Daniela Molinari

URL del sito web: http://www.amolamatematica.it
Giovedì, 01 Agosto 2013 16:25

Einstein e la formula di Dio

TRAMA:
Tomás Noronha, un esperto di criptoanalisi e lingue antiche, viene abbordato al Cairo da Ariana Pakravan, un’iraniana. Lui lavora alla Fondazione Gulbenkian di Lisbona, lei è a capo del gruppo di lavoro nominato dal Ministero della Scienza, Ricerca e Tecnologia della Repubblica Islamica dell’Iran: “Sono qui per ordine del mio governo, per chiederle se vuole lavorare con noi alla traduzione di questo documento”, gli dice Ariana. Il documento di cui parla è un manoscritto di Einstein, “Die Gottesformel”. Prima di partire per Teheran, Tomás incontra Greg Sullivan, dell’ambasciata americana, un addetto culturale che in realtà è un agente CIA. Questi lo mette in contatto con Frank Bellamy, che minaccia Tomás perché lavori come spia per la Cia, mentre si trova in Iran. Nella decifrazione del manoscritto è implicata anche la scomparsa del prof. Siza, insegnante di fisica, amico del padre di Tomás. A Teheran, gli addetti del Ministero danno a Tomás solo l’enigma da decifrare e gli fanno vedere fuggevolmente il manoscritto. Gli comunicano inoltre che sarà autorizzato a lasciare l’Iran solo al termine del suo lavoro. Durante un tentativo di furto del manoscritto, organizzato dalla Cia, lo storico viene catturato e interrogato da Salman Kazemi, colonnello della Vevak, il Ministero dell’Informazione e Sicurezza. Durante il trasferimento in un’altra prigione, Tomás viene liberato e portato a casa di Ariana, la quale lo mette in salvo seguendo il percorso di fuga che era stato predisposto per lui precedentemente dalla Cia. Rientrato a Lisbona, Tomás va a una lezione di Luis Rocha, assistente del prof. Siza, per avere da lui alcune informazioni riguardo il professore: che genere di ricerche stava facendo quando è scomparso? Il prof. Siza voleva formulare un’equazione che contenesse in se stessa tutta la struttura dell’universo, ovvero la formula di Dio, “Die Gottesformel”. Tomás visita la casa di Siza e vi trova una cartolina, con un’immagine del Potala, in Tibet, speditagli da Tenzing Thubten, che gli ha scritto “Cercami al monastero”. Tomás si reca nella capitale del Tibet: prima di incontrare il monaco viene però rapito da Salman Kazemi della Vevak e Ariana è con lui. Emerge che il trasferimento dalla prigione di Evin è stato un pretesto per farlo fuggire, organizzato da Ariana di comune accordo con Kazemi, perché raccogliesse altri tasselli del puzzle. Siza invece è morto durante un interrogatorio a Teheran. Ariana aiuta di nuovo Tomás a fuggire e gli suggerisce di dimostrare che non hanno alcuna ragione di inseguirli, visto che secondo Tomás quella del manoscritto non è la formula per costruire una bomba atomica. Incontrano Tenzing Thubten, che era stato compagno di università del prof. Siza e, con lui, si era trovato a collaborare con Einstein. Dopo la morte di Einstein, entrambi gli studenti avevano lasciato Princeton: Tenzing per andare in monastero in Tibet a esplorare la strada per confermare l’esistenza di Dio, Siza per studiare la strada della fisica e della matematica. Per completare la decifrazione del manoscritto, gli aiuti arrivano a Tomás dalle parti più inaspettate e il risultato…
 
COMMENTO:
Decisamente interessante e coinvolgente. Per quanto il testo sia ricco di riferimenti di fisica, di pagine e pagine di spiegazione delle moderne teorie, il ritmo della storia è incalzante e fa nascere l’impazienza e la curiosità di scoprire come andrà a finire.
Giovedì, 01 Agosto 2013 16:05

Le meraviglie della matematica

TRAMA:
Nell’estate del 2000 Albrecht Beutelspacher viene contattato da Wolfgang Hess, direttore del mensile Bild der wissenschaft, una rivista scientifico-divulgativa. I due si accordano per un articolo al mese, riguardante la matematica: una pagina esatta, con una fotografia e senza nessuna formula matematica. La sfida è ardua, ma Beutelspacher non delude. Il libro è la raccolta, ordinata cronologicamente, dei testi degli articoli. Così troviamo la serie di Fibonacci e i girasoli, la sezione aurea intrecciata con le stelle di Natale, i cellulari collegati ai numeri primi, le bolle di sapone e il tetto dello stadio olimpico di Monaco di Baviera, il codice a barre e la matematica, l’antenna parabolica, le catenarie, le impronte digitali, la scomposizione dei polinomi in fattori, il GPS e l’intersezione tra le sfere, alcune curiosità sui primi cinque numeri naturali, sull’8, sul 21, sul 23 e il 28, sul 40, sul 142.857…
Insomma, in questo libro troviamo di tutto: cose apparentemente estranee al mondo della matematica, eppure strettamente connesse ad essa. Questo è il bello degli articoli di Beutelspacher!
 
