Daniela Molinari

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Giovedì, 01 Agosto 2013 14:26

Il disordine perfetto

TRAMA:
Cos’è la simmetria? Questa è la prima domanda cui Marcus du Sautoy cerca di dare una risposta: la simmetria indica qualcosa di speciale che il nostro cervello sembra programmato per cogliere. 
A partire dai tempi dei greci, Platone aveva cominciato uno studio sistematico dei solidi simmetrici che devono a lui il loro nome, considerandoli capaci di trascinare l’anima verso verità più profonde. I musulmani hanno proseguito questo studio, come dimostrato dal palazzo dell’Alhambra, nel quale sono presenti tutte le 17 simmetrie possibili. Per i musulmani, non è possibile raffigurare le persone, per questo motivo essi si sono concentrati su oggetti geometrici e la capacità di ripetere il motivo di una piastrella senza sosta e senza imprecisioni era segno di vera abilità. 
Mentre in Spagna si costruisce il palazzo dell’Alhambra, al Khwarizmi e Khayyam portano avanti i loro studi sulle equazioni, passando poi il testimone a Cardano e Tartaglia, che si contendono la soluzione delle equazioni di terzo grado. Abel, nella sua sfortunata e breve vita, dà un grande contributo allo studio delle equazioni e con Cauchy si ha l’evidenza del ruolo del linguaggio per comunicare i nuovi risultati: “Non lasciate che tocchi un libro di matematica o che scriva un solo numero prima di avere completato i suoi studi di letteratura”, disse Lagrange al padre di Cauchy, avvertendo l’imminenza di importanti cambiamenti nel mondo della matematica. 
All’indomani della Rivoluzione Francese, l’opera di Galois evidenzia finalmente il legame esistente fra le equazioni e la simmetria: Galois comprese che alla base del tentativo di risolvere le equazioni di quinto grado si nascondeva un problema più sottile, ovvero si rese conto che la chiave per rispondere a questo problema stava nelle simmetrie delle soluzioni dell’equazione.
La simmetria pervade ogni aspetto della quotidianità, pensiamo ad esempio alla musica: la trascrizione del Miserere da parte di Mozart (pezzo di 12 minuti) a soli 14 anni, è stata possibile solo cogliendo la struttura logica della composizione.
Tutte le simmetrie possibili sono state raggruppate nell’Atlas of finite groups, di Conway, Curtis, Norton, Parker e Wilson, ovvero in quello che l’autore definisce un viaggio record di 2000 anni attraverso la simmetria.
 
COMMENTO:
La storia della simmetria, la storia della soluzione delle equazioni, le ricerche di Marcus du Sautoy e la sua stessa vita si intrecciano in questo bellissimo libro, molto scorrevole e adatto anche a studenti delle superiori. 
Du Sautoy ci spiega cos’è la matematica e in cosa consiste il lavoro del matematico, coinvolgendoci con la descrizione dei convegni cui ha partecipato, delle collaborazioni in cui ha dato il suo contributo, dell’intricata rete di rapporti umani che si crea tra i matematici. 
Ma non si ferma qui, dato che la sua stessa vita è parte integrante del libro: ci racconta l’incontro con la moglie Shani, l’esperienza della fecondazione assistita e, infine, l’adozione delle gemelle guatemalteche Magaly e Ina.
Giovedì, 01 Agosto 2013 14:17

