Pubblicato a maggio di quest’anno, «È la fisica, bellezza!», edito da Edizioni Dedalo nella collana scienzaFACILE, è l’ultima fatica di Federico Benuzzi. Docente di matematica e fisica in un liceo di Bologna, giocoliere che con i suoi spettacoli diverte e fa pensare, Benuzzi è un divulgatore a tempo pieno. Questo libro è frutto di un lavoro cominciato molto prima della pubblicazione, con una serie di video – richiamati poi nel corso della narrazione – condivisi sui social: è facile immaginarlo mentre cammina in montagna da solo, costruisce un discorso nella sua testa e poi accende la fotocamera, senza nulla lasciare all’improvvisazione.
La consapevolezza dichiarata in apertura che «la fisica è un punto di vista privilegiato per osservare il mondo» è diventata la sfida di Federico per sé stesso: quella di essere divertente e narrativo, ma al tempo stesso rigoroso, quella di avere uno stile divulgativo nel raccontarci quello che per lui è «mestiere, senso, vita». Nella doppia copertina che caratterizza gli ultimi libri pubblicati in questa nuova collana della Dedalo, sono riportati i temi principali: Didattica, Cambiamenti climatici, Supereroi. Il fulcro centrale, attorno al quale si sviluppa il discorso, è la didattica, anche se la narrazione ha come obiettivo la trattazione dei cambiamenti climatici, che non è solo la conclusione del percorso, ma il tema che permea il libro. In tutto questo, i supereroi planano con leggerezza a metà percorso.
Il libro è diviso in cinque sezioni: la prima tratta della fisica quotidiana, e l’inizio, in leggerezza, mostra una normale mattinata al risveglio, quando ci confrontiamo con il mondo, applicando inconsapevolmente concetti fisici. Il primo Federico Benuzzi che incontriamo, quindi, è il docente, che spiega le parti principali della meccanica: si comincia con le leve, si procede con l’equilibrio, si passa alla caduta dei gravi e infine ci si concentra sul calore e sul galleggiamento, cominciando la marcia di avvicinamento ai cambiamenti climatici.
La seconda sezione è dedicata alla fisica dei giochi, non solo perché la fisica tira fuori il bambino che è in noi, ma anche perché fin da piccoli impariamo attraverso il gioco. Così troviamo il principio di conservazione dell’energia spiegato con un picchio ballerino con una piuma in testa, il secondo principio della termodinamica viene introdotto con un papero bevitore che fa impazzire Homer Simpson, il ping phon ci permette di indagare la legge di Bernoulli e di capire come un aereo possa volare, il radiometro di Crookes ci fa parlare della termodinamica ancora una volta, mentre la giostra diventa una metafora della rotazione terrestre.
La terza sezione è la fisica dei fisici, ovvero la fisica seria e difficile che si studia all’università e qui ho toccato con mano lo splendido equilibrio realizzato da Benuzzi con questo libro: se da un lato il peso della mia ignoranza mi trascinava verso il basso, impedendomi di interpretare correttamente la quotidianità con gli occhi del fisico (mi sono laureata in matematica), la spinta archimedea data dal fascino delle grandi vette, mostrate con sapienza in questa sezione, mi ha permesso di elevarmi un po’. Benuzzi guida sapientemente il lettore attraverso i meandri della relatività, con il paradosso dei gemelli e il GPS, racconta la fissione e la fusione nucleare, esplora la meccanica quantistica e parla di indeterminazione, torna di nuovo sulla relatività con quella generale e conclude con l’entanglement. Il tutto condito con metafore illuminate e illuminanti che ci permettono di cogliere l’essenza di una fisica così difficile, pur non potendo raccontare la verità dell’oggetto senza evitare forzature, «a riprova che la divulgazione non è sufficiente per capire una disciplina».
La quarta sezione è la fisica del fantastico che, come un cavallo di Troia, permette di conquistare il lettore con il fascino dei supereroi e della fantascienza: troviamo l’energia con Superman, la conservazione della quantità di moto con l’Uomo Ragno, l’attrito con Flash, i buchi neri nella fantascienza e la conclusione con un pot-pourri di errori distribuiti nei vari film.
L’ultima sezione è la fisica del clima: nella breve introduzione, Federico Benuzzi si assicura che sia chiara la distinzione tra meteo e clima, ci mette in guardia dai bias cognitivi che in qualche modo possono alterare la nostra percezione della realtà e ci parla dei modelli matematici. A differenza delle sezioni precedenti, nelle quali ogni singolo capitolo si concludeva con la proposta di una domanda al lettore e la risposta offerta tramite un video, in questo caso la domanda fa da apertura al capitolo successivo, in un crescendo che si conclude con un invito a non inventare scuse e a cercare un modo per attivarsi. Così come David Quammen, citato proprio in chiusura, con il libro Spillover diventa la cassandra della pandemia di Covid-19, anche Benuzzi, considerate le ultime alluvioni nei pressi di Bologna, può essere considerato un profeta. In realtà, tutto nasce dall’osservatorio privilegiato della fisica: se si riesce ad evitare di nascondersi dietro i bias cognitivi, non si può che diventare dei facili profeti di sventura.
La condivisione di consapevolezza che Federico Benuzzi fa con questo libro illumina il nostro percorso, realizzando gli obiettivi che si era posto nell’introduzione. Il libro è rigoroso, ma si mantiene leggero grazie al senso dell’umorismo dell’autore, è divulgativo, ma può rivelare la sua utilità anche in ambito didattico. Se già si conosce Federico Benuzzi, non si può che sentire la sua voce che ci racconta la fisica: questa impressione è enfatizzata dal doppio linguaggio del libro, grazie alla presenza dei QR code ai quali i tipi di Dedalo ci hanno ormai abituato, con riferimenti esterni che aiutano ad approfondire, con sottolineature che non appesantiscono la narrazione. Questo testo aiuta ad apprezzare la fisica, a capirla meglio, e a coglierla nel mondo attorno a noi, allenandoci all’utilizzo del metodo scientifico, abituandoci a porci delle domande e a cercare sapientemente delle risposte.
«Le geometrie oltre Euclide» è stato pubblicato da Scienza Express a maggio 2024. L’autore, Alberto Saracco, è docente di geometria presso l’Università di Parma ed è un noto divulgatore: su YouTube è presente con il celebre canale che porta il suo nome, mentre su Instagram è noto come Un matematico prestato alla Disney, infine collabora con il sito MaddMaths!
Il sottotitolo «Misurare la Terra, descrivere l’Universo» delinea il percorso che ci viene proposto: a partire dalla geometria degli antichi egizi, attraverso una crescente astrazione, la storia di questa disciplina ci porta al fine della geometria e ai tempi moderni, con la descrizione dell’Universo. Nella premessa Alberto Saracco dichiara che racconterà «in maniera leggera e divulgativa la storia della geometria»: lo stile è sicuramente leggero e divulgativo, ma accanto a temi di facile lettura, ci sono argomenti più complessi e tecnici, perché, essendo un insegnante, l’autore non può rinunciare a sfidare il lettore, dato che gli piace «stimolare un lavoro maggiore da parte di chi vuole – e può – impegnarsi». Alberto Saracco non è uno storico ma un divulgatore e un geometra differenziale e complesso, perciò la prospettiva con la quale ci mostra la geometria è particolare. L’obiettivo principale resta quello di «accendere o alimentare la passione per la matematica in chi legge». Il percorso proposto è stato prima un laboratorio presso il Liceo Marconi di Parma, realizzato più di un decennio fa, poi un seminario al Festival della Scienza di Genova nel 2018, e, grazie all’incoraggiamento di Daniele Gouthier nel 2022, è diventato un libro.
