Se si parla di libri sulla vita di Marie Curie non può non venire in mente la corposa biografia di Susan Quinn di oltre 500 pagine che, proprio per il suo volume, sembra incompatibile con la presente Autobiografia. Alla richiesta di scrivere la propria autobiografia, infatti, Marie Curie rispose: «È una piccola storia semplice, senza grandi eventi. Sono nata a Varsavia, da una famiglia di insegnanti. Ho sposato Pierre Curie e ho avuto due figlie. Ho lavorato in Francia.» Lo straordinario valore scientifico di Marie Curie sembra scontrarsi, in questo caso, con la sua modestia, anche se tra le poche pagine (poco meno di 60) di questa autobiografia, c’è anche tanto altro.
Edito da Castelvecchi Editore nella Collana Le Navi, la pubblicazione risale all’anno scorso, ma l’edizione originale delle Autobiographical Notes risale al 1923, quando l’editore Macmillan le pubblica come appendice alla biografia di Pierre Curie, scritta proprio dalla moglie. L’introduzione dell’epoca fu curata da Marie Mattingly Meloney, la giornalista americana che aveva promosso la raccolta fondi americana per donare alla scienziata un grammo di radio e che aveva chiesto a Marie Curie di scrivere qualcosa di se stessa. Dell’introduzione di questa edizione italiana si è occupata Daniela Monaldi che parla di «una scelta ponderata di pubbliche relazioni da parte di un’amministratrice sapiente, pragmatica ma coerente»: in altre parole, nonostante la sua riservatezza, la Curie accetta di raccontarsi per poter raccogliere fondi.
L’autobiografia è divisa in quattro capitoli: il primo capitolo è dedicato alla sua famiglia di origine, all’infanzia e alla giovinezza, al patto con la sorella per garantirsi la possibilità di proseguire gli studi in Francia, fino al suo incontro con Pierre. Il secondo capitolo è dedicato al matrimonio, alla ricerca scientifica portata avanti con Pierre, alla tragica morte dell’amato. Il terzo capitolo è dedicato all’impegno durante la Prima Guerra Mondiale, fino ad arrivare al viaggio del 1921 negli Stati Uniti e l’ultimo capitolo è proprio il racconto di questo viaggio. All’interno del percorso manca il riferimento alla delusione d’amore giovanile e manca tutto ciò che riguarda la storia che la vide protagonista dello scandalo con Paul Langevin.
La Curie è attenta a mettere in evidenza il proprio amore per la scienza e si propone, per certi aspetti, come modello per le donne che vogliono seguire un percorso impegnativo come quello scientifico. Come ci ricorda la Monaldi, «Non volle esporre nulla […] della sua vita intima al di là della sua adorazione di Pierre e della profondità degli affetti familiari.»
Vista questa premessa, ci si aspetterebbe uno stile scarno e quasi frettoloso, ma non è così, perché la celebre scienziata non avrebbe potuto realizzare qualcosa di impreciso: Marie Curie approfitta dell’occasione per dirci anche molto altro di sé, delle sue scelte, della sua fede nella scienza. «Non si può sperare di costruire un mondo migliore se non si migliorano gli individui. A questo scopo, ciascuno di noi doveva lavorare al proprio miglioramento e al tempo stesso condividere una responsabilità comune verso tutta l’umanità, essendo nostro particolare dovere aiutare coloro cui credevamo di poter essere maggiormente utili.» scrive, parlando dell’intenso lavoro che portò lei e Pierre a ottenere il Premio Nobel.
La lettura è interessante e alla portata di tutti ed è un modo per entrare veramente in contatto con Marie Curie, con la sua idea di scienza, con le sue idee in generale. È assolutamente consigliato a quanti vogliano conoscere questa donna unica e straordinaria.
«Radioattività in famiglia» è uno dei libri della collana “Donne nella scienza” di Editoriale Scienza: scritto da Simona Cerrato e illustrato da Grazia Nidasio, è stato pubblicato nel 2003. Simona Cerrato, che ha vinto il premio Andersen nel 2006 con il libro «L’universo di Margherita», anch’esso pubblicato con Editoriale Scienza, mostra tutta la sua abilità nel raccontarci, in prima persona, la vita di Marie Curie: la sua laurea in fisica le consente di trattare con competenza l’aspetto scientifico della vicenda, mentre la sua esperienza con la divulgazione scientifica è una garanzia di semplicità e chiarezza.
