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La giornata di oggi è stata dominata dai grafici e, devo riconoscerlo, sono uno strumento effettivamente semplice ed evitano ai candidati collegamenti fantasiosi che suonano un po’ come un’arrampicata libera sugli specchi. Il primo grafico è collegato alla celebre frase di Nietzsche “Dio è morto” e rappresenta la distribuzione delle religioni nel mondo. Personalmente, mi sarebbe piaciuto sentir parlare della dimostrazione dell’esistenza di Dio di Gödel, o forse si sarebbe potuta aprire una riflessione, visto l’impazzare di ChatGPT, a partire dall’articolo, ormai datato, di MaddMaths! E questa prova ontologica dell’esistenza di dio? nel quale si racconta che Christoph Benzmüller dell’Università di Berlino e Bruno Woltzenlogel Paleo dell’Università di Vienna hanno verificato, con theorem provers, la prova ontologica, che di fatto è un esercizio di logica modale. Questa verifica «offre un ulteriore spunto al tentativo di formalizzare mediante linguaggi meccanici i metodi e le strategie del ragionamento matematico».

Anche il secondo argomento proposto aveva a che fare con dei grafici: in questo caso, si trattava della concentrazione della ricchezza in Italia e nel mondo, e i due grafici accompagnavano un piccolo estratto de I malavoglia di Giovanni Verga. Il grafico è stato riportato, nel dicembre 2017, sul quotidiano Avvenire: si riferisce al periodo 1995/2013 ed evidenzia l’aumento delle diseguaglianze sociali, secondo la ricerca di Salvatore Morelli, dell’Unità di studi sulle diseguaglianze dell’Università di New York, Paolo Acciari del ministero dell’economia, e Facundo Alvaredo, della Paris School of Economics.

Il terzo documento ha aperto una strada più interessante: si parla di Futurismo e l’opera presentata è Il dinamismo dell’automobile di Luigi Russolo, mentre l’articolo è stato pubblicato su MaddMaths! e porta la firma di Roberto Natalini. Nel 1940 Marinetti ha scritto il Manifesto della “Matematica futurista”, con la collaborazione del matematico Marcello Puma, e ha acquisito «la sintesi delle nuove matematiche discusse nei primi venticinque anni del Novecento, rivalutando i principi della probabilità, della casualità, del caos e la teoria dei giochi». All’inizio del XX secolo, la comparsa della tecnologia ha generato un cambiamento nell’arte, il Futurismo, ma ha generato un cambiamento anche nella matematica, che diventa «una matematica di guerra», mostrandosi come una «forza terribile» che «può dare un aiuto incomparabile». Siamo alla fine degli anni Venti e nasce l’Istituto per le Applicazione del Calcolo: il lavoro di Mauro Picone, del quale l’istituto porta il nome, permette il passaggio da un universo matematico a priori (quello ipotizzato da Galileo Galilei) a un universo da matematizzare attraverso i modelli.

L’ultimo documento della mattinata è stato scelto per lingua e letteratura spagnola: si parla della dittatura franchista e non può mancare il riferimento al libro di Chiara Valerio La matematica è politica, presentato da Il Sole 24 ore, dove si parla della matematica come di uno degli strumenti più equi nell’esercizio della democrazia. Ma per quanto sia equo, non riesce a evitare il paradosso, presentato da Marco Menale dalle pagine di MaddMaths! Si tratta del teorema di Kenneth Joseph Arrow, pubblicato nel 1957, che ci obbliga a notare che «l’unico sistema decisionale democratico sarebbe la dittatura». La conclusione, inevitabile, di Marco Menale è un po’ amara: «Ogni sistema di scelta maggioritario è in realtà un gioco non banale nel senso matematico, in cui la soluzione potrebbe non essere la migliore possibile, ma solo la meno sgradita ai più.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

Quarta giornata di prove orali: L'esame che... sorprende

Il secondo giorno di prove orali dell’Esame di Stato non è stato meno ricco di spunti del primo.