Il meridiano

TRAMA:
Il 23 giugno 1792, a Parigi due carrozze si apprestano a partire: a bordo della prima l’astronomo Pierre Méchain, accompagnato dal geografo Tranchot e diretta a sud; a bordo della seconda Jean-Baptiste Delambre, accompagnato da Bellet e diretta a nord. Obiettivo della missione la misurazione del meridiano tra Dunkerque e Barcellona, per predisporre una nuova unità di misura della lunghezza che, negli intenti della Commissione dei pesi e delle misure, non doveva dipendere da eventi mutevoli, ma essere legata a oggetti invariabili. In tal senso, si era scelta come unità di misura della lunghezza la decimilionesima parte del meridiano terrestre: i due astronomi avrebbero misurato una parte del meridiano, l’uno procedendo verso sud e l’altro verso nord e si sarebbero incontrati a Rodez, per poi far rientro a Parigi.
Fin da subito, i due astronomi incontrano problemi con i lasciapassare: grande è la diffidenza nei loro confronti, per la strana missione che è stata loro affidata, per le numerose lotte intestine che fanno seguito alla Rivoluzione e per gli attacchi provenienti dagli altri paesi europei.
Il 25 febbraio del 1793, Méchain si trova ospite del dottor Salva, suo ammiratore, a Montserrat. Qui, impegnato ad aiutare il suo gentile ospite a far funzionare una pompa, resta gravemente ferito. Ripresosi dall’incidente, dopo una lunga convalescenza, viene bloccato a Barcellona, da dove non solo non può far rientro in Francia a causa delle ostilità tra i due paesi, ma non può nemmeno spedire i propri risultati, che vengono scambiati per segreti militari scritti in codice. Durante la permanenza a Barcellona, Méchain ripete alcune misurazioni ed è in questo modo che trova un errore. Questo lo porta a interrogarsi su tutto il lavoro svolto fino a quel momento e a una profonda crisi.
Nel frattempo, a Parigi il Comitato di sorveglianza sembra convinto della sua migrazione all’estero e, per questo motivo, ne incarcera la moglie. Delambre è stato destituito dal suo incarico e le sue misurazioni interrotte: egli si ritira in un paese di campagna fino a quando non gli viene restituito il posto che occupava.
Méchain e Tranchot, finalmente liberi, raggiungono l’Italia, dove restano per circa un anno. Rientrati in Francia, hanno una discussione: Tranchot vorrebbe procedere più speditamente, partecipando attivamente alle misurazioni, per raggiungere quanto prima Delambre, Méchain si sente tradito e gli impone di andarsene. Nemmeno l’intervento della moglie, Thérèse, che lo raggiunge nel sud della Francia, riesce a rasserenarlo. 
Finalmente Delambre e Méchain si incontrano a Carcassonne e da lì proseguono per Parigi. Méchain si rifiuta di consegnare tutti i suoi appunti alla Commissione, ottenendo di presentare solamente un resoconto. 
Il 26 aprile del 1803 ottiene il permesso di lasciare di nuovo Parigi, per proseguire con nuove misurazioni del Meridiano, illudendosi di poter correggere il proprio errore, ma muore poco tempo dopo a seguito di un’epidemia.
Il figlio riporta in patria i suoi appunti e li consegna a Delambre, il quale ha modo così di rendersi conto dell’errore di Méchain, anche se si rifiuta di renderlo pubblico.
 
COMMENTO:
Il libro presenta con grande intensità la figura di Méchain, che ha avuto un ruolo tanto importante nell’errore commesso nella determinazione del metro. Le vicende personali dei due astronomi ben si inseriscono nelle vicende storiche che la Francia sta vivendo all’indomani della Rivoluzione ed il tutto è dosato con grande maestria da Guedj, che mostra di essersi molto appassionato alla vicenda. Una passione che trasmette anche al lettore.
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:43

C'era una volta un paradosso

TRAMA:
I paradossi presentati sono di vario tipo: quelli delle arti figurative, come i trompe l’oeil e la prospettiva, quelli della religione, una delle idee astratte paradossali sulle quali si basa la nostra cultura, quelli della politica, come la dimostrazione di Amartya Sen (1970), con la quale stabilisce che in una società al massimo un individuo può avere dei diritti!
Interessante è la trattazione del paradosso del mentitore di Epimenide di Creta (VI sec. a.C.), che ha avuto nel corso dei secoli innumerevoli peripezie filosofiche e letterarie, fino a reincarnarsi nel paradosso degli insiemi di Russell, diverso nella forma rispetto all’originario, ma simile nella sostanza. I paradossi di Zenone (V sec. a.C.), che esprimono l’impossibilità del movimento, danno il titolo al capitolo “La corsa nel tempo della tartaruga” e la loro storia si snoda attraverso numerosi personaggi, fino ad arrivare alla raffigurazione visiva del paradosso da parte di Escher.
Matematica e scienza vengono confrontate proprio nel diverso ruolo che i paradossi hanno al loro interno: la differente direzione, dagli assiomi ai teoremi per la matematica e dai dati sperimentali alle leggi per la scienza, consente di considerare l’induzione matematica come sempre vera, a differenza dell’induzione scientifica, anche se nemmeno l’induzione matematica è immune al paradosso. Come viene ben spiegato nell’ultimo capitolo, in matematica il paradosso può generare, a seguito di un’ulteriore revisione, una dimostrazione: così, il paradosso dell’incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato è diventato la dimostrazione dell’irrazionalità di radice di 2; i paradossi di Zenone diventano la dimostrazione della convergenza di una serie infinita da parte di Gregorio di San Vincenzo; il paradosso del mentitore diventa la dimostrazione di Gödel dell’indimostrabilità di alcune verità…
 
COMMENTO:
Risultano particolarmente interessanti gli ultimi due capitoli, che presentano un’interpretazione completamente nuova dei paradossi: come già detto, in matematica possono diventare delle dimostrazioni, che aprono la strada a nuovi ambiti. Interessanti sono anche i due capitoli densi di filosofia, come la Storia del paradosso del mentitore e l’evoluzione del paradosso della tartaruga di Zenone. 
Il libro merita di essere letto per i numerosi ambiti che esplora e la sottile ironia, sempre presente nelle opere di Odifreddi, alleggerisce un argomento non sempre facile. 
 
