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Venerdì, 02 Agosto 2013 16:06

Il piccolo libro delle stringhe

TRAMA:

In questo libro, l’autore ci offre alcune delle idee principali sull’odierna teoria delle stringhe: i primi tre capitoli sono di carattere introduttivo, perché ci spiegano i concetti cruciali per la comprensione delle stringhe, come l’energia, la meccanica quantistica e la relatività generale. Nei successivi tre capitoli, l’autore cerca di rendere ragionevole e ben motivata la teoria delle stringhe e gli ultimi due sono dedicati ai tentativi più attuali di connessioni tra la teoria delle stringhe e gli esperimenti con le collisioni di particelle ad alta energia.

Nonostante nella teoria delle stringhe siano estremamente importanti le equazioni, l’autore ha scelto di “mettere in parole” le equazioni più importanti, consapevole del fatto che comportano calcoli di cui non è possibile dare una trattazione divulgativa. Eppure la matematica della teoria delle stringhe, per quanto sia importante, non riduce la teoria a una collezione di equazioni: “Le equazioni sono come le pennellate di un dipinto: senza di queste il quadro non ci sarebbe, ma un quadro è più di un’ampia collezione di pennellate.”

Si ritiene che la Teoria del Tutto sia data dalla teoria delle stringhe, ma non ha conferme sperimentali ed inoltre con le sue dimensioni supplementari, le fluttuazioni quantistiche e i buchi neri, non è per nulla semplice, tanto che persino gli esperti ammettono di non comprenderla. Per la teoria delle stringhe, gli oggetti fondamentali che costituiscono la materia non sono particelle, ma stringhe: un elettrone è in realtà una stringa, che vibra e ruota, ma troppo piccola persino per essere investigata dai più avanzati acceleratori di particelle oggi disponibili.

La teoria delle stringhe è una teoria inventata “all’indietro”, visto che gli scienziati ne possedevano delle parti, elaborate in maniera pressoché completa, ma non capivano il significato profondo dei risultati ottenuti. Dopo una prima formula, scoperta nel 1968, che descriveva come le stringhe non influissero l’una sull’altra, negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta la teoria vacillava: non descriveva adeguatamente le forze nucleari, pur incorporando la meccanica quantistica. Le stringhe non riuscivano a dare una risposta esauriente: fu così che vennero introdotte le brane, oggetti che si dispiegano in molteplici dimensioni. A metà degli anni Novanta, la teoria fece un ulteriore passo avanti, ma continuavano e continuano a esserci difficoltà nel realizzare una teoria completa ed esauriente. Il lavoro del Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra – dove vengono accelerati e fatti collidere protoni a velocità prossime a quella della luce – potrebbe dire se la teoria delle stringhe sia sulla buona strada, grazie all’eventuale scoperta di molte particelle, tra le quali il cosiddetto bosone di Higgs.

L’autore mostra tutta la sua abilità nelle metafore utilizzate per spiegare i passaggi più complessi: la sovrapposizione di due rimi differenti in Fantasia-Improvviso di Chopin diventa la metafora per descrivere la meccanica quantistica, la caduta durante l’arrampicata in artificiale sulla via Cryogenics diventa utile per descrivere la caduta all’interno di un buco nero, la civiltà romana è a fondamento della nostra civiltà esattamente come la teoria delle stringhe è alla base del mondo che conosciamo e la distanza che ci separa dai Romani in termini temporali è la stessa che ci separa dal controllo sperimentale della teoria in termini di energia, il valzer è utile per spiegare la dualità di stringa e le cordate di scalatori forniscono una buona analogia per il bosone di Higgs.

 

COMMENTO:

Un libro interessante, per quanto molto complesso: nonostante la buona volontà dell’autore, nonostante le sue intuizioni e le sue metafore, la teoria delle stringhe resta comunque una teoria complessa, con l’elevato numero di dimensioni, le D-brane, la dualità di stringa e tutto il resto. Per questo motivo a volte è un po’ complesso: diciamo che una lettura superficiale non aiuta a cogliere in pieno quanto descritto, oltre ad avere una buona concentrazione, bisogna sempre tenere a portata di mano carta e penna… 

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Venerdì, 02 Agosto 2013 16:02