COMMENTO:
Vivamente consigliato a tutti quegli alunni che, di fronte a un nuovo argomento di matematica, non possono fare a meno di chiedere: “A cosa serve?”.
Giovedì, 01 Agosto 2013 16:02

Giochi matematici del medioevo

TRAMA:
Non tutti sanno che nel medioevo la matematica si diffonde in Italia grazie ai mercanti che portano dalle terre lontane non solo le droghe e l’oro, ma anche le idee migliori di tutti i popoli. Leonardo Pisano, detto il Fibonacci, è, per l’appunto, un mercante, ma anche il principale matematico italiano del medioevo. Con il Liber Abaci nel 1202, presenta innanzi tutto le nove cifre indo-arabiche e lo zero, ma anche le operazioni sugli interi e le frazioni, i criteri di divisibilità, la ricerca del massimo comun divisore e del minimo comune multiplo, le regole di acquisto e vendita, gli scambi monetari, le regole del tre semplice e del tre composto, lo studio delle equazioni algebriche quadratiche… 
Il Liber Abaci è denso di problemi, come quello più famoso: “Determinare quante coppie di conigli saranno prodotte in un anno, da una sola coppia che diventa produttiva a partire dal secondo mese”. L’antologia è stata scritta da un mercante (matematico) per altri mercanti, che hanno sì bisogno di conoscenze tecniche, senza però mai perdere di vista l’utile e il concreto: la maggior parte dei problemi, infatti, è dedicata a questioni di pratica mercantile.
Il presente libro è una raccolta di alcuni dei problemi di Fibonacci (sessantaquattro per la precisione): in ogni capitolo compare il testo del problema, una nota nella quale si danno indicazioni circa l’ubicazione del problema nell’opera o di ulteriori traduzioni dal linguaggio utilizzato da Fibonacci al linguaggio più moderno e la soluzione. La soluzione può essere presentata utilizzando i moderni metodi algebrici, oppure attraverso il procedimento di Fibonacci, spesso più originale, meno monotono e più geniale.
 
COMMENTO:
Il consiglio è quello di leggere con attenzione la prefazione di Pietro Nastasi “Leonardo Pisano detto Fibonacci: un commerciante matematico ai tempi di Federico II” e l’introduzione e poi di buttarsi a capofitto nei problemi, cercando di trovare una propria strategia e utilizzando la soluzione proposta dal testo come controllo del procedimento.
Il libro è stimolante, perché invita a trovare la propria strada nella soluzione dei problemi. Alcuni sono semplici, soprattutto se si affrontano con i moderni metodi algebrici, altri sono più complessi e si fatica a procedere, ma tutti sono interessanti e offrono uno spaccato dei costumi dell’epoca. Le spiegazioni di Fibonacci sono precise e, come dice il curatore, viene in mente un insegnante alle prese con uno studente che ha un ritmo di apprendimento lento. E Fibonacci mostra di essere un valido insegnante…
Come dice il curatore, Nando Geronimi: Buona lettura, dunque: agli appassionati di giochi matematici, per la bellezza di alcuni problemi; agli appassionati di storia della matematica, per la novità della documentazione; agli insegnanti delle scuole secondarie, per le suggestioni didattiche che via via accompagnano i testi e le soluzioni presentati. A tutti, buona lettura!
Giovedì, 01 Agosto 2013 16:01