Al primo candidato è stata proposta la raccolta di novelle Vita dei campi di Giovanni Verga: non ho trovato collegamenti tra Verga e la matematica (il che non esclude che ci siano), ma Verga viene sempre associato a Charles Dickens (e in effetti anche il candidato ha virato subito dopo sulla letteratura inglese). Nella ricerca di collegamenti tra Dickens e la matematica, mi sono imbattuta in un articolo di Brittany Carlson, dell’Università della California, che paragona il blocco dello scrittore all’ansia per la matematica, che spesso si esprime nel guardare impotenti un problema, senza riuscire a trovare un approccio. Nonostante la sua amicizia con Charles Babbage e Ada Lovelace, Dickens non aveva una buona opinione della matematica: nutriva un certo sospetto nei confronti di questa disciplina, soprattutto per l’uso che ne era stato fatto nelle statistiche, che avevano portato a deumanizzare e depersonalizzare i meno abbienti, appiattendo la situazione: la sua riprovazione è rivolta alle New Poor Laws del 1834, ma ha da ridire anche sull’educazione matematica, visto che non accettava che fosse insegnata, nel XIX secolo, usando la memorizzazione. Nella mia ricerca, ho trovato anche un articolo pubblicato sul numero 268 di Le Scienze, nel dicembre 1990, e riproposto nel 2012: è intitolato Il Teorema di Natale di Fermat ed è stato pubblicato nella rubrica L’angolo matematico di Ian Stewart. La lettura è davvero divertente: si tratta di un Canto di Natale modificato, con un Mister Stooge (=fantoccio) come protagonista (al posto di Scrooge=Tirchio), che incontra il Fantasma dei Teoremi del passato, il Fantasma delle Intuizioni future e il Fantasma delle Dimostrazioni presenti. Costellato da una serie di curiosità matematiche, a partire dai fattoriali e dai frattali, fino al “moduloscopio” che modifica i numeri, accarezza la Congettura di Fermat (nel 1990 non era ancora l’Ultimo Teorema), fino ad arrivare a Minkowski, alla relatività einsteiniana e alla “geometria dei numeri”.

Il secondo candidato si è visto proporre il romanzo Jane Eyre, di Charlotte Bronte, nel quale i temi sono l’amore, l’indipendenza e la figura della donna in epoca vittoriana. Ho trovato un articolo comparso sul numero 9 di Prisma, nel luglio 2019, scritto da Paola Magrone e Ana Millán Gasca, autrici del libro I bambini e il pensiero scientifico, che ha per protagonista Mary Everest Boole, una donna in epoca vittoriana. Moglie di George Boole e nipote di George Everest, «fece della ricerca della verità il filo conduttore della sua vita». Avrebbe potuto studiare matematica a Cambridge, ma, come sentì dire dal padre: «Che cosa può fare una ragazza studiando matematica?». È di fatto costretta a formarsi autonomamente, dimostrando una grande determinazione. Il marito dà un grande contributo al suo percorso, tributandole molta stima, come mostrato dalla lettera scritta ad Augustus de Morgan: «Non c’è assolutamente nessuna persona [in Irlanda] con cui io discuta di logica eccetto mia moglie». L’obiettivo di Mary Everest Boole era di formare i bambini al pensiero scientifico per avere adulti migliori, mostrando le difficoltà della scienza per farla amare, consapevole che una semplificazione eccessiva avrebbe annoiato i bambini, smorzandone la passione.

Il terzo documento è stato preso dal sito Our World in data e si tratta di una serie di tre grafici, proposti dagli economisti Branko Milanovic e Christoph Lakner, che mostra la storia della disuguaglianza economica globale. «Ciò che più conta per stabilire quanto tu sia sano, ricco e istruito, non è chi sei, ma dove sei», è dichiarato in apertura dall’autore dell’articolo Max Roser. I grafici mostrano una situazione di povertà nel 1800, che evolve in una grande disparità nel 1975, fino ad arrivare al 2015, quando l’estrema povertà è crollata come mai prima d’ora.

Il quarto collegamento è stato davvero inaspettato: si parla di letteratura spagnola, che non conosco molto, e protagonista è l’opera di Rafael Alberti. Prima ho trovato la poesia Alla divina proporzione, contenuta nella raccolta Poesie dell’esilio e dell’attesa, probabilmente scaturita dalla lettura della Divina proportione di Luca Pacioli del 1509. Si tratta di un sonetto che, come viene ribadito nel blog Literary, è la «forma poetica rinascimentale simbolo per eccellenza di perfezione metrica lucida e ragionata su parametri matematici non solo nel computo sillabico dell’endecasillabo, ma anche nello schema prosodico in seno a ogni verso». La cosa simpatica è che, letta nella lingua originale, presenta in apertura di strofa “A ti”, che crea un’assonanza con phi, il simbolo della sezione aurea. Cercando ulteriori conferme, sono approdata al blog di Marco Fulvio Barozzi, Popinga, che propone El ángel de los números, dalla raccolta Sobre los angeles del 1928, «in cui affiorano i ricordi di scolaro affascinato dal freddo suono del gesso sulla lavagna e dall’azione del cancellino sulle parole e sui numeri».

