Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: dinamica del corpo rigido.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: recupero primo quadrimestre.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe seconda liceo scientifico delle scienze applicate.
Argomento: recupero primo quadrimestre.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe seconda liceo scientifico delle scienze applicate.
Argomento: moti nel piano.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: vettori e forze.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe quinta liceo scientifico.
Argomento: derivate.
Durata: un'ora.
“Siccome durante la settimana mi capita di leggere articoli, interviste, libri, che mi piacerebbe molto condividere con voi, ma il tempo è poco in classe – e poi ci sono le interrogazioni, le verifiche… non potremmo abolirle? =P – ho pensato di farvi avere, periodicamente (quindici giorni va bene?) una mail nella quale vi invito a leggere articoli, interviste, libri, che mi hanno colpito.” Era il 18 Settembre del 2012 e questo era l’incipit della prima Newsletter che ho inviato ai miei alunni: mai avrei pensato di arrivare a un centinaio di newsletter, in meno di cinque anni, e a 456 destinatari (perciò – al ritmo di dieci invii ogni dieci minuti – servono circa sette ore e mezza per inviarle tutte…)
Premesso che, se si potesse, sarei ancora dell’idea di abolire interrogazioni e verifiche, per lasciare spazio, oltre che ad esercitazioni più impegnative, alla matematica bella, comincio la CENTESIMA Newsletter con la puntata del 6 Gennaio scorso di Radio3Scienza, dal titolo “La mappa e la scienza”. Attraverso le mappe, possiamo orientarci e approfittarne per comprendere meglio il mondo che ci circonda: Rossella Panarese ci aiuta a fare il punto della situazione per le neuroscienze, la genetica, la matematica e l’astrofisica. Il viaggio ha inizio con Franca Tecchio, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, che guida l’esplorazione delle neuroscienze, per le quali mappare diventa sinonimo di riconoscere reti funzionali. Antonio Amoroso, docente di genetica medica all’Università di Torino, ci guida nella mappatura del Genoma: sappiamo ormai orientarci con una certa sicurezza, ma ancora non ci è chiaro il funzionamento di quelle parti che non codificano per proteine. Per la matematica, l’ospite è Giuseppe Rosolini, docente di logica matematica dell’Università di Genova: la mappa di Hilbert ha permesso, all’inizio del Novecento, di fare il punto della situazione, con i suoi ventitré problemi, mentre Gödel ci ha regalato la certezza di essere nel dubbio. Nell’ultima parte, Marco Bersanelli, astrofisico dell’Università di Milano, ci guida nella mappa dell’universo.
Mi è piaciuta molto anche la puntata del 3 Gennaio scorso di Radio3Scienza, “Che genere di scienza”. “Una mamma considerata una strega, un sorriso che non c’è, un harem che non era un harem, frigoriferi, una toilette da conquistare” è l’introduzione di Rossella Panarese che con Alessandra Celletti, docente di fisica matematica all’Università di Roma Tor Vergata, ci guida in un percorso scientifico di sole donne. Le cinque foto che offrono lo spunto a questo percorso le trovate proprio nella pagina dedicata alla puntata, per riuscire a capire di chi si parla, ma credo che, dopo l’ultima newsletter, non dovrebbe essere difficile individuare Vera Rubin in “una toilette da conquistare”.
