«Matematici di profilo» è stato pubblicato nel novembre del 2021 dalla Casa Editrice Sole24 ore e l’autore è Umberto Bottazzini, uno dei maggiori esperti internazionali nell’ambito della storia e dei fondamenti della matematica. Nel 2006 ha vinto il Premio Pitagora per la divulgazione matematica e nel 2015 l'Albert Leon Whiteman Prize, il riconoscimento per la storia della matematica bandito dall’American Mathematical Society, «per le sue numerose opere in Storia della Matematica, in particolare sulla nascita della Matematica moderna in Italia e sullo sviluppo dell'Analisi nel XIX e inizio XX secolo».
Le 48 brevi biografie di questo libro «provengono da articoli apparsi nel corso degli anni nelle pagine de Il Sole 24 Ore-Domenica»: riorganizzate in ordine cronologico, rielaborate e liberate dai «riferimenti occasionali alle circostanze che hanno motivato gli articoli originali», costituiscono una storia della matematica discreta, ovvero fatta da una successione di punti distinti (i matematici), uniti da incontri e circostanze. Come nel gioco dei puntini della Settimana Enigmistica, il lettore riesce a individuare il disegno finale solo procedendo nella lettura, e il quadro restituisce ai suoi occhi una storia della matematica in versione semplificata, ma ricca di dettagli. «Questo libro non si rivolge agli specialisti», dichiara Bottazzini in apertura e ha come obiettivo il superamento dell’«idea che i matematici siano esseri bizzarri e stravaganti». Tra le pagine ritroviamo «uomini e donne che vivono immersi nelle temperie del loro tempo, protagonisti nel corso dei secoli della grande avventura della matematica», che hanno dimostrato «di possedere straordinarie capacità di invenzione, immaginazione e fantasia». I profili contengono notizie biografiche scevre di dettagli, visto che, ad esempio, gli anni di nascita e di morte sono riportati in un elenco alla fine del libro: si tratta, soprattutto di biografie matematiche, che mostrano come la vita dei protagonisti sia intessuta di matematica e, al tempo stesso, come la storia della matematica sia ricca di vita. Ogni profilo inizia con un evento importante, quello che ha spinto l’autore a scegliere il matematico per questa rassegna, in cui spesso, il protagonista è un altro matematico, che, con la sua autorevolezza, mostra l’importanza del lavoro svolto. Come in un ritratto pittorico, Bottazzini, con sapienti pennellate di parole, condensa in poche righe il lavoro svolto, la sua importanza nel percorso storico, mentre i legami con i precedenti e i successivi ci permettono di cogliere come nessun matematico sia un’isola, e quanto quegli incontri siano stati determinanti per costruire il nuovo percorso. Ogni capitolo è dedicato a un matematico o a una matematica, solo occasionalmente a una coppia di matematici, che non possono essere separati perché troppo presenti l’uno nella vita dell’altro.
La rassegna non poteva che aprirsi con Pitagora e la dimostrazione matematica, Euclide, autore di «uno dei testi più influenti nell’intera storia dell’umanità», e Archimede, che ha legato il proprio nome alle basi della matematica. Con un salto di quattordici secoli, si arriva a Fibonacci, che porta in Europa la sapienza orientale, a Piero della Francesca, con il suo Trattato d’Abaco, a Luca Pacioli con la Summa, fino a Cardano, «una delle figure più straordinarie e controverse del Rinascimento», il cui nome non può essere separato da quello di Tartaglia. Galileo non poteva che essere tra i protagonisti, con il suo lavoro sull’infinito, le «“meraviglie”», le «“fantasticherie” e [i] paradossi», mentre Torricelli e Cavalieri arrivano nella parte finale del suo percorso. Cartesio apre la strada a una nuova matematica, mentre Fermat, «genio universale» e «matematico dilettante», con Pascal contribuisce alla nascita della probabilità. Leibniz e Newton condividono «la gloria dell’invenzione del calcolo infinitesimale», mentre i Bernoulli, oltre ai grandi contributi matematici, partecipano alla nascita di «uno dei più grandi matematici della storia», il prolifico Eulero. Maria Gaetana Agnesi ha lasciato un segno nella storia della matematica con le sue «Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana» e con la sua versiera, mentre Girolamo Saccheri, nel voler liberare Euclide dai suoi nei, contribuirà alla nascita delle geometrie non euclidee. Lagrange, “nuovo Newton” per i contemporanei, è «uno dei più grandi matematici di sempre», mentre Laplace contribuisce a dare visibilità al teorema di Bayes; l’insegnamento di Cauchy «“era una nube oscura, illuminata talvolta da lampi di genio”», come scrive il contemporaneo Menabrea. Sophie Germain, seconda donna della rassegna, condivide il capitolo con Maryam Mirzakhani: entrambe eccezionali e vittime di una morte prematura, ma la vicenda della Germain, con la necessità di fingersi uomo per poter studiare matematica, non può che ricordare un romanzo. Abel e Galois sono accomunati dalla gioventù e dalla loro capacità di lasciare un segno indelebile nella matematica, contribuendo alla nascita di una nuova branca, l’uno con le funzioni ellittiche, l’altro con i gruppi. Gauss, Bolyai e Lobačevskij sono uniti dal quinto postulato di Euclide e dalla nascita delle geometrie non euclidee, mentre Riemann non poteva mancare nella rassegna, essendo stato «un grande matematico, senza dubbio il più profondo e geniale dell’epoca e tra i più grandi della storia». Dedekind, è stato una «sorgente inesauribile di idee e una fonte continua di ispirazione», Cantor ha legato il proprio nome all’infinito, e Boole «ha segnato la nascita della moderna logica matematica». Visto il periodo, Bottazzini dedica un intermezzo ai matematici del Risorgimento, citando in particolare Luigi Cremona, Enrico Betti e Francesco Brioschi, e procede poi con Sofya Kovalevski, che sentiva che il suo destino era «“servire la verità, cioè la scienza, e tracciare la strada per le donne perché ciò significa servire la giustizia”». Poincaré abbraccia con la sua opera «non solo la matematica ma i più diversi campi della fisica», tanto da essere stato candidato tre volte al Nobel, mentre Ricci Curbastro e Levi-Civita, forse meno noti, ci hanno regalato, secondo Einstein, «“un meraviglioso esempio di come la matematica ha fornito lo strumento teorico per una teoria della fisica”». La rassegna italiana procede con Volterra, «un gigante, che ha dominato il panorama della matematica e della scienza non solo italiana nei primi trent’anni del secolo scorso», Enriques, «uno dei maestri della “scuola italiana” di geometria algebrica», e Castelnuovo, che «ha imposto i geometri italiani sulla scena matematica internazionale». Ramanujan non può che essere ricordato insieme a Hardy, mentre Hilbert porta con sé i celebri ventitré problemi che hanno contribuito a dare forma alla matematica successiva. Brouwer parla di matematica “intuizionista”, mentre le lezioni di Emmy Noether «divennero un punto di riferimento per i giovani matematici in Germania e all’estero». Gödel ha ottenuto «fondamentali risultati che hanno segnato lo sviluppo della moderna logica matematica», von Neumann ha contribuito all’«organizzazione funzionale alla quale si ispirano ancora oggi le macchine», e Wiener ha imparato da Hardy che «“la matematica era non solo una materia che si poteva studiare ma anche discutere e vivere”». Il secondo intermezzo è dedicato alla matematica tra le due guerre, con la lungimiranza della fondazione Rockefeller che darà luogo a «un programma di emergenza per far fronte alla emigrazione degli scienziati ebrei». Durante e dopo la guerra, troviamo Turing, pioniere dell’Intelligenza Artificiale, e de Finetti, con la concezione soggettivistica della probabilità; De Giorgi è ricordato per il suo appassionato impegno civile e per aver dimostrato il diciannovesimo problema di Hilbert, contemporaneamente a Nash, vincitore, con Nirenberg, del Premio Abel nel 2015. L’anno dopo il premio è andato a Wiles, colui che ha dimostrato l’ultimo teorema di Fermat, e che è uno dei due matematici ancora viventi di questa rassegna. L’altro è Perel’man, legato a Poincaré per merito della topologia, protagonista dell’incomprensibile rifiuto della medaglia Fields e del premio del Clay Institute.