"Spesso le crisi dei paradigmi e le scintille per le rivoluzioni matematiche sono appunto stimolate e innescate dai paradossi. Al loro apparire essi provocano tragedie personali e collettive. Ma col passare del tempo, magari dopo millenni, i paradossi finiscono per essere integrati nel corpo della matematica, occupandone non di rado un posto d’onore."
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:41

Abbi il coraggio di conoscere

TRAMA:
Abbi il coraggio di conoscere è una raccolta di 40 saggi, suddivisi in tre diversi gruppi: “L’universo cerebrale” (15), “Rivoluzioni socioculturali” (17), “Sistemi di valori” (8).
Nel primo gruppo Rita Levi Montalcini ci parla del cervello, cominciando con la storia delle strutture e delle funzioni di questo organo, durante un processo evolutivo durato quattro milioni di anni. Ripete più volte che la conoscenza dell’organo cerebrale è “essenziale per fornire […] un complesso di istruzioni per un uso adeguato delle potenzialità cognitive ed emotive”. Si sofferma anche sul discorso della coscienza e delle emozioni e del loro legame con l’organo cerebrale. Parla degli studi neuroanatomici, dell’Intelligenza Artificiale, del linguaggio, dell’apprendimento e della memoria, per concludere con il binomio “Scienza e arte: un unico processo cognitivo”. La Montalcini sostiene che “le facoltà che si manifestano in campo scientifico o si estrinsecano nella scoperta di nuovi fenomeni e leggi universali non differiscono da quelle attivate nella realizzazione di opere d’arte, perché entrambe sono basate sugli stessi processi cerebrali”.
Nel secondo gruppo di saggi, Rita Levi Montalcini offre la propria opinione spaziando dal ruolo della donna, all’importanza dell’acqua, dalla fame alla guerra e al razzismo, fornendo un commento serio e pacato, dalle forti basi scientifiche. 
Nell’ultima parte, vengono affrontati i temi più attuali: l’eutanasia, la clonazione, il rapporto tra scienza e etica. L’idea di fondo è espressa chiaramente: “La conoscenza è per definizione un bene – forse il bene primario dell’uomo – perché senza di essa non vi possono essere le altre libertà fondamentali alle quali ci si appella di continuo.” Al tempo stesso “Difendere la scienza e le sue conquiste non significa porsi come difensori di ufficio degli scienziati, tra i quali, necessariamente, esistono individui ambigui o senza scrupoli esattamente come nelle altre professioni. Dovere della società moderna è quello di continuare a perseguire la conoscenza del mondo che ci circonda e di noi stessi e di porre sotto controllo, a doppia mandata, tutti coloro, compresi gli stessi scienziati, che siano nella posizione di utilizzare queste conoscenze.”
 