La storia della geometria comincia con i tenditori di corde dell’Antico Egitto, che avevano come obiettivo quello di misurare la terra, da qui il termine geometria; i Babilonesi in qualche modo arricchiscono questa branca del sapere con delle conoscenze teoriche mentre i greci ci presentano una geometria sintetica, che permette una comprensione profonda. Attraverso vari indizi possiamo ricostruire le caratteristiche della geometria greca: il ragionamento è fondamentale, come ci ricorda il monito di Platone all’ingresso della sua scuola, la fatica è necessaria, non esistono strade alternative per evitarla, e il sapere che viene costruito non ha come obiettivo l’utilità. Con il passare del tempo, la geometria acquisisce sempre maggiore astrazione, e con la scuola pitagorica si arricchisce della dimostrazione, mentre Euclide non fa altro che sistematizzare il sapere guadagnato fino a quel momento. Con la geometria analitica si passa a una geometria più tecnica, grazie ad un’algebra che si è evoluta, da descrittiva in simbolica, grazie ai contributi di Al Khwārizmī.
Esaurita la prima parte del percorso, probabilmente nota a molti, almeno per sommi capi, si arriva al centro della narrazione: dopo il tentativo di Saccheri di liberare Euclide da ogni macchia nel 1733, dimostrando per assurdo il quinto postulato, nel 1830 nascono le geometrie non euclidee con Lobačevskij e Bolyai, che non temono gli «strilli dei beoti» come Gauss, ma non godono certo, durante la loro vita, di un grande riconoscimento. Queste risposte fuori dagli schemi portano a un fiorire di interesse attorno alla geometria e alla nascita di nuove geometrie, che, contrariamente agli obiettivi di inutilità dei greci, si rivelano estremamente utili per descrivere l’Universo. A questo fa seguito il programma di Erlangen di Klein, che nel 1872 definisce la geometria come «studio delle proprietà invarianti sotto l’azione di un certo gruppo di trasformazioni», mentre Hilbert procede con l’assiomatizzazione della geometria euclidea, esplicitando anche quegli assiomi che Euclide riteneva sottintesi. Insomma, da una geometria rigida come quella euclidea, l’astrazione ha portato a geometrie più flessibili che, avendo meno strumenti a disposizione, sono adatte per più figure: con questa varietà di geometrie «possiamo capire meglio il mondo matematico, sfruttando di volta in volta la geometria più adatta.» Le nuove geometrie permettono di fare passi avanti in diversi campi: la geometria differenziale permette di descrivere l’Universo, come ha fatto Einstein attraverso la relatività generale, la geometria proiettiva permette di capire come funziona la vista, e la topologia con i grafi descrive le connessioni neurologiche, ma non solo. In altre parole, questa geometria si rivela uno strumento indispensabile per indagare e comprendere la vita, l’Universo e tutto quanto.
Il libro è stato pensato per gli studenti delle superiori: è alla loro portata anche se, per accedere alla bellezza della matematica, è sempre necessario compiere un po’ di fatica. I box offrono un’occasione di approfondimento e un’ulteriore sfida di apprendimento, proponendo il metodo iterativo di Archita per il calcolo delle radici quadrate, i paradossi di Zenone, le sfere di Dandelin, le equazioni di secondo grado risolte con il metodo di Cartesio e le varietà. Insieme agli enunciati di alcuni teoremi e di assiomi, troviamo anche alcune dimostrazioni, perché «parlare di matematica senza mai toccare con mano una dimostrazione è ingannare il lettore»: non c’è bisogno di spaventarsi, però, perché seguendo il percorso un passo per volta, si riesce a comprendere tutto. La narrazione è arricchita dalle illustrazioni di Nicole Vascotto, che permettono di capire ancora meglio il tema, anche se non manca il monito di Poincaré: «La geometria è l’arte di ragionare bene su disegni fatti male». Il libro è ricco di matematici, alcuni più famosi di altri, ma l’autore ricorda che «difficilmente una scoperta scientifica o matematica può essere considerata la scoperta di un singolo individuo», a partire dagli Elementi fino alle scoperte più recenti.
Il lavoro di Alberto Saracco è particolarmente ricco: non è solo un percorso storico, ma un viaggio ragionato e di ragionamento nella terra delle geometrie, che ci permette di notare come il ruolo della geometria sia cambiato nel corso dei secoli e come l’apertura di nuove strade abbia aperto nuovi campi di applicazione, fornendo risposte sempre più interessanti e ampie. Un libro pensato per gli studenti delle superiori che in qualche modo sopperisce alle carenze di percorsi di studio per i quali sembra esistere solo la geometria analitica, visto che persino quella euclidea è ritenuta spesso troppo impegnativa per essere insegnata al biennio. Un libro per aprire gli orizzonti di ognuno e per permettere a tutti di cogliere fino in fondo la bellezza della geometria.
«Matematica in campo» è stato pubblicato nel 2023 dalla Casa Editrice Hoepli, nella collana Telescopi. L’autore è Paolo Alessandrini, che, sempre per Hoepli, ha scritto anche Matematica Rock e Bestiario matematico, finalista al Premio Asimov 2022. «Matematica in campo» è entrato nella classifica Book Award 2023 di TuttoSport, ottenendo il terzo posto, ed è stato dichiarato il miglior libro di calcio del 2023.
Paolo Alessandrini riesce a coniugare le sue due passioni, il calcio e la matematica: fin da piccolo, il calcio ha rappresentato per lui libertà e felicità e, avendo notato molti punti di contatto con la matematica, ha scelto di fare questa originale presentazione. Obiettivo del libro è quello di rispondere alla domanda se il calcio sia una scienza o un’arte o, meglio, come specifica nell’introduzione: «un freddo calcolo o una storia d’amore». Effettivamente, se parliamo di scienza, e di matematica in particolare, ci sembra di cogliere una certa freddezza in queste discipline, forse collegata agli algoritmi e alla loro prevedibilità, mentre all’arte associamo un’idea di imprevedibilità, che richiama il mondo delle emozioni. Fin dall’inizio, Paolo Alessandrini invita a riflettere sul fatto che «forse il segreto del successo [del calcio] sta proprio in questa sua duplice essenza».
Il testo è strutturato come una partita immaginaria e il pre-partita coincide con l’organizzazione del tornei, strutturati in gironi all’italiana, a eliminazione o misti: Alessandrini li presenta con diagrammi ed esempi, per mostrare la scelta migliore in funzione dell’obiettivo, usando il calcolo combinatorio e i diagrammi ad albero. Il primo tempo si suddivide in due capitoli, entrambi dedicati alla geometria: si comincia con un grande classico, il pallone, che non è propriamente una sfera, ma è stato a lungo un icosaedro troncato, ovvero un’approssimazione (ben riuscita!) di una sfera. Con sistematicità e ricchezza di particolari, Alessandrini traccia la storia del pallone e delle sue forme, dal teorema di Pogorelov ai solidi platonici ed archimedei, mostrando come tutto tenda a una soluzione ottimale, in equilibrio tra una traiettoria affidabile e un basso numero di cuciture. Il secondo capitolo è dedicato agli errori arbitrali, nei quali spicca come la geometria debba scendere a patti con la fallacia dell’occhio umano, spesso vittima di illusioni ottiche.