Ogni matematico di questa rassegna apre la strada al successivo e, al tempo stesso, deve la propria grandezza a chi l’ha preceduto.
Il libro è poco impegnativo, ma ricco di spunti e curiosità interessanti, e offre l’opportunità di sentire la vera voce dei matematici, viste le numerose citazioni.
«Archimede, una vita geniale» è stato pubblicato a novembre 2017 da VerbaVolant edizioni, nella collana Segna Storia, dove troviamo «romanzi brevi per ragazzi con tanta voglia di scoprire il mondo». L’autrice, Giuseppina Norcia, è grecista e divulgatrice culturale, insegna drammaturgia presso l’Accademia d’Arte del Dramma Antico e cura laboratori per ragazzi. Il racconto è arricchito dalle illustrazioni di Giulia Cregut.
La vita di Archimede si intreccia con quella di Giacomo, il protagonista undicenne, che nell’estate tra la quinta elementare e la prima media si ritrova sulla scogliera nei pressi della città: «in quel posto baciato dagli dei non ci andava quasi nessuno, per quelle schiere di palazzi grigi che si allineavano poco lontano, simili a un muro, tra strade senza alberi e senza negozi.» Giacomo è solo: gli amici sono tutti in vacanza e lui è rimasto in città per le esigenze lavorative dei genitori, ma sulla scogliera c’è una statua «di pietra bianca, un uomo a grandezza naturale, con i capelli che parevano mossi dal vento e una barba che metteva un po’ di soggezione», che comincia a parlargli: «Scelgo sempre un bambino speciale per questa missione». È Archimede che, come un nonno affettuoso, comincia a raccontare a Giacomo com’era la città di Siracusa ai suoi tempi, gli parla delle richieste di Ierone, il re di Siracusa, che un bel giorno volle realizzare una nave imponente, la Syracosia, per donarla a Tolomeo d’Egitto e ad Archimede venne affidato il compito di trascinarla in mare dalla terra ferma e di farla galleggiare. Non può non parlare, poi, di Alessandria e della sua biblioteca, «una città fatta di libri e di persone che parlano della vita e dei suoi misteri». Archimede non può dimenticare Eratostene e tutti gli amici con i quali si teneva in contatto epistolare, condividendo con loro le sue opere, le sue domande difficili, i suoi scherzi.
L’estate è finita ed è cominciata la prima media, ma Giacomo è sereno, perché dall’incontro con Archimede, la matematica e la geometria «erano divenute per lui una sfida, quasi una gara sportiva da vincere ogni volta». Il furto della sua bicicletta è l’occasione, per Archimede, di parlargli dell’orafo disonesto, della corona realizzata per Ierone e di come lui stesso avesse smascherato l’imbroglio, mentre l’icosaedro troncato che si usa per le partite di calcio (quella che erroneamente si indica come una sfera, insomma: la palla!) porta il grande scienziato a parlare di pi greco.
Al termine della festa di Halloween, Giacomo incontra ancora Archimede: la notte stellata incombe su di loro e offre l’occasione di parlare del planetario realizzato dallo scienziato, delle antiche ipotesi sul moto dei pianeti, della posizione della Terra nel sistema solare, fino ad arrivare ad Aristotele e al principio di autorità. Mentre Natale si avvicina, Giacomo e il suo migliore amico Roberto litigano tanto da non rivolgersi più la parola e Archimede non può che pensare a un altro litigio, quello che ha portato alla guerra contro Roma: «Forse i più ricordano le mie macchine da guerra, eppure sono le mie scoperte legate alla pace a muoversi ogni giorno nel mondo, anche quando non ve ne accorgete.» Con le parole giuste, Archimede riesce a spingere Giacomo a ricucire la sua amicizia con Roberto e dopo l’ultimo racconto del grande scienziato, Giacomo e suo papà depongono ai piedi della statua una lapide perché tutti possano conoscere la grandezza dell’uomo raffigurato.
Il percorso si snoda con grande semplicità attraverso tutte le scoperte di Archimede (non ne viene dimenticata nessuna). Il libretto è pensato per un lettore che abbia più di 8 anni, e nelle ultime pagine troviamo degli approfondimenti per i più grandi: ci sono la descrizione delle leve, della spinta di Archimede, il funzionamento della coclea, la definizione del peso specifico, il pi greco con la geometria, il planetario, le macchine da guerra e lo Stomachion, completati da un piccolo glossario delle parole più difficili.
Un racconto davvero piacevole, accompagnato da simpatiche illustrazioni, ma l’immagine più bella resta quella di un Archimede amico di Giacomo, cioè a noi contemporaneo e, quindi, immortale.
