Il calcolo delle probabilità è parte integrante del programma di matematica del liceo scientifico: dopo un primo approccio in seconda, con un cenno al Teorema di Bayes, si procede, in quarta, con un approfondimento, grazie ai nuovi strumenti offerti dal calcolo combinatorio e ad una maggiore capacità di astrazione.
Il calcolo delle probabilità è anche estremamente utile per affrontare un percorso di educazione civica e il collegamento più immediato ha a che fare con l’azzardopatia, anche se, in generale, la probabilità ci offre un modo di interpretare la realtà, entrando nelle aule di tribunale, negli ospedali e nelle decisioni che prendiamo ogni giorno.
Ho cominciato il percorso con i miei alunni di seconda sfruttando il lavoro di Taxi1729, una società di consulenza, formazione e comunicazione scientifica, il cui lavoro, come recita l’homepage, ha «un unico filo conduttore: la decisione umana». Il primo video, Gratta e vinci: compulsivi per legge, mostra fin da subito che ci sono studio e pianificazione dietro la forza del gioco d’azzardo.
«Nel 1997, in una relazione alla Camera dei deputati sull’andamento dei Gratta e Vinci, il Ministro delle Finanze Visco si dichiara soddisfatto degli ultimi incassi ottenuti per lo Stato e fa una lista dei punti di forza di questo gioco, su cui investire negli anni successivi». I punti di forza sono l’intimità, data dal sentirsi protagonista del gioco, l’illusione della vincita, perché come lascia capire la pubblicità è facile vincere, le piccole vincite, visto che un biglietto su quattro è vincente, e le quasi vincite, che generano frustrazione, ma fanno anche venir voglia di riprovarci subito. Anche i mass media sono complici di questi incassi dello Stato, perché ogni volta che c’è una grande vincita, questa viene enfatizzata, invogliando gli spettatori a diventare giocatori, a tentare la fortuna. Anche se siamo consapevoli che le probabilità di vincita sono molto basse, il fatto che qualcuno vinca ogni tanto ci porta a illuderci di poter essere, un giorno, uno dei fortunati vincitori.
Insegno a Lovere, sul Lago d’Iseo, e sono a pochi minuti di auto da Rovetta (in provincia di Bergamo) dove «è stato centrato il 6 dei record al SuperEnalotto!» il 16 febbraio del 2023. Il giorno dopo, Paolo Canova e Diego Rizzuto di Taxi1729 hanno pubblicato il video Qui vinti 371 milioni di euro! proprio per parlare della vincita. Quando ho fatto il percorso con la seconda dell’anno scorso, la vincita è stata realizzata proprio il giorno che i miei alunni affrontavano la verifica scritta sull’argomento e il giorno della consegna ho mostrato il video. Come ricorda Diego verso la fine, quel 16 febbraio ha coinciso con «il 21° Bradbury day, ovvero il ventunesimo anniversario (a proposito di improbabilità) della improbabilissima vittoria olimpica del pattinatore australiano Steven Bradbury», vincitore della prima medaglia d’oro australiana alle Olimpiadi invernali.
La vittoria è stata così inaspettata per tutti che “doing a Bradbury” in Australia è diventato un modo di dire che indica «un successo clamoroso e altamente insperato». Allo stesso livello si pone quanto successo a Randy Johnson, che ha colpito un colombo lanciando una palla durante una partita di baseball, il 24 marzo 2001. Anche questo evento è altamente improbabile, e consapevolmente Randy ha usato l’unicità di quanto successo per farne il suo logo, ora che esercita la professione di fotografo.