COMMENTO:
Semplice e scorrevole, la lettura di questa raccolta di saggi può essere fatta senza seguire un ordine preciso, ma lasciandosi guidare dai propri interessi. Nel primo gruppo di saggi ho ritrovato alcune considerazioni già lette in Gödel, Escher, Bach di Hofstadter e quindi è stato come riprendere in mano concetti che avevo già avuto modo di approfondire. Il secondo e il terzo gruppo mi hanno coinvolto maggiormente in quanto meno tecnici e più legati a problemi attuali. In particolare, mi ha colpito quanto la Montalcini dice riguardo al ruolo delle donne nel miglioramento della qualità della vita: “l’entrata in azione delle donne può giocare un ruolo fondamentale per la realizzazione di interventi di piccola e grande portata. La loro attività, basata su comuni esigenze sociali, rende possibile l’interazione di gruppi di differente cultura e diversa appartenenza etnica”. Le donne sono considerate dall’autrice come le maggiori portatrici di benessere, per la loro positività nell’ambito economico e nella gestione dei conflitti, senza però dimenticare che: “L’istruzione è la chiave dello sviluppo, e può sconfiggere la povertà e far migliorare le condizioni di vita delle popolazioni dei Paesi emergenti”.
TRAMA:
Il libro comincia con l’Offerta musicale di Bach: «nel 1747 Bach fece una visita improvvisa a Federico il Grande di Prussia e in quell’occasione gli fu richiesto di improvvisare su un tema presentatogli dal Re.» L’autore ci spiega l’importanza di questo esordio: «L’Offerta musicale e la sua storia costituiscono il tema sul quale io stesso “improvviso” per tutto il libro rendendolo così una specie di “Offerta metamusicale”». E in effetti il testo si conclude con un dialogo improntato sull’Offerta musicale, esattamente come gli Strani Anelli del quale l’autore parla all’inizio della sua trattazione. 
È l’autore stesso ad indicarci la strategia di lettura, a spiegarci dettagliatamente come è strutturato il libro: «Questo libro è strutturato in modo insolito: come un contrappunto tra Dialoghi e Capitoli. Lo scopo di questa struttura è di permettermi di presentare i concetti nuovi due volte. Quasi ogni concetto nuovo viene prima presentato metaforicamente in un Dialogo, con una serie di immagini concrete, visive; queste servono poi, durante la lettura del Capitolo successivo, come sfondo intuitivo per una presentazione più seria e astratta dello stesso concetto.»
Perché Gödel, Escher e Bach? Perché proprio questi tre? Cos’hanno in comune? Verso la fine del libro, l’autore spiega che: «Idee collegate in modo profondo spesso sono molto diverse in superficie. L’analogia con gli accordi viene naturale: […] le note armonicamente vicine sono materialmente distanti (per esempio sol, mi, si, che, nella notazione inglese, ci danno tre lettere ben note: G, E, B). Idee che hanno lo stesso scheletro concettuale risuonano in una sorta di analogo concettuale dell’armonia.» Così succede per Gödel, Escher e Bach: Escher «ha dato una parabola pittorica del Teorema di Incompletezza di Gödel» e Bach ne ha fornito la chiave musicale: «Bach e Escher esprimono uno stesso tema in due “chiavi” diverse: musicale e visiva».
Del Teorema di Incompletezza di Gödel, l’autore fornisce una spiegazione esauriente, attraverso anche alcune metafore che aiutano il lettore meno preparato a farsi un’idea chiara dell’importanza di questo teorema, fino a giungere alla sua dimostrazione. Ma il Teorema nasconde in sé un altro gioiello, ovvero l’analisi dell’intelligenza umana per giungere all’obiettivo ben più alto dell’Intelligenza Artificiale. L’autore stesso si domanda: «Come può essere programmato un comportamento intelligente? Non è questa la più appariscente delle contraddizioni in termini? Una delle tesi principali di questo libro è che non si tratta affatto di una contraddizione. Uno degli scopi principali che mi sono prefisso è di spingere ogni lettore ad affrontare questa presunta contraddizione, assaporarla, capovolgerla, smontarla, sguazzarci dentro, così da emergere infine con una nuova capacità di scavalcare il baratro apparentemente invalicabile tra il formalizzato e il non formalizzato, l’animato e l’inanimato, il flessibile e il rigido.»
Come Hofstadter ribadisce anche altrove: «Lo scopo principale di questo libro è quello di indicare quale tipo di rapporto c’è tra il software della mente e lo hardware del cervello.»
 
COMMENTO:
L’impressione che mi è rimasta è di aver colto molto di quello che l’autore ha proposto nel libro, ma di aver anche perso sicuramente qualcosa, perché, come dice l’autore stesso verso la fine: «Non si penetra mai abbastanza a fondo nell’Offerta musicale. Quando si crede di conoscere tutto, vi si trova sempre qualcosa di nuovo». Per questo motivo, ho intenzione di rileggere questo libro tra qualche anno.
Già ora, comunque, sono rimasta affascinata dal legame tra i dialoghi e i saggi: i dialoghi non solo costituiscono un’introduzione ai saggi, ma anche un’evasione da una lettura difficile e impegnata. E danno anche un’idea di quanto sia profonda la preparazione dell’autore. Più volte mi sono ritrovata a dire: «È un grande!», leggendo le pagine dei dialoghi. In ognuno dei dialoghi erano nascoste perle preziose, che non sono sicura di aver colto completamente.
 
Altri commenti:
PIERGIORGIO ODIFREDDI: «Se oggi la logica e alcune delle sue idee epocali sono note a un vasto pubblico, anche non scientifico, lo si deve soprattutto a “Gödel, Escher e Bach” di Douglas Hofstadter, che ha esibito una rete di connessioni, spesso insospettate e sorprendenti, fra i linguaggi naturali, artistici, logici, biologici, informatici e artificiali, ed è valso al suo autore il Premio Pulitzer nel 1980.»
 