«Dirigendosi verso l’isola di Ortigia si può trovare tra i due ponti che collegano la città e il suo centro storico una imponente statua dedicata proprio al celebre scienziato siracusano. Archimede è rappresentato in piedi, intento ad osservare il mare con in mano uno specchio, il quale simboleggia l’impresa degli specchi ustori, quando Archimede bruciò le navi nemiche che si addentravano a Siracusa.» https://bbnostos.it/itinerari/archimede/
«Sophie Germain, Libertà, uguaglianza e matematica» è stato pubblicato a fine febbraio 2023 dalla Casa Editrice L’Asino d’Oro per la collana “Profilo di donna”, che «si propone di dar voce a figure di donne che si sono distinte nei loro ambiti professionali […] mettendo in risalto le difficoltà affrontate per affermarsi in una società che le discrimina e le ostacola». L’autrice, Cecilia Rossi, si è laureata in matematica all’Università di Bologna, con una tesi sul carteggio fra Sophie Germain e Carl Friedrich Gauss, ed ora è docente di matematica e fisica in un liceo scientifico.
«Sophie Germain» comincia con un’introduzione di Roberta Fulci, redattrice e conduttrice di Radio3 Scienza, che ci ricorda che «i dati raccontano uno scenario ancora molto sbilanciato a favore degli uomini nel mondo della ricerca […] e più si sale nella gerarchia accademica più le donne sono una rarità». Per quanto le donne possano contare oggi su una maggiore libertà, il gender gap continua a essere un problema, ma almeno se ne parla.
La prefazione è seguita da un cronologia, nella quale sono riportate le date principali della vita di Sophie Germain. Successivamente troviamo una breve nota dell’autrice, che ci informa che, considerate le scarse notizie riguardanti la vita di Sophie, una parte di quello che andremo a leggere sarà di fatto frutto della sua fantasia.
La narrazione si apre con una Sophie tredicenne che trova rifugio nella matematica, mentre attorno a lei infuriano le sommosse della Rivoluzione francese: per portare avanti la sua passione, all’inizio Sophie deve tirare fuori tutta la sua grinta e la sua determinazione, perché i genitori la ostacolano in ogni modo. Ad un certo punto, però, non hanno altra scelta che quella di piegarsi alla forza della figlia e ne diventano presto i principali sostenitori. Cecilia Rossi immagina che Sophie Germain risponda ai propri genitori e alle loro rimostranze: «se ogni volta che una ragazza si interessa di matematica si cerca di dissuaderla, è ovvio che il numero delle matematiche non aumenterà mai». La Rivoluzione francese ha portato grandi opportunità per le donne, alle quali sono riconosciuti gli stessi diritti civili e politici degli uomini, ma non consente loro l’iscrizione all’École Polytechnique (sarà possibile solo dal 1972!) e a Sophie non resta altro da fare che assumere l’identità di un allievo che aveva abbandonato i corsi, Antoine-August Le Blanc. È così che Sophie Germain riesce a entrare in contatto con Lagrange e Gauss, due grandi matematici del tempo, per confrontarsi con loro grazie a una fitta corrispondenza.
A Sophie Germain non mancano le sfide con le quali misurarsi: l’ultimo teorema di Fermat e la teoria dei numeri sono il primo campo di indagine, ma quando ha modo di assistere agli esperimenti del fisico acustico Chladni, Sophie scopre la fisica matematica e si appassiona. Quando viene indetto un Gran Premio sulle superfici elastiche dall’Accademia di Francia, Sophie è l’unica partecipante e dopo tre tentativi e tanto lavoro sperimentale, è la prima donna ad essere premiata. Dobbiamo il ricordo che ci è rimasto di Sophie Germain ad un suo caro amico, Guglielmo Libri, che ha permesso che i manoscritti della giovane finissero nelle collezioni della Bibliothèque nationale di Parigi e nella Biblioteca Moreniana di Firenze. I contemporanei non riconoscono l’importanza del lavoro di Sophie nell’ambito delle superfici vibranti e dell’elasticità e, come spesso è successo alle donne nella scienza, anche lei «è stata dimenticata ed eclissata, nonostante abbia contribuito alla marcia del progresso allo stesso modo degli uomini.»
Studi più recenti hanno permesso di realizzare che «i risultati di Sophie sono molto più ampi, profondi e significativi di quanto si fosse mai realizzato prima», tanto da guadagnarsi «l’immortalità lavorando in distinti rami della matematica e incidendo amorevolmente il suo nome negli annali della teoria dei numeri, il ramo più puro». Cecilia Rossi mostra tutta la sua ammirazione per Sophie Germain, che ha saputo essere una «matematica rivoluzionaria» semplicemente portando avanti la sua passione. Ha compiuto scelte audaci ed è stata tenace nello studio, e il suo valore ci viene restituito in pienezza da questo libro, alla portata di tutti, visto che non contiene i dettagli matematici delle sue scoperte. È da leggere assolutamente.
«Galileo era un figo» è stato pubblicato dalla Casa Editrice Piemme, nella collana Il Battello a vapore, che da trent’anni propone libri di narrativa a un pubblico di lettori dai 3 ai 13 anni. L’autrice è Annalisa Strada: docente di lettere della scuola secondaria di primo grado, ha pubblicato oltre ottanta titoli per ragazzi, vincendo numerosi premi, come il Premio Andersen nel 2014 e il Premio Cento nel 2017.
La serie dei “fighi” ha visto la luce nel 2020, con gli scrittori Manzoni, Leopardi, Dante e Omero. Con questa seconda serie, dove troviamo, oltre a Galileo Galilei, Leonardo da Vinci, Giulio Cesare e Garibaldi, Annalisa Strada allarga gli orizzonti, scegliendo personaggi al di fuori dell’ambito letterario. L’autrice si era già occupata di Galileo Galilei nel 2015, rivolgendosi ai bambini della primaria, con Galileo Galilei esploratore del cielo, per la serie Grandissimi delle Edizioni EL.