La solitudine dei numeri primi

TRAMA:
Mattia e Alice: due ragazzi decisamente problematici. 
Alice porta sul suo corpo le conseguenze di un gesto avventato compiuto a sette anni: è rimasta zoppa a causa di una caduta con gli sci, sport che non amava ma che era costretta a praticare dal padre, che già la vedeva campionessa. Mattia porta nel cuore un segreto: da piccolo ha abbandonato in un parco la gemella ritardata Michela, mai più ritrovata, per andare alla festa di compleanno di un compagno di classe.
Alice si punisce con l’anoressia, che segna il suo corpo e mina i suoi rapporti con gli altri. Mattia si punisce ferendosi con oggetti appuntiti e le sue mani portano i segni di questo suo tentativo di fuggire a un passato pesante: forse sono i sintomi dell’autismo. 
Si incontrano da adolescenti e compiono insieme il cammino che li porterà all’età adulta, vicini, ma lontani, proprio come due primi gemelli: sospettosi, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero in quanto separati da un solo numero. 
Al termine della scuola superiore, Mattia si iscrive a matematica, supera brillantemente tutti gli esami e si laurea con il massimo dei voti; Alice ha abbandonato la scuola e si dedica alla fotografia, mentre la madre si sta lentamente spegnendo in un letto d’ospedale per un male incurabile. È andando a trovare la madre che conosce Fabio: diventa suo marito, nonostante lei non lo ami. Mattia è in Inghilterra, allontanato da lei dalla sua passione per la matematica e dalla sua incapacità di lasciarsi avvicinare. 
Quando il matrimonio con Fabio va in crisi, Alice deve fare i conti con se stessa e con la propria malattia. Mentre in ospedale aspetta che il destino le faccia incontrare di nuovo il marito, le sembra di riconoscere Michela, la gemella di Mattia, in una ragazza ritardata. Decide quindi di far tornare Mattia in Italia, perché possa conoscere la verità sulla sorella e lasciarsi finalmente alle spalle il suo doloroso passato.
Ma le cose non vanno come lei aveva previsto.
 
COMMENTO:
Storia coinvolgente, ma a tratti sconvolgente, per i tratti vivaci con cui viene dipinto il disagio psichico dei due protagonisti. In un intreccio continuo, le due storie si dipanano dalla fanciullezza all’età adulta, fino a quando entrambi, ognuno a proprio modo, trovano la propria strada.
Non è una lettura difficile: matematica e fisica fanno capolino ogni tanto nel racconto, soprattutto visto che Mattia studia matematica all’università, ma la precedenza spetta alla vicenda, alle difficoltà della crescita che i due protagonisti incontrano.
Come dice Gian Italo Bischi nella sua recensione per il Pristem: “Una storia interessante e toccante, raccontata con linguaggio essenziale ma per niente banale, lineare ma ricco di importanti sensazioni, dettagli, metafore, alcune delle quali tratte proprio dalla Matematica e dalla Fisica. Anzi, possiamo dire che, pur parlando di problemi di altra natura, l’autore ha lasciato molte impronte digitali – da fisico – sparse un po’ ovunque nel libro.”
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:59

L'algoritmo del parcheggio

TRAMA:
Ci si può chiedere di tutto, ci si deve interrogare su tutto! È il principio della scienza.” Questo è il principio alla base di questo libro. Il protagonista è il signor I.C.S., iniziali che stanno per Io Che Sononegatoperlamatematica: una mattina, il signor I.C.S. si sveglia e, scoprendo la matematica nella sua quotidianità, si accorge di quanto sia affascinante e divertente. E così comincia a porsi domande e problemi in ogni momento della sua quotidianità. Non è necessario riuscire a risolvere tutti i problemi che ci poniamo, ma si possono usare come punti d’appoggio verso una maggiore consapevolezza del mondo in cui viviamo.
L’obiettivo del libro è divertirsi ragionando e Honsell ci fa scoprire la media armonica, la geometria sferica, l’algoritmo dicotomico, i sistemi di numerazione, gli algoritmi di ordinamento e il paradosso di Olbers in alcuni piccoli divertenti enigmi e nessuno di questi problemi, per quanto elementare, è per così dire fine a se stesso. Ognuno di essi, infatti, parte da un semplice gioco e conduce al cuore di affascinanti questioni matematiche. E così l’esplorazione continua: Honsell analizza i proverbi e ritrova il calcolo della probabilità proprio analizzando l’algoritmo del parcheggio e altri simili problemi, ricordando che è importante “saper porre problemi”, ma anche non stancarsi di discuterli.
 
