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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:16

La matematica spiegata alle mie figlie

TRAMA:

Una ragazzina che ritiene di non amare la matematica rivolge alcune domande su questa materia a chi può darle risposte esaurienti. Le domande spaziano su tutta la matematica e sono molteplici gli argomenti toccati:

-          i numeri: con il sistema binario e quello decimale, l’importanza dello zero e la notazione posizionale;

-          la geometria: l’importanza della dimostrazione, spiegazione che non intacca la meraviglia, perché, come chiarisce l’insegnante, una volta tolto il mistero rimane la bellezza che è ancora più grande quando si capisce da dove è nata;

-          l’algebra, resa ancora più affascinante dalle sue analogie con le indagini poliziesche, anche se, a differenza di queste, fare dell’algebra significa un po’ spazzare e un po’ triturare;

-          i punti e le relazioni, che grazie a Descartes e Fermat sono stati elevati al rango di funzioni, con la geometria analitica;

-          i problemi, il grande scoglio della matematica. Come ci si deve comportare per risolvere un problema? Non sembra troppo difficile, dalla spiegazione di Guedj, visto che bisogna mettere l’uno di fronte all’altro ciò che ti viene chiesto e ciò che conosci. Poi devi provare a passare dal secondo al primo: come posso rispondere alla domanda utilizzando ciò che conosco? Questa è la strategia che ci permette di affrontare qualsiasi problema, utilizzando i teoremi come fossero pezzi meccanici che si adattano perfettamente ai dati che ci sono stati forniti;

-          il ragionamento: la vera potenza della matematica, che, attraverso le dimostrazioni, ci permette di ottenere verità inattaccabili, irrefutabili, eterne. Il ragionamento matematico richiede estremo rigore, ma ogni materia ne è dotata: Gran parte della forza della matematica e dell’interesse che suscita viene dal rigore con cui usa definire gli oggetti, stabilire i risultati, esaminare le dimostrazioni che elabora. Molto dell’odio che la matematica provoca nasce forse da questo rigore, dai profani considerato eccessivo: si ha il diritto di non amare la matematica, come si ha il diritto di non amare qualsiasi altra materia, ma non deve essere un vanto odiarla. È comunque sempre meglio conoscerla almeno un pochino, prima di dichiarare in modo definitivo che non la si ama.

 

COMMENTO:

Un testo semplice, che non presenta difficoltà matematiche, ma permette di fare un po’ di luce nel buio dell’odio che spesso abita i cuori degli studenti che non riescono a capire questa materia fino in fondo. La matematica spiegata alle mie figlie offre uno sguardo diverso, una spiegazione a tutte le obiezioni che vengono mosse da coloro che si vantano di odiare la matematica.

È consigliato soprattutto a coloro che sono convinti di odiare questa bellissima materia: può offrire una nuova visione della realtà a coloro che sono convinti che la matematica sia arida e brutta.

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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:15

Quanti calzini fanno un paio?

TRAMA:

L’intento di questo libro è di svelare la matematica nascosta nella vita quotidiana, rivelandocela in tutta la sua bellezza. Come viene chiarito dall’introduzione, il libro non si rivolge a matematici esperti, considerata la semplicità con cui sono proposti i contenuti e visto, soprattutto, che manca di approfondimento e rigore.

Il punto di partenza è la controintuitività nascosta in alcuni elementi della nostra quotidianità, come ad esempio la coincidenza di un compleanno nello stesso giorno, in un gruppo di cinquanta persone: la matematica ci svela come non si tratti di coincidenze e ci aiuta a spiegare quanto va contro la nostra intuizione. L’autore procede mostrandoci alcuni trucchi per eseguire le moltiplicazioni, sostenendo che le calcolatrici hanno sottratto parte della creatività insita nella scoperta del mondo dei numeri, ovvero ci hanno tolto il privilegio di scoprire alcuni degli straordinari schemi celati fra i numeri più semplici. Alcuni schemi interessanti ci si presentano anche con un semplice mazzo di carte: il fatto che un numero limitato di elementi sia sufficiente per creare una varietà infinita di schemi fa parte della bellezza della matematica.

Piegando un semplice foglio di carta possiamo avventurarci nel mondo dei frattali, o stupirci con il nastro di Möbius. Ma la matematica è nascosta anche negli indovinelli che contengono una certa dose di sorpresa, bellezza o humour, esattamente come un qualsiasi problema di matematica (!).

Il tema della casualità viene affrontato con il lancio di una o più monete, che viene ricollegato in qualche modo al triangolo di Tartaglia.

Il capitolo riguardante i palindromi offre numerose curiosità sui numeri, che possono essere utilizzate anche come simpatici giochi tra amici. Principe dei giochi (perlomeno negli ultimi tempi) è il Sudoku, non aritmetico (nel senso che non richiede la soluzione di operazioni tra numeri) ma sicuramente matematico, per quanto riguarda le strategie di soluzione. Così scopriamo che perché il Sudoku abbia un’unica soluzione è sufficiente che contenga 17 numeri, 18 se vogliamo ottenere delle simmetrie.

Nella soluzione dei problemi, non esiste un’unica strada e lo dimostra il teorema di Pitagora, visto che ne sono state escogitate ben 367 dimostrazioni. Per i matematici, è importante scegliere la strada più «elegante», termine con il quale è indicatoun metodo di risoluzione di un quesito che ha tre caratteristiche: è chiaro, logico e veloce. L’autore, attraverso alcuni semplici esempi, ci dimostra che per una soluzione rapida dei quesiti proposti, serve la capacità di fare un passo indietro e di osservare la situazione in un contesto più ampio, senza lasciarci trarre in inganno dai dettagli.

L’autore procede con l’esplorazione del triangolo di Tartaglia e della serie di Fibonacci, cui viene affiancata la serie di Lucas, che ha molto in comune con i conigli di Fibonacci: entrambe ci consentono di avvicinarci al rapporto aureo, entrato a far parte delle conoscenze della maggior parte dei non matematici con Il codice da Vinci, che l’autore ci aiuta a smascherare in molte delle sue falsità.

Il libro si chiude con un capitolo sull’infinito, per ricordarci che la matematica dell’infinito è diversa dagli altri tipi di matematica.

 

COMMENTO:

Il libro si presta ad una rapida lettura, vista la semplicità degli argomenti proposti e considerata la scarsa profondità con cui sono trattati i singoli temi. Proprio per questo motivo, bisogna tenere presente che si tratta di un “assaggio” delle bellezze della matematica, rivolto a chi di questa materia ha solo una conoscenza parziale e offuscata dalle difficoltà (scolastiche). 

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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:13

I grandi matematici

TRAMA:

Bell ci spiega l’intento di questo libro nell’introduzione, dicendo che vuole condurre il lettore fino a certe idee direttrici che dominano presentemente vasti campi della matematica, e di giungervi attraverso le esistenze degli uomini che ne hanno avuta l’iniziativa. In questo modo, conosciamo i grandi matematici, le loro vite, i loro pregi e i loro difetti, insieme alle loro più grandi creazioni: Lo scopo dei capitoli che seguono è quello di delineare i tratti caratteristici di tale contributo, percorrendo le esistenze dei grandi matematici e facendole risaltare sullo sfondo di alcuni problemi che dominano la loro epoca.