La teoria del tutto

TRAMA:
La nascita dell’universo è una questione sulla quale si è discusso fin dai tempi più remoti, ma solo sul finire degli anni Venti tale questione entrò finalmente nel campo di indagine proprio della scienza, grazie ad Hubble che dimostrò che la Via Lattea non è l’unica galassia. A partire dai suoi studi, si osservò la frequenza delle onde luminose provenienti dalle altre galassie: risulta ridotta, a significare il fatto che esse si stanno allontanando da noi. 
La fede in un universo statico era forte e radicata, tanto che persino Einstein tentò di evitare la predizione di un universo dinamico, introducendo una costante cosmologica. Fridman, invece, cercò di spiegare l’universo dinamico, partendo da due presupposti: l’universo è identico in qualunque direzione guardiamo e da qualunque punto lo osserviamo. Secondo i due assunti di Fridman, tre diversi modelli predicono l’evoluzione dell’universo e i dati attualmente disponibili suggeriscono che, probabilmente, l’universo continuerà ad espandersi per sempre. 
I tre modelli di Fridman presentano un tratto in comune: il big bang, oggi generalmente accettato. 
Proprio come nel big bang, all’interno di un buco nero ci deve essere una singolarità di densità infinita. Il buco nero è una stella di massa e densità sufficientemente elevate con un campo gravitazionale talmente forte che neppure la luce riesce a sfuggirne. 
Nei buchi neri, l’area dell’orizzonte degli eventi non può mai decrescere: tale proprietà ricorda molto da vicino il comportamento di quella quantità fisica chiamata entropia, che misura il grado di disordine di un sistema. Essa è infatti una misura dell’entropia del buco nero, che deve perciò avere anche una temperatura. Un corpo con una temperatura superiore allo zero assoluto deve emettere un determinato tasso di radiazioni, quindi per riuscire ad osservare i buchi neri, potremmo cercare i raggi gamma che essi emettono. Quand’anche la ricerca di buchi neri avesse esito negativo ci fornirebbe comunque una serie di importanti informazioni sui primissimi stadi della vita dell’universo. 
Man mano che l’universo si espande, la temperatura della sua radiazione continua a diminuire. Il quadro di un universo che, dopo un inizio estremamente caldo, è andato via via raffreddandosi ed espandendosi, si trova in accordo con tutti i dati di cui siamo oggi in possesso. Ma tante domande non hanno ancora risposta e, presa da sola, la teoria della relatività generale non può risolvere il problema. Infatti, in corrispondenza della singolarità del big bang, la relatività generale stessa e tutte le altre leggi della fisica verrebbero a perdere la loro validità. Per comprendere l’origine dell’universo, abbiamo bisogno della teoria quantistica, le cui leggi scientifiche possono mantenere la loro validità in qualunque situazione. Con la teoria quantistica della gravità emerge la possibilità che lo spazio-tempo abbia un’estensione finita pur senza avere una singolarità che lo delimiti al pari di un confine, di un margine esterno. Lo spazio-tempo sarebbe simile alla superficie della Terra, con l’unica differenza di avere due dimensioni in più. Per questo, non c’è più la necessità di determinare cosa sia avvenuto in corrispondenza del confine: l’universo sarebbe autonomo, non sarebbe stato creato, né verrebbe mai distrutto.
Restano altre domande: perché il tempo procede in avanti? Ciò è in qualche modo legato al fatto che l’universo si sta espandendo? Le leggi della fisica non distinguono tra passato e futuro, eppure, nella vita di tutti i giorni, sperimentiamo una grande differenza tra la direzione del tempo in avanti e quella all’indietro. 
La freccia del tempo psicologica e quella termodinamica hanno sempre la stessa direzione: il nostro senso soggettivo della direzione del tempo è quindi determinato dalla freccia termodinamica. Ma la direzione del tempo nella quale il disordine aumenta è la stessa in cui l’universo si espande? Sì, nonostante non si possa stabilire se l’universo abbia avuto inizio in uno stato molto omogeneo e ordinato, oppure molto eterogeneo e disordinato. 
Sarebbe molto difficile costruire di getto una teoria unificata completa in grado di dare una spiegazione a ogni cosa, ma si sono compiuti notevoli progressi scoprendo delle teorie parziali. Ciononostante, la speranza resta quella di trovare una teoria unificata, coerente e completa, che includa tutte le teorie parziali come semplici approssimazioni. 
Einstein dedicò la maggior parte dei suoi ultimi anni all’infruttuosa ricerca di una teoria unificata, ma si rifiutava di credere alla realtà della meccanica quantistica. Invece sembra che il principio di indeterminazione costituisca un tratto fondamentale dell’universo in cui viviamo: una teoria unificata dovrà necessariamente incorporarlo.
Una teoria unificata del tutto rivoluzionerebbe la comprensione che la gente comune ha delle leggi che governano l’universo, ma lascerebbe comunque senza risposta la domanda: perché l’universo esiste?
 
COMMENTO:
Testo semplice, visto che spiega anche i concetti più complessi in modo che possano essere compresi da tutti. Sicuramente, il primo capitolo, con la storia della storia dell’universo e l’ultimo, con alcune considerazioni matematiche, bene si prestano ad essere presentati anche in classe. 
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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:45

Energia, forza e materia

TRAMA:

Nel diciottesimo secolo, la fisica, che riguardava solo i fenomeni meccanici, era analizzata solo dal punto di vista matematico. Più avanti, il calore e l’elettricità vennero spiegati con l’esistenza di fluidi imponderabili, ma si trattava di speculazioni qualitative, separate dalla scienza esatta ovvero dalla meccanica, nonostante i diversi tentativi di trattazioni matematiche. Oersted (1820) e Faraday (1831) riuscirono a collegare, con i loro esperimenti, le forze elettriche e quelle magnetiche; Joule stabilì l’equivalenza tra calore e lavoro meccanico e nel 1847 Helmholtz trattò i fenomeni di meccanica, calore, luce, elettricità e magnetismo come differenti manifestazioni dell’energia. Il modo in cui i problemi fisici della luce, del calore e dell’elettricità venivano trattati era tale da consentirne un’analisi matematica e ciò favorì molto l’unificazione della fisica. Ebbero particolare importanza gli esperimenti di Joule: mentre i fisici del diciottesimo secolo avevano considerato i processi meccanici e quelli non meccanici come processi relativi a differenti sistemi fisici, la dimostrazione dell’equivalenza tra lavoro meccanico e calore fatta da Joule negli anni Quaranta dell’Ottocento consentì, insieme alla legge della conservazione dell’energia, l’unificazione dei processi termici e meccanici. E così negli anni Cinquanta e Sessanta Thomson e W.J. Macquorn Rankine elaborarono un nuovo modello della teoria fisica in cui il concetto fondamentale era quello di energia, tentando di rendere più chiara la base matematica e fisica del principio di conservazione dell’energia.