COMMENTO:
“Il lato divertente della matematica”: il sottotitolo è decisamente azzeccato. Honsell presenta una rassegna di problemi divertenti, che incuriosiscono in quanto inaspettati proprio perché formulati a partire dalla quotidianità.
“Progetti, interpretazioni, ricostruzioni, cause, problemi e procedure sono sfide che tutti i ricercatori di qualsiasi disciplina devono affrontare prima o poi, ma ogni ricercatore ne sente una in modo più forte rispetto alle altre. Cari lettori, qual è la sfida che cercate di vincere voi giorno per giorno nel vostro mestiere?”.
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:57

I cinque di Cambridge

TRAMA:
“I cinque di Cambridge” è una fiction scientifica. È l’autore stesso a spiegarci che è un’opera che tenta di trasferire in uno scenario fittizio le questioni intellettuali e conoscitive su cui si confrontano gli esseri umani impegnati nel modellare la scienza e la tecnologia del proprio futuro.
Casti ipotizza che nel giugno del 1949 il celebre romanziere e fisico C.P. Snow abbia discusso con Sir Ben Lockspeiser, primo scienziato di Sua Maestà, e Sir Henry Tizard, consulente scientifico del ministro della Difesa, della questione delle macchine pensanti. I due scienziati gli avrebbero chiesto di sondare la comunità scientifica e Snow avrebbe quindi organizzato una cena, invitando il genetista J.B.S. Haldane, il matematico Alan Turing, precursore della struttura logica degli attuali calcolatori digitali, il filosofo Ludwig Wittgenstein e il fisico premio Nobel Erwin Schrödinger, famoso per il suo lavoro sulla meccanica quantistica.
Il pensiero di Snow ci viene chiarito fin dall’inizio: tutte le discipline universitarie e le competenze scientifiche e filosofiche raccolte questa sera intorno al tavolo dovrebbero poter chiarire se l’intuizione da parte di Turing di una macchina pensante sia solo una fantasia accademica o abbia qualche fondamento reale. Durante la cena, si crea un conflitto di idee tra Wittgenstein e Turing: il primo ha scelto di partecipare alla cena per curiosità, il secondo alla ricerca di una serata interessante, convinto di poter contribuire a fare chiarezza sull’argomento.
Turing espone ai commensali il funzionamento delle macchine calcolatrici e descrive i risultati che gli hanno fornito le basi per l’analogia macchina-cervello, ma dispera di riuscire a convincere gli altri dei suoi risultati, mentre Wittgenstein si agita e si infervora sempre di più per contestare il matematico. Il discorso prosegue analizzando il legame esistente tra linguaggio e pensiero: Turing propende per un organo linguistico nel cervello che fornisce una struttura sintattica universale; Wittgenstein ci dice che l’essenza del linguaggio è il significato, che può essere acquisito solamente in un contesto sociale. Entrambi sostengono che l’uomo ha bisogno di una vita sociale per sviluppare le proprie facoltà intellettuali e il discorso prende quindi in esame altri aspetti della cultura umana: la religione, l’arte, la letteratura e altre attività artistiche. 
Nella conclusione, Casti ci mette a conoscenza degli odierni progressi in termini di Intelligenza Artificiale: non è detto che non si possano costruire macchine pensanti, ma sicuramente le cose non sono così semplici come si pensava negli anni Cinquanta.
 
COMMENTO:
Casti è molto bravo a mettere in scena la sua fiction: sembra di assistere davvero alla cena dei cinque di Cambridge, di sentire i loro battibecchi, di cogliere i lunghi silenzi e le sfuriate di Wittgenstein, la ritrosia di Turing che fa da contraltare al suo entusiasmo.
Il discorso non è certamente semplice – l’Intelligenza Artificiale affascina, ma coinvolge elevati discorsi filosofici e implica complicate connessioni logiche – eppure Casti è molto bravo e le spiegazioni sono veramente alla portata di tutti.
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:53