Il testo comincia con le vite di Zenone, Eudosso e Archimede, spiriti moderni in cervelli antichi, per saltare poi quasi due millenni e giungere a Cartesio, che il 10 novembre del 1619 dà vita alla geometria analitica e, per conseguenza, alla matematica moderna. Prosegue con Fermat: è stato un matematico di prim’ordine, un uomo di un’onestà senza macchia, e un matematico che non ha uguale nella storia. Suo contemporaneo è Pascal che, secondo Bell, ha sprecato il proprio ingegno, spingendosi verso una nevropatia religiosa. Si procede con Newton e Leibniz, creatori del calcolo infinitesimale, per il quale nacque una disputa che coinvolse anche molti dei loro contemporanei. La dinastia dei Bernouilli precede e accompagna l’astro di Eulero, il matematico più prolifico della storia, genio universale. Lagrange, Laplace, Monge, Fourier e Poncelet ci accompagnano attraverso la Francia della Rivoluzione e l’impero napoleonico: Lagrange utilizza metodi analitici generali per i suoi teoremi, ottenendo risultati incomparabili, Laplace si dedica alla teoria della probabilità e all’applicazione della legge della gravitazione di Newton, Monge inventa la geometria descrittiva, Fourier si occupa di fisica matematica con la Teoriaanalitica del calore, Poncelet crea la geometria proiettiva, durante la prigionia dopo la campagna di Russia.

Nel XIX secolo incontriamo Gauss, il re dei matematici: Bell lo riconosce, con Archimede e Newton, come uno dei più grandi matematici e sostiene che tutti e tre hanno fatto scattare al tempo stesso le molle principali della matematica pura e della matematica applicata. Alla figura di Gauss si associa quella di Sofia Germain, che comunica al grande matematico alcune osservazioni dopo aver letto le sue Disquisitiones Arithmeticae, nascondendosi dietro uno pseudonimo maschile. Nello stesso secolo, incontriamo Cauchy, che ha un ruolo di primo piano nella matematica moderna: i suoi lavori furono rivoluzionari, come i suoi tempi. È uno dei promotori della teoria dei gruppi e si occupa delle funzioni di una variabile complessa.

Lobatchewsky rivoluziona la geometria, creando uno dei più grandi capolavori di tutta la matematica, un lavoro che costituisce una vera pietra miliare sulla via del progresso del pensiero umano. Jacobi consacra tutta la sua vita all’insegnamento e alle ricerche matematiche; Hamilton lascia ai matematici, con il suo lavoro, la possibilità di “fabbricare” algebre a volontà, ma il suo nome è collegato in particolare alla teoria dei quaternioni. Galois e Abel sono accomunati dal genio e dalla brevità delle loro vite sfortunate: Abel ha permesso la soluzione di molti importanti problemi che, senza la sua opera, sarebbero rimasti insoluti e Galois ha lasciato lavoro per intere generazioni di matematici, nelle ultime volontà scritte in tutta fretta la notte prima di morire. Cayley e Sylvester hanno creato la teoria degli invarianti, di importanza fondamentale per la fisica moderna; Weierstrass, insegnante di scuola superiore, ha arricchito la matematica con le sue idee, concepite nell’indipendenza consentitagli dall’isolamento nel quale era costretto a vivere. Alla sua immagine si collega quella di Sonia Kowalewsky, sua allieva, abile matematica morta prematuramente. Boole compie lavori in algebra, ma soprattutto riduce la logica a un’algebra semplice; Hermite, secondo Bell, si classifica tra i matematici nati della storia, grazie al carattere generale dei problemi che ha affrontatoe all’ardita originalità dei metodi da lui immaginati per risolverli. Kummer, Kronecker e Dedekind, con l’invenzione della teoria moderna dei numeri algebrici […] hanno fatto per l’aritmetica superiore e la teoria delle equazioni algebriche ciò che Gauss, Lobatchewsky, Bolyai e Riemann hanno fatto per la geometria, emancipandola dalla schiavitù del sistema troppo ristretto di Euclide. Riemann è statouno dei matematici più originali dei tempi moderni e la sua ipotesi è uno dei problemi ancora insoluti della matematica. Poincaré fu l’ultimo scienziato che abbracciò praticamente tutto il dominio della matematica, pura e applicata, e in pochi anni ha prodotto una grande massa di lavori.

La carrellata si conclude con Cantor, colui che ha concepito un nuovo modo di considerare l’infinito matematico, diventando uno degl’innovatori più radicali nella storia della matematica.

 

COMMENTO:

La scelta di biografie proposta da Bell permette di attraversare la storia d'Europa degli ultimi secoli, vivendo, con gli occhi dei protagonisti di quei tempi, la Rivoluzione francese, le scorrerie di Napoleone e le guerre del XIX secolo.

L'italiano con cui è scritto non è sicuramente molto attuale, visto che Bell ha scritto il libro nel 1937 e, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi matematici, alcuni discorsi sono un po' superati, ma i profili tracciati meritano sicuramente una lettura. A volte viene quasi il dubbio che Bell abbia incontrato personalmente ognuno di loro...

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Venerdì, 02 Agosto 2013 15:00