La mattinata si è davvero chiusa in bellezza con il documento che rimandava al celebre Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Complice la citazione presente nella prova di matematica dell’Esame di Stato del liceo scientifico («Le forme create dal matematico, come quelle create dal pittore o dal poeta, devono essere belle: le idee, come i colori o le parole, devono legarsi armoniosamente. La bellezza è il requisito fondamentale: al mondo non c’è posto perenne per la matematica brutta!»), ho subito pensato al matematico Godfrey H. Hardy. Cercando sul web, mi sono imbattuta nel blog Robiland, che riporta una descrizione del matematico, stralciata dal libro di Robert Kanigel L’uomo che vide l’infinito, pubblicato nel 2003 per Rizzoli. In apertura del quarto capitolo, dedicato ad Hardy, Kanigel scrive: «Era oggetto di studio sull’eterna giovinezza. Un giorno della primavera del 1901, Hardy portò l’amico Lytton Strachey nel prato privato dietro il Trinity College, cui aveva accesso in quanto fellow del college, per una partita a bocce. “È il genio matematico per eccellenza” scrisse Strachey a sua madre “e ha l’aspetto di un bambino di tre anni.” Persino dopo aver superato i trent’anni, Hardy si vedeva spesso rifiutare la birra e almeno una volta, mentre pranzava con altri docenti del Trinity, venne scambiato per uno studente.» Direi che non potrebbe esserci esempio migliore, soprattutto perché L’apologia di un matematico (citata appunto nella seconda prova di matematica) permette una chiusura (di questo articolo) provocatoria: «La matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca. Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche no. “Immortalità” forse è una parola ingenua, ma un matematico ha più probabilità di chiunque altro di raggiungere quello che questa parola designa.»

 

Prima giornata di prove orali: L'esame che farei

Terza giornata di prove orali: L'esame che amerei

Ogni volta che mi trovo ad assistere alla prova orale dell’Esame di Stato, succede la stessa cosa: quando si propone al candidato il documento che dovrebbe essere lo spunto del percorso pluridisciplinare, ogni insegnante ha chiaro in mente ciò che vorrebbe sentirsi dire per la propria disciplina. Quando, come me quest’anno, sei un commissario esterno nominato per matematica e informatica in un liceo linguistico, non hai grandi aspettative: i ragazzi possono fare quei collegamenti che sono stati abituati a fare e so che, messo di fronte alla scelta, l’insegnante di matematica in genere dà la precedenza ai contenuti disciplinari, in altre parole agli studi di funzione, e il candidato difficilmente si lancerà in collegamenti di spessore che non ha avuto modo di cogliere nel corso dell’anno. Ciò che intendo è che il collegamento resistenza partigiana – resistenza elettrica capita con una certa frequenza, anche se, in questo caso, declinato in ambito matematico. Perciò, nel momento in cui comincia la prova del candidato di turno, mi diverto a cercare quei collegamenti che mi piacerebbe sentirmi raccontare, spesso imparando un sacco di cose nuove nel frattempo, e creandomi l’opportunità, nel caso di difficoltà del candidato, di proporre un argomento in tema.

Il primo documento di oggi aveva a che fare con la Rivoluzione russa: il primo suggerimento di Google mi rimandava a Perel’man e alla congettura di Poincaré, ma l’ho ritenuto un po’ forzato, avendo in comune solo la nazionalità. Mi è piaciuta, invece, la storia di Igor Tamm, premio Nobel per la fisica nel 1958, raccontata da Pisani nelle pagine di MaddMaths! Già il titolo conquista: Igor Tamm e il calcolo che… salva la vita. Pisani racconta che, proprio durante la Rivoluzione russa, il fisico insegnava in Ucraina e, aggirandosi per un villaggio in cerca di cibo, un giorno si è imbattuto in un gruppo di banditi. Il capo della banda, una volta saputa la sua professione, gli ha chiesto di dargli «una stima dell’errore che si commette troncando uno sviluppo in serie di Mac Laurin all’n-mo termine». E ha aggiunto: «Fallo e sarai libero, fallisci e ti sparo». Fortunatamente Tamm non ha sbagliato!