Nel percorso sulla probabilità è per me estremamente importante sottolineare come il nostro intuito non sempre ci aiuti ad affrontare le situazioni: spesso ci porta fuori strada, spingendoci a valutare erroneamente la probabilità di un evento. Ho continuato il percorso, quindi, parlando del paradosso di Monty Hall, che poi non è altro che un’applicazione del teorema di Bayes. Ho cominciato con un piccolo estratto del film 21, nel momento in cui il professore Mickey Rosa capisce che l’allievo del MIT Ben Campbell potrebbe essere un ottimo acquisto per la squadra che sta addestrando a vincere ai tavoli del Blackjack. Il professore offre a Ben «l’occasione di beccarsi un credito extra», parlando di quello che lui chiama «il problema del conduttore di quiz televisivo»: «Ben, diciamo che stai giocando in televisione e hai la possibilità di scegliere fra tre porte diverse, intesi? Dunque: dietro una delle porte c’è un’auto nuova, dietro le altre due: capre!» Sul sito Mathigon si può procedere con una simulazione del gioco e io lo faccio in classe, offrendo alla classe anche l’occasione di ripassare un po’ l’inglese. Una volta che è stata effettuata la scelta, il presentatore apre una delle porte non scelte e dietro la quale c’è, ovviamente, una capra. A questo punto del gioco, è più conveniente tenere la prima scelta o cambiare porta? Ben non ha dubbi e dà la risposta giusta, ma a me piace procedere leggendo la descrizione che ne fa Christopher, il protagonista del libro di Mark Haddon Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, perché offre anche l’occasione di riflettere su come funzioni la matematica: «Il signor Jeavons disse che mi piaceva la matematica perché mi faceva sentire al sicuro. Disse che mi piaceva perché la matematica serve a risolvere i problemi, poi aggiunse che questi problemi erano difficili e interessanti, ma che alla fine c’era sempre una risposta chiara e diretta per tutto. Ciò che intendeva era che la matematica non è come la vita perché nella vita non esistono risposte chiare e dirette. So che era questo che voleva dire perché è quello che ha detto. Perché il signor Jeavons non capisce i numeri». Per questo motivo, il capitolo 101 del libro (ovvero il 26°) è dedicato al paradosso di Monty Hall, che viene esplorato nel dettaglio, insieme alla vicenda di Marilyn vos Savant, che aveva spiegato il problema dalle pagine della rivista americana «Parade». La sua risposta giusta le è costata un forte attacco, visto che molti scrissero alla rivista contestando la sua risposta: «Il 92% delle lettere sostenevano che si era sbagliata, e molte provenivano da matematici e scienziati». Roberto Natalini, dalle pagine del libro Teorema di Bayes, ci ricorda che «persino il famoso matematico Paul Erdős pensava inizialmente che la soluzione proposta da Selvin e vos Savant fosse sbagliata» (Steve Selvin è lo statistico che risolse il problema per la prima volta nel 1975, e il fatto che lui non sia stato attaccato pesantemente come la vos Savant mi spinge a pensare che parte dell’attacco sia imputabile a una questione di genere).
Per continuare a lavorare sui bias cognitivi legati alla probabilità, chiedo ai miei alunni di mettersi in gioco con il test proposto da Paolo Canova e Diego Rizzuto nel libro Fate il nostro gioco: ci sono 10 eventi diversi e gli alunni devono metterli in ordine, dal più probabile al meno probabile. Non è certo facile procedere senza calcoli e senza ricerche in rete, usando solo l’intuito: «Nei numerosi incontri che abbiamo fatto in giro per l’Italia, nessuno ha mai indovinato l’ordine giusto. Un po’ perché di alcune di queste cose sappiamo poco o niente, dunque facciamo fatica a stabilirne la probabilità, un po’ perché è molto difficile sottrarsi all’influenza delle speranze, delle paure, delle esperienze passate, dell’amplificazione mediatica o al nostro naturale istinto di accordarci alle opinioni altrui», dichiarano i due autori.
Parlando di nuovo del SuperEnalotto, non posso non dare ascolto ad un’altra voce autorevole nel campo dell’azzardopatia, Federico Benuzzi, docente, giocoliere, attore, autore del libro La legge del perdente e autore e protagonista dello spettacolo teatrale L’azzardo del giocoliere, di cui il video A cosa serve la matematica? Il SuperEnalotto non è che un estratto.
In modo molto coinvolgente, Federico Benuzzi descrive la vittoria al SuperEnalotto come la scelta di una carta, precedentemente firmata, in un mazzo con 600 milioni abbondanti di carte. Immaginando di mettere in fila tutte le carte, in un serpentone di 311 km, che si snoda da Bologna al casinò di Locarno, «camminate accanto al mazzo e quando finalmente siete paghi, vi fermate, vi chinate, ne pescate una e se è quella che avete scelto avete vinto 130 milioni di euro». Nonostante l’improbabilità che questo avvenga, «il fatturato del gioco d’azzardo, in Italia, è circa 90 miliardi l’anno! Quasi l’8% del PIL! […] Si stima che gli italiani spendano, in gioco d’azzardo, il 10% di quello che spendono come privati!»