“Nel 1992, sugli scaffali dei negozi, la famosa Barbie Parlante della Mattel si lamentava dicendo: ‘La matematica è difficile!’” Questo proprio non lo sapevo! Ed è l’incipit di un’intervista di Jo Boaler, docente di matematica presso la Stanford University, realizzata per The Huffington Post e ripresa da quelli di MaddMaths. Secondo la Boaler, “il modo in cui la matematica è attualmente insegnata fa sì che risulti più attraente per i ragazzi che per le ragazze.” Aver dichiarato apertamente queste sue idee ha esposto la ricercatrice a un pesante mobbing e solo parlando pubblicamente di quanto le stava succedendo è riuscita a non restarne schiacciata. “Stiamo cercando di convincere insegnanti e studenti a credere nel loro potenziale e a sentirsi entusiasti”: effettivamente, a volte ciò che ci permette di raggiungere importanti traguardi è proprio la nostra convinzione di poterli ottenere. Anche secondo Maurizio Paolini, direttore del Dipartimento di matematica e fisica dell’Università Cattolica di Brescia, “pare che gli scarsi risultati che le ragazze ottengono nei test Pisa siano correlati con alcune misure soggettive: credere di non saper risolvere i problemi di matematica (self-efficacy), l’autostima nelle proprie capacità matematiche (self-concept) e anche l’ansia e lo stress con cui si affronta la materia.” È per questo motivo che venerdì 20 gennaio si è tenuta una gara di matematica femminile a squadre, che ha coinvolto più di duecento squadre in tutta Italia, ovvero milleseicento studentesse, distribuite in ventisei campi di gara: sette ragazze per ogni squadra, alle prese con ventiquattro problemi da risolvere in due ore. Vedendo le espressioni delle mie alunne al termine della gara, posso confermare che il divertimento è stata la componente principale, ma lascerei al secondo posto l’orgoglio. Indipendentemente dal risultato, che nasce dal confronto con le altre squadre, le ragazze della mia scuola hanno sentito l’orgoglio di aver superato se stesse in una prova per la quale non si sentivano all’altezza. Le risate e la complicità che ho sentito durante il viaggio in treno al ritorno ne sono una dimostrazione.
Chissà se un domani tra tutte le ragazze che hanno saputo mettersi in gioco con questa gara ci sarà una Fabiola Gianotti. Al termine del suo primo anno alla guida del Cern viene invitata a fare un bilancio della sua gestione da Repubblica: “È stato un anno entusiasmante. Certo, mi manca non fare più esperimenti con le mie mani. È come se fossi diventata il sindaco di una città da undicimila abitanti. Ma mi ritengo fortunata, ogni sera torno a casa e posso comunque dire: anche oggi ho imparato qualcosa.” È un compito impegnativo e di grande responsabilità, ma dalle parole della Gianotti si colgono soprattutto l’entusiasmo e la voglia di divulgare la conoscenza: “Dobbiamo sfatare il tabù che la scienza, e la fisica in particolare, sia difficile e complicata.” (Forse per questo motivo è stata realizzata la mostra permanente “Extreme” presso il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.) Eppure la presenza di donne in alcuni settori è ancora una rarità, se il lavoro di Fabiana Lanotte, programmatrice trentenne appena assunta dal governo italiano a Palazzo Chigi, per lavorare al sistema operativo della Pubblica Amministrazione, desta tanta meraviglia. Mi ha colpito una cosa nella sua intervista, un aspetto della sua vita che dimostra la grande tenacia che la contraddistingue: quando era bambina, giocava spesso con il gioco informatico “The Prince of Persia”, “Una frustrazione: sono arrivata al terzo livello solo a diciotto anni.”
Periodicamente, dal web emerge qualcuno che chiede aiuto per un problema di matematica, in genere genitori alle prese con i compiti dei figli, come è successo alla famiglia Holderness. Eppure il problema non sembra essere così difficile! Forse la mamma in questione non sapeva di poter chiedere aiuto a Chiara Burberi e a Redooc con #mammacheconta: la domanda di gennaio alla quale hanno cercato di rispondere è come gestire un brutto voto in matematica.
Per vivere una vita migliore, fai matematica, perché è in essa che potrai trovare bellezza, verità, giustizia, svago e amore, proprio le caratteristiche ritenute necessarie dagli antichi Greci per vivere una bella vita. A dichiararlo è un matematico, Francis Su: presidente uscente dalla Associazione Matematica Americana (MAA), ha sfidato la comunità matematica ad essere più inclusiva. Figlio di genitori cinesi in una città a predominanza bianca, dice di aver provato da piccolo a “comportarsi da bianco” e nel 2015 è diventato la prima persona di colore a guidare la MAA. Dopo un discorso che ha commosso molti dei matematici presenti, Francis Su è stato coinvolto in questa intervista: secondo lui la matematica ci permette di migliorare delle abilità che non riusciremmo a costruire o sperimentare in altro modo. Imparando la matematica, si impara a pensare e si sviluppa la perseveranza, si vive con ottimismo e si sperimentano la meraviglia e la gioia. Insegnare la matematica non significa preparare gli alunni a superare un Ph.D., ma insegnare delle abitudini, degli stili di pensiero, che permettano a chiunque di progredire, indipendentemente dalla carriera che sceglieranno. “Connect with people in a deep way and you’re going to draw more people into mathematics” (entra in contatto con la gente in modo profondo e coinvolgerai molta più gente nella matematica): io ci credo profondamente! Gli esempi che Francis Su presenta sono semplici e davvero vincenti: “Quando la gente impara a non generalizzare troppo, sarà davvero attenta a non pensare che se sei povero sei necessariamente privo di istruzione o viceversa. Avere un background matematico sicuramente aiuta la gente ad essere meno guidata dai propri pregiudizi.” E sul finale della sua chiacchierata, anche Francis Su parla del coinvolgimento delle donne nella matematica.