Le bugie della statistica

TRAMA:
Grazie al nostro analfabetismo matematico, e statistico in particolare, i mezzi di informazione possono farci credere qualsiasi cosa, purché preceduta/seguita da percentuali. In particolare, nonostante i numeri siano frutto di valutazioni approssimative, più un numero è “ricco” di cifre decimali, più ci fidiamo, perché siamo convinti che i numeri siano un riferimento oggettivo. Eppure, uno stesso numero è più grande o più piccolo a seconda di ciò a cui viene paragonato: un incremento risulta maggiore se paragonato a una base di partenza molto bassa, un decremento è minore se paragonato alla stessa base. Se crediamo ad ogni cosa senza porci il problema del confronto, possiamo arrivare a credere che un’azienda potenzialmente in crisi sia in realtà in netta ripresa oppure che gli ospedali siano luoghi pericolosi, visto l’elevato numero di decessi. Nello stesso calderone entrano le percentuali, che nascondono la base cui la quota si riferisce. Altro numero che dà l’illusione dell’oggettività è la media: spesso dimentichiamo che due medie uguali possono nascere da due distribuzioni di dati completamente diverse e che quindi la media da sola non può darci indicazioni assolute. 
L’ignoranza in termini di geometria analitica permette di modificare la realtà mediante un diagramma cartesiano, spesso trasformato con tagli delle ordinate e allungamento delle ascisse per accentuare fenomeni di crescita, o tagliando le colonne per dare l’illusione di distanza, laddove c’è una grande vicinanza. Le trappole delle rappresentazioni grafiche si fanno sentire anche nei pittogrammi, nei quali ad esempio si rappresenta un quantitativo in denaro con una banconota da 50 euro: se si vuole presentare il confronto tra due quantità, una doppia dell’altra, bisogna considerare che non è corretto raddoppiare le singole dimensioni, perché in questo modo le due quantità confrontate sono una quadrupla dell’altra. Analogo problema si presenta con i volumi.
Un altro errore delle statistiche si esprime nelle previsioni per il futuro, estrapolando dai dati attuali l’andamento di un determinato evento. L’estrapolazione sfrutta un tipico errore di tutti noi, ovvero la convinzione che tutto continuerà ad essere e ad evolversi come è successo fino ad ora. Così si parla di esplosione demografica quando, per un certo periodo di tempo, c’è stato un aumento delle nascite, viceversa si parla di calo. In un’affannosa ricerca di certezze, si dimentica che quanto più lungo è il periodo sul quale si azzarda una previsione, tanto più è difficile che la previsione si avvicini alla verità (come ci insegnano i meteorologi…). Insomma, non si può parlare di certezza, laddove c’è solo una tendenza.
Le statistiche basano i propri asserti sulle indagini. Tali indagini non si rivolgono a tutto l’universo statistico ma solo ad un campione, non sempre attendibile e che può essere cambiato a statistica ultimata, modificando il risultato ottenuto secondo il proprio comodo. Inoltre la formulazione delle domande può portare alle risposte che si stanno cercando, oppure gli intervistatori influenzano le risposte del campione… infine non ci si può fidare ciecamente delle risposte che si raccolgono, perché non è sicuro che l’intervistato sia stato sincero.
È sicuro, comunque, che non potremo mai conoscere con esattezza il numero dei disoccupati, visto che la disoccupazione è un concetto vago, che presenta decine di definizioni, allo stesso modo della povertà, o del prodotto interno lordo di un paese. La vaghezza dei concetti offre una ghiotta opportunità a coloro che vogliono manipolare i dati per truffare qualcuno.
Infine, la correlazione offre errori decisamente frequenti: il fatto che due eventi siano correlati, ovvero che subiscano modifiche contemporaneamente, non significa che siano l’uno la causa dell’altro. Bisogna tener conto di tutte le variabili che intervengono, altrimenti si giungerà ad una serie di conclusioni errate.
 
COMMENTO:
Un vademecum efficace per evitare di farsi confondere le idee dalle mille statistiche che vengono presentate ogni giorno dai mass media. “Spesso usiamo le statistiche per sostenere una tesi già decisa in partenza, e non per provare a mettere alla prova un’ipotesi”, come ci dice Andrea Gilardoni nella sua introduzione intitolata, non a caso, “Un kit di sopravvivenza per il cittadino”. Un po’ di attenzione e una competenza matematica di base possono aiutare a orientarsi tra gli innumerevoli messaggi di cui siamo destinatari e questo libro ha proprio lo scopo di aprirci gli occhi, considerato che “per smascherare questi metodi non è necessario aver studiato statistica”.
Interessanti le indicazioni di approfondimento al termine di ogni capitolo: in questo modo gli spunti offerti possono essere indagati a proprio piacimento.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 21:21

Pasta all'infinito

TRAMA:
Nei primi anni Ottanta, un matematico tedesco, Albrecht Beutelspacher, giunge in Italia, per la precisione all’Università dell’Aquila, per un soggiorno di sei settimane presso Luigia e Franco, matematici italiani, e dimostrare con loro un teorema. Peccato che Albrecht non conosca l’italiano e Franco e Luigia conoscano poco l’inglese, ma la matematica è un linguaggio universale e i tre riescono comunque a comunicare.
Il libro offre uno spaccato di alcuni “cimeli” di quegli anni: il telefono con la rotella, i primi computer… Non solo: Albrecht è un tedesco e guarda l’Italia con occhi diversi dai nostri. È stupito perché con Luigia e Franco lavoro e vita privata sono fortemente intrecciati e così si parla di matematica tra un piatto di pasta e un caffè. Inoltre è colpito dal fatto che i matematici italiani non lavorino in biblioteca, non utilizzino i testi di altri matematici o le numerose riviste: preferiscono investire i fondi nella partecipazione ai congressi e nell’incontro con altri matematici.
L’obiettivo del viaggio di Albrecht in Italia è la dimostrazione di alcuni teoremi sui blocking set, insiemi di punti dalle caratteristiche molto particolari. Nel libro si può trovare il procedimento per la dimostrazione del teorema e si capisce la necessità della generalizzazione, ma al centro di ogni discorso c’è l’infinito, abbordato attraverso i paradossi di Zenone, l’infinita serie di Fibonacci, la sezione aurea, i numeri irrazionali, la prospettiva con le rette parallele che si incontrano all’infinito… Si procede poi con il confronto tra gli infiniti: i numeri pari, i numeri dispari, i numeri naturali e i loro quadrati, i punti che compongono segmenti di lunghezze diverse, il numero dei punti di una circonferenza e di una retta... e si arriva fino al metodo della diagonale di Cantor. Ma si parla anche di codici, visto che Albrecht è un esperto: codice fiscale, codice EAN e infine codice ISBN, per il quale si dimostrano due teoremi che ci informano che tale codice è l’unico che rilevi gli errori al 100%.
 
COMMENTO:
Il libro è interessante e si legge con estrema facilità, ma non ne consiglierei la lettura ad esperti di matematica, perché offre una visione troppo semplicistica di alcuni argomenti: è abbastanza paradossale, ad esempio, che un’insegnante universitaria come Luigia abbia bisogno che qualcuno le spieghi in cosa consiste la dimostrazione per induzione. 
La lettura è consigliabile per tutti quegli studenti che si domandano (e mi domandano) continuamente a cosa serva la matematica, visto che presenta la matematica “nascosta” nella vita quotidiana.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 21:19

Più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla

TRAMA:
Il libro è costituito da due parti: nella prima, quella principale, ci sono diciassette racconti nei quali l’autore D’Amore accompagna Dante per le vie di Firenze e altre città, dall’infanzia all’età adulta e mentre è impegnato a comporre la Divina Commedia. Nella seconda parte ci sono due saggi: il primo presenta un elenco dei matematici citati nella Commedia, il secondo affronta in modo più sistematico gli argomenti già eviscerati nei racconti.
Nei racconti, che non sono presentati in ordine cronologico, incontriamo un Dante bambino alle prese con la scuola, le tabelline e una lezione di dialettica e ottica di papa Giovanni XXI; vediamo Dante alle prese con le cifre indiane, il sistema decimale e la notazione posizionale, a lezione dal maestro Paolo dell’Abaco e a colloquio con la sorella di Fibonacci, per ricostruire la vita e le esperienze di quest’ultimo. È un Dante che studia dialettica e logica, un Dante appassionato di arismetrica, calcolo delle probabilità, geometria…
Così, lo troviamo per le vie di Bologna mentre, con Guido Cavalcanti, assiste al gioco della zara e riflette sul calcolo delle probabilità:
Quando si parte il gioco della zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara                            (Pur, VI, 1-3)
lo troviamo in una taverna sulla strada per Bologna a discutere di geometria, di triangoli inscritti in una semicirconferenza 
O se del mezzo cerchio far si pote
triangol sì ch’un retto non avesse                             (Par, XIII, 101-102)
e di somma degli angoli interni di un triangolo:
O cara piota mia, che sì t’insusi,
che come veggion le terrene menti
non capere in triangol due ottusi                              (Par, XVII, 13-15)
o in una taverna di Roma a conoscere la storia della nascita del gioco degli scacchi e a riflettere sulla crescita esponenziale:
L’incendio suo seguiva ogni scintilla;
ed eran tante, che ‘l numero loro
più che ‘l doppiar delli scacchi s’inmilla                    (Par, XXVIII, 91/93)
 