Il concetto di campo emerse intorno al 1850, nella fisica britannica, quando Thomson e Maxwell formularono le teorie dell’elettricità e del magnetismo. La concezione meccanicistica della natura ricevette un ulteriore supporto negli anni Cinquanta e Sessanta con lo sviluppo della teoria cinetica dei gas elaborata da Clausius e Maxwell, nella quale il moto delle particelle era descritto come fenomeno meccanico. I dubbi sorti dopo questa spiegazione indussero Maxwell a introdurre il paradosso del «demone», per dimostrare che le interpretazioni molecolari dovevano basarsi su un’analisi statistica del moto di un immenso numero di molecole.

Con l’enunciazione dell’equivalenza tra massa ed energia e l’abbandono di spazio e tempo assoluti, la teoria della relatività di Einstein segna una «rivoluzione» nella storia della fisica: per quanto l’accento che si pone generalmente sulla discontinuità tra fisica classica e moderna sia appropriato quando serve a distinguere le assunzioni filosofiche della fisica sette-ottocentesca dalle dottrine relativistiche e indeterministiche della fisica del nostro secolo, e a distinguere una fisica prima e una fisica dopo lo sviluppo della meccanica quantistica negli anni Venti, questa frattura è esagerata e trascura, in un modo che risulta alla fine fuorviante, la continuità di idee che pur esiste tra il periodo classico e il periodo moderno.

 

COMMENTO:

Una storia della fisica approfondita ed interessante, che può essere affrontata con le conoscenze che si sono acquisite con la scuola superiore. Il linguaggio non rende la lettura sempre agevole, ma con un po’ di concentrazione ed attenzione si può capire ogni cosa.

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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:32

Noi e i numeri

TRAMA:

Fin dall’antichità, l’uomo si è fatto aiutare dai numeri e, nel momento in cui l’organizzazione sociale è diventata più complessa, essi sono diventati indispensabili per gli scambi commerciali. Dai pezzi di osso sui quali erano riportate tacche che indicavano la numerosità di un insieme, i sistemi di numerazione si sono evoluti diventando posizionali, a base 10 e con l’irrinunciabile presenza dello zero, che gli europei hanno conosciuto solo nel XII secolo.

Riuscire a distinguere tra numerosità è vantaggioso anche per l’evoluzione degli animali, ma per quanto tale capacità sia più che buona, essa si limita a quantità piuttosto piccole e decisamente diverse tra loro. Sarebbe quindi insensato attribuire agli animali una naturale predisposizione ad apprendere l’aritmetica simbolica. Un discorso diverso e al tempo stesso simile si può fare per i bambini piccoli: alcuni ricercatori hanno dimostrato che i bambini già a quattro mesi di vita sono sensibili alla numerosità. Solo a partire dagli anni Ottanta gli psicologi evolutivi si sono posti delle domande riguardo alle abilità aritmetiche dei bambini, mentre prima di allora c’era la convinzione che solo la continua interazione con il mondo esterno favorisse la graduale comparsa delle abilità logico-matematiche. Come si è dimostrato, i bambini sviluppano del tutto spontaneamente molteplici procedure di calcolo, che con la memorizzazione e la pratica possono permettere a un bambino di diventare un abile calcolatore.

A metà del XIX secolo Sir Francis Galton, cugino di Charles Darwin e strenue sostenitore dell’ereditarietà delle abilità intellettive, riconosceva nell’entusiasmo e nell’applicazione gli ingredienti essenziali dell’eccellenza, per quanto la passione e l’esercizio non bastino da soli ad ottenere grandi risultati. Ci sono infatti persone per le quali la matematica costituisce una dura fatica, ma solo negli ultimi anni si è imparato a riconoscerne i disturbi di apprendimento e le difficoltà di calcolo. Al di là delle oggettive difficoltà cognitive, la matematica resta comunque l’unica materia che riesce a suscitare una così grande antipatia in chi la deve studiare, l’unica ad essere fonte di un’ansia tale da arrivare a generare il fallimento nelle prestazioni in cui è coinvolta. Se si riuscisse in qualche modo a diminuire la distanza della matematica dalla realtà, mostrando quanto i numeri e il loro uso siano parte integrante della quotidianità, l’insegnamento sarebbe più efficace. Secondo l’autrice, diventa utile integrare il più possibile situazioni scolastiche ed extrascolastiche, perché il riferimento a contesti familiari aumenta il senso di fiducia e di competenza di colui che sta imparando.