Anche Cédric Villani, direttore dell’Institut Henri-Poincaré di Parigi, racconta le sfide della matematica in un’intervista tradotta da quelli di MaddMaths: stando alle sue previsioni, “poco a poco, tutti i settori si faranno ‘algoritmizzare’ e ricorreranno sempre di più alla matematica”, dalla medicina alla finanza, dalla cultura all’energia. Nel corso dell’intervista, non si parla solo di alta matematica, ma anche dei mediocri risultati delle scuole nei test OCSE-PISA del 2016 e della necessità di rimotivare e valorizzare il lavoro degli insegnanti. Ricorda inoltre che nel 2020 aprirà la Maison des mathématiques, che “contribuirà ad avvicinare in modo ludico, concreto ed interattivo la matematica e la società”.
Concludo questa impegnativa CENTESIMA newsletter con la galleria fotografica delle onde ghiacciate in Massachusetts e in Siberia, visto che siamo ancora in pieno inverno!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: Circonferenza e soluzione grafica di disequazioni irrazionali.
Durata: due ore.
All’età di 88 anni, a fine dicembre, è scomparsa Vera Cooper Rubin, astronoma statunitense conosciuta come Dark Lady, in quanto responsabile della scoperta della materia oscura. In tanti avrebbero voluto il Premio Nobel per una donna che, durante la sua carriera, non ha solo aperto la strada a un nuovo universo, ma ha anche cambiato il ruolo della donna nella scienza. Per questo motivo, Radio3 Scienza le ha dedicato la puntata del 27 dicembre scorso, condotta da Roberta Fulci con la partecipazione di Piero Bianucci, giornalista scientifico, editorialista de “La Stampa” ed autore di “Storia sentimentale dell’astronomia”. Mi ha molto colpito un aneddoto raccontato da Piero Bonucci, che dimostra come le grandi rivoluzioni avvengano a volte con piccoli passi: nel 1965, Vera Rubin aveva bisogno di accedere al telescopio di Monte Palomar, all’epoca il più grande del mondo, con i suoi 5 metri di diametro. Purtroppo, per accedere al telescopio, era necessario compilare un modulo sul quale, in calce, era scritto: “A causa della limitazione dei servizi non è possibile accettare domande presentate da donne”, rifacendosi al fatto che c’erano servizi igienici solo per gli uomini. Vera Rubin, nel presentare la sua domanda, ha aggiunto alla scritta, in matita, “di solito”: la sua trovata ha divertito il funzionario preposto alla selezione dei richiedenti e quindi la Rubin ha avuto accesso al telescopio. Non dimentichiamo che l’accesso delle donne all’astronomia, anche nell’ultra democratica America, non era facile: le fu negato l’accesso a Princeton per il dottorato sul finire degli anni Quaranta e per le donne non è stato possibile accedervi fino al 1975. Al di là di tutto, ricorderei il consiglio di Vera Rubin durante la cerimonia di consegna dei diplomi del 2011 al College of Arts and Science di Washington: “My best advice is to do what you want. You should listen to what everyone tells you and then decide what it is you really want to do and go ahead and do it” (il mio migliore consiglio per voi è di fare ciò che volete. Dovreste ascoltare ciò che gli altri vi dicono e decidere poi cosa realmente volete e procedere con questo).