COMMENTO:
Molto piacevoli i racconti nei quali, come dice lo stesso Bottazzini nell’introduzione: “Il gioco della finzione si svolge in un felice equilibrio tra realtà storica e immaginazione”, inoltre “restituisce al lettore un’immagine viva e credibile della matematica del tempo di Dante, un’epoca in cui le poche vestigia lasciate dall’eredità classica si incontrano con i nuovi algoritmi portati dalla cultura matematica degli infedeli.”
Più complessi i due saggi finali, ma sicuramente interessanti. Nel secondo, in particolare, si riprendono gli argomenti trattati nei racconti, ma in modo più “serio”, più sistematico.
Consigliatissimo agli insegnanti di matematica e di italiano (per un possibile lavoro interdisciplinare che l’autore vuole incentivare), consigliatissimo agli studenti che incontrano Dante nella loro carriera scolastica e che rischiano di sentirlo lontanissimo dal loro mondo.
 
Questo libro è ora pubblicato con il titolo "Dante e la matematica" per la casa editrice Giunti.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 21:15

Vite matematiche

TRAMA:

Come ci dicono gli autori nell’introduzione, nel corso degli ultimi cinquant’anni sono stati dimostrati più teoremi che nei precedenti millenni della storia umana, eppure soltanto flebili echi di questa fervida attività di pensiero giungono al largo pubblico. Infatti, a parte casi sporadici la matematica rimane per lo più ignorata. Obiettivo di questo libro è quindi portare alla ribalta alcuni dei protagonisti di questa straordinaria avventura intellettuale, che ha messo a nostra disposizione nuovi e potenti strumenti per indagare la realtà che ci circonda.

Il punto di partenza sono i ventitre problemi di Hilbert, che diedero vita a un enorme complesso di ricerche di carattere logico e fondazionale.

BERTRAND RUSSELL (1872-1970) – Scrisse moltissimo, spaziando dai fondamenti della matematica alla logica, dalla teoria della conoscenza alla storia della filosofia, dalla filosofia morale alla polemica politica. È noto per il suo pacifismo, per essersi occupato di fondamenti della matematica e per il paradosso che porta il suo nome.

GODFREY H. HARDY (1877-1947) – Hardy è stato prima di tutto una mente molto brillante, e poi certamente un matematico di fama notevole. Viene ricordato per il ruolo particolare che ebbe nella scoperta del genio indiano Ramanujan e per la stesura dell’Apologia di un matematico.

EMMY NÖTHER (1882-1935) – È stata il punto di riferimento per l’algebra astratta, ma soprattutto per le donne americane che decidevano di dedicarsi alla matematica. Purtroppo la sua morte prematura le ha impedito di dare concretezza ad una scuola americana vera e propria. Secondo i suoi nipoti Emiliana e Gottfried: “Ciò che importa è che ha affrontato le difficoltà, ha perseverato, malgrado tutte le sciocchezze sulle donne, ed è divenuta uno dei matematici più significativi del suo secolo”.

PAUL ADRIEN MAURICE DIRAC (1902-1984) – Fisico teorico, si è occupato della fisica dell’infinitamente piccolo ed è considerato l’ispiratore e il fondatore dei fondamenti della teoria quantistica dei campi. La ricerca della bellezza matematica è stato il tratto distintivo della sua opera e ha dato frutti paragonabili a quelli di Newton e Einstein, anche se talvolta lo ha indotto a battaglie isolate nella comunità scientifica.

JOHN VON NEUMANN (1903-1957) – È ricordato per il suo contributo alla teoria dei giochi che permette un nuovo approccio allo studio dell’economia, per la sua collaborazione al Progetto Manhattan, ma soprattutto perché è considerato uno dei padri dell’informatica. Certamente ci troviamo di fronte ad un vero gigante del ventesimo secolo, una figura forse unica nella sua sbalorditiva capacità di coniugare un’intelligenza teorica di straordinaria profondità ad una visione “pratica” della scienza.

KURT GÖDEL (1906-1978) – Nella sua tesi di laurea, solamente ventitreenne, dimostrò il suo primo grande risultato, il teorema di completezza, importantissimo per la logica. Tre anni dopo, nel tentativo di estendere il risultato alla matematica, scoprì che ci sono verità indimostrabili e arrivò alla dimostrazione dei teoremi di incompletezza, risolvendo il secondo problema di Hilbert e distruggendo il suo programma sulla consistenza.

ROBERT MUSIL (1880-1942) – Scrittore, ma laureato in ingegneria, Musil si mantiene aggiornato per quanto riguarda le idee matematiche e fisiche che affollano l’inizio del XX secolo. Eppure spesso non accetta di essere considerato un “saggista” intriso di idee scientifiche, o peggio ancora un filosofo, si schermisce, rivendica il carattere specificamente poetico della sua opera.

ALAN MATHISON TURING (1912-1954) – Ebbe una parte importante nella decrittazione dei messaggi della macchina tedesca Enigma, lavorò in modo originale ai teoremi di incompletezza di Gödel e ai problemi di decidibilità di Hilbert e può essere considerato uno dei padri fondatori dell’era informatica e dell’intelligenza artificiale.

RENATO CACCIOPPOLI (1904-1959) – Impegnato soprattutto nell’ambito dell’analisi funzionale, dove dà contributi notevoli, ha il merito di aver cercato di sviluppare delle teorie generali, riavvicinando l’analisi italiana alle punte più avanzate della ricerca. Nella sua vita è stato anche un convinto oppositore del regime fascista, tanto che la famiglia denuncia suoi fantomatici problemi mentali per evitargli il carcere.

BRUNO DE FINETTI (1906-1985) – Fondamentali i suoi contributi alla teoria della probabilità e alla statistica, oltre che ad altri rami del sapere, come l’economia e la biologia. È forse stato uno dei primi matematici in Italia in grado di risolvere problemi di analisi tramite l’uso di computer.