GABRIELE LOLLI: «Impegnativo, incredibile, unico, proteiforme libro di Hofstadter, difficile da catalogare, quasi impossibile da descrivere». «Complimenti ai traduttori e a chi ha curato l'edizione di questa opera che è perfetta; deve essere stata una fatica improba, dal punto di vista intellettuale ed editoriale, ma ne valeva la pena; a parte la curiosità di un libro che come uno Strano Anello si chiude sul suo inizio, il tema è cruciale. Per più di duemila anni il pensiero è stato bloccato dal paradosso del mentitore, adesso Hofstadter ci guida per mano su e giù per gerarchie aggrovigliate dove impariamo come nasce l'intelligenza e la vita. E non ci è voluto neanche molto. Sono passati cinquanta anni dal 1931.»
 
ANGELO SCIANDRA: «Si tratta di un buon libro, anche se complicatissimo. […] Il volume, comprendente più di 800 pagine, è un immenso pozzo senza fondo, che spazia dall'offerta musico-logica all'intelligenza artificiale. […] Non credo sia possibile recensire un testo così complesso e ricco di suggestioni, ma penso che le sue pagine non possano essere dimenticate.»
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:38

La sorpresa dei numeri

TRAMA:
Invecchiato di un anno, ma sempre con i suoi “perché”, Filippo è ancora il protagonista di questo nuovo romanzo della Cerasoli. Con lui l’instancabile nonno, sempre pronto a rispondere alle sue domande e che divide, con la maestra Grazia, il primato dell’attendibilità. Le prime risposte del libro, però, spettano alla sorella di Filippo, che spiega l’origine della misura di 360° dell’angolo giro e lo aiuta con l’aritmetica modulare, impiegata per contare i giorni che lo separano dall’arrivo del nonno.
Il primo scoglio, per il nonno, è la superstizione di Filippo, contro la quale cerca di combattere con diagrammi ad albero, calcolo combinatorio e probabilità. Per convincere Filippo a lavarsi, data la sua avversione per acqua e sapone, il nonno gli parla della crescita esponenziale dei batteri, ma mitiga la difficoltà dell’argomento con la leggenda di un indiano, Sissa Nassir, che inventò il gioco degli scacchi. Con l’arrivo dello zio Mauro, si discute della visione della matematica che hanno i ragazzi di oggi: “solo i matematici pensano tanto, dicono sempre la verità, ma quel che dicono non serve a nulla”. In realtà, la matematica è immersa nella quotidianità più di quanto si immagini: bisogna solo portarla allo scoperto. E così il nonno continua la sua missione con la crittografia, gli anagrammi, il triangolo aritmetico, gli insiemi, la logica delle proposizioni e i circuiti elettrici, la statistica e infine la curva di Gauss.
La scuola intanto è finita e il nonno e Filo possono finalmente partire per il mare.
 
COMMENTO:
Semplice per la chiarezza con cui vengono trattati anche gli argomenti più complessi, il romanzo è adatto ai lettori di ogni età. Non si tratta, però, solo di una simpatica spiegazione della probabilità e della statistica: nel romanzo trova spazio anche una riflessione sulla matematica e sul modo che hanno gli altri di vederla come qualcosa al di fuori della realtà, nonostante la sua presenza in ogni ambito, come il nonno dimostra abilmente al piccolo Filippo.
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:23

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

TRAMA:
Wellington, il cane della signora Shears, è stato ucciso, trafitto da un forcone. Christopher John Francis Boone, ragazzo di 15 anni affetto dalla sindrome di Asperger, decide di indagare per trovare il colpevole e di scrivere un libro al riguardo. Nel libro descrive anche la propria situazione, parla un po’ di sé, delle proprie passioni e manie, della propria vita: la madre è morta due anni prima e, durante le sue indagini, Christopher scopre che prima di morire aveva una relazione con il signor Shears. Lo scrive nel libro e quando il padre lo legge, ha una reazione molto violenta: picchia Christopher e getta il libro nella spazzatura. L’indomani Christopher ritrova il libro nell’armadio del padre, insieme a delle buste indirizzate a lui: ne prende una, la legge, ma non riesce a capacitarsi di quale sia la verità in essa contenuta. Solo sei giorni dopo, procurandosi altre lettere, può scoprire che sono lettere della madre che in realtà non è morta, ma è scappata a Londra con il signor Shears. Per Christopher è una vera e propria doccia fredda: il padre gli ha mentito, la madre non è morta.
Quando ha luogo il confronto con il padre, questi scoppia a piangere e tenta di giustificarsi e, per riconquistare la fiducia del figlio, gli confida di aver ucciso il cane della signora Shears, con la quale aveva avuto una relazione dopo la fuga della moglie. Per Christopher è troppo: impaurito e spaventato, decide di andarsene da Swindon, per raggiungere la madre a Londra. Il fatto che il padre avesse ucciso il cane significava, per Christopher, che avrebbe potuto uccidere anche lui.
Dopo un viaggio rocambolesco, in treno e in metropolitana poi, Christopher raggiunge la casa della madre e, nascosto dietro ai bidoni della spazzatura nel giardino di fronte, aspetta il suo rientro. La madre è stupita e al tempo stesso molto amareggiata per quanto il padre di Christopher ha raccontato al figlio e decide di tenerlo con sé. L’arrivo di Christopher, però, scatena accese discussioni tra il signor Shears e la madre, tanto che quest’ultima decide di tornare a Swindon. Christopher può così affrontare il tanto atteso esame di matematica come era in programma e lo supera con il massimo dei voti. Pian piano si riavvicina al padre, con il quale costruisce anche un orticello in giardino. 
Ora Christopher è fiducioso: tra un anno lo aspetta l’esame di matematica avanzata e sa “di potercela fare perché sono andato a Londra da solo e perché ho risolto il mistero di Chi ha ucciso Wellington? e ho trovato mia madre e sono stato coraggioso e ho scritto un libro e questo significa che posso fare qualunque cosa”.
 