L’intervallo è dedicato al calcolo delle probabilità, strumento per indagare la prevedibilità del gioco. Anche in questo caso, lo spettacolo del calcio sfrutta l’equilibrio tra la bravura dei giocatori e il caso: «il calcio è fatto di tanti piccoli episodi, molto spesso imprevedibili e incomprensibili se considerati da vicino. Ma se li osserviamo con una lente grandangolare, li inseriamo in un contesto più ampio e li analizziamo con strumenti matematici evoluti, acquistano un significato e lasciano emergere una struttura logica.»
Nel secondo tempo, diventa fondamentale l’analisi dei dati (come le statistiche che compaiono sullo schermo durante le partite), che ha preso piede a partire dagli errori di Charles Reep, ed è diventata ciò che conosciamo oggi con Valerij Lobanovs’kyj e lo statistico Anatolij Zelentsov. Per quanto l’applicazione della matematica dia l’idea, nell’immaginario collettivo, di un calcio prevedibile e arido, Alessandrini fa notare che «le vere squadre non giocano a caso, ma adottano scelte tattiche più o meno complesse, e lo fanno soprattutto perché è più vantaggioso». Mentre la storia del calcio resta sullo sfondo e permette di capire più a fondo il regolamento del gioco, gli schemi del secondo capitolo fanno intravedere l’applicazione dei modelli matematici e l’impiego dei grafi per lo studio delle reti di passaggi, che aiutano a tracciare le caratteristiche della squadra: l’indice di centralità ci dice come il calcio sia realmente uno sport di squadra, e l’indice di coesione può misurare l’affiatamento tra i giocatori.
La fisica interviene nei tempi supplementari, con il classico moto parabolico e la fluidodinamica, ma è la matematica con la curva perfetta, l’iperbole, che aiuta a individuare la zona migliore per calciare un tiro in rete. Negli ultimi due capitoli, dedicati ai calci di rigore e al post-partita, la protagonista è la teoria dei giochi: attaccante e portiere sono impegnati in un gioco di strategia, nel tentativo di prevedere le mosse dell’avversario, mentre i punteggi assegnati all’esito della partita possono essere studiati nelle loro sfumature grazie alla matematica, che può anche aiutare a valutare il rischio di accordi pre-partita.
Nella sua conclusione, Paolo Alessandrini dà finalmente una risposta alla domanda che ha percorso le pagine del libro, chiedendo, a sé stesso e al lettore, «perché dovremmo avere paura di qualcosa che può aiutarci a comprendere meglio la realtà?». La matematica costituisce uno strumento in più: «la bellezza, se è vera bellezza, è eterna e indistruttibile: l’approccio razionale non ambisce a profanarla, ma soltanto a contemplarla in modi nuovi» e forse il calcio può aiutare a renderci più consapevoli della creatività insita nella matematica.
L’aspetto leggero del testo è enfatizzato dalle citazioni di Vujadin Boskov, l’allenatore più nominato, perché le sue perle di saggezza offrono sempre l’occasione per una risata: «Pallone entra quando Dio vuole»! Numerosi esempi, che ci fanno sentire l’emozione dello sport, costellano la narrazione, mentre la struttura articolata e curata mette in evidenza il rigore matematico, facendo cogliere al lettore lo studio approfondito che resta sullo sfondo, enfatizzato anche dalle immagini, in gran parte realizzate dall’autore, che offrono un supporto a quanto già spiegato nel dettaglio e con semplicità. Se è vero che il calciatore non si affida alla matematica e alla fisica, quanto all’esperienza, all’istinto e alle capacità tecniche, è fuor di dubbio che «la matematica e la fisica offrono strumenti formidabili per comprendere le situazioni che si verificano sul terreno di gioco, ma non dobbiamo dimenticare che esse costituiscono soltanto uno dei possibili punti di vista: in alcuni casi rappresentano una prospettiva privilegiata e preziosa, in altri sono destinate a fornire indicazioni troppo imprecise».
Nel numero di ottobre 2022, Le Scienze, in collaborazione con MaddMaths!, ha inaugurato l’uscita di 20 volumi dedicati ai maggiori teoremi matematici. La collana si intitola Rivoluzioni matematiche e «Teorema di Bayes» è la sedicesima uscita di questa collana. L’autore è Roberto Natalini, matematico, Direttore dell’Istituto per le applicazioni del calcolo Mauro Picone del CNR, esperto di modelli matematici, è dedito a un’intensa attività di divulgazione, come dimostrato da MaddMaths!, dalla presidenza della commissione per la diffusione della matematica della European Mathematical Society dal 2015 al 2022, dalla direzione della rivista Archimede dal 2016 e dal coordinamento del progetto Comics&Science insieme ad Andrea Plazzi a partire dal 2012.
Il volume si presenta, come tutti quelli della collana, con una copertina in cui campeggia una T ed è abbastanza anonima sia dal punto di vista grafico, sia per il fatto che non compare il nome dell’autore, emblema della centralità data al teorema. La struttura dei volumi è uniforme: dopo la biografia dell’autore del teorema, viene dedicato un po’ di spazio alla cornice culturale e scientifica, ovvero il presente del teorema; ci si addentra poi nel suo passato con gli antefatti che hanno creato condizioni favorevoli e, dopo che la parte centrale è stata dedicata all’enunciato, all’eventuale dimostrazione e ai prerequisiti necessari per comprenderlo adeguatamente, la parte finale è dedicata al futuro del teorema, ovvero alle applicazioni e agli sviluppi successivi.
La biografia di Bayes non è certo ricca di particolari, visto che non c’è sicurezza nemmeno per quanto riguarda il suo anno di nascita, anche se sappiamo che è vissuto dall’inizio del 1700 fino al 1761, è stato un ministro protestante e ha dedicato la sua vita non solo alla matematica, ma anche a scritti di carattere teologico. Il contesto generale, fatto di storia, letteratura, arte e musica, è seguito dal contesto scientifico: siamo in pieno secolo dei lumi, «un periodo in cui la ricerca nei diversi ambiti della scienza non solo accelerò, ma venne anche condotta in maniera nuova». Le nuove leggi scientifiche, dalla classificazione di Linneo al celebre testo di Darwin, offrono un terreno particolarmente fertile per la teoria della probabilità, «uno dei principali strumenti matematici di cui si è dotata la scienza moderna». Nonostante questo, «ancora oggi non è detto che, al di fuori di un ristretto numero di insegnamenti universitari, le persone abbiano una formazione di base sui concetti probabilistici, anche quando questi toccano aspetti non secondari della vita quotidiana»: obiettivo di questo testo è proprio quello di colmare questo vuoto culturale, a partire da sei problemi proposti prima dell’enunciato, che mostrano la potenza del teorema e, al tempo stesso, presentano da subito la ricchezza delle sue applicazioni. Natalini risolve fin da subito il problema dei test diagnostici, attraverso una soluzione elementare che sfrutta i diagrammi di Eulero-Venn, mostrandoci come la teoria della probabilità sia «solo un modo di quantificare la nostra incertezza per guidarci nelle decisioni da prendere».
