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Lunedì, 24 Febbraio 2020 11:22

Il genio delle donne

Mentre leggo queste brevi biografie, immagino la simpatica cadenza di Piergiorgio Odifreddi che mi racconta queste storie e mi sembra quasi abbia il fiato corto, mentre percorro in fretta le pagine dedicate ad ogni scienziata. Ventisette donne in ventiquattro capitoletti che non superano le dieci pagine: matematiche, chimiche, fisiche, astronome, biologhe, astronaute, informatiche, inventrici, le donne proposte da Odifreddi sono «top models alternative», ovvero vengono qui ricordate «per la sostanza del proprio essere e la profondità del proprio lavoro, più che per le apparenze del proprio aspetto e la superficialità della propria fama. Sono loro a costituire, esse sì, le vere forze di cambiamento della società.» Insomma, in un mondo povero di modelli femminili, Odifreddi raggruppa queste donne, creando una «breve storia della scienza al femminile», «ma a uso e consumo di un pubblico senza distinzioni di genere.»

Introdotti da titoli che dicono senza dire, costellati da battute umoristiche venate di sarcasmo – come è tipico dello stile di Odifreddi – questi ventiquattro capitoletti sono uno stuzzichino che stimola l’appetito della conoscenza, spingono il lettore ad approfondire, fanno nascere la voglia di saperne di più.

Originale la conclusione di Odifreddi che, dopo aver snocciolato le statistiche e le percentuali che evidenziano il ruolo delle donne nella ricerca scientifica, sostiene che, pur essendo in grado di raggiungere ruoli di responsabilità e prestigio, forse le donne scelgono di fare altro: «Che alcune donne possano raggiungere quegli obiettivi e seguire quei modelli, lo dimostrano le storie che abbiamo raccontato. Il problema, o forse semplicemente la soluzione, è che molte non vogliono, e poste di fronte al diabolico dilemma tra carriera e vita compiono la scelta più saggia, non lasciandosi indurre in tentazione dal serpente. Una scelta forse più da elogiare e imitare, che da criticare e rimediare.»
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Martedì, 11 Dicembre 2018 09:34

I numeri uno

«I numeri uno» è l’ultimo libro di Ian Stewart, pubblicato da Einaudi. Insegnante di matematica alla Warwick University, Stewart è un noto e apprezzato divulgatore: ha pubblicato decine di libri e scrive rubriche di matematica per importanti testate scientifiche, come “Mathematica Recreations” per Scientific American dal 1991 al 2001, oltre ad intervenire regolarmente come ospite in trasmissioni televisive e radiofoniche. Tra i suoi libri, ricordiamo «Com’è bella la matematica», un “tentativo di aggiornare alcune parti del libro di Hardy”, Apologia di un matematico, oppure «La piccola bottega delle curiosità matematiche del professor Stewart», ricco di piccoli giochi, aneddoti divertenti e scoperte interessanti. Nel 1997 ha ricevuto la Michael Faraday Medal, mentre fa parte della Royal Society dal 2001 e nel 2008 ha ricevuto la Christopher Zeeman Medal, istituita per premiare la divulgazione matematica.

«I numeri uno» è una raccolta di biografie di venticinque matematici: «Il messaggio più ovvio è l’eterogeneità. I pionieri della matematica provengono da tutti i periodi della storia, da tutte le culture e da tutti gli ambienti. Le storie che ho scelto qui coprono un arco di 2500 anni. I loro protagonisti vivevano in Grecia, Egitto, Cina, Persia, India, Italia, Francia, Svizzera, Germania, Russia, Inghilterra, Irlanda e America. Alcuni nacquero da famiglie benestanti – Fermat, King, la Kovalevskaja – molti appartenevano al ceto medio, e alcuni nacquero poveri, come Gauss e Ramanujan. Alcuni provenivano da famiglie colte, come Cardano e Mandelbrot, altri no, come di nuovo Gauss e Ramanujan, nonché Newton e Boole. Alcuni vivevano in tempi difficili, come Euler, Fourier, Galois, la Kovalevskaja, Gödel, Turing; altri furono fortunati a vivere in una società più stabile, o almeno in una parte più stabile della società, come Madhava, Fermat, Newton, Thurston. Alcuni erano politicamente attivi, come Fourier, Galois, la Kovalevskaja, tanto che i primi due furono imprigionati; altri hanno tenuto per sé le loro idee politiche, come Euler e Gauss.»

Cosa hanno in comune questi matematici? «Amano la matematica, ne sono ossessionati, non possono fare altro. Rinunciano a professioni più redditizie, vanno contro le opinioni della famiglia, vanno avanti nonostante tutto anche quando molti dei loro stessi colleghi li considerano pazzi, sono disposti a morire non riconosciuti e non ricompensati. Insegnano per anni senza paga, solo per mettere un piede in università. I numeri uno sono tali perché sono determinati

La lettura è stata interessante e istruttiva: ad ogni matematico sono state dedicate una decina di pagine, sufficienti per avere un’idea delle scoperte effettuate, dell’importanza avuta nel campo, e le notizie biografiche aiutano a comprendere il percorso umano e professionale. Si possono leggere nell’ordine scelto dall’autore, quello cronologico, o si può procedere in base alle proprie preferenze: chi non conosce i matematici ha l’occasione di fare un primo incontro, che può essere l’anticamera di un ulteriore approfondimento, mentre per chi li conosce può essere un modo per ritrovarli, tutti insieme, ripercorrendo 2500 anni di storia della matematica.

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Domenica, 15 Settembre 2013 08:34

Memorie d'infanzia

TRAMA:

“Memorie d’infanzia” di Sofja Kovalevskaja è “un libro scritto da un matematico di alta classe, di prestigio indubbio, ma sotto forma narrata, autobiografico, nel quale il personaggio rivela di sé le più umane passioni” (dalla prefazione di Bruno D’Amore).