COMMENTO:
Semplice e coinvolgente, il libro è adatto a chiunque, dato che i brani di matematica sono trattati in modo elementare. La descrizione della malattia di Christopher è accurata e il fatto che sia scritto in prima persona aiuta il lettore ad immedesimarsi meglio.
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:21

Zero o le cinque vite di Aémer

TRAMA:
3000 a.C. – Uruk, bassa Mesopotamia. Tanmuzzi, ricco pastore manda un vaso in dono ad Aémer, sacerdotessa dell’Amore. Al momento della consegna, il vaso viene rotto e Tanmuzzi, informato, decide di recarsi personalmente in visita a Uruk. Innamoratosi di Aémer, vivono per lunghe settimane un’intensa storia d’amore, ma benché la loro passione sia sempre viva, Tanmuzzi decide di andarsene: le sue giornate sono troppo vuote. Una notte, mentre Tanmuzzi sta ideando un sistema più astratto per rappresentare i numeri, gli uomini della montagna lo uccidono. Il suo fedele scriba Askum, decifrati i segni incisi in fretta da Tanmuzzi prima di morire, si accorge che “non si trattava più di una scrittura delle cose, ma di una scrittura delle parole”. Al termine del suo lavoro, Askum può portare ad Aémer il canto che Tanmuzzi ha composto per lei.
 
2000 a.C. – Ur. In un locale di Ur, Aémer lavora come kezertu, prostituta. Nelle sue giornate libere si incontra con Adappa, un giovane che studia per diventare scriba, perché le insegni a scrivere. Una sera, alla locanda arriva Unzu, nuovo responsabile dell’irrigazione per la regione di Ur, ubriaco e disperato perché la moglie non può dargli figli. Si ritrovano così: Aémer e Unzu un tempo erano innamorati, ma i genitori di lui avevano escogitato uno stratagemma per allontanarli. Unzu sostituisce Adappa nell’insegnarle a scrivere e spiega ad Aémer il nuovo metodo di rappresentazione dei numeri. Dopo una lunga frequentazione, Unzu le propone di sposarlo, ma Aémer preferisce il ruolo di amante: “la nostra vera opportunità è che possiamo amarci di un amore libero”, dice.
 
500 a.C. – Babilonia. Rientrata da poco a Babilonia, Aémer, oniromante (ovvero interpretatrice di sogni), incontra il fratello Hattâru, da cui era stata allontanata anni prima. Hattâru, che passa il suo tempo nell’osservatorio centrale di Babilonia, sopra la ziggurat più famosa di tutta la regione, scopre che il padre dell’amante della sorella è responsabile dell’uccisione dei loro genitori e della loro separazione da piccoli, perciò quando lo incontra tenta di ucciderlo. Aémer non può più continuare la sua storia d’amore e alla fine si ritira nell’osservatorio per aiutare il fratello nel suo lavoro. Mentre lo zero sta facendo la sua comparsa, in forma di una colonna vuota nella scrittura dei numeri, Aémer e Hattâru sono sempre più vicini e decidono di dar vita al loro amore, anche se la legge “aveva inserito una colonna vuota che impediva loro di colmare lo spazio che li separava e li manteneva fuori portata l’uno per l’altra”.
 