In «Galileo era un figo», non viene raccontata solo la vita di Galilei, ma anche le sue scoperte scientifiche, citando i suoi scritti, fino ad arrivare all’abiura, proposta integralmente in appendice. Arricchita dalle illustrazioni di Tommaso Ronda, la narrazione si sviluppa con scioltezza e semplicità, intervallata da piccoli box di approfondimento, delimitati da linee verticali dalle quali fa capolino Galileo Galilei, come se volesse aiutare il lettore a superare questi piccoli ostacoli, fatti di cose che, quando si frequenta la scuola media, difficilmente si conoscono. Il racconto è piacevole e non solo per i ragazzi delle medie: i libri per ragazzi possono diventare un’opportunità anche per gli adulti, dato che «il sapere è una marcia in più per affrontare le salite (ma anche le discese e le pianure) della vita».
Annalisa Strada ha arricchito la sua prosa con alcuni giovanilismi – come mostrato dall’acronimo “aka” che sta per “also known as”, ovvero “conosciuto anche come…” – e questi piccoli indizi ci mostrano il suo sforzo di usare il linguaggio dei ragazzi. Considerata la sua professione di docente, non dovrebbe essere stato troppo difficile per lei e il fatto che questi termini si inseriscano con naturalezza nel racconto ne è una dimostrazione.
«Il mio lavoro è una favola» è stato pubblicato ad ottobre 2021 dalla Casa Editrice Dedalo. Il libro è nato dall’idea di alcune colleghe della sezione milanese di AIDIA (Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetti), che hanno deciso di «raccontare la passione per il proprio lavoro»: Amelia Lentini, Salvina Stagnitta, Maria Cristina Motta, Giovanna Gabetta, Mara Albini, Chiara Grisanti, Luisa Velardi, Giovanna Iannuzzi, Amalia Ercoli Finzi, Lucia Zerruso, Marina D’Antimo, Barbara Blasi, Michela Balzano, Elvina Finzi e Giulia Fasciolo. Possiamo conoscere ogni autrice grazie al QR-code al termine della favola, che ci rimanda a un breve filmato su YouTube, nel quale ogni donna racconta qualcosa di sé e del proprio percorso.
Nella sua prefazione, la Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti sottolinea il mistero dell’ignoto presente nella matematica e invita le ragazze a esplorarlo, perché «alla scienza mancano le energie e la creatività delle ragazze e alle ragazze manca la possibilità di sognare di diventare scienziate e di realizzare il loro sogno.» Lo ribadisce anche Elvina Finzi nella sua favola: se è vero che un ingegnere ha la capacità di risolvere i problemi, un’ingegnere fa il proprio lavoro «tenendo conto dei bisogni delle altre persone, cercando di sconfiggere le distanze tra le persone e le generazioni.»
Le quindici favole parlano di re che conoscono la matematica, di ragazze che non aspettano un principe che le salvi, di principesse moderne, ma soprattutto di bambine che sanno sognare. Le favole hanno come obiettivo principale quello di abbattere gli stereotipi: il primo da combattere, il denominatore comune di tutte le storie, è quello di genere, visto che viene ribadita in quindici modi diversi la capacità delle donne di fare qualsiasi cosa si prefiggano. La ministra Bonetti, nella prefazione, parla della «grande bugia che da sempre impedisce alle ragazze di entrare» in questo mondo straordinario, quello della scienza. Il secondo stereotipo è quello che descrive gli ingegneri come professionisti dotati di scarsa fantasia: penso a Chiara Grisanti che con il suo racconto, “La finestra che aveva freddo”, è riuscita a riempire di fascino anche un’opera di “messa a norma” per ottenere un “risparmio energetico”. Proprio come nel caso della finestra, ogni autrice ha preso dei particolari del proprio lavoro e ne ha estratto una favola, perché «il lavoro degli ingegneri può essere bello come una favola», una favola nella quale le donne sono le vere protagoniste, perché «possono e devono dare un contributo prezioso», come scrive Giovanna Gabetta.
Il lettore di questo libro si ritroverà nel Campo degli alberi di Natale per scoprire che sono pozzi petroliferi; entrerà in contatto con una scienza quasi magica, che raggiunge i propri obiettivi grazie alla collaborazione; combatterà per Viola contro i pregiudizi di genere; troverà la propria corsa in cui arrivare primo; imparerà che gli obiettivi vengono raggiunti non da chi è bravo, ma di chi mette volontà e passione in ciò che fa; scoprirà che il cambiamento è il motore della crescita; capirà che i progetti di vita nascono dalle passioni e dai sogni. Leggerà le parole di Giovanna Iannuzzi, che ci ha insegnato che «con l’impegno, la perseveranza e la fiducia in se stessi si può raggiungere qualsiasi risultato, e che le difficoltà non sono ostacoli insormontabili.» Il lettore andrà a spasso sulla cometa con la piccola Elfa monella Ephail; imparerà con Meti che «costruire qualcosa è meraviglioso»; porterà il verde trasformando la tristezza in felicità; troverà in un paio di baffi il coraggio di mettersi in gioco; imparerà da chiunque abbia qualcosa da insegnare, perché serve l’ingegno, ma bisogna saper abbandonare la propria presunzione; imparerà che la matematica può essere un’amica; capirà che la vita può essere una sequenza di obiettivi da raggiungere.
Questi sono tutti i motivi per cui val la pena leggere, far leggere o raccontare questo libro. A chiunque.
«La scienza delle donne» è stato pubblicato nel 2017 dalla casa editrice Hoepli, nella collana Microscopi, diretta da Massimo Temporelli, del quale l’autrice, Maria Rosa Panté, è stata insegnante. Maria Rosa Panté ha pubblicato un libro di poesie, «L’amplesso erotico. Voci femminili dal mito», una raccolta di racconti, «Noi che non fummo muse», un romanzo umoristico, «Non ho l’età» e questo libro, nel 2017, dal quale è stato tratto lo spettacolo teatrale «La passione dei numeri». Ha scritto anche altri testi teatrali e da anni collabora con l’attrice Lucilla Giagnoni. Ha fondato l’associazione FAST (FAcciamole STudiare), con l’intento di sostenere le ragazze nel loro percorso di studi, ospitandole in famiglia.