In questa passeggiata tra le probabilità, mi piace fare riferimento a storie che in qualche modo possano restare impresse e che aiutino, quindi, a collocare meglio quanto dico dal punto di vista matematico. Per questo motivo, non può mancare Roy Sullivan, del quale ho sentito parlare per la prima volta quando ho visto online la conferenza di Paolo Canova e Diego Rizzuto al Salone del libro nel 2013. L’ho ritrovato, ovviamente, anche tra le pagine del loro libro, nel capitolo dedicato agli eventi improbabili, come «manifestazione empirica che l’improbabilità esiste e vive insieme a noi».
Roy Sullivan è un guardiaparco, che, nell’arco della sua vita, è stato colpito sette volte da un fulmine, a dimostrazione del fatto che anche ciò che indichiamo come «praticamente impossibile» potrebbe verificarsi. Nel corso della conferenza, la vicenda di Roy Sullivan è presentata per rispondere all’obiezione di chi potrebbe riconoscere che per quanto la vittoria al SuperEnalotto sia «praticamente impossibile», è fuor di dubbio che qualcuno, ogni tanto, vince! Diego e Paolo citano la legge dei numeri grandi, per sottolineare che anche se la probabilità di vincere, per il singolo, è molto bassa, quando ci sono molte persone che giocano, la probabilità che, all’interno della popolazione, qualcuno vinca potrebbe essere anche molto alta. In altre parole, se in un gruppo di cinque persone lanciamo un dado a sei facce e ognuno di noi scommette su una faccia diversa, la probabilità che qualcuno di noi riesca a vincere è molto alta (5/6), mentre la probabilità del singolo non è cambiata (1/6).
Torno poi alle fasi iniziali della conferenza e lascio che Diego e Paolo raccontino l’incredibile vicenda del processo di O.J. Simpson, ripresa anche da Paolo Caressa in un articolo pubblicato su Prisma, La probabilità condizionata del Reverendo. La vicenda è quella del processo che ha fermato gli USA quando, il 3 ottobre 1995, stava per essere emanato il verdetto: O.J. Simpson era accusato di aver ucciso la ex moglie, Nicole Brown Simpson, ma alla fine del processo verrà giudicato “Not guilty!”, non colpevole. L’accusa aveva dimostrato la presenza di violenze domestiche durante il loro matrimonio, sposando la tesi secondo la quale, essendo un uomo violento, era molto probabile che fosse lui il responsabile della morte della ex moglie. La difesa, gestita dal cosiddetto Dream Team, ovvero il gruppo di avvocati migliore sulla piazza, aveva quindi proceduto con il calcolo delle probabilità, studiando le cifre dell’anno precedente: su 4 milioni di donne picchiate dal partner, “solo” 1600 erano state uccise, ovvero lo 0,04%, quindi era estremamente improbabile che O.J. Simpson fosse il responsabile della morte della ex moglie. Un dream team per l’accusa, con almeno un matematico, avrebbe forse potuto ribaltare il verdetto: c’è un errore macroscopico alla base del ragionamento, perché l’insieme di riferimento, ovvero l’insieme dei casi possibili, non può essere quello delle donne picchiate dal partner. Alla luce di quanto successo, l’insieme di riferimento deve essere quello delle donne che hanno subito violenza domestica E che sono state uccise. A questo punto, con questo nuovo insieme al denominatore costituito da 1800 donne, la probabilità diventa 1600/1800, ovvero dell’89%. Il Reverendo Bayes avrebbe potuto aiutare gli avvocati a fare realmente giustizia.
In classe, è stato necessario anche dedicare un po’ di tempo al calcolo, esplorando la teoria della probabilità attraverso alcuni esercizi, per capire ancora meglio i problemi che ci eravamo posti. Ho usato il libro del prof. Daddi Calcolo delle probabilità come supporto, ma ho avuto modo di utilizzare anche gli esempi proposti da Roberto Natalini nel suo libro Teorema di Bayes, pubblicato nella Collana di Le Scienze. Ci siamo divertiti con Il problema dei gattini, dove «una gatta ha partorito due gattini di cui almeno uno è maschio. Qual è la probabilità che anche l’altro sia maschio»?, che è indicato come un paradosso. Poi non ho potuto non parlare del problema dei test diagnostici e, seguendo le orme di Roberto Natalini, ne ho presentata una soluzione elementare, sottolineando come «la probabilità per una persona malata di essere positiva è diversa dalla probabilità per una persona positiva di essere malata».
In conclusione, sono tornata sul gioco d’azzardo con il video di Taxi1729 Il caso si fa bello.