Dopo una trattazione matematica dettagliata, rigorosa ed estremamente chiara, Roberto Natalini conclude il suo percorso con le applicazioni, a partire dalla soluzione degli esempi proposti precedentemente. Non può poi mancare il riferimento al problema di Monty Hall, la cui soluzione ha visto un errore persino del grande matematico Paul Erdős. L’applicazione del teorema di Bayes a questo problema, per quanto non sia la strada più immediata, «mostra in modo molto chiaro come le informazioni che abbiamo cambiano la nostra stima della probabilità degli eventi». È in questa ottica che il teorema costituisce un valido aiuto nel filtrare le mail in ingresso e nell’individuare lo spam, attraverso i «classificatori bayesiani ingenui», oppure può fare la differenza in tribunale, come dimostrato dal caso delle morti improvvise in culla dei figli di Sally Clark.
L’entità del calcolo richiesto per l’applicazione del teorema di Bayes l’ha reso meno comodo rispetto al teorema centrale del limite, ma i moderni strumenti tecnologici hanno reso questo ostacolo meno limitante. Non solo, le applicazioni fatte nel secolo scorso hanno mostrato tutta la sua importanza: a Bletchley Park il teorema di Bayes è stato fondamentale per ridurre il numero delle posizioni di Enigma, ma la scelta di Alan Turing è rimasta sepolta negli archivi militari fino al 1973. Nel frattempo, il teorema ha mostrato la sua versatilità nell’individuare la correlazione tra il fumo e l’insorgenza di tumori ai polmoni.
Il testo mette in evidenza la controintuitività della teoria della probabilità, tanto che «la difficoltà per molte persone nel saper rispondere al problema del test diagnostico è stata rilevata da molti studi specifici ed è alla base di problemi nelle diagnosi da infezioni batteriche e virali e nelle diagnosi tumorali». L’incapacità di effettuare stime corrette non riguarda solo l’ambito medico, ma d’altra parte «il ragionamento probabilistico bayesiano è difficile e molto poco naturale e non sorprende quindi che molte persone abbiano una erronea percezione delle grandezze in gioco». Fortunatamente, da circa sessant’anni l’approccio bayesiano si è diffuso ovunque, come dimostrato dalle applicazioni in genetica.
Natalini, lungo il percorso, riconosce la semplicità del teorema dal punto di vista matematico, e non può che evidenziare, a fronte della sua controintuitività, quanto sia «fondamentale per capire il mondo che ci circonda». Il testo si chiude con un’apertura al futuro, a dimostrazione di quanto la matematica sia vitale e in continuo movimento: «Saranno solo i prossimi anni a dirci quali nuovi problemi potranno essere risolti grazie all’intuizione iniziale di un ministro presbiteriano inglese del XVIII secolo.»
«Fate il nostro gioco» è stato pubblicato a marzo 2016 dalla ADD Editore e nello stesso anno ha vinto il Premio Vincenzo Dona, istituito dall’Unione Nazionale Consumatori. Gli autori, Paolo Canova, matematico, e Diego Rizzuto, fisico, hanno fondato nel 2012, insieme a Sara Zaccone, una società di consulenza, formazione e comunicazione scientifica, Taxi 1729, che ha come motto: «Pensiamo da scienziat*, comunichiamo da creativ*, ci divertiamo da matt*». Nell’introduzione, Diego e Paolo raccontano che, prima di essere pubblicato, il libro è stato una conferenza-spettacolo, una mostra, un laboratorio e un corso di formazione, scaturito da «una piccola e semplice intuizione», durante la partecipazione, nel 2009, al Festival della Scienza di Genova. Il testo è stato scritto in collaborazione con Gabriele Gambassini, copywriter, che ha fatto una sintesi delle loro «interminabili lezioni alla lavagna».
«Fate il nostro gioco» offre una trattazione completa di tutte le tipologie di giochi d’azzardo: dal SuperEnalotto al Lotto, fino alle lotterie istantanee e ai Gratta e Vinci, ma non mancano nemmeno i giochi da casinò come il Blackjack, la roulette e le slot machine, ormai presenti anche nei bar di periferia. Fin da subito viene introdotto un nuovo vocabolario per combattere la comunicazione ambigua e ingannevole del gioco d’azzardo: laddove si parla di vincita, Diego e Paolo parlano di bilancio (che spesso si rivela nullo o negativo), ovvero della differenza tra incasso e spesa. Il grafico cartesiano, con il bilancio in ordinata e la spesa in ascissa, contribuisce a convincerci che «se perdere è matematico, vincere giocando è impossibile. O almeno lo è sulla lunga distanza». Eppure, un modo per vincere, a volte, c’è: «In sostanza l'unico modo per vincere sembra essere quello di non seguire la dinamica del gioco, ma individuare uno spiraglio nel sistema e buttarcisi dentro in modo ingegnoso», come nel caso di Cash Winfall, dove, per renderlo più appetibile, lo si rendeva anche conveniente per il giocatore, o come per il Tic Tac Toe, dove per sfruttare al massimo le quasi vincite si era arrivati a renderlo prevedibile. Come viene ribadito a più riprese nel testo, «Chi ha mente, ingegno e perseveranza per trovare il modo di battere il banco, alla fine esce dai casinò e usa il proprio talento per qualcosa di molto, molto più redditizio», come successo al matematico Edward Thorp, autore di Beat the Dealer, il testo che svela la matematica del Blackjack.
In Italia, il gioco con la storia più lunga è il Lotto: ha per protagonisti i numeri e la fortuna, perciò non ci sono strategie, nonostante la “smorfia” napoletana e il mito dei numeri ritardatari siano presentati anche sul sito ufficiale. D’altra parte, lo Stato è promotore dei giochi, come dimostrato dalla relazione del Ministro delle Finanze Vincenzo Visco del 1997: in essa, troviamo le strategie che rendono i giochi pericolosi, spingendo i giocatori alla dipendenza, quelle strategie che, per Diego e Paolo, dovrebbero essere limitate per legge. Questi meccanismi sono sfruttati anche con le slot machine, così diffuse in Italia da essere «quasi il triplo di quelle di tutto il Nevada, Las Vegas compresa»: viene promessa la restituzione dell’85% del giocato, ma di fatto, nel lungo periodo, il giocatore è destinato a perdere la totalità di ciò che ha giocato.
Negli anni sono stati avviati numerosi studi scientifici per sondare i meccanismi psicologici che hanno portato il gioco d’azzardo al successo, e la conclusione del percorso, con la “matematica della decisione”, è un ulteriore passo per spiegarceli. Gli autori propongono al lettore tre piccoli test che mettono in evidenza proprio il ragionamento del giocatore, lo stesso che spesso guida le nostre scelte di vita. Diego e Paolo, dopo averci descritto il gioco d’azzardo, spiegato il calcolo della probabilità, dimostrato che «perdere è matematico», si inoltrano nell’ambito dei bias cognitivi, in un crescendo di complessità.