Il libro raccoglie le biografie di diciotto matematiche: una vissuta nell’antichità, una nata nel XVII secolo, sei nate nel XVIII secolo, cinque nate nel XIX secolo e cinque nate nel XX secolo. Come dichiara l’autrice nell’introduzione, quando le è stato chiesto di scrivere di donne e scienza, ha scelto le matematiche, perché «quando si parla di scienza, l’immaginario collettivo difficilmente colloca la donna nell’ambito del puro pensiero, della speculazione, piuttosto la associa alle scienze applicate e preferibilmente ai settori pratici, inerenti la cura: medicina, chimica, biologia, psicologia.» Uno dei più diffusi stereotipi descrive il cervello femminile come non matematico, ma in realtà la matematica può essere “comoda” per una donna, visto che «non deve uscire di casa, non ha bisogno di laboratori, ma solo della sua mente». Ed è proprio perché le donne scelte non sono “solo” matematiche, che l’autrice sceglie di presentarle non in ordine cronologico (troppo scontato), ma in base ai legami familiari o al loro impegno politico o filantropico. Frequentemente impegnate nel campo dell’educazione, «si dedicano alla costruzione di connessioni e reti», hanno in genere un’estrazione sociale alta e sono «sempre impegnate a “liberare” se stesse dai molti ostacoli del quotidiano». Per quanto Maria Rosa Panté si concentri sulle notizie biografiche e sui risultati ottenuti in campo matematico, i ritratti che emergono descrivono la figura della donna in tutti i suoi aspetti.
Le prime tre matematiche sono “Figlie di papà”, ovvero tre donne che «hanno potuto studiare e si sono appassionate alle materie scientifiche, e alla matematica in particolare, grazie al padre.» Le storie di Ipazia, Elena Lucrezia Cornaro e Olga Alexandrovna Ladyženskaja, sono storie di donne «perseguitate, ostacolate, poco riconosciute nel loro valore, [tanto che] ne sono letteralmente morte». Il capitolo dedicato a madri e figlie ha come protagoniste Annabelle Milbanke, la madre, Ada Lovelace Byron, la figlia, e Mary Somerville, sua insegnante. Ada, figlia di una matematica e di un poeta, regalerà alla storia il primo software e la “colpa” di tale risultato, forse, sarà proprio della poesia che la madre è stata così determinata a “estirpare” da lei. Come ci ricorda l’autrice, «la poesia è tignosa, non ti molla mai, come la matematica, del resto». Nel terzo capitolo incontriamo due “sorelle”, Caroline Lucretia Herschel, sorella di William, matematico, astronomo e compositore, e Simone Weil, sorella di André, uno dei più importanti studiosi del Novecento. Entrambe sono state sostenute dai fratelli, ai quali erano molto affezionate, e hanno potuto fiorire grazie a loro. Il quarto capitolo parla di una moglie, Grace Chisholm Young, costretta a vivere all’ombra del marito, e di un’amante, Gabrielle Émilie Le Tonnelier de Breteuil, marchesa du Châtelet, amante di Voltaire, che «ha fame di conoscere e, in particolare, è attratta da argomenti quasi vietati o impensabili alle donne di quell’epoca», come le opere di Newton e Leibniz. Il quinto capitolo è per Julia Bowman Robinson, definita «una matrigna buona»: è un rapporto simile a quello tra madre e figlio quello che la lega al giovane matematico Yuri Matjasevic, che ha risolto il problema che lei per prima aveva affrontato. Il sesto capitolo è dedicato alla lotta ai pregiudizi, perché «Infagottate, nude, vestite da donna o da uomo, l’abito non fa la matematica, anche se nella storia spesso è l’abito a condizionare il giudizio e il pregiudizio.» Sophie Germain ha dovuto fingersi Antoine Auguste Le Blanc e questo le ha permesso di interagire con i più grandi matematici del tempo, Emmy Noether e Hedy Lamarr sono «due facce della stessa medaglia»: «di una si pensava che fosse troppo matematica per essere una vera donna e infatti era considerata un uomo, [...] l’altra, invece, era troppo bella, troppo femmina per pensare che fosse anche intelligente». Il settimo capitolo è dedicato a due rivoluzionarie: Sofja Kovalevskaja, matematica e scrittrice, che si sposa per poter studiare, e Grete Hermann, «matematica e fisica, filosofa, pedagoga, insegnante, politica». Le ultime due donne sono note filantrope: Maria Gaetana Agnesi, matematica milanese, che ha avuto come obiettivo la gloria di Dio, perseguita attraverso gli studi e, nella seconda parte della sua vita, attraverso la cura delle donne anziane dementi, e Florence Nightingale, nota per aver rivoluzionato il ruolo dell’infermiera, mentre in pochi sanno che ha perseguito la gloria di Dio attraverso la statistica, che per lei era la voce di Dio, perché aiutava a comprenderne i voleri.
Ed è con le statistiche che si chiude questa bellissima carrellata di donne uniche e da imitare: Maria Rosa Panté tira le somme raccontandoci le epoche, i luoghi, lo stato civile di queste donne, indagandone gli ambiti prevalenti delle ricerche di cui sono state autrici, e prospettando al lettore quanto resti ancora da fare in termini di emancipazione della donna, se si allarga lo sguardo e non ci si limita al mondo occidentale.
Questo libro permette ad ognuno di noi di leggere la vicenda delle protagoniste con occhi nuovi, scardinando gli stereotipi presenti anche ai giorni nostri. È un libro di matematica alla portata di tutti, è un libro che ci racconta la storia che non trova spazio nei libri scolastici, è un libro che ci parla della forza delle donne, della loro unicità, della loro eccezionalità. Queste donne non si sono occupate “solo” di matematica, ma hanno usato la matematica per cambiare il mondo e, più attuali che mai, sono delle role model per ognuna di noi.
«Mezzogiorno di scienza», pubblicato nel novembre 2020 da Edizioni Dedalo, è un libro la cui realizzazione è stata curata da Pietro Greco e che vede la collaborazione di quindici comunicatori della scienza: Pierluigi Argoneto, Roberto Bellotti, Barbara Brandolini, Francesca Buoninconti, Francesco Paolo de Ceglia, Rossella De Ceglie, Romualdo Gianoli, Pietro Greco, Nicoletta Guaragnella, Corinna Guerra, Sandra Lucente, Carla Petrocelli, Gaetano Prisciantelli, Massimo Temporelli e Guido Trombetti.
In questi quattordici «Ritratti d'autore di grandi scienziati del Sud», troviamo una «testimonianza di come gli uomini di scienza nati nel Mezzogiorno [abbiano] saputo legare strettamente le loro terre e la loro attività all’Italia, all’Europa e, sempre più, al resto del mondo». In effetti, ogni protagonista mostra una grande lungimiranza e la capacità di intessere reti di conoscenze, anche al di fuori della propria sfera di competenza. Diversi sono gli ambiti toccati: chimica, fisica, matematica, medicina, ingegneria, botanica, e diverse sono le epoche, a partire dal 1700 fino al 2000, durante le quali i protagonisti hanno influenzato e modificato la società nella quale hanno vissuto.