Con la nascita della neuropsicologia e lo studio delle lesioni cerebrali, si è potuto comprendere qualcosa di più del funzionamento del cervello e possiamo dire con ragionevole certezza che il cervello umano, grazie a una lunga evoluzione biologica, è dotato di circuiti neurali dedicati localizzati a livello delle aree parietali di entrambi gli emisferi, su cui si fonda il nostro senso della quantità.

 

COMMENTO:

In forma più semplice de Il pallino dei numeri di S. Dehaene, in cui è possibile ritrovare tutti i temi qui trattati affrontati con maggior respiro, l’autrice cerca di dare una risposta al difficile quesito se esista o meno un “bernoccolo” della matematica. La Girelli afferma che ciò che più influenza il nostro modo di affrontare la matematica è il metodo di insegnamento usato: Ciò che rende un bambino un brillante futuro matematico o un esitante e ansioso calcolatore non è da cercare nel suo cervello, ma è soprattutto nei tempi e nei modi in cui gli è stato svelato il mondo dei numeri e questo, in un certo senso, apre il cuore di ogni alunno alla speranza. Infatti, è sempre possibile cambiare il proprio atteggiamento nei confronti della matematica ed ottenere risultati più brillanti: non devono mancare fiducia in se stessi, entusiasmo, passione e una buona memoria.

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TRAMA:
Nel mese di marzo 2007, 2008 e 2009 si è svolto a Roma il festival della matematica. Questo libro presenta alcuni interventi delle prime due edizioni del festival, così suddivise:
 
Matematica e pensiero
Primo festival – Lezione Magistrale “Bellezza e verità in matematica” di Michael Atiyah
Primo festival – Lezione Magistrale “Visionari, poeti e precursori” di Alain Connes
Secondo festival – Lezione Magistrale “Uccelli e rane: la matematica come metafora” di Freeman Dyson
Primo festival – Lezione Magistrale “Come un matematico concepisce i numeri” di Douglas Hofstadter
 
Matematica e natura
Primo festival – Lezione Magistrale “Il liscio, il ruvido e il meraviglioso” di Benoit Mandelbrot
Primo festival – Lezione Magistrale “Questioni matematiche e teologiche” di John D. Barrow
Secondo festival – Lezione Magistrale “La ricetta numerica del mondo” di Frank Wilczek
 
Intermezzo alla scacchiera
Primo festival – Dialogo intervista tra Zhores Alferov e Boris Spassky “Partita tra un premio Nobel e un campione mondiale”
 
Matematica ed economia
Secondo festival – Lezione Magistrale “La matematica e le scienze sociali” di Amartya Sen
Primo festival – Intervista a John Nash “Incontro con una mente meravigliosa”
Secondo festival – Conversazione pubblica tra John Nash e Robert Aumann “Due premi Nobel giocano cooperativamente”
 
Matematica ed umanesimo
Primo festival – Lezione-spettacolo “Prospettiva, scorcio e scienza del teatro” di Dario Fo
Secondo festival – Lezione magistrale “La quarta dimensione e Salvador Dalì” di Thomas Banchoff
Secondo festival – Lezione magistrale e intervista “La matematica della fortuna” di Hans Magnus Enzensberger
Secondo festival – Intervista a Umberto Eco “Discorso sul metodo letterario”
 
COMMENTO:
Questa raccolta di lezioni e interviste mette in evidenza tutta la poliedricità della matematica: dai frattali di Mandelbrot alla regolarità dei numeri triangolari indagata da Hofstadter, dalla bellezza decantata da Atiyah al fascino che sente Eco per una materia che non ha mai capito fino in fondo… Ogni intervento mette in luce un aspetto diverso della matematica, nel suo rapporto con l’economia, la natura, l’umanesimo, il pensiero, con l’arricchimento di un intermezzo alla scacchiera che ci permette di incontrare e conoscere meglio il campione mondiale Spassky e il premio Nobel Alferov. 
Un libro che non presenta particolari difficoltà di lettura, adatto a tutti: godibile a piccole dosi e leggibile senza seguire necessariamente l’ordine proposto, ma saltando un po’ qui un po’ là, a seconda del proprio umore, a seconda delle proprie passioni.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:57