ANDREJ NIKOLAEVIC KOLMOGOROV (1903-1987) – È probabilmente il maggior matematico sovietico del secolo, come dimostrato dalla sua vasta ed articolata attività scientifica. In molti di questi lavori il suo contributo ha addirittura rivoluzionato la nostra visione del problema.

BOURBAKI – Dopo l’interruzione per la Grande Guerra dello sviluppo della matematica francese, Jean Dieudonné, Jean Delsarte, Claude Chevalley, André Weil e Henri Cartan decidono di redigere un nuovo trattato, che abbia come obiettivo il massimo rigore possibile, con lo pseudonimo di Bourbaki che regala un alone di mistero alla storia del gruppo. Con il passare degli anni, diventa difficile mantenere vivi gli ideali fondazionali, tanto che dal 1983 non compare più alcuna pubblicazione con il suo nome.

RAYMOND QUENEAU (1903-1976) – Lettore infaticabile dalla cultura vastissima, Queneau si è trovato in contatto con i principali movimenti letterari e culturali presenti sulla scena parigina fin dagli anni Venti: ciò che lo contraddistingue è il suo interesse costante per la matematica. E non si tratta solo di un “passatempo”, visto che conosce le più recenti teorie scientifiche fin da adolescente.

JOHN F. NASH JR (1928- ) – Forse uno dei più brillanti matematici del ventesimo secolo, ha ottenuto risultati unanimemente considerati di altissimo valore. Purtroppo il suo lavoro è stato molto limitato nel tempo a causa della malattia da cui è affetto fin da giovane, la schizofrenia paranoide. Fortunatamente, nell’ultimo periodo della sua vita è uscito in parte dalla malattia ed è stato insignito del Premio Nobel, nel 1994, per il suo contributo alla teoria economica con i suoi risultati nella teoria dei giochi.

ENNIO DE GIORGI (1928-1996) – Ottenne importati risultati grazie ad un’intuizione fulminea unita ad una capacità eccezionale di far seguire ad essa una dimostrazione curata nei minimi dettagli. È ricordato in modo particolare dai numerosi allievi, per i quali è stato sempre una presenza importante: hanno appreso dal suo insegnamento e dal suo esempio un modo particolare di “fare matematica”.

LAURENT SCHWARTZ (1915-2002) – Schwartz è un intellettuale che ha vissuto tutti i grandi avvenimenti della seconda metà del Novecento, visto che ha dedicato gran parte della sua vita in favore dei diritti dell’uomo e dei popoli. Nella sua autobiografia, Schwartz afferma: “i matematici trasferiscono nella vita di ogni giorno il rigore del loro ragionamento scientifico. La scoperta matematica è sovversiva. È sempre pronta a rovesciare i tabù. I poteri stabiliti riescono a condizionarla molto poco.

RENÈ THOM (1923-2002) – Ha aperto la strada ad un originale tentativo di applicare la matematica ai fenomeni naturali, oggi noto come “Teoria delle catastrofi”.

ALEXANDER GROTHENDIECK (1928- ) – Il profano che si accosta all’opera matematica di Grothendieck dovrà […] guardar la matematica come un’arte e il matematico come un artista. Ha avuto un periodo produttivo molto limitato, visto che a 42 anni abbandona la matematica per dedicarsi al suo radicale antimilitarismo.

GIAN-CARLO ROTA (1932-1999) – Insegnando ed esplorando da anticonformista la matematica e la filosofia, ha rimesso in discussione, con coraggio ed energia, le correnti di pensiero più in voga, svelando nuovi affascinanti scenari e toccando profondi livelli di conoscenza. Matematico e filosofo, è stato un grande comunicatore e ha dato profondi contributi nell’ambito della combinatoria topologica.

STEVE SMALE (1930- ) – Oltre agli impegni matematici, si schiera contro il militarismo del proprio Paese a fianco degli studenti, tanto che approfitta del Congresso di Mosca per lanciare e fare sottoscrivere un appello di condanna dell’aggressione americana e di appoggio alla causa vietnamita.

MICHAEL F. ATIYAH (1929- ) – È senza dubbio uno dei matematici più prolifici e più influenti dell’ultimo secolo. Nelle motivazioni del premio Abel, del quale è stato insignito nel 2004, per la dimostrazione del teorema dell’indice, si legge: “Questo teorema ci permette […]di intravedere l’intrinseca bellezza della matematica in quanto stabilisce un nesso profondo tra discipline che appaiono fra loro completamente separate”.

VLADIMIR IGOREVIC ARNOL’D (1937- ) – A soli vent’anni ha risolto il tredicesimo problema di Hilbert, è noto per aver generalizzato il teorema di Kolmogorov e per i suoi studi di idrodinamica. È un ottimo insegnante e ha avuto un numero elevato di allievi, molti dei quali sono diventati matematici di prima grandezza e hanno contribuito a diffondere le sue idee ed il suo approccio unitario alla matematica (e alla fisica), ai suoi problemi e al suo insegnamento.

ENRICO BOMBIERI (1940- ) – Unico italiano ad essere stato insignito della Medaglia Fields (1974), “Bombieri è uno dei più eclettici e famosi matematici del mondo”, come recita il testo ufficiale della nomina a membro della National Academy of Sciences.

MARTIN GARDNER (1914- ) – È il più autorevole e prolifico scrittore di matematica ricreativa di ogni epoca e paese e la sua abilità si esprime nel saper affrontare anche le parti più complesse della matematica, trovando sempre degli spunti curiosi e coinvolgenti. Non ha compiuto studi scientifici e la sua cultura matematica è dovuta a studi autonomi.

F. WILLIAM LAWVERE (1937- ) – La ricerca dell’unità, di un quadro concettuale che renda chiare ed esplicite le nozioni fondamentali […] ha segnato fortemente il suo lavoro scientifico, fin dagli inizi, e continua tuttora a rappresentarne una forte componente. Studia i fondamenti anche perché connessi ad una delle sue passioni: la formazione matematica.

ANDREW WILES (1953- ) – È noto per aver dimostrato l’ultimo teorema di Fermat, al quale ha lavorato per sette anni in completa solitudine. Nell’intervista riportata riconosce la difficoltà insita nella matematica e per questo è necessario dedicarle la propria vita solo se si ha una vera passione.

 

COMMENTO:

Interessante excursus nella matematica del Novecento, secolo ricco di una fervida attività di pensiero.

A seconda degli autori, nell’articolo dedicato ad ogni matematico o scrittore matematico vengono sottolineati maggiormente gli aspetti biografici o quelli professionali, spesso inscindibili, vista la parte rilevante che la matematica ha avuto nella vita di molti di loro.

La lettura non è particolarmente impegnativa e gli articoli possono essere letti nell’ordine che si preferisce.

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Giovedì, 01 Agosto 2013 16:42

Il genio dei numeri

TRAMA:

Nato il 13 giugno del 1928, John Forbes Nash Junior mostrò da subito un gran talento per la matematica e una grande passione per lo studio e i libri: non si dedicava certo alle attività tipiche dei bambini della sua età e questo, per i suoi genitori, era fonte di preoccupazione costante.