Enrico Fermi, fisico

TRAMA:
Come ci dice Segrè nella prefazione, per quanto Fermi sia vissuto in un’epoca piena di drammatici eventi storici e per quanto, a causa del suo lavoro, si sia trovato ad avere in essi una parte importante, la sua vita più intensa e avventurosa fu quella intellettuale della scoperta scientifica
Fermi nacque il 29 settembre 1901: imparò a leggere e scrivere precocemente e rivelò subito una memoria fenomenale. Si presentò al concorso di ammissione alla Scuola Normale di Pisa il 14 novembre 1918: il saggio aveva un livello e una maestria che avrebbe fatto onore a un esame di laurea universitaria, tanto che il prof. Pittarelli, dell’Università di Roma, disse a Fermi di non aver mai incontrato uno studente come lui e che senza dubbio egli era una persona straordinaria, che sarebbe andato molto lontano e sarebbe diventato uno scienziato importante.
Discusse la tesi il 7 luglio 1922 e gli venne conferita la laurea magna cum laude. In quegli anni, l’interesse dei fisici era focalizzato sulla relatività e Fermi cominciò con i primi lavori proprio nel campo della relatività generale. Studiò a Gottinga e, al rientro a Roma, ricevette, per intercessione di Corbino, l’incarico dell’insegnamento della matematica per i chimici. Lavorò a Leida, poi a Firenze, vinse il concorso di fisica matematica a Cagliari, ma in un ulteriore concorso del 1926, ottenne Roma: in questo modo aveva praticamente raggiunto lo zenith di una carriera universitaria.
In quegli anni, l’insegnamento della fisica era condotto come un servizio per i futuri ingegneri o come preparazione per gli insegnanti delle medie, ma Fermi riuscì a rivoluzionarne l’insegnamento e la gestione. La sede delle attività era il vecchio istituto di fisica dell’Università di Roma sito in via Panisperna 89a: le apparecchiature erano mediocri e l’officina meccanica antiquata, ma, mantenendo frequenti contatti con l’estero, Fermi risollevò lo stato della fisica italiana. 
Il 19 luglio del 1928 sposò Laura Capon, dalla quale ebbe due figli: Nella, 31 gennaio 1931 e Giulio, 16 febbraio 1936. 
Visitò gli Stati Uniti per la prima volta nel 1930: in Europa la situazione stava degenerando, con l’avvicinarsi del secondo conflitto mondiale e la Germania stava perdendo il proprio primato nella fisica, mentre l’America appariva come il paese del futuro, così Fermi cominciò a perfezionare la propria conoscenza dell’inglese e a pubblicare i lavori più importanti in inglese. 
Con la promulgazione delle leggi razziali, Fermi, dato che la moglie era ebrea, cominciò a prendere in considerazione l’idea di un trasferimento negli Stati Uniti e scelse la Columbia University di New York. Il 10 novembre 1938 ricevette l’annuncio telefonico del conferimento del premio Nobel e decise quindi di proseguire per gli Stati Uniti partendo da Stoccolma, dopo aver ritirato il premio.
Alla Columbia, Fermi trovò amici personali e colleghi: ricominciò a insegnare con energia, pur lasciando il primato alla ricerca. 
Gli americani ancora non capivano l’urgenza, l’importanza e la vastità dei problemi posti dalle possibili applicazioni della fisica nucleare, ma fra il 1939 e il 1940 si fecero grandi progressi nella fisica dei reattori: lo sviluppo dell’energia atomica fu compiuto da fisici europei immigrati da poco, in quanto in America lo sviluppo del radar aveva la precedenza su tutto e i fisici americani erano per la maggior parte impegnati con progetti che lo riguardavano. Dopo l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il governo statunitense cercò di rafforzare la propria posizione militare e durante la primavera del 1941 si cominciarono a vedere segni di interesse per gli studi sulle applicazioni nucleari da parte di fisici americani importanti. La decisione di fare uno sforzo senza limiti fu annunciata il 6 dicembre 1941, alla vigilia dell’attacco di Pearl Harbor
Si formò il Manhattan District del Corpo del Genio Militare (MED), alla cui guida militare venne nominato il generale Leslie R. Groves, il 17 settembre 1942. Tra il generale e Fermi si creò un buon rapporto, per quanto provenissero da mondi completamente diversi: il militare poneva l’accento sulla segretezza del progetto e teneva lo sguardo allo scopo finale, lo scienziato aveva bisogno di comunicare per procedere negli studi e si lasciava coinvolgere nelle novità scientifiche che si rivelavano con il progresso del progetto. 
Il 2 dicembre 1942 venne realizzato un esperimento che segna una pietra miliare nello sviluppo dell’energia atomica: era però diventato chiaro che questi sforzi dovevano essere sensibilmente intensificati per poter raggiungere in tempo conclusioni utili e che sarebbe stato necessario disporre di un apposito laboratorio dedicato alla costruzione della bomba. Dopo un sopralluogo, venne scelta come sede per il laboratorio Los Alamos, sede di un collegio privato per ragazzi. Oppenheimer fu messo alla guida del progetto e vi si riunirono buona parte dei fisici nucleari più attivi e brillanti del mondo. L’età media del gruppo era assai bassa, circa 32 anni, solo alcuni avevano passato i quaranta. Fermi si stabilì a Los Alamos solo nell’agosto del 1944, lavorandovi a tempo pieno. Si trovava bene: funzionava come una specie di oracolo a cui ogni fisico con problemi difficili poteva rivolgersi e spesso ricevere valido aiuto. L’altro oracolo era Von Neumann, con il quale Fermi aveva un rapporto di amicizia e stima.
Il 16 luglio alle 5,30 ci fu l’esperimento Trinity, con il quale fu fatta esplodere la bomba. L’impresa ebbe successo. 
Alla fine della guerra, Fermi accettò la nomina a Chicago e lasciò Los Alamos il 31 dicembre1945. Fu in seguito membro del General Advisory Committee, dal gennaio del 1947 all’agosto del 1950, fu Presidente dell’American Physical Society, tornò in Europa per alcune conferenze e continuò l’attività di insegnante e di fisico sperimentale fino alla morte. 
Morì il 29 novembre 1954, poche settimane dopo l’inutile intervento chirurgico per l’asportazione di un cancro allo stomaco.
 