Pietro Greco nell’introduzione ricorda che il Mezzogiorno è «perennemente in bilico tra modernità e arretratezza» e, citando le parole del celebre attore partenopeo Eduardo Scarpetta, parla di «miseria e nobiltà». Allo stesso modo, questi protagonisti sono presentati con le luci e le ombre che li hanno contraddistinti: non ci sono solo un grande spessore umano e un’incredibile conoscenza, ma anche errori che nessuno degli autori sente di giudicare o assolvere. Ogni protagonista è presentato a tutto tondo, nel modo più obiettivo possibile.
I protagonisti sono presentati in ordine cronologico: Domenico Cirillo è stato medico e botanico e la sua osservazione di specie mai descritte prima ha colpito in modo così importante i contemporanei da spingere un botanico scozzese a dedicargli il genere delle piante Cyrillaceae. Oronzo Gabriele Costa è stato un naturalista, e con l’anfiosso ha trovato una forte prova a sostegno dell’evoluzione. Stanislao Cannizzaro è stato un patriota e un riformatore della scuola e della sanità, ma è stato soprattutto il più grande dei chimici italiani del XIX secolo, tanto da essere insignito della Copley Medal. Maria Bakunin è stata la prima donna a laurearsi in chimica: figlia di un rivoluzionario russo, a causa della sua fermezza e decisione veniva descritta come una prepotente. Mauro Picone, matematico, fu un grande maestro, che rese la propria scuola il fulcro dell’analisi matematica italiana. Organizzatore e manager, fondò l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo, del quale mantenne la guida fino al 1960. Domenico Marotta, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, ha una storia struggente, che mette in luce un problema attualissimo, quello del conflitto tra la magistratura e la scienza: la sua vicenda giudiziaria ricorda quella più recente di Ilaria Capua. Francesco Giordani fu «un chimico nelle stanze del potere», nelle sedi dell’impresa e della finanza: si occupò dell’innovazione della filiera della cellulosa, che fu decisiva nella sua formazione, insegnandogli a misurarsi concretamente con i problemi. Renato Caccioppoli fu un genio matematico irrequieto e tormentato, che ebbe una folgorante carriera accademica. Ettore Majorana, fisico, trovò dei risultati sui quali si continua tuttora a lavorare ed è noto a tutti per la sua scomparsa misteriosa. Filomena Nitti Bovet, figlia dell’antifascista Francesco Saverio Nitti, fu la moglie di Daniel Bovet, che fu insignito di un premio Nobel che era tanto suo quanto della coniuge. Entusiasta, caparbia e tenace, diede un contributo fondamentale alla farmacologia. Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, sempre in anticipo sui tempi, ottenne grandi risultati nell’ambito della lotta ai tumori. Felice Ippolito, come Marotta, provò su di sé l’effetto della macchina del fango negli anni ’60: fu un ingegnere specializzato in geologia e la sua fu «una rivoluzione incompiuta», perché il nucleare non ebbe successo in Italia. Eduardo Caianiello fu un fisico e ottenne una borsa di studio del MIT, ma è ricordato come un pioniere della cibernetica. Ennio De Giorgi grazie alla sua inclinazione per i linguaggi sviluppata al liceo classico, diede fondamentali contributi alla matematica. Fu un «matematico al servizio della Sapienza», che riteneva la condivisione del sapere «una delle più alte forme di carità».
All’interno di ogni capitolo ritroviamo le illustrazioni di Francesco Dabbicco, che per ogni protagonista ha realizzato un ritratto e, spesso, un’immagine che lo caratterizzi. Al termine di ogni capitolo troviamo dei suggerimenti di lettura per approfondire la conoscenza di questi personaggi e all’interno del capitolo due box, uno dedicato ai luoghi che caratterizzano questi personaggi e un secondo di carattere vario, a volte una citazione del protagonista stesso, a volte una testimonianza o un racconto, altre volte una canzone ispirata alla vicenda, come per l’anfiosso di Costa.
Non è un libro per specialisti, ma per appassionati di scienza. Non è necessario, invece, amare il Mezzogiorno, perché quello ci pensano i protagonisti a farcelo amare.
«Oltre le stelle più lontane», pubblicato nel 2021 da Mondadori, è un dialogo tra Amalia Ercoli, classe 1937, e sua figlia Elvina Finzi, classe 1976. L’una, Amalia, un’ingegnere (con l’apostrofo!), professoressa emerita al Politecnico di Milano, prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, ma soprattutto fra i principali investigator della missione Rosetta. L’altra, Elvina, doppia laurea con lode al Politecnico di Milano e all’Ensta di Parigi, e dottorato di ricerca in ingegneria nucleare.
Il libro, pensato per ragazzi delle medie, è un ottimo dialogo che mette in luce le differenze di vita tra Amalia ed Elvina: la prima ha vissuto la sua infanzia sul finire della Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra, mentre la seconda a fine anni ’80, e quindi il confronto fra le loro vite è un confronto anche di due epoche. Amalia ha dovuto combattere contro una serie di stereotipi rappresentati dalla madre, che la definiva “maschiaccio” perché non si interessava a quelle che erano considerate le faccende femminili, perciò nei confronti di Elvina ha cercato di essere supportiva e di spingerla a cercare di realizzarsi innanzitutto come donna. La storia di Amalia Ercoli è una vera fonte di ispirazione: si pone come una role model non solo per la figlia, che poi in qualche modo seguirà le sue orme, ma anche per la nipotina Nicole, che ritroviamo in un interessante dialogo proprio nelle ultime pagine. Nel libro si alternano capitoli in cui scrive Amalia a capitoli in cui scrive Elvina da piccola nel proprio diario, quindi da un lato ci sono i racconti “un po’ sfilacciati” della vita di Amalia, come li definisce la stessa Elvina nella postfazione, e dall’altro ritroviamo la freschezza di un diario con quelli che sono anche i momenti di rabbia di una ragazzina in crescita, che si deve scontrare con una madre dalla personalità molto forte.