Nel giugno del 1945 giunse al Carnegie Institute of Technology, con l’intento di diventare un ingegnere elettrotecnico come il padre, ma l’interesse per la matematica non tardò a conquistarlo: uno dei suoi insegnantilo definì “un giovane Gauss”. Nel 1948, scelse l’università di Princeton, ritenuta un ottimo centro per lo studio della matematica. La grande fortuna di Nash, se la si vuole chiamare fortuna, fu di entrare sulla scena matematica nel momento e nel posto tagliati su misura per i suoi bisogni particolari.

Fin da subito, Nash si distinse per la propria originalità e, soprattutto, per la propria presunzione.

A Princeton, numerosi erano i grandi con i quali Nash poté entrare in contatto. Fra di essi c’era John von Neumann, che aveva ideato, negli anni Venti, la teoria dei giochi e aveva scritto, consapevole del suo possibile utilizzo nell’ambito dell’economia, The theory of games and economic behavior. Nash si rese subito conto che questo libro, per quanto innovativo, conteneva solo un teorema importante, quello del minimax, ma per il resto costituiva una trattazione incompleta dell’argomento ed era poco applicabile alle scienze sociali. Scrisse così il suo primo saggio, “Il problema della contrattazione”,un’opera di carattere straordinariamente pratico per un matematico, soprattutto per un giovane matematico: caratterizzato da una grande originalità, il saggio forniva le risposte giuste al problema.

Nell’estate del 1949, John Nash si rivolse a Albert Tucker perché gli facesse da relatore della tesi, convinto di aver trovato qualche “buon risultato collegato alla teoria dei giochi”. Tucker fu una grande risorsa, visto che lo stimolò a continuare anche quando Nash cambiò idea e permise uno dei risultati più importanti della teoria dei giochi: l’equilibrio di Nash.

Dal 1950 al 1954, Nash lavorò per la RAND, un istituto civile di ricerche strategiche di Santa Monica, cheattrasse alcune delle menti migliori della matematica, della fisica, delle scienze politiche e di quelle economiche. L’originalità, l’eccentricità e la genialità di Nash lo distinsero subito e fu un duro colpo per i suoi superiori quando, nell’estate del 1954, furono costretti a licenziarlo in seguito ad un arresto dovuto ad atti osceni in luogo pubblico, ovvero, più specificamente, per la sua omosessualità.

Per quanto oggi possa sembrare strano, la dissertazione di dottorato che un giorno avrebbe fatto vincere un Nobel a Nash non ricevette una considerazione sufficiente per assicurargli un’offerta da un dipartimento matematico prestigioso. La teoria dei giochi non ispirava molto interesse o grande rispetto fra l’élite matematica,Nash quindi cercò un ambito matematico più puro, un problema importante, la cui soluzione gli sarebbe valsa i riconoscimenti dei colleghi: si occupò delle varietà algebriche reali e aprì la strada alla soluzione di nuovi problemi. Questo risultato gli valse il riconoscimento di status di matematico tra i suoi pari, ma non ottenne nessuna offerta dal dipartimento di matematica di Princeton, a causa dell’opposizione di alcuni membri della facoltà. Accettò quindi l’offerta del MIT come lettore: il MIT non aveva l’importanza di oggi, era una scuola d’ingegneria in fase di espansione, con un corpo insegnante giovane e quindi meno conosciuto di quello di Harvard o Princeton. Dall’arrivo al MIT nel 1951, Nash, su suggerimento di Wiener, si dedicò alla fluidodinamica, arrivando così al suo lavoro più importante.

Durante un ricovero in ospedale per l’asportazione di alcune vene varicose, Nash conobbe un’infermiera, Eleanor, che una volta dimesso corteggiò. Quando lei scoprì di essere incinta, Nash si mostrò molto contento, ma non manifestò l’intenzione di sposarla e di riconoscere il figlio in arrivo. Nato nel giugno del 1953, John David Stier, senza il cognome del padre, fu presto dato in affidamento e visse i suoi primi anni passando da una famiglia all’altra. Nash si comportò in modo insensibile ed egoista anche quando la donna cercò di coinvolgere i suoi genitori nella loro storia, perché lui si decidesse ad occuparsi del mantenimento del figlio.

Dopo la cacciata dalla RAND, tornò a Cambridge dove l’alunna ventunenne Alicia Larde, invaghita di Nash, riuscì a conquistarlo dopo un periodo di intenso corteggiamento: si sposarono nel febbraio del 1957.

Nash continuò i suoi lavori nell’area delle equazioni differenziali alle derivate parziali, ma venne preceduto da Ennio De Giorgi, matematico italiano praticamente sconosciuto: per lui fu un duro colpo, nonostante il suo lavoro fosseconsiderato quasi da tutti come un fondamentale passo avanti.

A trent’anni, Nash aveva già raggiunto importanti traguardi e la sua carriera appariva promettente eppure si sentiva più frustrato e insoddisfatto che mai. A trent’anni, Nash temeva che la parte migliore della sua vita creativa fosse finita.

Cominciò a dedicarsi alla congettura di Riemann e, nonostante molti colleghi abbiano cercato di metterlo in guardia da approcci già tentati, correndo i rischi del fallimento cercava di esorcizzare il timore del fallimento stesso. L’inaspettata gravidanza di Alicia fu forse la goccia che fece traboccare il vaso, compromettendo il già delicato equilibrio del matematico: all’inizio del 1959, lavorava ancora al problema di Riemann, ma affermava di voler costituire un governo universale. Dopo un intervento orribile di Nash ad una conferenza, Alicia consultò uno psichiatra della facoltà di medicina del MIT e, anche spinta dai timori per la propria incolumità, fece ricoverare il marito al McLean Hospital. 

Il bambino nacque poco prima che Nash fosse dimesso. Al rientro dal ricovero coatto, Nash decise di lasciare la cattedra al MIT e recarsi in Europa, dove tentò a più riprese di rinunciare alla propria cittadinanza americana, per potersi dichiarare cittadino del mondo. Nell’aprile del 1960 venne ricondotto in patria e dieci mesi dopo venne ricoverato di nuovo, questa volta al Trenton State Hospital, un ospedale pubblico, dove venne sottoposto alla terapia del coma insulinico:Nash avrebbe definito la terapia insulinica una “tortura” e ne risentì per molti anni ancora.

Nel 1961 Nash ottenne un incarico di ricercatore presso l’Institute for Advanced Study, ma già dal 1962, al termine di un suo viaggio in Europa, appariva molto malato. A partire dall’estate del 1963, fu dichiarato il divorzio da Alicia, che riteneva di essere una presenza troppo scomoda nell’eventuale percorso di guarigione del marito. Questo non le impedì di stargli vicino e di continuare ad assisterlo. Venne di nuovo ricoverato, questa volta alla Carrier Clinic, un istituto privato vicino a Princeton, fino al 1965.