Il secondo documento è stato più semplice: il protagonista era Nietzsche, ritratto da Munch, perciò ho googlato “Nietzsche e matematica” e mi sono imbattuta in un interessante articolo di Paolo Caressa, pubblicato sul numero di febbraio 2021 della rivista Prisma, Il teorema dell’eterno ritorno. «Il suo argomento per l’eterno ritorno è matematicamente sensato e si può ricondurre al fatto che, se f: X → Y è una funzione fra gli insiemi X e Y, con X infinito e Y finito, allora f non può essere biunivoca, cioè non può far corrispondere ciascun elemento di X a un solo elemento di Y», dove X è l’insieme degli infiniti istanti, mentre Y è l’insieme degli elementi di cui consta il mondo (ed è per forza un insieme finito). Anziché parlare di funzioni biunivoche, però, mi sono accontentata di fare riferimento alla circonferenza che rappresenta l’eterno ritorno, chiedendo se la circonferenza fosse una funzione…

La terza proposta era l’immagine di una trincea e richiamava, quindi, la Prima guerra mondiale. Devo dire che, in questo caso, ho trovato abbastanza semplice il collegamento, avendo parlato del ruolo degli scienziati tra le due guerre mondiali proprio in una serie di lezioni di educazione civica, proposte alla mia ultima quinta. Ho provato comunque a googlare e ho ritrovato l’articolo di Pietro Nastasi Un matematico alla grande guerra: Mauro Picone. Nell’articolo si parla dei calcoli per ricostruire delle tavole di tiro adeguate, visto che il lancio di granate avveniva in montagna, oltre alle enormi possibilità di calcolo della calcolatrice Brunswiga (e noi che pensiamo sempre e solo a Turing contro Enigma!), ma si parlava soprattutto del fatto che Mauro Picone è stato il fondatore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo, che oggi porta, appunto, il suo nome. È un peccato che questa storia non sia stata raccontata agli studenti…

Il quarto argomento aveva a che fare con gli Organi dello Stato e in questo caso il riferimento immediato, almeno per quanto mi riguarda, era al libro di Chiara Valerio La matematica è politica. Il secondo riferimento, invece, ha a che fare con il fascismo: si tratta di Vito Volterra, matematico impegnato in politica, è stato senatore a partire dal 1905, ha contribuito alla Fondazione della SIPS, la Società Italiana per il Progresso delle Scienze, ma soprattutto ha rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. La sua storia è ben raccontata nella graphic novel La funzione del mondo, che racconta la sua vita e la nascita della modellizzazione.

L’ultimo collegamento mi ha messo un po’ in difficoltà: si trattava di una citazione tratta da Notre-Dame de Paris di Victor Hugo che, per un caso fortuito, sto ascoltando in auto durante il viaggio per raggiungere la sede d’esame (160 km al giorno sono tanti…). Ho setacciato il web, ma non ho trovato nulla che collegasse l’opera del grande scrittore alla matematica. Mi sono imbattuta in un testo dell’Università degli Studi di Firenze, ma non sono riuscita a scaricarlo, perciò ho rimandato la ricerca. Rientrata a casa, sono stata in grado di aprire il pdf, e di scoprire che Hugo non aveva grande simpatia per la matematica, ma mi sono imbattuta anche in una versione pdf del romanzo. Una rapida ricerca mi ha permesso di verificare che la matematica viene citata solo due volte: «Quella zingara che sapete, quella che viene tutti i giorni a danzare sul sagrato, nonostante il divieto ufficiale! Ha una capra indemoniata con le corna del diavolo, che legge, scrive, conosce la matematica come Picatrix, e che basterebbe a far impiccare tutti gli zingari.» La seconda non è migliore, visto che Gringoire dice di aver «calcolato matematicamente la resistenza di quella castità alla seconda potenza». Inoltre, Victor Hugo non recupera nemmeno citando tre volte Pitagora: prima lo mette insieme a Nicolas Flamel e Zoroastro, poi lo indica come filosofo, e infine facendo dire a Jean du Moulin: «sarò un vero Pitagora di scienza e di virtù».

L’avventura tra letteratura e matematica per oggi si chiude qui, ma spero che domani le pagine di Gian Italo Bischi dedicate a Matematica e letteratura possano riservarmi citazioni più ottimistiche di quella di George Orwell (da “1984”): «Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci.»