I cinque di Cambridge

TRAMA:
“I cinque di Cambridge” è una fiction scientifica. È l’autore stesso a spiegarci che è un’opera che tenta di trasferire in uno scenario fittizio le questioni intellettuali e conoscitive su cui si confrontano gli esseri umani impegnati nel modellare la scienza e la tecnologia del proprio futuro.
Casti ipotizza che nel giugno del 1949 il celebre romanziere e fisico C.P. Snow abbia discusso con Sir Ben Lockspeiser, primo scienziato di Sua Maestà, e Sir Henry Tizard, consulente scientifico del ministro della Difesa, della questione delle macchine pensanti. I due scienziati gli avrebbero chiesto di sondare la comunità scientifica e Snow avrebbe quindi organizzato una cena, invitando il genetista J.B.S. Haldane, il matematico Alan Turing, precursore della struttura logica degli attuali calcolatori digitali, il filosofo Ludwig Wittgenstein e il fisico premio Nobel Erwin Schrödinger, famoso per il suo lavoro sulla meccanica quantistica.
Il pensiero di Snow ci viene chiarito fin dall’inizio: tutte le discipline universitarie e le competenze scientifiche e filosofiche raccolte questa sera intorno al tavolo dovrebbero poter chiarire se l’intuizione da parte di Turing di una macchina pensante sia solo una fantasia accademica o abbia qualche fondamento reale. Durante la cena, si crea un conflitto di idee tra Wittgenstein e Turing: il primo ha scelto di partecipare alla cena per curiosità, il secondo alla ricerca di una serata interessante, convinto di poter contribuire a fare chiarezza sull’argomento.
Turing espone ai commensali il funzionamento delle macchine calcolatrici e descrive i risultati che gli hanno fornito le basi per l’analogia macchina-cervello, ma dispera di riuscire a convincere gli altri dei suoi risultati, mentre Wittgenstein si agita e si infervora sempre di più per contestare il matematico. Il discorso prosegue analizzando il legame esistente tra linguaggio e pensiero: Turing propende per un organo linguistico nel cervello che fornisce una struttura sintattica universale; Wittgenstein ci dice che l’essenza del linguaggio è il significato, che può essere acquisito solamente in un contesto sociale. Entrambi sostengono che l’uomo ha bisogno di una vita sociale per sviluppare le proprie facoltà intellettuali e il discorso prende quindi in esame altri aspetti della cultura umana: la religione, l’arte, la letteratura e altre attività artistiche. 
Nella conclusione, Casti ci mette a conoscenza degli odierni progressi in termini di Intelligenza Artificiale: non è detto che non si possano costruire macchine pensanti, ma sicuramente le cose non sono così semplici come si pensava negli anni Cinquanta.
 
COMMENTO:
Casti è molto bravo a mettere in scena la sua fiction: sembra di assistere davvero alla cena dei cinque di Cambridge, di sentire i loro battibecchi, di cogliere i lunghi silenzi e le sfuriate di Wittgenstein, la ritrosia di Turing che fa da contraltare al suo entusiasmo.
Il discorso non è certamente semplice – l’Intelligenza Artificiale affascina, ma coinvolge elevati discorsi filosofici e implica complicate connessioni logiche – eppure Casti è molto bravo e le spiegazioni sono veramente alla portata di tutti.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 15:43

L'enigma dei numeri primi

TRAMA:
L’introduzione della dimostrazione segna il vero inizio della matematica: l’intuizione da sola non basta e non serve nemmeno la verifica caso per caso, che potrebbe essere svolta da un computer. Gauss, principe dei matematici, dà un senso pieno alla dimostrazione e trova una certa regolarità nei numeri primi stabilendo che i numeri primi inferiori a un certo numero N sono N/lnN. Legendre perfeziona questa formula e nasce un’aspra disputa tra i due, vinta da Gauss che aveva effettuato un’analisi teorica, nettamente superiore ai tentativi del rivale.
Nel novembre del 1859, Riemann pubblica un saggio, di sole dieci pagine, nelle note mensili dell’Accademia di Berlino: solo dieci pagine perché, essendo un grande perfezionista, voleva pubblicare solo dimostrazioni rigorose. Determina una formula che fornisce il numero esatto di primi non maggiori di N, ma non va oltre: fuggendo dall’esercito invasore nel 1866, Riemann muore in Italia a soli trentanove anni e la sua solerte governante distrugge molti dei suoi appunti inediti, prima che qualcuno riesca a fermarla. Fra le sue carte, la dimostrazione non è mai stata trovata e fino a oggi i matematici non sono stati in grado di replicarla.
Agli inizi del Novecento, Hilbert riporta al centro dell’attenzione l’ipotesi, con il suo discorso al Congresso Internazionale dei matematici, nel quale elenca una serie di ventitre problemi, ritenendoli la linfa vitale della matematica: fra di essi l’ipotesi di Riemann, che secondo lui avrebbe sicuramente aperto nuove vie.
Con la seconda guerra mondiale e l’avvento del nazismo, l’Europa perde la propria centralità e molti matematici trovano rifugio a Princeton: Siegel, Selberg, Erdős,… fanno importanti passi avanti ma non giungono a una dimostrazione completa dell’ipotesi. Turing avrebbe solo potuto trovare un eventuale errore di Riemann, con il computer che consente solo di valutare ogni singolo caso. Fino ad ora ha permesso di trovare che 300 milioni di zeri si trovano sulla retta, facendo vincere a Enrico Bombieri due bottiglie di ottimo bordeaux in una scommessa contro Don Zagier: trecento milioni di zeri non sono una dimostrazione, ma una gran massa di indizi.
Con l’avvento di Internet, la teoria dei numeri ha assunto un ruolo di primo piano nelle applicazioni, visto che la cifratura RSA (da Rivest – Shamir – Adleman), che salvaguarda gran parte delle transazioni che avvengono su Internet, è basata sulla scomposizione di numeri con un elevato numero di cifre. L’ipotesi di Riemann aiuterebbe a capire la distribuzione dei numeri primi e cambierebbe anche la scomposizione dei numeri molto grandi: per ora contribuisce “solo” ad arricchire questa “odissea intellettuale” che non ha ancora avuto un lieto fine.
 