Scorrendo le pagine, ci imbattiamo, da un lato, in numerosi aneddoti che ci fanno ridere, stupire e meravigliare, perché «la scienza è una cosa seria, e proprio per questo merita di essere raccontata con spirito leggero»; dall’altro, troviamo spiegazioni che, con l’aiuto di grafici e disegni, sono estremamente chiare. Le note sono state raccolte tutte alla fine del percorso e propongono ulteriori approfondimenti attraverso indicazioni bibliografiche, curiosità e spiegazioni più dettagliate. La curiosità resta la chiave del percorso e viene stimolata a partire dalle convinzioni e dai luoghi comuni di cui tutti siamo vittime. Fin da subito, Diego e Paolo dichiarano di non aver voluto introdurre nella descrizione dei giochi molti dettagli, utili solo al fine di un gioco attivo: il libro è stato pensato per far conoscere la matematica che «potrebbe dare il suo contributo per prevenire la patologia da gioco d’azzardo».
«Fate il nostro gioco» è una lettura necessaria per tutti, per rendersi conto di come la matematica abbia un ruolo fondamentale nelle nostre scelte e, al tempo steso, per contribuire a scardinare il sistema del gioco d’azzardo.
«Quanti? Tanti! Le potenze di dieci e la potenza delle domande» è stato pubblicato da Edizioni Dedalo, nella collana Scienza Facile, a novembre 2023. L’autrice, Sandra Lucente, è docente di Analisi matematica e di Comunicazione della scienza presso l’Università di Bari, fa parte del Comitato Scientifico del Museo della Matematica di Bari e dal 2007 si occupa di divulgazione, scrivendo articoli, tenendo conferenze e gestendo laboratori. Il libro è arricchito dalle illustrazioni di Fabio Magnasciutti, illustratore e vignettista, che ha vinto nel 2015 il premio come Miglior Vignettista presso il Museo della Satira di Forte dei Marmi, insegna Illustrazione editoriale presso lo IED di Roma e ha curato sigle e animazioni di alcuni programmi tv.
Il testo è costituito da 36 capitoli con la stessa struttura: l’apertura è con «Due immaginari curiosi, T&Q, acronimo di Tanti&Quanti, [che] si sfidano con domande un po’ “nerd”». Il dialogo, con precedenti illustri, è un po’ la cifra narrativa di Sandra Lucente, tanto che persino la bibliografia è presentata «in chiave dialogica». I due piccoli (?) protagonisti si fanno le domande “potenti” di cui parla il titolo, perché, come ribadito più volte: «le domande in matematica sono più importanti delle risposte». Al breve dialogo iniziale può far seguito una delle vignette di Magnasciutti, ma la parte centrale del capitolo è la lettera del personaggio famoso (non necessariamente un matematico) che risponde a T&Q. Con queste lettere, Sandra Lucente coglie l’essenza di ogni protagonista, calandosi in ogni epoca, con salti avanti e indietro nel tempo, ma usando un linguaggio attuale.
Il lettore, durante questo percorso, è invitato ad esercitare la pazienza, perché, come l’autrice fa scrivere a Ramanujan, «la matematica si conquista con carta penna e impegno»; bisogna inoltre superare le vertigini che si possono provare di fronte alle numerose informazioni presenti, e alla complessità necessaria per soddisfare le curiosità di T&Q. Se persevererà nel suo percorso, il lettore vincerà «il piacere della curiosità talvolta soddisfatta, talvolta stimolata [e] la partecipazione corale alla sfida del mondo complesso», ma queste “fatiche” saranno bilanciate dal senso di meraviglia e dai sorrisi che, qua e là, sono disseminati lungo il percorso.
Il cammino comincia con l’insieme vuoto, e procede con l’infinitesimo, risalendo poi le potenze di 10 da 10-30 fino a 1030, per poi concludere il percorso con il googol, il numero di Shannon, il megistone, il numero di Graham, cioè «il numero più grande che ha un significato per l’uomo», il numerabile e il continuo. È vero che «ogni capitolo si può leggere senza relazione con i precedenti», ma c’è un’unità di fondo, ben rappresentata dai tre diversi indici, che ci aiutano ad avere chiaro il percorso: il primo indice, «I numeri di questo libro», ci mostra le potenze di 10, con nome, prefisso e simbolo; il secondo indice, «I protagonisti di questo libro», in corrispondenza dei numeri mostra gli autori delle lettere, con l’anno di nascita e quello di morte; il terzo indice, quello classico alla chiusura del testo, ci mostra la potenza, il titolo e il sottotitolo del capitolo, nel quale ritroviamo il nome del mittente.
L’apertura di 60 ordini di grandezza ci mostra come nel tempo il nostro cervello abbia ampliato i limiti della propria conoscenza, estendendo il proprio universo, attraverso un maggior numero di unità di misura: da un lato, infatti, ci viene presentata la storia del Sistema Internazionale, con nuove grandezze e nuovi prefissi, ma, mostrandoci i numeri che costruiscono la realtà, ci ricorda che «occorre manipolarli correttamente per agire su di essa». L’obiettivo principale è forse «la riconquista di un sapere unico, il superamento degli ambiti disciplinari», perché la nostra realtà è sempre più pervasa di multidisciplinarietà e non si può restare chiusi nella propria bolla. Per questo motivo, i mittenti delle lettere non sono solo matematici: gli ordini di grandezza non hanno a che fare solamente con la fisica, non sono dominio numerico esclusivo della matematica, ma hanno a che fare con l’informatica e l’ingegneria, con l’economia e con l’archeologia. Ognuno di noi ha bisogno di possedere questi ordini di grandezza per poter comprendere la realtà.
Il percorso si apre con un filosofo, Bertrand Russell, e le sue scelte di libertà, si procede poi con gli infinitesimi di Isaac Newton (e il suo tono petulante è stato reso benissimo!) e con la bellezza della simmetria di Emmy Noether. Niels Bohr con la meccanica quantistica cede il passo all’originalità di Richard Feynman, mentre Mary Somerville, con le proporzioni, porta in primo piano l’amore per il pianeta. Nel prosieguo non può mancare Albert Einstein, che ci parla del Nobel per la fisica del 2023, a cui fanno seguito Maxwell con l’elettromagnetismo, Pascal con la probabilità, Marie e Pierre Curie con la radioattività, e Leonardo Sinisgalli, ingegnere autore di un cortometraggio. Nepero lega i logaritmi all’acidità, mentre Sofia Kovalevskaja ci offre le percentuali per capire la realtà, Poincaré sottolinea l’importanza dell’intuizione, laddove Pitagora e Fibonacci ci riportano alle origini, dall’incommensurabilità allo zero. L’archeologo Howard Carter apre la strada al secolo dei misteri, mentre Enrico Fermi mostra la ricchezza delle stime; il tuffo nel passato ci permette di incontrare Archimede, che parte da cose piccolissime per misurare l’universo, Ipazia mostra il potere dei libri e Li Ye ci porta al Milione di Marco Polo e alle Città invisibili di Calvino. Rita Levi-Montalcini ci apre alla ricchezza della mente, mentre Leibniz cerca un linguaggio universale nelle sequenze di zeri e uno; Paul Erdos apre al calcolo combinatorio con le disposizioni e con le poesie di Queneau, e Sophie Germain ci regala la controfigura della matematica; Alexander von Humboldt, naturalista e divulgatore, parla di insetti, mentre Ramanujan ci mostra le frazioni continue e le serie. Mendeleev gioca con le parole e crea la tavola periodica, e Hedy Lamarr ci ricorda di non lasciarci ingannare dai pregiudizi. Neil Armstrong mostra la potenza del lavoro di squadra e al-Khwarizmi non può che convincerci della necessità degli algoritmi per internet; Alan Turing parla del problema della decisione e dell’Intelligenza Artificiale, mentre Mandelbrot ci descrive la bellezza dei frattali. Frank Ramsey, con la sua breve vita, lascia un segno indelebile nella matematica e, mentre Galileo Galilei si perde nell’infinito, confrontando il tutto e la sua parte, Georg Cantor ci permette di orientarci tra gli infiniti, anche se non chiude realmente il percorso: non tutto in matematica è decidibile.