La vicenda si apre con la conferenza Solvay di Bruxelles del 1933, nel corso della quale Irène e Frédéric Joliot-Curie vengono attaccati da Lise Meitner: Irène è arrabbiata e ferita, minaccia di abbandonare lo studio della fisica e sembra proprio di sentire la vera Marie, che la sprona ad andare avanti, «Non ti scoraggerai mica alla prima difficoltà… Se si sbaglia si deve avere il coraggio e la forza di ricominciare. La scienza è così, ed è anche una gara a chi arriva primo. Certo la cosa più importante, il motore che ci spinge ad andare avanti giorno dopo giorno, è il desiderio di capire e conoscere sempre meglio la natura.» Alle proteste di Irène che, come tutti i figli, non riesce a vedere la propria madre come una persona completa, con tutte le sue luci e le sue ombre, ma vede solo la scienziata di successo che, apparentemente, non ha dovuto affrontare nessuna difficoltà, Marie risponde raccontandole la sua vita, i suoi successi ma anche i suoi fallimenti. Il racconto viene chiuso dalla stessa Irène: l’autrice immagina una sua lettera alla madre, una lettera che racconta il seguito della storia, con il premio Nobel conquistato anche da Irène e dal marito, l’anno dopo la morte di Marie Curie. L’ultimo paragrafo è il racconto di Hélène, la figlia di Irène: anch’ella scienziata, anche se non nota come la madre e la nonna, racconta la morte della madre.
Come gli altri libri della collana, anche «Radioattività in famiglia» si chiude con degli approfondimenti: alcune foto, alcune brevi notizie biografiche di scienziati contemporanei, piccoli approfondimenti sulla teoria atomica e la radioattività, alcuni documenti di Pierre e Marie, tra i quali i discorsi al conferimento del Premio Nobel, ed infine un’intervista a Elisa Molinari, all’epoca della pubblicazione del libro Direttrice del Centro Nazionale sulle NanoStrutture e i BioSistemi sulle Superfici di Modena.
Il libro è dedicato ai ragazzi delle medie, ma la lettura è consigliata davvero a tutti: lo stile leggero e la necessaria semplificazione non sminuiscono la vicenda unica e straordinaria di una donna che nessuno può permettersi di ignorare.
«La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso»: questa frase piena di speranza, spesso attribuita erroneamente a Einstein, e che sicuramente è capitato a molti di noi di condividere con i nostri contatti, non è vera. Esattamente come la convinzione che la Grande Muraglia sia visibile dalla Luna, mentre non è visibile nemmeno per gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, o che vaccini e autismo siano correlati… Wired presenta una galleria di 50 fotografie, accompagnate da brevi didascalie, elencando alcune teorie scientifiche ormai superate: alcune sono state un passo necessario, un aiuto per superare superstizioni o false credenze, altre forse non ancora archiviate. Proseguo in leggerezza, visto che siamo all’inizio delle vacanze estive, proponendo alcune letture matematiche, che magari possono accompagnarvi sotto l’ombrellone: l’elenco, un po’ ristretto, è di Chiara Burberi di Redooc, ma se volete la versione completa ed estesa, non vi resta che aggiungere alla lista di libri da leggere per l’estate il bellissimo «Le ragazze con il pallino per la matematica».