IX sec. d.C. – Baghdad. Una giovane donna, di nome Aémer, sta rubando dei libri e Mohand, alla ricerca di opere scientifiche, si accorge di quello che lei sta facendo e le si avvicina per chiedergliene il motivo. Parlando, Mohand le racconta di essere alla ricerca di un libro raro, che spazza via gran parte dell’ambiguità nella scrittura dei numeri, dando importanza al posto occupato dai singoli numeri e, proprio mentre Aémer lo sta rubando, le guardie la scoprono e la portano in prigione. Ma il Sultano aveva ordinato che il primo ladro catturato durante l’operazione nata per porre fine ai furti nel suk fosse graziato e Aémer può tornare alla sua vita e donare il libro a Mohand. Aémer decide poi di accompagnare Al-Sanuba, il padrone che le ha restituito la libertà anni prima, in un viaggio alla scoperta del mare. Durante il viaggio, vengono rapiti dai predoni hindi e restano nel loro villaggio per circa tre anni. Panca, il capo, sembra essersi affezionato ad Aémer, ma quando si rende conto che non potrà mai essere ricambiato, la lascia libera. Panca e il suo popolo vengono catturati dal Sultano e, grazie all’intervento di Aémer e Mohand, almeno il popolo viene liberato, perché in cambio della sua libertà, Panca ha spiegato il simbolo dello zero a Mohand. Aémer assiste all’esecuzione di Panca e poi segue la colonna in movimento, abbandonando Baghdad.
 
Primavera 2003 – Baghdad. Aémer, archeologa in Iraq durante la seconda guerra del golfo, viene ritrovata da Obeid, un partigiano irakeno, in fondo a un cratere scavato da un mortaio. Si recano insieme a Uruk, dove le loro strade si separano. Aémer incontra i soldati alleati che le rilasciano il salvacondotto per raggiungere Uruk, dove trova il sito archeologico deserto. Obeid, ritrovata la madre dopo tredici anni, parte alla ricerca di Aémer e insieme si recano a Ur, dove lei gli dice di essere incinta.
 
COMMENTO:
Caratteristica principale del libro è il fatto che i numeri vengono presentati come una metafora della vita, mentre lo zero, con lo scorrere dei secoli, si inserisce nella quotidianità. Il libro è composto da cinque diverse storie, che hanno come protagonisti l’amore, i numeri e Aémer, di volta in volta archeologa, sacerdotessa dell’amore, prostituta, oniromante, ladra e danzatrice. Apparentemente slegate, le storie fanno da sfondo all’evoluzione della scrittura dei numeri e alla comparsa dello zero.
Adatto anche a chi non ha preparazione matematica, il libro può appassionare chiunque, offrendo uno spaccato della storia e della cultura dell’Iraq.
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:19

Mr Quadrato

TRAMA:
Continua il dialogo de "I magnifici dieci" fra Filippo e il nonno, ma in questo caso i protagonisti del libro non sono i numeri, ma la geometria. Si comincia con gli Egizi e si passa alla classificazione dei poligoni: il quadrato, forma ideale per costruire delle case confinanti se si vuole risparmiare sui muri perimetrali, il rettangolo, ottimo per godersi il sole e il triangolo, utile per il tetto grazie alla sua indeformabilità. Con il triangolo, si fa strada il teorema di Pitagora, applicato con la casetta di Snoopy. 
Il nonno non si lascia spaventare da nulla e spiega a Filippo, con semplici esempi, in cosa consista la grande “rivoluzione” di Euclide e cosa sia il “sistema assiomatico deduttivo”.
Progredendo nella spiegazione, il nonno mescola geometria e mitologia, descrivendo il poligono con l’area maggiore a parità di perimetro: il cerchio, come ben sapeva la regina Didone, fondatrice di Cartagine. Nel cerchio si cela anche un numero importante: il pi greco, di cui Archimede aveva trovato un’ottima approssimazione. 
Attraverso gli assi di simmetria, le decorazioni dell’Alhambra a Granata e la misurazione dell’altezza della piramide da parte di Talete, si approda alla tridimensionalità e il nonno può parlare della sfera, che ha il pregio di essere il solido con la minore superficie laterale a parità di volume. 
Dopo aver descritto la geometria analitica e le coniche, senza dimenticare gli specchi ustori di Archimede, ecco i ponti di Konigsberg e i fogli dei topologi vengono paragonati alla plastilina o alla gomma, perché possono dilatarsi, restringersi o torcersi. 
In conclusione, il nonno trova il modo di parlare anche delle geometrie non euclidee, così chiaramente che anche Filippo può capire.
 