COMMENTO:
È un libro particolarmente ricco: pieno di riferimenti storici, pieno di aneddoti riguardanti la vita di Fermi e il lavoro dei fisici impegnati nel Progetto Manhattan, pieno di riferimenti scientifici per quanto riguarda le ricerche di quegli anni. 
La figura di Fermi, affascinante e accattivante, coinvolge il lettore, che vorrebbe conoscere le motivazioni che hanno spinto i fisici a partecipare al Progetto Manhattan. Ma persino Segrè, suo carissimo amico e collaboratore fin dagli inizi, non conosce i pensieri più intimi e personali di Fermi. Per certi aspetti, quindi, potremmo dire che la biografia si mantiene in superficie e d’altra parte è lo stesso Segrè che ci avvisa nella prefazione: “Nel suo libro Atomi in Famiglia la moglie Laura ha trattato altri aspetti della vita di Fermi e, ovviamente, i nostri punti di vista sono differenti: il suo è quello di una compagna devota e affezionata, il mio è quello di un discepolo amico e collega scienziato”.
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:50

Sophie Germain una matematica dimenticata

TRAMA:
Sophie Germain nasce il primo aprile del 1776. A tredici anni scopre il suo interesse per la matematica, leggendo la “Storia della matematica” di Jean-Étienne Montucla, trovato nella biblioteca paterna. Leggendo l’episodio di Archimede, arriva a concludere che se l’analisi di un problema geometrico poteva essere tanto interessante da anteporsi alla preoccupazione per la sopravvivenza, quello della matematica doveva essere veramente un mondo affascinante
Studia da autodidatta, contravvenendo gli ordini della famiglia, contraria a questa sua passione, ma dal 1794 può frequentare l’École Polytechnique, assumendo l’identità di un ex studente, tale Antoine-Auguste Le Blanc. Tra gli insegnanti, Lagrange restò colpito dall’ingegnosità di Le Blanc e chiese un incontro, durante il quale la Germain fu costretta a rivelare la propria identità. In Lagrange Sophie trovò un amico e finalmente un insegnante. Lagrange la mise a conoscenza dell’esistenza del problema dell’Ultimo Teorema di Fermat e, arrivata a un risultato importante, Sophie osò scrivere a C.F. Gauss, firmandosi con il suo pseudonimo. La lettera di Sophie suscitò in Gauss viva impressione e stupore per la profondità dei risultati da lei ottenuti
Nel 1806, a seguito dell’invasione della Prussia da parte di Napoleone, Sophie intervenne presso un generale, amico del padre, perché facesse in modo che Gauss non corresse pericoli. Fu così che Gauss venne a conoscenza della vera identità della Germain: “… quando una persona del suo sesso che, secondo i nostri costumi e pregiudizi, deve incontrare difficoltà infinitamente superiori a quelle degli uomini nel familiarizzare con queste scabrose ricerche, riesce nondimeno a sormontare gli ostacoli ed a penetrare le parti più oscure della materia, allora senza dubbio ella deve possedere il coraggio più elevato, talenti straordinari e un genio superiore.
A seguito dei suoi lavori, ricevette una medaglia dall’Institut de France e fu la prima donna ammessa a seguire le lezioni dell’Accademia delle Scienze. Ricevette un premio di 3000 franchi da Napoleone, ma non si presentò a ritirarlo, a causa della sua timidezza. 
Grande fu il suo lavoro: la sua influenza sulla comunità scientifica era tale da far eleggere Fourier come segretario perpetuo all’Accademia delle Scienze e fu l’unica a rendersi conto delle capacità di Galois.
Proprio a seguito delle sue abilità, Gauss chiese e ottenne che l’Università di Gottinga le conferisse una laurea “honoris causa”, ma ella morì, il 26 giugno del 1831, prima che le venisse conferita.
 