COMMENTO:
Libro molto interessante, spiegato con estrema semplicità e chiarezza. L’ipotesi di Riemann è la protagonista di una storia della matematica ricca di vicende umane, che si apre con il pesce d’aprile di Bombieri a dimostrazione del fatto che anche nella matematica più seria c’è spazio per l’umorismo. 
Adatto anche per studenti delle superiori.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 14:26

Il disordine perfetto

TRAMA:
Cos’è la simmetria? Questa è la prima domanda cui Marcus du Sautoy cerca di dare una risposta: la simmetria indica qualcosa di speciale che il nostro cervello sembra programmato per cogliere. 
A partire dai tempi dei greci, Platone aveva cominciato uno studio sistematico dei solidi simmetrici che devono a lui il loro nome, considerandoli capaci di trascinare l’anima verso verità più profonde. I musulmani hanno proseguito questo studio, come dimostrato dal palazzo dell’Alhambra, nel quale sono presenti tutte le 17 simmetrie possibili. Per i musulmani, non è possibile raffigurare le persone, per questo motivo essi si sono concentrati su oggetti geometrici e la capacità di ripetere il motivo di una piastrella senza sosta e senza imprecisioni era segno di vera abilità. 
Mentre in Spagna si costruisce il palazzo dell’Alhambra, al Khwarizmi e Khayyam portano avanti i loro studi sulle equazioni, passando poi il testimone a Cardano e Tartaglia, che si contendono la soluzione delle equazioni di terzo grado. Abel, nella sua sfortunata e breve vita, dà un grande contributo allo studio delle equazioni e con Cauchy si ha l’evidenza del ruolo del linguaggio per comunicare i nuovi risultati: “Non lasciate che tocchi un libro di matematica o che scriva un solo numero prima di avere completato i suoi studi di letteratura”, disse Lagrange al padre di Cauchy, avvertendo l’imminenza di importanti cambiamenti nel mondo della matematica. 
All’indomani della Rivoluzione Francese, l’opera di Galois evidenzia finalmente il legame esistente fra le equazioni e la simmetria: Galois comprese che alla base del tentativo di risolvere le equazioni di quinto grado si nascondeva un problema più sottile, ovvero si rese conto che la chiave per rispondere a questo problema stava nelle simmetrie delle soluzioni dell’equazione.
La simmetria pervade ogni aspetto della quotidianità, pensiamo ad esempio alla musica: la trascrizione del Miserere da parte di Mozart (pezzo di 12 minuti) a soli 14 anni, è stata possibile solo cogliendo la struttura logica della composizione.
Tutte le simmetrie possibili sono state raggruppate nell’Atlas of finite groups, di Conway, Curtis, Norton, Parker e Wilson, ovvero in quello che l’autore definisce un viaggio record di 2000 anni attraverso la simmetria.
 
COMMENTO:
La storia della simmetria, la storia della soluzione delle equazioni, le ricerche di Marcus du Sautoy e la sua stessa vita si intrecciano in questo bellissimo libro, molto scorrevole e adatto anche a studenti delle superiori. 
Du Sautoy ci spiega cos’è la matematica e in cosa consiste il lavoro del matematico, coinvolgendoci con la descrizione dei convegni cui ha partecipato, delle collaborazioni in cui ha dato il suo contributo, dell’intricata rete di rapporti umani che si crea tra i matematici. 
Ma non si ferma qui, dato che la sua stessa vita è parte integrante del libro: ci racconta l’incontro con la moglie Shani, l’esperienza della fecondazione assistita e, infine, l’adozione delle gemelle guatemalteche Magaly e Ina.
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TRAMA:
Il libro comincia con l’Offerta musicale di Bach: «nel 1747 Bach fece una visita improvvisa a Federico il Grande di Prussia e in quell’occasione gli fu richiesto di improvvisare su un tema presentatogli dal Re.» L’autore ci spiega l’importanza di questo esordio: «L’Offerta musicale e la sua storia costituiscono il tema sul quale io stesso “improvviso” per tutto il libro rendendolo così una specie di “Offerta metamusicale”». E in effetti il testo si conclude con un dialogo improntato sull’Offerta musicale, esattamente come gli Strani Anelli del quale l’autore parla all’inizio della sua trattazione. 
È l’autore stesso ad indicarci la strategia di lettura, a spiegarci dettagliatamente come è strutturato il libro: «Questo libro è strutturato in modo insolito: come un contrappunto tra Dialoghi e Capitoli. Lo scopo di questa struttura è di permettermi di presentare i concetti nuovi due volte. Quasi ogni concetto nuovo viene prima presentato metaforicamente in un Dialogo, con una serie di immagini concrete, visive; queste servono poi, durante la lettura del Capitolo successivo, come sfondo intuitivo per una presentazione più seria e astratta dello stesso concetto.»
Perché Gödel, Escher e Bach? Perché proprio questi tre? Cos’hanno in comune? Verso la fine del libro, l’autore spiega che: «Idee collegate in modo profondo spesso sono molto diverse in superficie. L’analogia con gli accordi viene naturale: […] le note armonicamente vicine sono materialmente distanti (per esempio sol, mi, si, che, nella notazione inglese, ci danno tre lettere ben note: G, E, B). Idee che hanno lo stesso scheletro concettuale risuonano in una sorta di analogo concettuale dell’armonia.» Così succede per Gödel, Escher e Bach: Escher «ha dato una parabola pittorica del Teorema di Incompletezza di Gödel» e Bach ne ha fornito la chiave musicale: «Bach e Escher esprimono uno stesso tema in due “chiavi” diverse: musicale e visiva».
Del Teorema di Incompletezza di Gödel, l’autore fornisce una spiegazione esauriente, attraverso anche alcune metafore che aiutano il lettore meno preparato a farsi un’idea chiara dell’importanza di questo teorema, fino a giungere alla sua dimostrazione. Ma il Teorema nasconde in sé un altro gioiello, ovvero l’analisi dell’intelligenza umana per giungere all’obiettivo ben più alto dell’Intelligenza Artificiale. L’autore stesso si domanda: «Come può essere programmato un comportamento intelligente? Non è questa la più appariscente delle contraddizioni in termini? Una delle tesi principali di questo libro è che non si tratta affatto di una contraddizione. Uno degli scopi principali che mi sono prefisso è di spingere ogni lettore ad affrontare questa presunta contraddizione, assaporarla, capovolgerla, smontarla, sguazzarci dentro, così da emergere infine con una nuova capacità di scavalcare il baratro apparentemente invalicabile tra il formalizzato e il non formalizzato, l’animato e l’inanimato, il flessibile e il rigido.»
Come Hofstadter ribadisce anche altrove: «Lo scopo principale di questo libro è quello di indicare quale tipo di rapporto c’è tra il software della mente e lo hardware del cervello.»
 