Alla luce della sua esperienza, Amalia ricorda a ognuna di noi che dobbiamo realizzare il nostro potenziale, ascoltando ciò che abbiamo dentro: «Se una donna invece desse sempre retta a quello che le dicono gli altri intorno… finirebbe per non ascoltare più la voce che le viene da dentro». Amalia ci offre il suo esempio: la sua scelta di studiare ingegneria, in un’epoca in cui erano poche le donne a farlo, la scelta di andare contro i progetti familiari e di dedicarsi a un lavoro impegnativo nonostante una famiglia numerosa.
In un recente intervento pubblico, Amalia Ercoli ha dichiarato di saper parlare bene di due cose: le donne, «perché sono una femminista antesignana» e lo spazio. Dopo il libro dedicato allo spazio, «La signora delle comete», scritto da Tommaso Tirelli per Dedalo, nel quale Amalia racconta l’avventura della missione Rosetta, l’obiettivo di questo libro è di raccontare le scelte delle donne ai bambini, andando oltre gli stereotipi, attraverso la storia di una vita vissuta ascoltando la propria voce interiore. Nel libro, sono numerose le frasi che andrebbero citate, ma su tutte scelgo di citare Elvina nella postfazione: «Io spero che le ragazze di oggi siano consapevoli delle grandi opportunità offerte dalle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e che queste non sono loro precluse. Al contrario: nel futuro della società tecnologica che le aspetta, complessa e in rapidissima trasformazione, l’intelligenza, l’intuito e la passione femminile faranno la differenza. Le ragazze STEM non saranno poche stelle isolate. Saranno intere costellazioni che illumineranno il cielo».
«F***ing Genius», pubblicato nel settembre 2020 da HarperCollins Italia, è una delle ultime fatiche di Massimo Temporelli. Fisico di formazione, si occupa da vent’anni della diffusione della cultura scientifica, tecnologica e dell’innovazione, attraverso scritti, articoli, speech, e in particolare tramite l’attività per Storie libere, una piattaforma di podcast indipendente. Massimo Temporelli si definisce un «defibrillatore culturale», più che un divulgatore scientifico, visto che il suo obiettivo primario, come dice nell’introduzione, «è scaldare i cuori, scuotere la carne, accendere la vita e il respiro umano intorno alla scienza e alla tecnologia». Anche con questo libro, vuol accendere la curiosità nel lettore, con la sua passione e il suo entusiasmo, desiderando di poter fare «la differenza tra il prima e il dopo»
L’autore ci presenta gli otto personaggi di questa rassegna con grande vivacità, senza andare in profondità, come potrebbe fare una biografia vera e propria, ma stimolando nel lettore la voglia di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati. Gli otto personaggi scelti non sono i soliti che potremmo trovare in una raccolta di biografie e pur essendoci degli aspetti in comune tra di loro, sono stati scelti perché da ognuno di loro si possa imparare «una lezione per provare a migliorarci […] una lezione per imparare a diventare un po’ più simili a questi straordinari pensatori scientifici, capaci di cambiare la traiettoria della nostra evoluzione». Questi personaggi hanno una genialità «quasi fastidiosa […] che ci obbliga a ripensarci».
Il percorso comincia con Charles Darwin e Leonardo da Vinci, Ada Lovelace e Charles Babbage occupano il terzo capitolo, non possono mancare Albert Einstein che ha rivoluzionato la fisica del Novecento e Marie Curie che gli è stata in qualche modo compagna, si procede con Elon Musk, che sta modificando il nostro modo di vedere la tecnologia, e in chiusura troviamo Isaac Newton e Steve Jobs. Ognuno di questi personaggi ha in qualche modo innovato il tempo e l’ambito nel quale si è trovato a operare e in questa innovazione ha usato quelle caratteristiche, che danno il titolo al capitolo. Ogni personaggio è presentato in alcuni capitoli compresi tra l’introduzione e il capitolo finale, intitolato “take away”, a significare ciò che il lettore deve in qualche modo assorbire. Secondo Temporelli, per essere dei veri innovatori dobbiamo essere giovani, perché è la gioventù che ci dà l’incoscienza e lo stimolo per abbattere i confini nei quali ci troviamo ad operare, e dobbiamo accettare di lavorare in squadra, non possiamo vivere isolati. Possiamo commettere degli errori, ma dobbiamo andare avanti con passione e caparbietà, senza lasciarci vincolare dalle barriere della singola disciplina, costruendoci da soli quando ci ritroviamo a partire svantaggiati rispetto ai nostri coetanei. Dobbiamo aver voglia di competere con gli altri e con noi stessi, perché la competizione può portarci a migliorare le nostre capacità.
Gli otto geni sono accompagnati da personaggi secondari ai quali vengono dedicate solamente un paio di facciate, che aiutano ad evidenziare un aspetto particolare. Così, ad esempio, nel momento in cui si parla di Darwin, ci ritroviamo Jeanne Baret, un’esploratrice a me sconosciuta. Leonardo da Vinci è accompagnato dai fratelli Wright, proprio a fare da cassa di risonanza alle sue grandi invenzioni. Ada Lovelace e Charles Babbage sono seguiti da Pascal, con la sua pascalina. Einstein è seguito da Bertha Benz, che, moglie dell’inventore tedesco che progettò la prima auto della storia, ha il merito di aver fatto compiere a questa auto un viaggio molto lungo, mostrando le potenzialità di questo mezzo di trasporto. Marie Curie è accompagnata da Almon Strowger, l’inventore della telefonia automatica, giunto a questo risultato solo per far rifiorire la sua impresa di pompe funebri. Elon Musk è seguito da Morse, il professore pittore e insegnante di disegno alla New York University che inventò il telegrafo. Newton è seguito da Bíró e Bich, per l’invenzione della penna a sfera che ha completamente cambiato il nostro modo di scrivere e di vivere. Infine, Steve Jobs è accompagnato dalla storia di Mark Zuckerberg, che nel logo di Facebook ha inglobato anche il logo di Sun per ricordare questo fallimento, «così che tutti capiscano che se smetti di innovare, muori, anche se hai fatto la storia».
Insomma, sono storie particolarmente ispiranti, scritte con una leggerezza che permette di correre attraverso le pagine come in una chiacchierata, e di esplorare gli aspetti di tutti questi personaggi straordinari. La conclusione è che noi non dobbiamo far altro che seguire questi “f***ing” geni, perché ognuno di noi ha la responsabilità, attraverso le proprie scelte, di progettare quello che sarà il nostro futuro. Un gran messaggio, presentato in modo eccezionale e unico.