 

Seconda giornata di prove orali: L'esame che vorrei

Alla ricerca di ispirazione per il Carnevale della Matematica, con il tema “matematica estiva” lanciato da Maurizio Codogno, faccio scorrere le foto della scorsa estate e realizzo che le foto di prati verdi e boschi rigogliosi che costellano in genere le mie estati (sono un’appassionata di camminate in montagna) si alternano a foto di bottiglie di Klein colorate realizzate all’uncinetto, di pantaloni molto ampi e altre amenità legate alla topologia. Dal 2016 ad oggi, le mie estati sono state arricchite dalla preparazione dei laboratori per il Festival di BergamoScienza, che si tiene ad ottobre, e, quindi, so che anche quest’anno la mia matematica estiva sarà ricca di prospettiva, visto che il mio cellulare già esplode di fotografie inerenti disegni prospettici, illusioni ottiche, anamorfosi, carte geografiche e tanto altro.

Vorrei concentrarmi, però, in questo caso, sulla matematica in montagna: il mio occhio ormai allenato (ossessionato, direbbe qualcuno) è abituato a individuare la matematica ovunque, e, mentre sono impegnata a raggiungere la meta del giorno, la mente vaga e cerca la matematica nella natura.

Comincio con gli straordinari giochi di luce che sul finire dell’estate interessano le due montagne (sacre, per gli antichi Camuni) che si fronteggiano nella Media Valle Camonica, il Pizzo Badile, protagonista al mattino, e la Concarena, che si ammanta di luce al tramonto. I raggi di luce, che all’Equinozio proiettano l’ombra delle montagne nel cielo, si mostrano come semirette con un’origine comune.

 

Quando si cammina in montagna, uno dei problemi con i quali ci si confronta di più è quello della pendenza: sono in bilico tra una terza e una quarta liceo scientifico e realizzo che quella che abbiamo visto fino a questo momento come pendenza della retta (ed esplorato in lungo e in largo anche con la cinematica e i diagrammi dei moti unidimensionali), ora diventerà la tangente dell’angolo formato dalla retta con l’asse delle ascisse, visto che cominceremo ad aggirarci tra i meandri della goniometria. La pendenza ha un ruolo determinante nella scelta di una camminata in montagna, perché non conta solo il dislivello che si deve colmare per raggiungere la meta, ma anche lo sviluppo del percorso. Diciamo che la pendenza è forse l’aspetto matematico più bistrattato durante le camminate di gruppo: il tratto che per chi ha allenamento e abitudine alla fatica è in genere un falso-piano, per chi è affaticato diventa una salita ripidissima.

«… chi va in montagna mi capisce al volo: una di quelle volte che ti sei alzato la mattina presto, stai sudando ormai da ore come un becco, sotto lo zaino, verso il rifugio che è là… son tre ore che è là… perché li spostano! Ci ho messo anni a capirlo: lo fanno per il tuo bene ma li spostano, chiaro!» [dal monologo teatrale di Marco Paolini Il racconto del Vajont]

Camminare in montagna aiuta a mettere le cose in prospettiva, per questo l’attività ha degli innegabili benefici psicologici, ma fa anche vedere le cose da un’altra prospettiva: «Tu sei là che ti domandi chi è che te l’ha fatta fare tutta ‘sta fatica, ti casca l’occhio indietro un attimo, e capisci da solo che valeva la pena di fare tutta la fatica del mondo per arrivare là, in quel momento li, perché giù, il fondo valle da dove sei partito, è già coperto di nuvole, ma tu ormai sei sopra. È limpido sopra. A trecentosessanta gradi hai le montagne, le crode, (…) che ti par di poterci volar sopra come un rapace» [Marco Paolini] Infine, la prospettiva cambia la nostra percezione delle altezze:

 

La seconda foto è stata scattata dal fondo valle, mentre la prima è stata scattata dal Bivacco Adamone, che si trova a un’altitudine di 1456 m. La percezione che si ha dal fondo valle delle altitudini è ben diversa dalla realtà: il Pizzo Badile ha un’altitudine di 2435 m, mentre la conca del Tredenus che lo circonda possiede parecchie cime, tutte più alte, ad esempio: Cima del Dosso (2785 m), Cima Meridionale (2796 m), Corno delle Pile (2805 m). Ecco spiegati gli inganni della prospettiva e, forse, anche il motivo per cui tendiamo a stimare la meta più vicina di quanto non sia.