«C’è ancora spazio per la Matematica nel terzo millennio? Il dubbio effettivamente può sorgere… La Matematica è la più antica delle scienze (i primi documenti risalgono al 2000 a.C. nell’antico Egitto e in Mesopotamia). Ma sarà, con tutta probabilità, anche quella che sopravviverà a tutte le altre scienze; la Matematica è la sola che può svilupparsi in modo autonomo, tutte le altre hanno invece bisogno di esprimersi con il linguaggio della Matematica e di usarne gli strumenti.» L’incipit di questo articolo di Alfio Quarteroni, “La matematica spiegata ai nostri figli”, è solo un assaggio di ciò che è stato pubblicato dal Corriere della Sera venerdì 25 maggio e che è riproposto da MaddMaths. «L’astrazione permette di guardare i problemi nella loro più grande generalità. Aiutandoci a scoprire quella che è l’essenza caratteristica del problema, facendoci capire i suoi segreti più intimi.» Semplice e di rapida lettura, l’articolo ci parla degli algoritmi che usiamo quotidianamente, anche se inconsapevolmente, come gli algoritmi di ricerca per le nostre ricerche su Google o gli algoritmi di codifica, che ci permettono di inviare immagini tramite Whatsapp. Questo concetto ci viene ribadito nell’intervista del 29 maggio di Giovanni Caprara a Camillo De Lellis, matematico italiano che «dal primo luglio siederà su una delle otto cattedre permanenti di matematica dell’Institute for Advanced Study di Princeton». Tra i vari algoritmi elencati, manca l’avvocato che si occupa dei risarcimenti aerei: «AirHelp, società tedesca di supporto nella richiesta di risarcimenti aerei, ha lanciato Lara, un avvocato con intelligenza artificiale in grado di valutare la fattibilità di un reclamo in tribunale e le sue possibilità di vincita.» L’algoritmo valuta la validità di un ricorso e la sua possibilità di successo, analizzando lo stato dei voli aerei, le statistiche degli aeroporti, le condizioni meteorologiche e altri fattori. Non preoccupatevi, non sostituirà certo gli avvocati, ma potrebbe contribuire a rendere migliore la loro professione, tagliando le attività amministrative ripetitive.
Persino la Rai ha dedicato la puntata di “Filo Diretto Web” del 4 giugno ai matematici: «I matematici? Contano sempre di più». È bellissimo cogliere il senso di meraviglia dei giornalisti che quasi si stupiscono di fronte alla necessità di matematici che invade tutti i campi dell’impiego, dalla finanza alla meteorologia. Gli addetti del settore continuano a parlarci della versatilità della laurea in matematica e della flessibilità che i laureati in questo settore riescono ad avere, i giornali ci raccontano di algoritmi e big data, eppure lo stupore non smette di coglierci quando parliamo delle possibilità di impiego dei matematici. Questo articolo di Repubblica evidenzia la carenza di insegnanti di matematica e ci invita a superare l’immagine obsoleta che spesso abbiamo degli insegnanti: «Il matematico per di più è raccontato ancora oggi al lavoro in totale solitudine e mai in gruppo. Prigioniero di matasse di parentesi tonde, quadre e graffe. Lontano dall’interesse per il mondo reale.» Forse non tutti si rendono conto di quanto il ragionamento matematico sia fine e complesso, di come non dia nulla per scontato, ma, nel momento in cui dimostra qualcosa, è verificato per sempre. Val la pena, a tal proposito, leggere il post «L’inverso del teorema di Pitagora»: l’autore è Zar che nel suo blog Proooof si diverte a proporre questi dialoghi, dai quali si impara sempre qualcosa. E speriamo possano imparare qualcosa anche i giornalisti che hanno parlato della capienza di un centro commerciale di Milano: 700 mila persone in 32 mila metri quadrati, ovvero… molte più di quelle che partecipano in genere alle manifestazioni, secondo gli organizzatori. Eppure, persino le api conoscono lo zero (e quindi anche i giornalisti potrebbero fare lo sforzo di imparare un po’ di matematica…): attraverso le pagine di Repubblica ci viene raccontato un articolo di Science, nel quale si parla di un’équipe internazionale di ricercatori che ha condotto una serie di esperimenti, scoprendo che le api sono in grado di «comprendere il concetto di numerosità» e quello di zero. Direi che questo risultato è fonte di grande speranza per tutti gli studenti che suderanno sulla matematica per preparare l’imminente esame di maturità (o per confrontarsi con gli esami di recupero a settembre): «ci fa capire che basta un sistema nervoso molto semplice, composto da appena un milione di neuroni, per sostenere il concetto di numerosità e quello di zero.» Se poi ampliamo il nostro raggio d’azione e parliamo di numeri casuali (importanti perché sono alla base dei videogames, ad esempio), scopriamo (tornando al punto di partenza) che «una sequenza di numeri casuali viene generata mediante un algoritmo» e siccome in un algoritmo, se inseriamo lo stesso dato di partenza, avremo, in uscita, lo stesso risultato, scopriamo che la sequenza di numeri casuali generata dall’algoritmo… non è casuale! La cosa simpatica è che «quello che è impossibile per un matematico o un fisico diventa una buona approssimazione per un ingegnere», come a ribadire che i matematici sono in genere più schizzinosi degli ingegneri.