COMMENTO:
Il libro ha il notevole pregio di essere adatto sia ai ragazzi delle medie, grazie alla sua semplicità e alla grande chiarezza, sia agli adulti, dato che offre numerosi spunti di riflessione, che possono poi essere approfonditi ulteriormente. 
Simpatico e scorrevole, si legge d’un fiato.
Giovedì, 01 Agosto 2013 13:18

Com'è bella la matematica

TRAMA:
Le lettere sono indirizzate a Meg e seguono il suo percorso scolastico, dalle scuole superiori fino a un incarico universitario. La matematica delle superiori non ha molto a che fare con la matematica di più alto livello, ma è necessaria per potervi accedere, perché essa “richiede una grande quantità di nozioni fondamentali e di tecnica”. E nonostante la ricerca continui a progredire, esistono ambiti in continua espansione: “lo spazio per la ricerca è così sconfinato, che sarà difficile stabilire da dove partire o quale direzione prendere”. La matematica fugge la rigidità, richiede grande immaginazione, fa sorgere sempre nuove domande con il progredire della conoscenza: “se fosse un edificio sarebbe una piramide costruita al contrario, con una base molto stretta e ogni piano più ampio del sottostante. Più l’edificio è alto, più c’è spazio per costruire”. 
“Incontriamo dei matematici ogni giorno e in ogni luogo, ma raramente ce ne rendiamo conto”: la matematica permette di vedere l’universo in modo diverso, aprendo gli occhi di chi la studia, ma tutto questo non è possibile senza insegnanti che la presentino “come una disciplina multiforme, creativa, originale e sempre nuova”.
All’inizio del percorso universitario, con il timore del nuovo cammino che le si prospetta, Stewart offre a Meg “un’idea cui aggrapparsi nei momenti più difficili”: le parla delle proprie passeggiate in Texas e della matematica che studia le simmetrie della natura. Come hanno fatto i matematici a pensare quelle cose? Qual è il metodo di studio più adeguato? Rifacendosi all’esperienza di Poincaré, Stewart propone un metodo di studio, in base al quale è meglio non soffermarsi troppo sulle cose che non si capiscono, perché anche ciò che in un primo momento non è chiaro può sempre chiarirsi in seguito. 
E le dimostrazioni? Nella vita universitaria, a differenza delle superiori, le dimostrazioni sono onnipresenti e si fatica a capire l’accanimento dei matematici per questo aspetto della disciplina, ma “I matematici hanno bisogno delle dimostrazioni per ragioni di onestà”. I computer, al contrario di quanto si è portati a credere, non aiutano nella dimostrazione, se non laddove si devono enumerare tutti i casi possibili. La dimostrazione è come una narrazione: le dimostrazioni più difficili sono il “Guerra e pace” della matematica.
Stewart prosegue suggerendo a Meg il metodo migliore per diventare un matematico famoso, mettendola in guardia dalle difficoltà dei problemi più famosi, descrivendo i gradini della carriera, indicandole come scegliere il proprio supervisore.
Le propone la scelta, che le si presenterà al termine degli studi universitari, fra la matematica pura e quella applicata e, sostenendo che ormai è una distinzione sterile, senza senso, racconta di come sia sorta (risale solo agli anni ’60) e sottolinea come i due aspetti non possano esistere separatamente: alla matematica pura mancherebbe “la vera forza creativa della matematica [che] sta nei suoi legami con il mondo naturale”, ma anche quella applicata “ha bisogno di diventare generale e astratta, altrimenti non farebbe nessun progresso”. 
Raccomanda a Meg di leggere, di tenere “la mente sveglia e le antenne dritte”, per lasciare spazio alle nuove idee originali che potranno aprire la via ad una nuova ricerca. Parlandole della comunità matematica, della necessità di un respiro internazionale, per una disciplina che solo apparentemente si svolge nel chiuso di uno studio e in solitudine, la invita a aprire “bene le orecchie al momento del caffé”, per approfittare della collaborazione che, per quanto difficoltosa, è l’anima della ricerca. 
Nell’ultima lettera, Stewart affronta il discorso dell’Universo, del ruolo di Dio all’interno di esso e spiega a Meg che se Dio può essere considerato un matematico “ogni tanto ci permette di sbirciare da dietro le sue spalle”.
 
COMMENTO:
Come dichiara lo stesso autore, il testo è un “tentativo di aggiornare alcune parti del libro di Hardy”, Apologia di un matematico. E in effetti in molte pagine sembra che l’autore stia dibattendo con Hardy, come quando spiega il motivo per cui non ha più senso contrapporre la matematica pura a quella applicata.
Il libro è ottimo sia per gli insegnanti, sono numerosi e costruttivi gli spunti offerti e le critiche presentate, che per gli studenti, grazie ai suggerimenti per trovare il proprio metodo di studio. Offre un’ottima descrizione della matematica, attraverso semplici metafore, comprensibili per tutti. Più complessa è la seconda parte, quando, in conseguenza all’approfondirsi degli studi di Meg, l’autore si addentra nei particolari del mondo matematico, non tralasciando di descrivere, con una buona dose di ironia, la vita accademica e le piccole e grandi manie di famosi matematici. 
Interessanti le digressioni autobiografiche, che, inserendosi nel ritmo della narrazione, danno un tono di leggerezza agli argomenti trattati.
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