«All’inizio era un libro sui numeri grandi, poi è diventato un libro sui grandi della scienza» dichiara Sandra Lucente in apertura, mentre ci ricorda che il nostro cervello ha i limiti che sceglie di avere e, ogni volta che «diciamo “non mi piace la matematica” oppure “non mi piace la fisica” ci poniamo un limite e questo va contro il fatto di essere parte della specie che concepisce l’infinito». Sandra Lucente invita il lettore a mantenere la mente aperta e, attraverso le curiosità e le informazioni disseminate nel libro, studiato e curato in ogni particolare, aiuta il lettore ad amare la matematica e la fisica, offrendo spunti di approfondimento e facendo leva sull’umorismo delle vignette, che lasciano un’impronta indelebile nella nostra memoria.
«La matematica della felicità» è stato pubblicato a settembre 2023 dalla casa editrice Piemme. L’autore è Rocco Dedda, docente di matematica con una tale passione per la sua disciplina da dedicarsi anche alla divulgazione, tanto da essere noto sui social come “Un quarto d’ora con il prof”. La sua attività di divulgazione è nata per caso, quando la sua Dirigente l’ha invitato a predisporre delle videolezioni per aiutare gli studenti a recuperare le proprie lacune in epoca pre-Covid, quando iniziative di questo tipo erano ancora rare. È nata da qui la scelta di aprire un canale YouTube e di usare i social per diffondere la sua passione per la matematica.
Fin dalle prime pagine, Rocco Dedda evidenzia come per gli insegnanti di matematica sia fondamentale «far capire agli studenti che la matematica non è un mostro che di notte si nasconde sotto il letto» ed è proprio per questo motivo che obiettivo primario del libro è tracciare «percorsi per imboccare la via d’uscita e accedere al mondo della matematica della felicità».
Il percorso si snoda in tre parti: la prima, intitolata «Non posso fare a meno di te», propone una serie di temi, perché il lettore si renda conto che la matematica è ovunque. Il contesto interdisciplinare proposto è particolarmente ricco perché, oltre alle solite applicazioni alla fisica, troviamo l’arte, la natura, la musica, la letteratura, fino ad arrivare all’orto, alla cucina e al turismo. Il messaggio che l’autore vuol far passare, quando si rivolge agli studenti, è che la matematica è davvero presente in vari ambiti della nostra vita, mentre per il docente, questo può essere foriero di spunti per approfondire tematiche interdisciplinari e collegamenti.
La seconda parte, intitolata «Capiamoci», è centrata sulla didattica ed ha un messaggio diverso a seconda del lettore: per gli insegnanti diventa una riflessione sulle difficoltà degli alunni ed offre motivazioni e strategie per arginare il problema; per gli studenti, diventa un aiuto per mettere i problemi nella giusta prospettiva. I capitoli che compongono questa parte sono delle piccole perle, che si prestano ad essere proposte ai propri studenti, per offrire spunti di riflessione e per promuovere la motivazione allo studio. Dedda convince il lettore che è possibile vivere felicemente la matematica, costruendo la propria autostima e opponendosi con convinzione alla matematica dell’infelicità, nella quale ci si imbatte anche a causa del fatto che la matematica è come «una ragnatela molto fitta che, con eleganza, intreccia dei fili», della quale la nostra mente deve cogliere l’intreccio, per poterla capire davvero. Dedda parla di «malesseri cognitivi» che possono avere diverse cause e diversi colpevoli, come lo studio discontinuo, le lacune accumulate nel tempo, la mancata comprensione di alcune proprietà, ma anche la relazione traballante tra insegnante e studente che può diventare un impedimento all’esternazione dei dubbi, e ricorda che «la consuetudine e l’esercizio sono fondamentali affinché la chiarezza dei concetti resista dentro di noi.»
Il capitolo intitolato «Il bivio» è, per quanto mi riguarda, una delle parti più preziose del libro, perché cerca di sondare le motivazioni che portano alla matematica dell’infelicità, ma, al tempo stesso, mostra come non ci sia un solo bivio e che si sia obbligati a compiere scelte in continuazione. Attraverso esempi pratici, che sanno tanto di vita vissuta, Rocco Dedda ci mostra quali potrebbero essere le tentazioni che spingono gli studenti a scegliere la matematica dell’infelicità, suggerendoci di intervenire per aiutare lo studente a compiere la scelta giusta, fornendo, «proprio con la matematica, momenti di felicità».
È così che si approda alla terza parte, «Come sei nata?», perché «La storia della matematica […] può essere il bilanciamento ideale per sprigionare la matematica della felicità». Rocco Dedda ci propone un percorso nel quale analizza gli aspetti principali della storia della matematica, fin dalle sue origini e, attraversando i secoli, approdando alle geometrie non euclidee e all’insiemistica. La carrellata si chiude con pi greco, i numeri primi e gli infiniti, ma soprattutto con un ultimo capitolo intitolato «La matematica (non) è un’opinione?». Si tratta di un’ode alla matematica che, secondo l’autore, «è un’opinione, ma allo stesso tempo non lo è».
Rocco Dedda ci permette di cogliere la bellezza della matematica: la descrive come «un complesso di confronti e bilanciamenti e il segreto per comprenderla, fino in fondo, è nella sintesi delle sue parti, nella capacità di esprimersi con la corretta armonia, tenendo conto di ciò che è e di ciò che potrebbe in alternativa essere; e imparando, prima di tutto, a comprenderla e a condividerla.» Riconoscendo i diversi approcci che caratterizzano il nostro rapporto con la matematica, ci offre una visione ricca di speranza: il mestiere dell’insegnante di matematica «è un lavoro da equilibristi», sempre in bilico tra la bellezza e la difficoltà. Con questo libro, Rocco Dedda ci aiuta a far pendere la bilancia in favore della bellezza, proponendo spunti agli insegnanti e guidando gli studenti nel proprio percorso. Un libro davvero per tutti!
«La matematica dell’incertezza» è stato pubblicato nel 2016 dalla casa editrice Il Mulino nella collana Intersezioni. L’autore è Marco Li Calzi, docente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore del Collegio Internazionale, appassionato di teoria delle decisioni e teoria dei giochi.
Abitualmente, associamo la matematica alla certezza, tanto che di un’affermazione di cui non si può dubitare diciamo che “è matematicamente certa”, perciò, già dal titolo, è chiaro che non si potrà che parlare di probabilità, e “Probabilità” è la parola con cui si apre il preludio. «Spero di convincerti che la vita quotidiana ti espone a più rischi e a più incertezza di quanto credi», scrive Li Calzi, dichiarando fin da subito il proprio obiettivo. Se analizziamo la nostra quotidianità, possiamo constatare che le decisioni vengono prese in condizioni di incertezza, valutando i rischi o le probabilità, in molti ambiti della nostra vita, dalla medicina alle assicurazioni. Che ci piaccia o no, siamo immersi nella matematica ed essa «sa trovare (e mettere) un po’ di ordine quando il caso sembra divertirsi a scombinare tutto».