Non possiamo dimenticare il resoconto dell’indagine “Io e la matematica”, lanciata da Math is in the Air in collaborazione con i professori R. Zan e P. Di Martino del Dipartimento di Matematica della Facoltà di Pisa: hanno partecipato oltre 3000 persone, per la maggior parte con età inferiore ai 18 anni. Leggere i risultati è quindi un obbligo per gli insegnanti di matematica, che possono farsi un’idea di quali siano i sentimenti per la matematica dei propri alunni. Anche se non sarà certo una sorpresa scoprire che il 40% dei partecipanti ha o ha avuto un pessimo rapporto con la matematica… Per quanto riguarda l’analisi dell’insegnamento, i miei alunni sono perfettamente in linea con quanto rilevato dall’indagine e io mi ritrovo pienamente nello “spiega troppo velocemente”: ma il problema resta comunque il programma infinito del liceo scientifico… discorso che riprenderemo dopo gli esami di maturità…
Per concludere questa carrellata di algoritmi, all’insegna dell’utilità e della diffusione della matematica, non posso non parlare del Premio William Benter in Matematica Applicata, che viene assegnato ogni due anni e «mira a premiare quelle ricerche matematiche che hanno avuto un impatto diretto e fondamentale su applicazioni scientifiche, commerciali, finanziarie e ingegneristiche». Il premio è stato assegnato a Ingrid Daubechies e la cosa è degna di nota perché è la prima volta che il premio viene conferito a una donna. «Il suo lavoro spazia dalle wavelet alla compressione delle immagini agli algoritmi matematici applicati per riconoscere i falsi dell’arte; ha lavorato inoltre per costruire reti matematiche globali e fornire una migliore formazione a scienziati e ingegneri di paesi in via di sviluppo, e per incoraggiare un maggiore interesse per la matematica tra le donne.» Un personaggio degno di nota…
Oggi, 15 giugno, il più grande progetto di fisica dei prossimi dieci anni ha cominciato il suo cammino, visto che al CERN si celebra la posa della prima pietra con l’inizio dei lavori di ingegneria civile del progetto HiLumi LHC, per potenziare il superacceleratore del CERN, in modo da aumentarne la luminosità. Per capirne qualcosa di più, è utilissima l’intervista video a Lucio Rossi, project manager HiLumi LHC.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di informatica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: utilizzo di Excel e Geogebra, statistica.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: equazioni e disequazioni con valori assoluti.
Durata: un'ora.
Perché insegniamo matematica? Paul Ernest, professore emerito di filosofia della didattica della matematica alla University of Exeter, propone tre motivazioni principali, ma pare che le attuali riforme pongano l’accento soprattutto sull’utilità/necessità della matematica, per la carriera lavorativa ma anche per la difesa nazionale o per gestire l’economia. In un documento del 2000, «il NCTM (National Council of Teachers of Mathematics) afferma in modo netto che gli studenti hanno bisogno di apprendere la Matematica, e per estensione noi di insegnarla, per motivi che vanno oltre, ma comprendono, “la Matematica necessaria”.» La matematica può servire per la vita, perché conoscerla può «dare soddisfazione personale e un senso di sicurezza», la matematica è parte del patrimonio culturale, serve per il lavoro e per la comunità scientifica e tecnologica. Indipendentemente dalle riflessioni riportate nell’articolo, io ho scelto di insegnare matematica, perché la matematica mi ha sempre rilassato: per me svolgere i temi esame della maturità quando frequentavo la quinta liceo scientifico era rilassante come fare le parole crociate. La scoperta dell’ulteriore bellezza e profondità della matematica è arrivata dopo, non all’università – dove la matematica è stata essenzialmente fatica – ma con l’insegnamento e approfondendo la bellissima cultura che la matematica porta con sé. Da vent’anni a questa parte, per me la matematica è una scoperta continua, un passatempo piacevole e una sfida, sia insegnarla che capirla! «Se insegniamo matematica in modo che gli studenti si sentano più forti grazie ad essa, la preparazione per l’università e le successive carriere si sistemerà in gran parte da sola. […] Siamo responsabili nel fornire maggiore fiducia in se stessi ai nostri studenti in modo che possano migliorare non solo le loro vite, ma anche perché possano capire meglio ed essere critici rispetto al mondo che li circonda.»