Chissà se Vera Rubin ha mai aiutato i suoi figli nei compiti: secondo Chiara Burberi di Redooc “c’è un rapporto inversamente proporzionale tra il coinvolgimento dei genitori nei compiti a casa ed il risultato accademico dei figli. Infatti, l’obiettivo dei compiti a casa è favorire la responsabilità e l’autonomia”. D’altra parte, è vero che non è sempre facile affrontare l’ansia per una verifica o per un esame, ma bisogna ricordare – ed è sempre Chiara a parlare – che “la matematica è come lo sport, è alla portata di tutti: più ti alleni, più sudi, più ti diverti”. Mi piace soprattutto l’ultimo consiglio di Chiara, perché a volte si pensa, erroneamente, che la nostra vita sia fatta a compartimenti stagni, quindi non comunicanti tra loro, eppure anche l’alimentazione, il sonno o il tempo speso per giocare con i videogiochi possono avere un peso nella riuscita scolastica. E devo dire che, in termini di ansia, avrò bisogno di qualche consiglio anch’io, se esce fisica alla maturità dello scientifico: a volte i titoli dei giornali non aiutano, se pensiamo all’ultimo di Repubblica che sembrava far pensare ad una decisione già presa, ma quelli di MaddMaths affrontano il discorso più seriamente e, dopo la pubblicazione del Documento della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica, di cui abbiamo già parlato, hanno lanciato un dibattito sull’Esame di Stato 2017. Il vero problema della seconda prova dell’Esame di Stato, sia essa fisica o matematica, è l’elevato grado di difficoltà, come esplicita molto bene il prof. Ivan Cervesato, del Liceo Scientifico Einstein di Milano, nella petizione che ha lanciato online: “il livello delle richieste appare decisamente sproporzionato in relazione a quanto è ragionevolmente possibile svolgere in aula”. Probabilmente, al momento della CENTESIMA Newsletter, sapremo qualcosa di più preciso…
Al di là della scelta o meno di fisica, si viene assaliti da un grande sconforto, leggendo i commenti antiscientifici che imperversano sui social e, in genere, nel web ed ecco perché Roberto Burioni, virologo milanese in prima linea nella lotta al movimento antivax, ha scelto di cancellare dalla sua pagina Facebook i commenti di alcuni suoi contatti: “Parlo solo con chi ha studiato, la scienza non è democratica”. La sua scelta è stata sostenuta o criticata, a seconda dei casi, ma dal mio punto di vista è vero che sulla scienza non ci può essere un dibattito ed è anche vero che la spesa di Burioni, in termini di tempo, per portare avanti la divulgazione scientifica (più che altro per combattere l’ignoranza scientifica) è ingente e non stupisce che abbia perso la pazienza, soprattutto quando i commenti in questione erano di tipo razzista. Secondo il blog Scientificast, la divulgazione è una necessità – come dar loro torto? – ma è più democratica di quanto si pensi.
Per concludere, alcuni suggerimenti di lettura. Comincio con “L’uomo che credeva di essere Riemann”, scritto da Stefania Piazzino: il thriller è davvero coinvolgente e la competenza con cui l’autrice affronta un tema così impegnativo come l’ipotesi di Riemann ci permette di capirla fino in fondo, attraverso metafore e storielle. Interessante l’incipit: la mail di Eugenio Donecan che dà avvio a tutta la storia è stata scritta realmente e proprio nel 1997 in occasione di un pesce d’aprile. L’autore era Enrico Bombieri, l’unica medaglia Fields italiana. Si parla di Riemann anche nel libro di Chiara Valerio “Storia umana della matematica”: “Penso che la matematica sia una disciplina molto umana, perché ha a che fare con il fallimento. Tutti i matematici sanno che, se fanno bene, ciò che fanno sarà completato da altri, quando loro non ci saranno più”. Il fallimento non è solo il tema dell’intervistadi Chiara Valerio per la rivista “Formiche”, visto che il libro stesso è pervaso da questo tema, a partire dal fallimento dell’autrice che l’ha poi spinta verso la matematica.