«Troppo belle per il Nobel» è uscito nel 2008 ed è stato ripubblicato in edizione tascabile a fine 2019 dalla casa editrice Bollati Boringhieri. L’autore è Nicolas Witkowski, fisico di formazione, che ha scritto numerose opere sulla storia della scienza, come «La vasca di Archimede» e «La storia sentimentale della scienza».
Il libro è costituito da ventuno capitoli, che attraversano la storia umana a partire dalla preistoria fino ad arrivare al XX secolo. La rassegna proposta è diversa rispetto a tutte quelle realizzate sul tema, perché non troviamo i soliti personaggi: Rosalind Franklin, Lise Meitner e Ipazia vengono citate come esempi nella premessa introduttiva, ma non trovano posto nel percorso, ad esempio. Fin dall’inizio, il testo mostra la sua particolarità, visto che comincia con la preistoria, una storia interamente maschile nella quale la donna è assente, un po’ come la storia delle scienze, scritta esclusivamente dagli uomini. Nella premessa, Witkowski dice le donne che vengono in genere menzionate nelle storie della scienza «si contano sulle dita di due mani» e, per questo motivo, per scrivere il libro ha dovuto «procedere a indagini delicate, rimbalzando da una biografia tronca a una nota a piè di pagina criptata» e soprattutto rimuovere dal quadro generale «la polvere di sufficienza maschile depositata dai secoli». Nella lettura, si riesce a percepire tutto questo lavoro di ricerca e si coglie anche la reale convinzione dell’autore che dice: «A un grand’uomo basta essere eccezionale; una donna deve essere straordinaria.»
La rassegna comincia con Huang Daopo, «inventore» dell’arcolaio a pedale nel XIII secolo, Sophie sorella di Tycho Brahe e Barbara Mühleck moglie di Keplero, dedite alla chimica, e Martine de Beausoleil, che suggerì a Richelieu di creare un corpo di ingegneri minerari. Nel 1700, le donne vengono citate nelle opere letterarie, ma nascoste dietro alcuni asterischi: diventano in questo modo il «simbolo stesso dell’ignoranza» e la loro presenza libera «da qualsiasi complesso d’inferiorità il lettore che altrimenti non avrebbe mai affrontato un’opera erudita». La maggior parte delle donne nominate è nata proprio nel XVIII secolo: Emilie du Châtelet, che tradusse in francese i Principia di Newton, Isabelle Godin, protagonista di un salvataggio inaspettato durante la spedizione per misurare la Terra, Elizabeth Thible, prima donna a mettere piede su una mongolfiera, Charlotte Corday, assassina di Marat, Marie Lavoisier, che portò a compimento il “Trattato di chimica elementare” iniziato dal marito, e Mary Somerville, che riuscì nell’impresa di far uscire le donne dalla cucina fino ad arrivare nell’atrio della Royal Society, dove venne sistemato il suo busto per «celebrare l’autorità dell’intelligenza femminile». Si procede con le scrittrici Mary Shelley e George Sand, con Ada Lovelace, alla quale venne «negato l’accesso alla biblioteca della Royal Society in quanto donna», Sophie Germain, che si finse uomo per poter interloquire con i più grandi matematici del tempo, Agnes Pockels, che fece grandi scoperte nella propria cucina nonostante la reclusione impostale dai genitori, mentre Katherine Blodgett diede seguito ai suoi lavori. Clémence Royer, «intrepida pioniera del femminismo», tradusse in francese l’opera di Darwin mentre Athénaïs Mialaret, che collaborò alle opere del marito, dopo la morte di lui «dovette dimostrare davanti alla giustizia la sua partecipazione all’opera comune». Loïe Fuller si rese protagonista della pericolosa Danza del Radio, mentre l’avventuriera Ida Pfeiffer vide la propria opera plagiata da Jules Verne. Sofja Kovalevskaja, grande matematica, è ricordata più per la sua vita libertina che per le sue abilità nella disciplina, mentre Marie Curie e Hertha Ayrton vengono ricordate anche per il proprio contributo durante la Prima Guerra Mondiale, l’una con le attrezzature realizzate grazie alla scoperta del radio e l’altra con i ventilatori che cambiano l’aria nelle trincee, grazie agli studi sulla fluidodinamica. Nel percorso, incontriamo anche alcune muse, come Alice Liddell, musa di Lewis Carroll, o la donna senza nome che grazie ad un «episodio folgorante e tardivo» permise a Schrödinger di trovare la famosa equazione. Tra i talenti non riconosciuti, troviamo Alicia Boole, figlia del logico e matematico Boole, che «giocava all’ipercubo invece che con le bambole», ma «non conobbe gli onori della gloria scientifica», esattamente come Emmy Noether, «doppio femminile» di Einstein, che ci mostra come «ciò che in Albert suscitava ammirazione, in Emmy infastidiva» o Chieng Shiung Wu, che perse il meritato Nobel per l’esperimento di parità nel 1957. La rassegna si chiude con il campo della primatologia e quattro donne, Jane Goodall, Biruté Galdikas, Shirley Strum e Dian Fossey, che sono riuscite ad approcciare lo studio dei primati in modo completamente diverso e innovativo, rispetto agli uomini che le hanno precedute.
Come si può notare, la rassegna si avventura lontano dai soliti sentieri battuti e, nella lettura, siamo accompagnati da un umorismo sottile e denso di ironia, che ci permette di gustarci la carrellata con una certa leggerezza, mentre continui richiami collegano tra loro i singoli capitoli. Ad ogni capitolo sono dedicate circa cinque o sei pagine, e la conclusione è con il paragrafo “E ancora…”, dove ritroviamo una bibliografia e alcuni suggerimenti per approfondire i riferimenti e i rimandi ad ulteriori argomenti. Un plauso particolare ai due traduttori, Chiara Tartarini, professoressa associata all’Università di Bologna, e Alessandro Serra, scomparso recentemente e docente di psicologia dell’arte. Nella loro traduzione, sottolineano anche i giochi di parole proposti dall’autore e impossibili da rendere in italiano, perciò richiamano il testo originale perché sia possibile, per il lettore, cogliere la sottigliezza di alcuni passaggi. È un libro sicuramente da leggere e da tenere nella propria libreria per rileggerne ogni tanto dei passi: gli aneddoti e i percorsi proposti, che di fatto, per la maggior parte, non conoscevo, hanno arricchito il mio bagaglio personale e diventeranno parte della mia narrazione durante le mie lezioni.
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