Nel 1968, al suo quarantesimo compleanno, Nash risiedeva con la madre, ormai completamente dimenticato dal mondo: l’esistenza di uno schizofrenico è stata paragonata a quella di una persona che viva in una prigione di vetro e che batta alle pareti, incapace di essere udita, eppure molto visibile. Alla morte della madre, nel 1969, la sorella Martha lo fece ricoverare di nuovo: una volta dimesso, egli interruppe ogni rapporto con la sorella e partì per Princeton. Le sue condizioni apparivano stabili: Nash si dichiarò in seguito molto attento a non attirare l’attenzione per non essere ricoverato di nuovo. Visse con Alicia e il figlio dal 1970.

È impossibile dire con esattezza quando si verificò la miracolosa guarigione di Nash, che gli altri cominciarono a notare più o meno all’inizio degli anni novanta: il merito non fu di nuove cure. Secondo Nash, il merito spetta a lui, alla sua volontà di uscire dalla malattia. Nel 1994, la Reale Accademia svedese delle scienze decise di conferire al matematico il Nobel per l’economia, in considerazione dei risultati ottenuti all’inizio della sua carriera.

Il suo impegno attualmente continua con nuovi studi scientifici e, nella sua vita privata, ha ritrovato un equilibrio accanto ad Alicia, che ha accettato di sposarlo di nuovo nel 2001. Nash è riuscito a condividere la sua fortuna con chi gli sta accanto. Ha ricostruito il rapporto con John David, il figlio maggiore che una volta non voleva nemmeno sentirlo nominare. Passa molto tempo anche con John Charles, il secondogenito, che, come ha spiegato con orgoglio il giorno delle nozze, sta cercando di pubblicare una dimostrazione matematica. Parla ancora al telefono con la sorella Martha ogni settimana. Infine […]ha riconosciuto il ruolo fondamentale che Alicia svolge nella sua esistenza.

 
COMMENTO:
Una storia straordinaria, una vicenda umana molto toccante e coinvolgente, un libro che ci rende partecipi di una vita vissuta nella morte della follia, ma che è poi inaspettatamente risorta. 
Rileggere questo libro dopo sei anni dalla prima lettura mi ha permesso di apprezzarlo e comprenderlo meglio.
Da questo libro è stato tratto il film A beautiful mind di Ron Howard, con Russell Crowe: il film omette molti particolari che invece trovano posto nel libro, che si mostra per questo più completo. Anche perché il libro riporta i vissuti dei matematici suoi contemporanei, le sensazioni di Alicia e le sensazioni di Nash. Il film rende comunque al meglio la voglia di uscire dalla malattia: Nash afferma infatti di aver compiuto un atto di volontà e sente la propria guarigione come frutto di una sua scelta.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 16:31

Il taccuino segreto di Cartesio

TRAMA:
Cartesio nacque il 31 marzo del 1596. Studiò presso il collegio dei gesuiti a La Fléche e, a causa della sua gracilità, il padre chiese una cura particolare per lui: gli venne quindi concesso di dormire fino a tardi e questo gli permise di sviluppare un metodo di studio autonomo. Nel 1618 si recò in guerra come volontario con Maurizio di Nassau: non pagato, poté però godere di grande libertà e studiare liberamente la scienza.
La mattina del 10 novembre del 1618, Cartesio si trovava a Breda quando, sul tronco di un albero nella piazza principale della città, venne affisso un manifesto. Un olandese spiegò a Cartesio il quesito e questi giunse alla soluzione: la risoluzione dell’enigma olandese riempì Cartesio di entusiasmo per la matematica. Gli aveva rivelato di avere un dono speciale. Cominciò a credere che la matematica racchiudesse il segreto che dà accesso alla comprensione dell’universo. La maggior parte delle mattine al campo rimaneva a letto a scrivere e a leggere di matematica e a esplorarne le applicazioni
Accampato sulle sponde del Danubio, con l’esercito di Massimiliano duca di Baviera, nella notte tra il 10 e l’11 novembre 1619, Cartesio trovò i fondamenti di una mirabile scienza, come scrive nell’opera Olympica, a seguito di tre sogni, che interpretò come l’indicazione che la sua missione nella vita sarebbe stata l’unificazione delle scienze. L’opera di Cartesio avrebbe fatto luce su tutta la matematica, restituendo la sapienza dell’antica Grecia al nostro mondo moderno e avrebbe preparato il terreno per lo sviluppo della matematica fino al XXI secolo.
Nel 1620, Cartesio lasciò l’esercito e all’inizio del 1623 tornò a Parigi dove studiò geometria in solitudine e trascrisse le sue deduzioni in un taccuino, in un linguaggio criptico per evitare che qualcuno potesse trarre la conclusione che era un affiliato dei Rosacroce, una setta che studiava la scienza in segreto per evitare le persecuzioni dell’Inquisizione: se fosse stato identificato come tale, la sua carriera scientifica e forse la sua sicurezza avrebbero potuto essere in pericolo.
Alla fine del 1628, Cartesio si trasferì in Olanda: nel Discorso sul Metodo, dichiarò che si era trasferito in Olanda perché desiderava allontanarsi dai luoghi in cui aveva delle conoscenze e vivere in un paese in cui una popolazione attiva e prospera godeva i frutti della pace. Inoltre in Olanda le leggi che regolavano la stampa delle opere erano più liberali e probabilmente anche questo ebbe il proprio peso nella decisione di Cartesio. Per vent’anni continuò a vagare per il paese, mantenendo contatti epistolari con gli intellettuali d’Europa e con l’amico Mersenne, attraverso il quale filtrava tutta la corrispondenza. 
Nel 1629 Cartesio cominciò a scrivere un’opera sulla fisica e la metafisica, che doveva essere un tentativo di riconciliare la scienza con la fede religiosa, ma la notizia del processo di Galilei lo convinse a non pubblicare le proprie considerazioni, che videro la luce solo quattordici anni dopo la sua morte. 
Durante la sua permanenza ad Amsterdam, ebbe una storia con la sua domestica Hélena Jans, dalla quale ebbe una figlia il 19 luglio del 1635, Francine, che morì di scarlattina nel settembre del 1640: per Cartesio fu una grossa sofferenza. 
Cartesio pubblicò a Leida, nel 1637, in forma anonima il Discorso sul metodo per ben condurre la propria ragione e ricercare la verità nelle scienze. Più la Diottrica, le Meteore e la Geometria che sono saggi di questo metodo. Il libro venne pubblicato in francese, per consentirne una maggiore diffusione, ma in Francia non venne mai pubblicato. La filosofia di Cartesio, che era esposta nel Discorso (oltre che nelle sue opere successive), costituì la base del razionalismo seicentesco, una filosofia che pone l’accento sulla ragione e l’intelletto piuttosto che sul sentimento e l’immaginazione
Cartesio rompe deliberatamente con il passato, ed è deciso a iniziare da capo la ricerca della verità, senza mai fidarsi dell’autorità di qualsiasi filosofia precedente. […] Il suo trattato fu un grande successo editoriale in tutta Europa, ma le polemiche suscitate da quest’opera lo indussero ad allontanarsi ancora di più dalla gente e a interagire con il mondo esterno quasi esclusivamente per lettera.
Cominciò a lavorare alla scoperta che l’ha reso più famoso, il piano cartesiano, e dimostrò che era possibile risolvere con riga e compasso la costruzione della radice quadrata di un numero ma non quella della radice cubica, risolvendo il problema di Delo.
Venne contattato dalla principessa Elisabetta di Boemia, che viveva anch’essa in esilio in Olanda: aveva letto il Discorso e voleva approfondirne la filosofia. Si conobbero nel 1642 e la principessa divenne un’impegnata studiosa della filosofia di Cartesio. Si scambiarono numerose lettere, molto affettuose, tanto che un biografo ipotizzò una relazione intima tra i due. 
Sfinito dalla querelle di Utrecht, durante la quale venne accusato di diffamazione ai danni di Voetius e di ateismo si recò a Parigi, dove conobbe Claude Clerselier, consigliere del Parlamento e appassionato della sua filosofia. Questi gli fece conoscere Pierre Chanut, suo cognato, che divenne presto diplomatico di Francia in Svezia, da dove fece da tramite tra Cartesio e la regina Cristina: Chanut intendeva servirsi della cultura per cementare l’alleanza tra la Francia e la Svezia, e Cartesio rientrava a meraviglia in questo piano.
Cartesio accettò con riluttanza l’invito della regina a recarsi in Svezia per insegnarle la sua filosofia e partì nel 1649. La regina si mostrò una studentessa perfetta, ma voleva ricevere le lezioni di Cartesio dalle cinque del mattino. Cinque mesi dopo l’arrivo a Stoccolma, Cartesio si ammalò e gli venne diagnosticata una polmonite. Per i primi due giorni, Cartesio rifiutò di consultare un medico, ma poi dovette cedere alle insistenze della regina, che gli inviò il suo “secondo dottore”, nemico acerrimo del filosofo. Al terzo giorno, sentendosi meglio, Cartesio chiese che gli venisse preparata una bevanda alcolica con del tabacco: la bevanda gli venne preparata dal medico e, stranamente, Cartesio subì un peggioramento nelle sue condizioni di salute. Morì qualche giorno dopo, l’11 febbraio del 1650.
Chanut, senza consultarsi con nessuno, decise di mandare tutti gli scritti di Cartesio al cognato Clerselier a Parigi, che ne mantenne il possesso fino alla propria morte, avvenuta nel 1684. In seguito scomparvero. 
Nel corso dei suoi studi, Leibniz si appassionò alla filosofia di Cartesio e voleva leggerne tutti gli scritti, per questo si rivolse a Clerselier, nel giugno del 1676. Leibniz aveva gli strumenti per decifrare il linguaggio che Cartesio aveva usato nel suo taccuino, intitolato De solidorum elementis, nel quale il filosofo parlava dei solidi platonici. Leibniz non copiò interamente il taccuino, ma si limitò ad aggiungere alcune note a margine, che solo nel 1987 verranno decifrate da Pierre Costabel. Cartesio aveva analizzato i misteriosi solidi di Platone e tra questi oggetti geometrici tridimensionali aveva scoperto la regola che governa la loro struttura. Era il Santo Graal della matematica greca, qualcosa che i greci avevano agognato di possedere. Ma Cartesio non aveva rivelato a nessuno la sua scoperta. La formula non gli fu quindi mai attribuita e venne in seguito indicata come Formula di Eulero
Gli sforzi di Cartesio per tenere nascoste le sue scoperte furono inutili, visto che le sue opere vennero messe all’Indice nel 1663 e furono ristampate solo nel 1824.
 