COMMENTO:
L’impressione che mi è rimasta è di aver colto molto di quello che l’autore ha proposto nel libro, ma di aver anche perso sicuramente qualcosa, perché, come dice l’autore stesso verso la fine: «Non si penetra mai abbastanza a fondo nell’Offerta musicale. Quando si crede di conoscere tutto, vi si trova sempre qualcosa di nuovo». Per questo motivo, ho intenzione di rileggere questo libro tra qualche anno.
Già ora, comunque, sono rimasta affascinata dal legame tra i dialoghi e i saggi: i dialoghi non solo costituiscono un’introduzione ai saggi, ma anche un’evasione da una lettura difficile e impegnata. E danno anche un’idea di quanto sia profonda la preparazione dell’autore. Più volte mi sono ritrovata a dire: «È un grande!», leggendo le pagine dei dialoghi. In ognuno dei dialoghi erano nascoste perle preziose, che non sono sicura di aver colto completamente.
 
Altri commenti:
PIERGIORGIO ODIFREDDI: «Se oggi la logica e alcune delle sue idee epocali sono note a un vasto pubblico, anche non scientifico, lo si deve soprattutto a “Gödel, Escher e Bach” di Douglas Hofstadter, che ha esibito una rete di connessioni, spesso insospettate e sorprendenti, fra i linguaggi naturali, artistici, logici, biologici, informatici e artificiali, ed è valso al suo autore il Premio Pulitzer nel 1980.»
 
GABRIELE LOLLI: «Impegnativo, incredibile, unico, proteiforme libro di Hofstadter, difficile da catalogare, quasi impossibile da descrivere». «Complimenti ai traduttori e a chi ha curato l'edizione di questa opera che è perfetta; deve essere stata una fatica improba, dal punto di vista intellettuale ed editoriale, ma ne valeva la pena; a parte la curiosità di un libro che come uno Strano Anello si chiude sul suo inizio, il tema è cruciale. Per più di duemila anni il pensiero è stato bloccato dal paradosso del mentitore, adesso Hofstadter ci guida per mano su e giù per gerarchie aggrovigliate dove impariamo come nasce l'intelligenza e la vita. E non ci è voluto neanche molto. Sono passati cinquanta anni dal 1931.»
 
ANGELO SCIANDRA: «Si tratta di un buon libro, anche se complicatissimo. […] Il volume, comprendente più di 800 pagine, è un immenso pozzo senza fondo, che spazia dall'offerta musico-logica all'intelligenza artificiale. […] Non credo sia possibile recensire un testo così complesso e ricco di suggestioni, ma penso che le sue pagine non possano essere dimenticate.»
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Giovedì, 01 Agosto 2013 07:59