Siccome l’incertezza ha molte facce, Marco Li Calzi ha dedicato un capitolo ad ogni faccia del classico dado cubico, raccontando sei storie che possono essere lette in ordine o, appunto, lanciando un dado e lasciandosi guidare dal caso nella scelta. Alea, opinione, ipotesi, decisione, premio e rischio sono le parole-chiave dei sei capitoli. Si comincia con «Correre l’alea», che racconta i primi passi del calcolo delle probabilità, a partire dal famoso “Alea iacta est” di Cesare, fino alla celebre partita incompiuta discussa da Pascal e Fermat. Nel capitolo «Formulare un’opinione» si contrappongono la conoscenza – che è certa, perché possiamo distinguere una proposizione vera da una falsa – e la probabilità, per la quale dobbiamo formarci un’opinione, soppesando i pro e i contro. «Si può colorare la conoscenza certa in bianco e nero, ma per la conoscenza probabile servono molte sfumature di grigio», come ci ricordano pubblici ministeri, scienziati e medici. Nel terzo capitolo, «Azzardare un’ipotesi», Li Calzi descrive il «congegno aleatorio del tipo che i probabilisti amano chiamare urna», abituando il lettore al linguaggio probabilistico a suon di esempi realistici e reali, e di metafore significative e semplici da cogliere, fino a spiegare il paradosso di Simpson e il significato della distribuzione gaussiana. In un crescendo di difficoltà, il quarto capitolo spiega come «prendere una decisione»: partendo dalla scelta se portare con noi l’ombrello, l’autore arriva a distinguere tra decisioni meditate e calcolate, che richiedono tempo, e decisioni istintive e spesso inconsapevoli, che hanno il pregio dell’immediatezza, paragonandole alle scelte del dottor Jekyll e del signor Hyde e obbligando il lettore a prendere delle decisioni per mettersi alla prova. Il capitolo «Valutare un premio» permette di immergersi nel linguaggio delle assicurazioni, i contratti aleatori più comuni (e più noti), ma la conclusione, insospettabile, ci porta ad esplorare il moto browniano, dopo aver seguito lo sviluppo delle scienze attuariali. Dalla nascita delle assicurazioni, con la necessità di tutelare in qualche modo i commerci marittimi, nel sesto capitolo si arriva ad «affrontare il rischio», attraverso la matematica che contribuisce «a definire la natura e a calcolare la dimensione di alcuni rischi», a partire dal lavoro di de Moivre nel Settecento.
Le postille finali sono sei importanti citazioni che richiamano le sei parole chiave che hanno guidato la narrazione e, a dimostrazione del fatto che l’incertezza investe davvero ogni settore della nostra vita, gli autori sono un biologo, un giornalista, uno scrittore, un filosofo, un astronauta e un consulente aziendale. La chiusura è originale: le citazioni avrebbero potuto essere messe in apertura di capitolo, come un’introduzione dell’argomento, mentre poste alla fine e tutte insieme acquisiscono un significato diverso, come un riassunto e un’ulteriore evidenza dell’onnipresenza dell’incertezza.
La narrazione è arricchita da numerose citazioni letterarie (Trilussa, Shakespeare, Kierkegaard, Borges, Omero, Montale…), tabelle, schemi, disegni e grafici regalano grande chiarezza, gli aneddoti alleggeriscono il percorso divertendo, e i numerosi esempi offrono ai docenti interessati un ricco campionario al quale attingere durante le lezioni sull’argomento.
La lettura è consigliata a tutti, anche solo per diventare maggiormente consapevoli dell’incertezza che permea le nostre vite e, magari, per acquisire qualche strumento in più per gestirla.
«Matematica dietro le quinte» è stato pubblicato a giugno 2023 da Edizioni Dedalo, per la collana Senzatempo: è una nuova edizione di un testo del 2005, «Coppie, numeri e frattali. Altra matematica nascosta nella vita quotidiana», ora arricchito dalla presentazione di Elena Ioli. Gli autori sono Rob Eastaway e Jeremy Wyndham: il primo è un ideatore di giochi matematici per il «Sunday Times» e «New Scientist», che il secondo risolveva per passare il tempo. Eastaway ha ricevuto la medaglia Zeeman nel 2017 per la divulgazione matematica e in questa collana ha pubblicato anche Quanti calzini fanno un paio?, Wyndham è stato un regista indipendente e uno studioso di fisica. I due hanno scritto anche «Probabilità, numeri e code. La matematica nascosta nella vita quotidiana», attualmente di difficile reperibilità, perciò speriamo che Dedalo decida di procedere con una nuova edizione anche in questo caso.
Il testo è scorrevole e, pensato per i ragazzi delle superiori, è scritto con un linguaggio molto semplice e arricchito dalle illustrazioni di Barbara Shore, che non solo rendono più leggera la lettura, ma aiutano a spiegare meglio i concetti presentati. Ritroviamo, inoltre, alcuni box esplicativi che permettono di fare dei piccoli approfondimenti.
I sedici capitoli spaziano su tutta la matematica e sul mondo che ci circonda: si comincia con un esempio di come la matematica si nasconda tra le pieghe della nostra vita, visto che l’aritmetica modulare si nasconde nei nomi dei giorni della settimana, ma si esprime anche nel calendario lunare e nei dodici mesi. Troviamo trucchi e stratagemmi per spillare denaro, ma anche le indicazioni per scoprire le frodi e i raggiri, senza dimenticare che, purtroppo, «nessun sistema di controllo è infallibile». Nel terzo capitolo scopriamo come dar vita a un successo musicale, che poi viene straziato al karaoke, come ci spiega il quattordicesimo capitolo, dove gli autori citano Pitagora e Fourier, spaziando tra rapporti e funzioni goniometriche. E mentre impariamo a impacchettare efficientemente le cose e a trovare un posto per l’ultima valigia, se dobbiamo servirci di un taxi possiamo calcolarne la tariffa, mentre scopriamo la geometria del taxi e la probabilità di avere due compleanni coincidenti in un gruppo di persone. La strategia insita nella matematica può aiutarci con i quiz televisivi del quinto capitolo, ma anche a scegliere l’anima gemella, con un undicesimo capitolo dove fa capolino la probabilità. Il nono capitolo, dedicato ai meccanismi della diffusione di un’epidemia, parla di virus informatici, di infodemia e di modelli matematici, mentre nel sesto gli autori ci raccontano che anche gli ascensori hanno una logica, spesso in contrasto con l’irrazionalità degli utenti. La bellezza dei frattali mostra la sua utilità con internet e la borsa, ma sconfina nel caos, destabilizzandoci con previsioni del tempo non sempre esatte. Al tredicesimo capitolo fa capolino anche lo sport, dove la matematica aiuta a creare una maggiore spettacolarizzazione, influenzando i regolamenti o illudendoci, con un’errata applicazione della proprietà transitiva, di riuscire a prevedere l’esito di un incontro. Con simpatia e leggerezza, gli autori riescono infine a parlare dell’arte della dimostrazione, e a concludere il percorso con le falsità inventate dai manipolatori dell’opinione pubblica, che possiamo smascherare grazie alla matematica.
