via con sé. 
Il discorso si conclude con una discussione sui nuovi obiettivi della fisica moderna: Einstein continua a credere nell’esistenza di una legge rigorosa che renda ragione di tutte le debolezze del sistema, anche se ci sono momenti in cui sembra ripiegarsi malinconicamente su se stesso, ammettendo che alcune teorie hanno le sembianze di un sogno.
 
COMMENTO:
Il libro è semplice e interessante. Fornisce notevoli spunti e inquadra la figura di Einstein nel suo contesto storico, a diretto confronto con gli eventi politici e con gli altri grandi del suo tempo. È sicuramente una lettura interessante soprattutto per quegli studenti che si apprestano a confrontarsi con l’esame di stato.
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Mercoledì, 31 Luglio 2013 21:12

L'infinito

TRAMA:
Nella realtà del mondo fisico, nulla parla d’Infinito: lo spazio, il tempo, la massa, il numero delle cariche subnucleari… si tratta di cose immense, di numero elevatissimo, ma non infinito. Eppure l’intelletto umano concepisce l’Infinito e ne subisce il fascino. Il posto d’onore, nell’indagine sull’Infinito spetta a Georg Cantor: “è lui che ha saputo trovare le chiavi di quello che il grande matematico David Hilbert definì il paradiso di Cantor”. 
Quest’avventura intellettuale è raccontata da Zichichi con una favola: in un luogo ed un tempo imprecisati, un Imperatore escogitò un nuovo metodo per rifornire di denaro le sue casse, dichiarando vincitore di un concorso colui che avesse raggiunto il massimo numero di cose in suo possesso. Qualsiasi cosa fosse. Il valore era irrilevante. In questo modo l’Imperatore avrebbe misurato la ricchezza dei suoi sudditi. Alla chiusura del concorso, i contabili dell’Imperatore non riuscirono a stabilire se fossero di più i cubetti d’oro del conte Alberto, le pietre preziose del Marchese Augusto o i numeri del notaio don Luigi. La principessa Cristina risolse il problema confrontando i tre numeri tramite una corrispondenza biunivoca: la conclusione fu che il premio andasse distribuito ex-aequo ai tre. Con loro la Principessa fondò una nuova accademia, il cui principale argomento di discussione era l’Infinito ed il confronto fra i vari livelli di Infinito.
Proseguendo nel ragionamento, i tre giunsero al teorema di Gödel, ovvero alla dimostrazione che non ci può essere certezza… nemmeno in matematica! Si era sempre creduto che un teorema potesse essere o vero o falso: in realtà, ci sono teoremi dei quali non è possibile decidere se siano veri o falsi. 
Il cammino verso l’Infinito viene poi sintetizzato da Zichichi in venti tappe, dalla comparsa dell’uomo sulla terra fino alla scoperta della matematica non cantoriana, da parte di Paul Cohen nel 1963. Il cammino si snoda tra la nascita della logica nel VI secolo a.C., la nascita dei numeri irrazionali e la scoperta delle infinite frazioni di uno da parte di Zenone, fino ad arrivare alla possibilità dell’Infinito Potenziale di Aristotele e all’infinità dei numeri primi da parte di Euclide. Galilei scopre che una parte è equivalente al tutto, nel caso dell’Insieme Infinito dei numeri interi, ma se ne lascia spaventare. È Cantor a scoprire i diversi livelli di Infinito e a proporre l’Ipotesi del Continuo, secondo la quale non esistono livelli intermedi di infinito tra “aleph-zero” e “aleph-uno”. Tale Ipotesi primeggia nell’elenco dei problemi matematici da risolvere proposti da Hilbert nel 1900, ma con la scoperta di Gödel del crollo della certezza, essa sembra non avere soluzione.
 
COMMENTO:
Zichichi non delude… come sempre! La favola ripercorre le varie tappe del cammino umano, che hanno portato a parlare di Infinito in maniera sempre più competente. Il libro è ottimo soprattutto per i ragazzi di quinta superiore, visti i molti riferimenti anche alla filosofia. 
È semplice e simpatico, soprattutto nelle prime due parti. Un po’ più complessa la terza parte.
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