I problemi del millennio

TRAMA:
Il 24 maggio 2000, durante un Convegno a Parigi, il Clay Mathematics Institute annuncia la messa in palio di sette premi da un milione di dollari, per la soluzione di altrettanti problemi di matematica rimasti irrisolti e giudicati da una commissione internazionale di matematici i sette più difficili e importanti fra quelli ancora da sciogliere. “I problemi del Millennio potrebbero non dare l’idea di dove sia diretta la matematica, ma ci offrono un’eccellente istantanea che mostra dove si trovino, oggi, le sue frontiere”.
L’IPOTESI DI RIEMANN – Essa costituisce l’ultimo problema rimasto irrisolto della lista di Hilbert del 1900. Le sue origini risalgono alla distribuzione dei numeri primi nella successione dei numeri naturali. Nel 1740 Eulero introdusse una funzione denominata con la lettera greca “zeta” (z): Riemann usò tale funzione per indagare il modello di distribuzione dei numeri primi e il suo lavoro fornì un solido legame con la geometria del piano complesso. L’ipotesi di Riemann ha implicazioni importanti per la nostra conoscenza dei numeri primi, ma anche per la sicurezza di Internet. Per lungo tempo si è nutrita la speranza che Riemann avesse lasciato un indizio sepolto da qualche parte fra i suoi appunti, ma inutilmente: non potremo mai sapere con sicurezza in che modo arrivò alle sue conclusioni. La maggior parte dei matematici ritiene che la congettura sia vera.
LA TEORIA DI YANG-MILLS E L’IPOTESI DEL GAP DI MASSA – Il secondo problema del Millennio è un enigma specifico che i matematici dovranno risolvere per dimostrarsi all’altezza della sfida lanciata loro dai fisici. La teoria di Yang-Mills (anni Cinquanta) è un primo passo verso la Grande Teoria Unificata. Nella QFT (Quantum Field Theory), la matematica coinvolge il concetto di simmetria: Yang e Mills lavorarono in questa direzione. Nessuno finora è stato in grado di risolvere le loro equazioni: i fisici le usano per formulare regole con le quali calcolare vari numeri chiave in un modo “approssimato”. “La sua soluzione segnerebbe l’inizio di un’area della matematica nuova e fondamentale, caratterizzata da profonde e importanti implicazioni con la nostra attuale conoscenza dell’universo”.
IL PROBLEMA P VERSUS NP – Per l’autore, è il problema che ha maggiori probabilità di essere risolto da un “dilettante sconosciuto”: riguarda l’efficienza che i computer possono raggiungere nell’eseguire certi tipi di compito. Riferendosi al problema del commesso viaggiatore, i matematici puri cercarono di determinare quanto efficientemente un computer potesse eseguire un particolare compito. Per distinguere i processi, i matematici proposero una classificazione dei problemi: tra quelli risolvibili in un tempo polinomiale e quelli risolvibili in un tempo esponenziale, inserirono i problemi risolvibili in un tempo polinomiale non deterministico, o per brevità NP. 
LE EQUAZIONI DI NAVIER-STOKES – Basandosi sul lavoro di Bernoulli, Eulero formulò una serie di equazioni la cui soluzione descrive il moto di un fluido non viscoso. Nel 1882 Navier introdusse nelle equazioni di Eulero una correzione e, qualche anno dopo, Stokes ne ottenne una derivazione corretta. Grazie al lavoro di Navier e Stokes, alla fine del diciannovesimo secolo sembrava che i matematici fossero sul punto di elaborare una teoria completa della fluidodinamica. Ma nessuno, finora, è riuscito a trovare una formula che risolva le equazioni di Navier-Stokes: non solo, nessuno è riuscito a dimostrare che tale soluzione esista. “I progressi compiuti verso una soluzione delle equazioni di Navier-Stokes sono stati finora talmente piccoli che il Clay Institute assegnerà il premio da un milione di dollari al risolutore di una qualsiasi delle varianti del problema.”.
LA CONGETTURA DI POINCARÉ –La congettura emerge per caso, da un errore compiuto all’inizio dell’indagine di Poincaré nella topologia. Nei primi anni del ventesimo secolo, Poincaré e altri matematici si accinsero a classificare gli analoghi delle superfici a più dimensioni, che chiamarono “varietà”. La congettura è stata dimostrata nel 1960 per varietà da cinque dimensioni in su (Smale) e nel 1981 è stata dimostrata per varietà quadridimensionali (Freedman). Manca la dimostrazione per le varietà tridimensionali. [Questo problema è stato probabilmente risolto dal russo Grigori Perelman, ma è presente una seconda dimostrazione, dell’inglese Martin Dunwoody. Non si può stabilire chi dei due abbia diritto al premio, visto che per il Clay Institute devono passare due anni dall’annuncio della dimostrazione.]
LA CONGETTURA DI BIRCH E SWINNERTON-DYER – Tale congettura riguarda le “curve ellittiche”. Una sua dimostrazione avrebbe ripercussioni su tutta la matematica moderna. Prima del 1994 non era nemmeno sicuro che la congettura avesse davvero senso.
LA CONGETTURA DI HODGE – Con ogni probabilità è il problema meno accessibile, poiché si tratta di una questione altamente tecnica e “non c’è nemmeno un reale consenso riguardo a ciò che essa effettivamente sostiene”. Una dimostrazione della congettura stabilirebbe un collegamento fondamentale fra le tre discipline della geometria algebrica, dell’analisi e della topologia. Hodge espose la sua congettura nel discorso pronunciato all’International Congress of Mathematicians, tenutosi nel 1950 in Inghilterra. Attualmente, non esiste alcuna prova che indichi la correttezza dell’intuizione di Hodge.
 
COMMENTO:
Libro interessante, anche se complesso. Uno sguardo sui problemi attuali della matematica, ma non solo: l’autore offre anche ampi panorami sulla storia della matematica, sulla sua evoluzione, su ciò che ha generato i problemi del millennio, infatti non ha come obiettivo la descrizione dettagliata dei problemi: “Il mio obiettivo consiste nel collocare ciascun problema in un suo scenario, descrivere come emerse, spiegare che cosa lo renda particolarmente difficile, e darvi un’idea del perché i matematici lo considerino tanto importante”.
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