 

Lungo il cammino, fra la vegetazione possiamo riconoscere delle felci: costituiscono un ottimo esempio di frattali, dei quali prima di BergamoScienza 2018 e della costruzione del grande triangolo di Sierpinski avevo un’idea molto vaga. Secondo la definizione di Wikipedia, «un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale». Infatti, anche se concentriamo la nostra attenzione su un piccolo rametto di felce, questo potrebbe essere, nella giusta scala, la felce più grande dalla quale è stato preso.

Se abbiamo la fortuna di andare in montagna dopo una nottata di pioggia, oltre a poter apprezzare maggiormente il panorama, che è più limpido, potremmo anche imbatterci in una lumaca che attraversa il sentiero. Ma la spirale sul suo guscio è logaritmica o archimedea? La spirale archimedea mantiene costante la distanza tra due spire successive, mentre per la logaritmica questa distanza cresce secondo una progressione geometrica. Mi sono portata a casa la domanda e ho cercato, nei giorni successivi, una risposta. L’ho trovata nel blog Base 5 di Gianfranco Bo, il quale ipotizza anche una risposta sul motivo per cui la spirale della chiocciola sia logaritmica: la chiave potrebbe essere nella necessità del mantenimento della forma durante la crescita, ma per un approfondimento non resta che dare un’occhiata al suo lavoro.

Ritroviamo il lavoro di Gianfranco Bo anche nel post I fiori di Fibonacci del blog Sanoma. In effetti, ammirare i fiori, in montagna o altrove, rimanda sempre alla successione di Fibonacci, la sequenza di numeri che comincia con la coppia di 1 e prosegue autogenerandosi: il terzo numero è la somma dei primi due (2) e così ogni numero è la somma dei due che lo precedono, facendoci ottenere 1 1 2 3 5 8 13 21 34 55 89… Nel mio collage di foto compare del Semprevivo dei tetti, esempio matematico classico come possiamo vedere in questa mostra fotografica organizzata dall’Università di Pisa, il fiore del Ginepro, la minuartia austriaca, per me ottimo esempio di pentagono regolare, la genzianella primaverile, che spicca per il suo colore, la primula comune, che possiamo trovare anche senza bisogno di salire ad alta quota, il papavero alpino retico, la macchia di colore che spunta tra le rocce, e infine la mitica stella alpina.

 

Se durante la camminata raggiungiamo un laghetto, come nel caso del Lago Smeraldo in Val di Non o del lago d’Aviolo in Valle Camonica, si può osservare la simmetria assiale all’opera. La bellezza, in questo caso, è duplicata, grazie all’armonia delle forme e ai colori, che ci restituiscono il sapore di un lago incontaminato.

Anche i corsi d’acqua regalano grandi soddisfazioni matematiche: ogni volta che mi affaccio sulla Valle Adamé e vedo il serpeggiare del torrente Poia, che di anno in anno scava sempre di più il suo percorso creando nuove anse, non posso che ricordare la presenza nascosta del pi greco. Il matematico Hans-Henrik Stolum, in un lavoro pubblicato su Science nel 1996, ha mostrato che se si divide la lunghezza effettiva di un fiume, dalla sorgente alla foce, per la sua lunghezza in linea d’aria, si ottiene, approssimativamente, pi greco. Sul sito Matematica Russell, curato dal dipartimento di matematica e fisica dell’omonimo liceo di Roma in collaborazione con gli studenti, troviamo una precisazione: «Questo rapporto, però, non è una legge, infatti il rapporto di pi greco si trova più comunemente in quei fiumi che scorrono attraverso pianure che hanno un dislivello molto tenue.» Il torrente Poia ha, appunto, le caratteristiche necessarie.

Il penultimo tassello di questa camminata in montagna rimanda alle tassellazioni (che per quanto mi riguarda assocerò sempre alla prima esperienza con i laboratori di BergamoScienza): questo ultimo tratto del sentiero che porta al Lago della Vacca, realizzato con il granito dell’Adamello, ricorda in qualche modo una tassellazione. È un tratto pianeggiante, durante il quale si può ammirare il panorama, senza essere sovrastati dalla fatica.

 

L’ultimo passo, però, è quello più goloso: ormai raggiunta la meta, si può accedere al Rifugio, per riposare, riscaldarsi con un bel tè caldo e mangiare una fetta di torta. La mente, ormai allenata a trovare la matematica ovunque, non può che ritrovare la scodella di Galileo tra le tipiche scodelle dei rifugi, e chiedere di avere un settore circolare abbastanza ampio, quando sceglie la torta che preferisce.

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