Questa volta in scena ci sono Diego Rizzuto e Olmo Morandi: tutto comincia al casinò di Montecarlo, il 18 agosto del 1913, quando le persone che si trovarono davanti al tavolo della roulette videro uscire 19 neri consecutivi. Su cosa avreste puntato per il ventesimo lancio? Avreste fatto come i presenti e vi sareste giocati anche le scarpe? «La forza di un’anomalia come questa è capace di indurre in tentazione chiunque, persino i più scettici», dichiarano Paolo e Diego nel libro, e nel video sentiamo una fastidiosa vocina che continua a ripetere «Il rosso è più probabile!» Ma il rosso si negò ancora e i neri consecutivi arrivarono a 26. Il motivo per cui avremmo puntato sul rosso è legato all’idea errata di caso che abbiamo in testa: secondo gli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky «tutti noi abbiamo in testa delle regole estetiche che il caso deve rispettare per potersi dire tale!». L’equità, l’alternanza e il disordine appartengono a quei bias cognitivi di cui siamo tutti vittime, in qualche modo, come dimostrato da Steve Jobs, che, con l’opzione shuffle dell’iPod «decise di correre ai ripari e di creare una riproduzione casuale non “veramente casuale”, ma che apparisse tale ai clienti».
Queste regole estetiche sono così radicate che trovano terreno fertile anche nel gioco del Lotto, con i numeri ritardatari, che sono riportati anche nel sito ufficiale del gioco del Lotto (quelli seguenti sono comparsi il 16 febbraio 2024):
Tendiamo a vedere una dipendenza tra i singoli eventi, ma non tutti gli eventi sono collegati tra loro, e sicuramente non sono collegate tra loro le estrazioni del Lotto. Il Lotto non ha memoria, come la moneta, come i dadi, come la roulette!
Dopo aver cercato di scardinare i bias cognitivi legati alla probabilità a suon di matematica, ho concluso il percorso riprendendo in mano l’articolo (già citato) di Paolo Caressa per parlare di un’altra vicenda giudiziaria complicata dal calcolo (errato) della probabilità, quella «dell’inglese Sally Clark, condannata nel 1999 per aver soffocato entrambi i figli: il giudice aveva stimato troppo improbabile che tutti e due fossero morti in culla, dato che la probabilità che un bimbo muoia di questa orribile sindrome era stimata 1 su 8543». Se noi consideriamo indipendenti tra loro le due morti, come ha fatto il pediatra interpellato, la probabilità, già bassa, di un singolo evento, diventa ancora più bassa quando si considerano i due eventi insieme, «poco più di un milionesimo per cento!» Bisogna aspettare il 2001 per avere l’intervento della Royal Statistical Society, che screditò l’ipotesi del pediatra: «la probabilità della morte in culla di un bambino è ben più alta se un suo fratello ha pure subito questa terribile sorte». Sally Clark venne scagionata nel 2003, ma la sua vita era ormai stata rovinata. Non ha avuto la fortuna di avere dalla sua parte il Dream Team di O.J. Simpson…
Fatto in questo modo, il percorso ha permesso di guardare in faccia i nostri bias cognitivi, dare alla teoria delle probabilità una parvenza umana attraverso il racconto di numerosi aneddoti, impedire che venisse percepito come mero calcolo, mostrare, ancora una volta, che la matematica è ovunque e che per l’educazione civica è una vera fonte di ispirazione!
Durante tutto il processo di analisi dei dati, ci siamo resi conto di ciò che avremmo dovuto cambiare, in parte per semplificare il nostro lavoro e in parte per rendere ancora più attendibile la nostra indagine statistica, evitando ambiguità:
Queste riflessioni si riveleranno particolarmente utili nel momento in cui procederemo alla stesura di un nuovo questionario, avente per oggetto la matematica nella quotidianità.
IL NUOVO QUESTIONARIO
Nell’ottica di mettere a frutto quanto imparato con questa indagine e con l’obiettivo di realizzare un nuovo questionario (che però verrà somministrato e analizzato da un’altra classe), ci siamo concentrati sulla presenza della matematica nella nostra vita quotidiana. Nel proporre il questionario non abbiamo potuto non tenere conto di alcuni aspetti legati anche all’ambito lavorativo, perché riteniamo che in qualche modo questo possa influenzare l’uso che se ne fa nel resto della giornata. È più probabile che ricorra alla matematica per la soluzione di problemi quotidiani un docente di matematica, ad esempio, rispetto a qualcuno il cui lavoro non ne prevede una grande applicazione. Per la formulazione delle domande, e soprattutto delle scelte multiple, abbiamo riflettuto sulle varie azioni e sui singoli momenti della giornata, per poter capire quanto la matematica sia parte della nostra vita. Abbiamo analizzato anche le diverse branche della matematica per capire quali potessero essere le loro applicazioni, chiedendo aiuto ad altre persone per arricchire la casistica, in modo anche da avere un’idea di quanto la gente possa essere consapevole delle applicazioni quotidiane.