Con leggerezza e semplicità, gli autori portano allo scoperto la matematica che si nasconde tra le pieghe della nostra quotidianità, mostrandoci come le formule siano una comodità, quando ci permettono di effettuare calcoli veloci, applicandole persino in ambiti diversi da quelli in cui sono nate. La matematica coglie la struttura di fondo e collega ambiti apparentemente lontani, grazie alla sua versatilità e alla sua flessibilità. Il libro è davvero consigliato a tutti, in particolare ai non amanti della matematica, perché possano perdersi tra queste pagine, imparare che esiste una matematica diversa da quella studiata a scuola, appassionarsi.
«Il pollo di Marconi e altri 110 scherzi scientifici» è stato pubblicato ad aprile 2022 dalla casa editrice Dedalo nella collana ScienzaFACILE. L’autore è Vito Tartamella, «un filosofo che si dedica da decenni al giornalismo scientifico», come dichiarato sul suo sito. Dopo essere stato «conquistato dalla scienza», è diventato caporedattore a Focus (dal 2004), ha all’attivo alcune pubblicazioni, tra cui il libro «Parolacce» del 2006 (c’è anche un sito!), è stato vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica del CNR nel 2016 e ha ricevuto una nomination per il premio European Science writer of the year 2018.
In questo libro, troviamo una raccolta di scherzi realizzati da scienziati, raggruppati in diciassette categorie, dove sono elencati in ordine cronologico. Si comincia con i Tiri mancini, realizzati da Tesla, Fermi, Burdell, Feynman fino alla linguaccia di Einstein, si prosegue con i Malati immaginari, dove troviamo malattie fantasiose, come il blocco dello scrittore, la scrotalgia del violoncellista o la malattia del cactus. Le Dediche e le sigle sono riportate nella terza categoria, che si apre con il gene dedicato a Tafazzi, a dimostrazione che Aldo, Giovanni e Giacomo hanno lasciato un segno anche nel mondo scientifico. Fra i Colpi di scena, troviamo parecchi pesci d’aprile, come il finto iceberg trasportato dall’Antartide o il gorilla sulla Stazione Spaziale Internazionale, mentre tra gli Animali leggendari non poteva mancare il mostro di Loch Ness o il ritorno dei draghi a causa del riscaldamento globale. Una delle categorie più simpatiche è quella degli Autori farlocchi, da cui tutto è cominciato: troviamo autori inventati, autori che in realtà sono animali domestici, o nomi collettivi come Bourbaki. Le Supercazzole sono invenzioni che non esistono, ma che video o fotografie ritoccate hanno reso reali, come il turboencabulatore, mentre le Invenzioni fasulle sono quasi tutte pesci d’aprile divertentissimi, come la macchina che parla con le piante, il Wi-Fi da collegare al WC o la macchina per recuperare il tempo perso. Il pesce d’aprile del celebre matematico Enrico Bombieri, che aveva annunciato la dimostrazione dell’ipotesi di Riemann, rientra nella categoria Troppo bello per essere vero, mentre il capitolo successivo raggruppa quegli scherzi che fanno leva sulle nostre paure, come la famosa burla sul monossido di diidrogeno. Call to action racconta pesci d’aprile che comportano il coinvolgimento di un gran numero di persone, mentre la Satira scientifica ci regala grandi risate con la tribù dei Nacirema, uno scherzo così efficace da diventare «uno stratagemma didattico per riflettere sulla relatività degli usi culturali anche in campo giuridico». La sezione Finte scoperte presenta sei pesci d’aprile, tra i quali troviamo un misterioso monaco del XIII secolo, che ha scoperto i frattali prima di Mandelbrot. Grazie agli Scherzi autoironici scopriamo che l’umorismo degli scienziati aumenta con l’età e ritroviamo anche l’indimenticabile tunnel dei neutrini, che collega il Gran Sasso al CERN. Nella categoria Voli di fantasia, troviamo alcuni nomi importanti, come Martin Gardner, divulgatore matematico, e Asimov, celebre scrittore di fantascienza. La penultima categoria si intitola Scemo chi ci crede e propone scherzi particolarmente elaborati e fantasiosi, come il divieto di navigare su internet in stato di ebbrezza e l’ascensore di particelle del CERN. L’ultima categoria è riservata alle Manovre economiche, che ci propone l’acquisto della chiesa cattolica da parte della Microsoft, quello del MIT da parte della Walt Disney e la sponsorizzazione dei teoremi matematici.
Vito Tartamella apre il percorso con il racconto dello scherzo di Marconi del 1895, che dà il titolo al libro, uno scherzo goliardico nel quale il fisico aveva sfruttato le scoperte elettriche del periodo, restituendo la vita a un pollo ormai morto e spaventando una sua dipendente. Tutto, però, è cominciato nel 2014, quando Tartamella ha scoperto lo scherzo clamoroso che ha per protagonista Stronzo Bestiale: raccontato sul blog parolacce.org, ha avuto un’eco incredibile, permettendo all’autore di conoscere altri scherzi. Il lettore, spesso vittima di un’immagine stereotipata dello scienziato, sarà portato a cogliere «il lato giocoso, fantasioso, provocatorio, spiritoso e umano degli scienziati», grazie a questi 110 scherzi, raccontati a partire dal loro contesto. La maggior parte di questi episodi è collocata negli ultimi ottant’anni: il 60% degli scherzi è stato fatto dopo il 1990, grazie all’avvento di internet, che ha permesso agli scienziati di gestire la comunicazione in modo più diretto, e che ha fornito gli strumenti per manipolare la realtà, come mostrato dai video e dalle immagini, linkati nel corso della narrazione con i QR code. Fautori degli scherzi sono premi Nobel, divulgatori scientifici, inventori geniali, autorevoli riviste scientifiche (su ArXiv è stata creata una sezione apposita, gli «Acta Prima Aprilia»), enti di ricerca come la NASA o il CERN, università e musei, a dimostrazione del fatto che questi scherzi «trasudano intelligenza e fantasia, come ci si aspetta dagli uomini di scienza. E rivelano cosa pensano gli scienziati di sé stessi e del mondo.»
Gli scherzi presentati difficilmente mettono in ridicolo una persona o puntano alla vendetta e all’umiliazione: sono per la maggior parte scherzi satirici, che fanno emergere le nostre paure o i lati negativi delle cose. Offrono «l’occasione per esercitare un nuovo sguardo sul mondo», tant’è che a volte aprono la strada anche a sviluppi inattesi.
Nel capitolo conclusivo, Vito Tartamella fa un elenco delle discipline coinvolte e riflette sul fatto che «la maggior parte degli scherzi sono stati concepiti da ricercatori specializzati nelle scienze più complesse», forse per sdrammatizzare o per offrire un attimo di respiro. Non manca una riflessione sulle fake news, sottolineando che, anche se la propensione al complottismo ha reso più difficile lasciarsi andare allo scherzo, «abolire gli scherzi non aumenterebbe il numero delle persone ragionevoli», oltre al fatto che la capacità di scherzare è un aspetto positivo: «si può scherzare solo se si è disposti a non prendersi troppo sul serio».
Vito Tartamella ci parla della scienza con leggerezza, consentendoci di passare qualche ora di svago e regalandoci qualche risata. «Giocare con la scienza può essere affascinante», grazie a questi scherzi che «permettono davvero di guardare la scienza con occhi diversi.»
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