Giovane e appassionata, Sofja è la seconda figlia di una ricca famiglia che, al congedo del padre dall’esercito nel 1856, si stabilisce nella dimora di famiglia di Palibino, nella provincia di Vitebsk. Qui Sofja trascorre l’infanzia con la sorella Anjuta, di sei anni più grande e il fratellino Fedja, di tre anni più piccolo. Sofja è nata nel 1850, quando i genitori si trovavano in grandi difficoltà economiche per i debiti di gioco del padre e la sua nascita ha deluso i genitori, visto che avrebbero desiderato un maschio: per questi motivi, Sofja si sente poco amata. Con il trasferimento a Palibino, cambia l’organizzazione interna della famiglia: viene assunta una governante inglese e, in casa, ogni membro della famiglia ha i propri spazi, così separati che si incontravano tutti solo a pranzo e per il tè della sera. Miss Smith, l’istitutrice inglese che si occupa di Sofja, organizza le sue giornate in modo rigido: la sveglia alle 7, le lezioni impegnative, la marcia igienica dopo pranzo e le punizioni, che hanno più l’aspetto delle umiliazioni, nel momento in cui Sofja non si comporta come dovrebbe, come quando viene sorpresa a leggere, quando invece dovrebbe giocare con la palla, e il padre la lascia per mezz’ora in piedi in un angolo del proprio studio senza rivolgerle la parola.

Nel quadro della famiglia si inseriscono anche due zii: un fratello del papà, un anziano eccentrico ma molto colto, responsabile dell’incontro di Sofja con la matematica e il giovane fratello della mamma, per il quale Sofja nutre una vera e propria passione, tanto da ferire con un morso la compagna di giochi, colpevole di aver stuzzicato la sua gelosia. Da entrambi gli zii, Sofja sente quell’amore che ritiene di non ricevere dai genitori e ha modo inoltre di ampliare le proprie conoscenze, intrattenendosi con loro in dotte conversazioni.

La seconda metà del libro è dedicata alla sorella maggiore, Anjuta: dopo aver vissuto l’adolescenza passando da una passione all’altra, la ragazza entra in contatto con le idee che fervevano nelle grandi città e decide di dedicarsi alla scrittura. I suoi primi tentativi letterari vengono inviati, in gran segreto, a Dostoevskij, redattore di una rivista: dopo la pubblicazione del primo racconto, Anjuta ne prepara un altro, ma la lettera con la conferma dell’avvenuta pubblicazione viene intercettata dal padre, che si mostra adirato e deluso. Solo l’intercessione della madre permette ad Anjuta di continuare questa corrispondenza e di incontrare a San Pietroburgo il grande scrittore: Sofja è affascinata da lui e resta molto male quando si accorge che lui è in realtà innamorato della sorella e le chiede di sposarlo. Solo il rifiuto di Anjuta e il ritorno in campagna permette alle sorelle di rinsaldare il loro legame di amicizia.

Nel capitolo conclusivo, Sofja traccia un breve profilo autobiografico – scritto pochi mesi prima di morire – ripercorrendo le varie fasi del suo innamoramento per la matematica e rivivendo l’ostilità del padre, che nutriva “un forte pregiudizio verso tutte le donne istruite”. Era costretta a leggere di notte, alla fioca luce di una lampada, per non farsi scoprire e solo l’intervento di un proprietario terriero che abitava vicino a loro, il professor Tjrtov, che perorò la necessità che le fosse impartita un’istruzione rigorosa, le permise di cominciare le lezioni con il professor Strannoljubskj, a cui fece seguito, dopo il matrimonio con Kovalevskj, l’incontro con Weierstrass, che la prese sotto la sua ala protettrice. La laurea summa cum laude all’Università di Gottinga, la pubblicazione di uno dei suoi lavori sul giornale di Crelle – ritenuta la più seria pubblicazione di matematica in Germania – furono seguiti da un periodo di scarsa attività scientifica, visto il ritorno dei coniugi in Russia e la loro dedizione a imprese commerciali che si conclusero con il fallimento. Ripresi i giri per l’Europa, Sofja ebbe modo di incontrare eminenti matematici e di veder pubblicati alcuni dei suoi lavori; l’incontro con Mittag-Leffler, uno degli allievi di Weierstrass, le fruttò un invito a Stoccolma a tenere lezioni di matematica, dove – dopo un primo anno da privatdozent – le fu offerto un incarico stabile nel 1884. Grazie ai suoi lavori, ottenne un premio dell’Accademia delle Scienze di Parigi, per il quale le furono tributati “onori su onori”.

 

COMMENTO:

L’introduzione di Laura Guidotti permette al lettore di conoscere l’autrice, Sofja Kovalevskaja, prima ancora di cominciare a leggere le sue memorie. In questo modo, si leggono questi ricordi da bambina inserendoli in un quadro più completo e in questa visione d’insieme trovano spazio le enormi difficoltà che Sofja ha incontrato nella sua breve vita per affermarsi come matematica in un mondo dominato – e controllato – dagli uomini. Le difficoltà che incontra da bambina per farsi amare da genitori che ci appaiono troppo distanti diventano in questo modo un banco di prova per ciò che si troverà ad affrontare nella sua vita di adulta. Le cotte adolescenziali, l’amore per la matematica, nato fortuitamente grazie alla mancanza di tappezzeria in una stanza, ce la fanno sentire vicina: una bambina come tante, che legge il mondo che cambia attorno a lei, senza avere gli strumenti adeguati per interpretare ciò che vede.

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