Le lettere presenti nel testo sono in ordine cronologico, vanno dal 1802 al 1831. Sono ventiquattro lettere, ma l’ultima è di Sophie Germain e indirizzata a Guglielmo Libri. Una lettera è del Libraio Bernard alla madre, ma le altre sono tutte per lei: tra i matematici Cauchy (due), Delambre (due), Fourier (sei), Gauss (una), Lagrange (una), Legendre (quattro), Navier (una), Poisson, nei confronti del quale non nutriva una buona opinione (una). Poi c’è una lettera di Choron, teorico della musica, una di D’Ansse de Villoison, ellenista, una di Tessier, medico e una di Libri, storico.
Seguono alcune citazioni della Germain e alcune indicazioni biografiche degli autori delle lettere.
 
COMMENTO:
Il libro costituisce un semplice assaggio, che lascia, però, la bocca un po’ asciutta. Troppo scarne sono le notizie di Sophie Germain: il libro basta per intuirne la grandezza e l’originalità, ma non per gustarne fino in fondo l’impatto che essa ha avuto sui suoi contemporanei. Per quanto riguarda le lettere, manca un filo conduttore che faccia capire meglio il loro significato e che le possa collocare meglio nella vita della Germain. 
Rispetto alla biografia di Galois, il lavoro sulla Germain appare quindi scarno, povero. Si sarebbe potuto scrivere molto di più…
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:48

Autobiografia di un fisico

TRAMA:
Emilio Segrè nasce il 30 gennaio del 1905 (anche se la data ufficiale è il primo febbraio). Ultimo di tre figli, trascorre l’infanzia a Tivoli, fino al 1917, quando si trasferisce a Roma. Gli zii paterni sono ben noti negli ambienti culturali italiani, mentre il padre ha come attività principale la gestione delle cartiere. Dopo aver frequentato il liceo classico e aver incontrato professori dei quali aveva poca stima, si iscrive al biennio di matematica e fisica propedeutico a ingegneria: L’idea di una carriera di fisico mi avrebbe allettato molto, ma sembrava troppo aleatoria.
Al terzo anno di ingegneria, annoiato da una scuola nella quale non si trovava bene, conosce Franco Rasetti, assistente di Corbino e intimo di Fermi. Ed è proprio a Fermi che Rasetti lo presenta. I due erano in cerca di studenti da allevare, io ero in cerca di professori e ci combinammo bene. Decide quindi di compiere il passaggio a fisica, anche se la famiglia accolse con freddezza questa sua scelta. 
Laureatosi nel luglio del 1928, frequenta la Scuola Ufficiali di Spoleto durante il servizio militare.
Nel 1931 comincia a viaggiare per l’Europa, incontrando fisici importanti. 
Conosce la moglie agli inizi del 1934: Elfriede Spiro, fuggita dalla Germania l’anno prima, è ebrea come Segrè. Si sposano il 2 febbraio del 1936, in occasione del suo trasferimento a Palermo, dopo aver vinto la cattedra di Michele La Rosa, morto prematuramente. Segrè aveva l’obiettivo di ristabilire la fisica, risistemare l’insegnamento e dare nuovi input alla ricerca. 
Nell’estate del 1938, Segrè è a Berkeley per compiere delle ricerche. Sbarcato a New York il 13 luglio del 1938, si fa raggiungere dalla moglie tre mesi dopo, a causa del clima sempre più oppressivo esistente in Italia. Nell’estate del 1942 si radunò un gruppo teorico diretto da Oppenheimer, per iniziare il progetto di una bomba nucleare. Quando gli viene proposto di partecipare al progetto di Los Alamos, Segrè non ha dubbi: Sentivo il dovere di aiutare un paese che mi aveva accolto quando mi trovavo in una situazione difficile. A parte questo, l’idea di poter contribuire alla distruzione di Hitler e delle sue infamie e alla conclusione vittoriosa della guerra mi allettava grandemente.
Dopo l’esperimento Trinity del luglio 1945 e dopo Hiroshima, Segrè torna a Berkeley, dove ottiene una buona posizione universitaria. Nel 1947 torna in Italia: deve sistemare alcune questioni d’affari, dopo la morte dei genitori. 
La morte di Fermi per un cancro allo stomaco, il 29 novembre 1954, lascia Segrè profondamente scosso. 
Continua nel frattempo la sua corsa al Nobel, per il quale lo stesso Fermi l’aveva proposto un paio di volte. Il Premio Nobel arriva nel 1959: Mi è rimasto sempre un profondo rammarico che né i miei genitori, né lo zio Claudio, né Corbino, né Fermi abbiano potuto vedere il Pippi laureato.
Il 15 ottobre 1970 muore la moglie. Segrè contrae un secondo matrimonio nel 1972 con Rosa Mines e successivamente viene messo a riposo dall’attività di Berkeley per raggiunti limiti d’età.
Segrè muore il 22 aprile del 1989: La vita che era cominciata a Tivoli ottantaquattro anni prima era giunta al termine.
 