Mi capita a volte di interrogare studenti così presi dal panico da non riuscire a rispondere nemmeno alle richieste più elementari, anche se normalmente in classe dimostrano una buona dose di intuito matematico. Mi capita anche di sentirmi dire dalle mamme che io creo ansia nei loro figli. Sarà forse per questo motivo che il tema dell’ansia legata alla matematica mi interessa tanto? Sarà per questo motivo che ho dedicato il mio primo anno di ruolo proprio all’indagine di questa ansia? Credo di aver già condiviso il link a questo video che Orly Rubinsten ha realizzato per TED-Ed e che è stato pubblicato su YouTube il 27 marzo del 2017, ma sono convinta che valga la pena risentire alcune cose: la matematica è così speciale che esiste un’ansia da matematica e, al contrario di quanto pensano i miei studenti, non sono gli unici a soffrirne. Persino Laurent Schwartz, matematico così abile da meritarsi la Medaglia Fields, ne soffriva. Quali sono i sintomi? Se davanti a un test di matematica sentite il vostro cuore accelerare i battiti, le mani vi sudano e le farfalle volteggiano nel vostro stomaco, ma non siete innamorati, se la concentrazione diventa difficile… fate parte del 20% della popolazione che soffre di ansia da matematica. Dovete solo ricordare che soffrire di ansia non significa non essere bravi, anche se l’ansia agisce sulla memoria di lavoro e, per questo motivo, limita la capacità di svolgere il test. Al di là delle varie tecniche di rilassamento che si possono applicare, di questa o quella scuola di pensiero, forse è importante ricordare che le nostre abilità matematiche crescono con noi: dobbiamo imparare a pensare a noi stessi come a persone che possono crescere e migliorare, perché solo in questo modo potremo davvero crescere e migliorare.
Quando si parla di amore per la matematica, si trovano più seguaci di quanto si possa pensare: la risposta di Laken Brooks all’ansia da matematica, costruita attraverso la poesia, oppure il ruolo di Patrick Devlin, assistente a Yale, che ritiene che chiunque possa apprezzare la bellezza della matematica. Nella sua chiacchierata sulla matematica, Patrick Devlin si definisce un eterno bambino che si diverte a scarabocchiare durante le lezioni di matematica e che ama guardare i video di Vi Hart. Confesso che nel leggere il nome di questa artista, un campanellino ha suonato nella mia mente, ricordandomi che l’avevo citata durante una conferenza a scuola anni fa: Vi Hart si definisce una “recreational mathemusician” ed è famosa per i suoi video su YouTube. È così abile che nel 2018 ha vinto il premio per la comunicazione della Joint Policy Board for Mathematics, per l’intrattenimento, ma anche per aver ispirato un pensiero matematico con i suoi video su YouTube, che spiegano concetti matematici attraverso scarabocchi. E sono scarabocchi davvero belli. Ho cercato qualcosa che avesse a che fare con i frattali* ed i cinque minuti del video sono volati in un attimo, mentre i colori regalati alle frazioni mi hanno aiutato a entrare ancora di più in questo splendido universo frattale costruito con i numeri. E che dire di questo gioco che coinvolge anche il triangolo di Sierpinski? Da un triangolo di Sierpinski al Trianglethon della Fractal Foundation il passo è breve: per rendere più popolari i nostri laboratori, abbiamo deciso di copiare l’idea della Fractal Foundation e di far realizzare tanti piccoli triangoli agli alunni delle scuole a noi vicine. L’obiettivo è di arrivare a realizzare il nostro piccolo/grande triangolo di Sierpinski e, in un secondo momento, di inviare i nostri triangoli alla Fractal Foundation, anche solo per ringraziarli della splendida idea… a cui ci siamo ispirati! Hanno già cominciato ad arrivare i primi triangoli e se qualcuno di voi volesse partecipare, non deve far altro che chiederci il disegno da cui partire e ve lo invieremo in formato pdf.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
*Perché proprio i frattali? Perché quest’anno parteciperemo al Festival di BergamoScienza con alcuni laboratori sui frattali. Noi ci stiamo divertendo a vedere cosa si stanno inventando i nostri appassionati animatori e speriamo che anche per voi potrà essere divertente partecipare.
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: ottica geometrica e statica dei fluidi.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: potenziale e condensatori.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: geometria euclidea e analitica dello spazio.
Durata: due ore.
Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: campo elettrico, forza di Coulomb, teorema di Gauss.
Durata: un'ora.
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