COMMENTO:
Interessante e originale biografia di Cartesio, costruita a partire da un taccuino mai ritrovato che lascia aperto un enigma: Cartesio appartenne realmente alla setta dei Rosacroce? Ed inoltre: il taccuino può dimostrare questa appartenenza? 
Leggendo questo libro, non potremo avere una risposta a queste domande, ma potremo essere maggiormente consapevoli della grandezza del genio di Cartesio, che ha saputo anticipare la formula di Eulero.
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Giovedì, 01 Agosto 2013 16:30

La serie di Oxford

TRAMA:
Nel 1993, uno studente ventiduenne neolaureato di Buenos Aires, a Oxford con una borsa di studio per un soggiorno di un anno, diventa l’inconsapevole spettatore di una serie di delitti che sconvolgono la tranquilla cittadina. Lo studente ha affittato una camera con bagno da Mrs Eagleton e il primo mercoledì di maggio, giorno in cui dovrebbe pagare l’affitto, si trova in attesa alla porta della signora con Arthur Seldom, uno dei più grandi logici del mondo, che ha scritto anche un’opera divulgativa sulle serie logiche. Seldom ha uno strano presentimento e decide di entrare, nonostante pare che Mrs Eagleton non sia in casa: la trovano morta, soffocata con un cuscino che le è stato premuto sulla faccia. Immediatamente giunge l’ispettore Petersen che comincia a indagare sull’omicidio: Seldom dichiara di aver ricevuto un biglietto nel quale si annunciava la morte della donna, con la scritta “il primo della serie”. Purtroppo del biglietto non c’è più alcuna traccia. L’ispettore sospetta inizialmente di Beth, la nipote di Mrs Eagleton, ma un nuovo omicidio, anche questa volta preannunciato da un biglietto a Seldom, lo costringe a ricredersi, anche se si tratta di un “delitto che in principio nessuno ha visto come un delitto”. Durante un concerto, Seldom e il giovane studente sono tra il pubblico: vedono morire sulla scena l’anziano suonatore di triangolo, la terza vittima di questa serie. E, anche in questo caso, l’assassino si assume la responsabilità dell’evento, aggiungendo un ulteriore elemento alla serie logica cominciata con Mrs Eagleton. In ogni biglietto, infatti, compare un simbolo e Seldom è riuscito a prevedere quale sarà il seguito. Per fermare in qualche modo questa serie di omicidi, l’ispettore decide di pubblicare sull’Oxford Times la notizia della terza morte, con il disegno del terzo simbolo e un’intervista in cui vengono rivelati anche i primi due. Nel frattempo, il mondo matematico è in subbuglio: Andrew Wiles ha annunciato che dimostrerà, dopo un lavoro durato sette anni, l’ultimo teorema di Fermat.
 
COMMENTO:
L’utilizzo della matematica in questo libro è sopraffino: la matematica permea tutta la vicenda, ne è la protagonista, insieme alla ricerca della verità. Verità che viene analizzata, indagata, studiata, nelle sue diverse sfaccettature: la verità della giustizia, la verità della matematica, la verità della logica. In tutto questo il teorema di Godel fa da sfondo e la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat a opera di Wiles fa capolino nella vicenda.
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