Per le prime domande, ci siamo volute soffermare su due informazioni personali che abbiamo ritenuto importanti, ovvero il grado di istruzione e la fascia d’età, per poter valutare l’impiego della matematica in funzione del proprio titolo di studio. Per i quesiti successivi, ci siamo concentrate su richieste generali che ci aiuteranno a comprendere quanto la matematica sia riconosciuta dalle persone. La prima domanda è una versione quotidiana di quella proposta alla fine del precedente questionario: al posto di «Pensa che potrebbe lavorare senza matematica?», abbiamo proposto «Pensa che la sua vita sarebbe uguale se non ci fosse la matematica?», mentre la domanda successiva chiede di quantificare l’utilizzo della matematica nella quotidianità.
«Che cosa applica della matematica nel suo lavoro?» è diventata: «In quali attività utilizza di più la matematica?» e abbiamo proposto alcune risposte, collegando l’argomento matematico a un esempio tratto dalla quotidianità. Per trovare le possibili risposte a questa domanda e chiarire i dubbi che ci erano sorti, abbiamo chiesto ai nostri genitori e a conoscenti in quali attività ritenevano che questa disciplina fosse fondamentale: valutare le offerte al supermercato, gestire le finanze personali, modificare una ricetta per adeguarla al numero di persone usando le proporzioni… Tra le alternative possibili abbiamo messo anche i viaggi e lo sport, pensando ai fusi orari, al cambio monetario e alle combinazioni delle squadre durante i tornei.
Abbiamo ritenuto fosse il caso di chiedere con quale frequenza venga usata la calcolatrice per risolvere semplici problemi aritmetici, pensando alle ricette o alla suddivisione del conto in pizzeria, per riuscire a cogliere quanta dimestichezza abbiano le persone con la matematica.
Quella più bella, a nostro modo di vedere, è quella riguardante le differenti competenze matematiche a seconda del luogo in cui si vive: siamo consapevoli che esista una matematica diversa a seconda del contesto in cui si vive, basta confrontare tra loro una tribù indigena e un tipico abitante di New York e ci piacerebbe vedere quale potrebbe essere la risposta a questa domanda.
Ci sono anche tante altre domande, ma non è il caso di rovinarvi la sorpresa…
La domanda numero 6 del questionario ha a che fare con il bagaglio di conoscenze fornito dalla scuola: «La scuola che ha frequentato le ha fornito un bagaglio di conoscenze matematiche adeguato rispetto a quello che deve fare?». Le risposte a disposizione erano cinque:
A queste 5 risposte è stato assegnato un punteggio da 1 a 5 a partire dalla prima, e poi è stata fatta la media per ricavare il grafico seguente.
Cerchiamo di interpretarlo dando rilevanza al titolo di studio, riportato in ascissa, mentre i colori riportano l’attenzione sulle categorie. Prima di addentrarci nella descrizione, facciamo alcune precisazioni:
Analizziamo i risultati, usando due diversi raggruppamenti: prima consideriamo il livello scolastico e poi la categoria.
Concentrandoci sui colori, ovvero sulle singole categorie, possiamo avere un diverso punto di vista:
Concludi con le Prospettive future
Nella stesura del questionario, abbiamo ritenuto importante indagare anche il rapporto dei partecipanti con la matematica e, suddividendo le loro risposte in base al grado di istruzione, abbiamo potuto trarre alcune conclusioni che, per quanto limitate al campione esaminato, sono interessanti e permettono alcune riflessioni di più ampio respiro.