Gli altri suggerimenti di lettura sono rivolti ai più piccoli: Einstein genio senza confiniè un libro della collana “Grandissimi” della casa editrice EL. La collana ha come età minima di lettura i sette anni e questo libretto in particolare è la biografia di Einstein, con una spiegazione dei celeberrimi articoli del 1905 alla portata anche dei più piccoli. Altrettanto interessante è la collana “Lampi di genio” di Editoriale Scienza, interamente scritta e illustrata da Luca Novelli. Il primo testo è Archimede e le sue macchine da guerra, per il quale c’è anche la puntatadella serie televisiva “Lampi di genio”, ideato, realizzato e condotto dallo stesso Luca Novelli per Rai Educational e trasmesso da Rai 3. (C’è anche un simpatico cartone animato per raccontare l’Eureka di Archimede, realizzato da Ted-Ed, che è possibile visionare con i sottotitoli in italiano). Il secondo testo è Pitagora e il numero maledetto, mentre il terzo è dedicato a Marie Curiee per questo c’è anche la puntatatelevisiva. L’ultimo consiglio di lettura è ancora opera di Luca Novelli, ma questa volta il libro appartiene alla Collana “I genietti di Valentina” e si rivolge a bambini dai 6 ai 10 anni: “Ciao, sono Zero” è il titolo. La storia dello Zero attraversa i secoli della storia dell’uomo e, come sempre, è raccontata in prima persona, è illustrata da Novelli e si conclude con un dizionarietto, che è al tempo stesso un riassunto di quanto indagato durante la lettura.
Come al solito, con la newsletter di inizio anno, chiudo con il calendario di Rudi Mathematici!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Il libro di Chiara Valerio non è semplicemente la storia “di sei matematici veri e uno finto”, come recita la copertina: è qualcosa di diverso, è qualcosa di più. Cominciamo dal percorso dell’autrice: “Mi sono iscritta alla facoltà di matematica perché nel 1996 ho fallito l’esame di ammissione alla classe di lettere della Scuola Normale. La delusione era stata tale da condurmi quasi immediatamente alla certezza spocchiosa che mai nessun altro fallimento mi sarebbe toccato.” Cosa può aspettarsi dalla matematica dopo una scelta avvenuta in simili circostanze? “Non so che cosa mi aspettassi dalla matematica, quando nell’ottobre del 1996 mi sono iscritta all’università, ma ero certa fosse il contrario, l’antipodo di ciò che amavo.” Il fatto che la Valerio abbia dedicato dodici anni della sua vita alla matematica, con tanto di dottorato e post-dottorato e poi abbia scritto un libro come questo è la dimostrazione di quanto abbia imparato ad amarla, complice forse anche la professione del padre, fisico. Ma la convivenza dei due amori pervade ogni pagina di questo libro, che è innanzi tutto la storia dell’autrice stessa, considerati i riferimenti autobiografici, e delle sue numerose letture. Il linguaggio è informale, come dimostrato dalle numerose battute, anche se il modo di scrivere è a tratti contorto, quasi come se si trattasse di un flusso di pensieri che vagano tra matematica e letteratura.
Il primo capitolo è dedicato a János Bolyai e al padre Farkas, ma soprattutto alla nuova geometria nata dalla negazione del Quinto Postulato; nel secondo capitolo, il protagonista è Bernhard Riemann, ma il linguaggio scelto è quello della letteratura, visto che con Flatlandia di Abbott l’autrice sembra proporci un’immagine semplificata degli studi di Riemann. Nel terzo capitolo, ecco il calcolo delle probabilità, con Pierre-Simon Laplace, al quale l’autrice non risparmia la propria antipatia. Mauro Picone, con la balistica, è il protagonista del quarto capitolo: è la parte più densa di aneddoti e spiega, in parte, la nascita della matematica applicata in Italia (non dimentichiamo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo intitolato proprio a Mauro Picone). Nel quinto capitolo, il protagonista è un fisico, Lev Landau, con la sua sorprendente vicenda: è nominato come il fisico che morì due volte, o che visse due volte, a seconda dei punti di vista. Il penultimo capitolo, dedicato a Norbert Wiener, dà spazio al problema del rapporto tra l’essere umano e le macchine, partendo dalla storia narrata nel romanzo di Villiers de L’Isle-Adam del 1886, “Eva futura”. L’ultimo capitolo è il racconto delle scelte dell’autrice e del suo percorso in ambito matematico e non solo.
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