COMMENTO:
Libro intenso e coinvolgente. Le vicende personali di Segrè e i suoi studi sono strettamente intrecciati con le vicende storiche del Novecento: l’epoca del fascismo, la seconda guerra mondiale, la bomba atomica, il dopoguerra, non sono solo uno sfondo, perché determinano le scelte di vita dell’uomo, fanno di lui ciò che è stato. I giudizi di Segrè riguardo le persone che hanno accompagnato la sua vita sono schietti e sinceri: vi si legge tutta la sua stima per Fermi e Corbino, ma non mancano critiche ai fratelli e considerazioni molto personali che non si fa scrupolo di pubblicare.
Giovedì, 01 Agosto 2013 15:43

L'enigma dei numeri primi

TRAMA:
L’introduzione della dimostrazione segna il vero inizio della matematica: l’intuizione da sola non basta e non serve nemmeno la verifica caso per caso, che potrebbe essere svolta da un computer. Gauss, principe dei matematici, dà un senso pieno alla dimostrazione e trova una certa regolarità nei numeri primi stabilendo che i numeri primi inferiori a un certo numero N sono N/lnN. Legendre perfeziona questa formula e nasce un’aspra disputa tra i due, vinta da Gauss che aveva effettuato un’analisi teorica, nettamente superiore ai tentativi del rivale.
Nel novembre del 1859, Riemann pubblica un saggio, di sole dieci pagine, nelle note mensili dell’Accademia di Berlino: solo dieci pagine perché, essendo un grande perfezionista, voleva pubblicare solo dimostrazioni rigorose. Determina una formula che fornisce il numero esatto di primi non maggiori di N, ma non va oltre: fuggendo dall’esercito invasore nel 1866, Riemann muore in Italia a soli trentanove anni e la sua solerte governante distrugge molti dei suoi appunti inediti, prima che qualcuno riesca a fermarla. Fra le sue carte, la dimostrazione non è mai stata trovata e fino a oggi i matematici non sono stati in grado di replicarla.
Agli inizi del Novecento, Hilbert riporta al centro dell’attenzione l’ipotesi, con il suo discorso al Congresso Internazionale dei matematici, nel quale elenca una serie di ventitre problemi, ritenendoli la linfa vitale della matematica: fra di essi l’ipotesi di Riemann, che secondo lui avrebbe sicuramente aperto nuove vie.
Con la seconda guerra mondiale e l’avvento del nazismo, l’Europa perde la propria centralità e molti matematici trovano rifugio a Princeton: Siegel, Selberg, Erdős,… fanno importanti passi avanti ma non giungono a una dimostrazione completa dell’ipotesi. Turing avrebbe solo potuto trovare un eventuale errore di Riemann, con il computer che consente solo di valutare ogni singolo caso. Fino ad ora ha permesso di trovare che 300 milioni di zeri si trovano sulla retta, facendo vincere a Enrico Bombieri due bottiglie di ottimo bordeaux in una scommessa contro Don Zagier: trecento milioni di zeri non sono una dimostrazione, ma una gran massa di indizi.
Con l’avvento di Internet, la teoria dei numeri ha assunto un ruolo di primo piano nelle applicazioni, visto che la cifratura RSA (da Rivest – Shamir – Adleman), che salvaguarda gran parte delle transazioni che avvengono su Internet, è basata sulla scomposizione di numeri con un elevato numero di cifre. L’ipotesi di Riemann aiuterebbe a capire la distribuzione dei numeri primi e cambierebbe anche la scomposizione dei numeri molto grandi: per ora contribuisce “solo” ad arricchire questa “odissea intellettuale” che non ha ancora avuto un lieto fine.
 
COMMENTO:
Libro molto interessante, spiegato con estrema semplicità e chiarezza. L’ipotesi di Riemann è la protagonista di una storia della matematica ricca di vicende umane, che si apre con il pesce d’aprile di Bombieri a dimostrazione del fatto che anche nella matematica più seria c’è spazio per l’umorismo. 
Adatto anche per studenti delle superiori.
Pagina 117 di 123

© 2020 Amolamatematica di Daniela Molinari - Concept & Design AVX Srl
Note Legali e Informativa sulla privacy