I due grafici precedenti si riferiscono all’amore (in blu) e all’odio per la matematica: tra i nostri intervistati, chi ha scelto di non proseguire gli studi dopo la scuola secondaria di primo grado ha avuto maggiori difficoltà in matematica e, in alcuni casi, ha sviluppato un sentimento negativo per la disciplina. Sorprendentemente, sulla totalità del campione solo il 5% ha dichiarato di odiare la matematica, mentre quasi la metà ha ammesso di averla sempre amata e molti hanno affermato di esserne stati affascinati o incuriositi. Questo ci ha portato a interrogarci sulle risposte raccolte e abbiamo dedotto che le risposte sono arrivate, di preferenza, da chi già aveva un sentimento positivo per la matematica: a parte i nostri contatti diretti, scelti tra i nostri genitori e gli amici dei nostri genitori, che hanno scelto di rispondere perché gliel’abbiamo chiesto noi, gli altri intervistati non sono stati scelti tra gli utenti dei social in generale, ma tra quelli che hanno già un rapporto positivo con la materia. Infatti, il questionario è stato condiviso dagli appassionati di matematica sui gruppi a tema matematico. Per questo motivo, per quanto il risultato possa essere più variegato quando si considerano altri percorsi di studio, rispetto alla laurea scientifica, anche in questo caso il nostro risultato non è attendibile: presenta una visione forse troppo rosea della realtà!
Non sorprende che chi ha conseguito una laurea scientifica abbia avuto un rapporto positivo con la matematica lungo il percorso, visto che il 60% degli intervistati ha dichiarato di essere stato influenzato nelle proprie scelte (scolastiche e lavorative) dal rapporto che ha avuto con la matematica. È per questo motivo che dal grafico che segue abbiamo dovuto escludere i laureati in materie scientifiche: l’elevata percentuale di amore per la matematica (70%) falsava la scala del grafico, appiattendolo, e rendendo, quindi, più difficile vedere le differenze tra le risposte dei singoli gruppi.
I SENTIMENTI DEI DOCENTI
Visto che tra i partecipanti all’indagine c’è un numero importante di insegnanti con laurea scientifica (86 questionari, corrispondenti al 13% degli intervistati), abbiamo deciso di analizzare in particolare il rapporto che essi hanno dichiarato di avere con la matematica e oltre ad aver raccolto 63 dichiarazioni di amore incondizionato per la materia, «Ho sempre amato la matematica», le risposte sono state un po’ più articolate, come se le possibilità concesse dal questionario non fossero adeguate ad esprimere la complessità del sentimento generato dalla matematica.
Oltre a quelli che hanno scelto più opzioni tra quelle proposte, qualcuno ha aggiunto particolari personali, a dimostrazione del fatto che la matematica genera sentimenti che coinvolgono il vissuto e che riconoscono addirittura una data all’inizio di questo amore: «Ho iniziato ad amare la matematica alle superiori grazie alla mia insegnante che ho avuto per tutti i cinque anni», «Ho iniziato ad amare la matematica dopo un'illuminazione ricevuta in seconda Liceo Scientifico», «Quando andavo a scuola non la amavo seppur non abbia mai avuto difficoltà. Poi qualcosa è cambiato!». Un altro commento rimanda a un rapporto con la matematica che non può che essere la traduzione di un rapporto con le persone, soprattutto alla primaria: «Ho sempre amato la matematica, ma me l'ha insegnata veramente bene solo la maestra; poi, un pochino, la professoressa delle medie; poi il nulla...», o come dichiarato da persone con altro titolo di studio: «La matematica mi piaceva, ma la professoressa era odiosa e quindi pure la matematica!». Per qualcuno questo amore ha rischiato di finire con l’esperienza universitaria: «Non mi ha entusiasmato lo studio universitario, tranne qualche esame, perché troppo teorico e nozionistico. Preferivo l'approccio più problematico, ragionato e applicativo del liceo scientifico», anche se abbiamo trovato un ingegnere che ha riportato un’esperienza opposta: «Ho scoperto la bellezza della matematica all’università. Fino alle superiori non mi è mai stata spiegata con passione da professori il cui unico obbiettivo era completare superficialmente il programma scolastico senza alcun amore per la professione dell’insegnante». Qualcuno, infine, dichiara un amore tardivo: «La matematica mi ha sempre affascinato e mi è sempre risultata piuttosto facile a scuola, però l’ho sempre studiata più per dovere che per passione finché ero studente».
Analizzando le risposte al nostro questionario, non è stato possibile individuare una professione con un vero odio per la matematica: in 34 questionari abbiamo registrato la risposta «Ho sempre odiato la matematica» e in 58 «Non sono portato/a per la matematica», ma non c’è una professione più presente di altre. Due sole sono le professioni che, in qualche modo, spiccano per una maggiore frequenza: quella degli impiegati (19 risposte in totale) e quella degli insegnanti (20 risposte). Questo non è sufficiente per dire che le due categorie sono "responsabili" di un sentimento particolarmente negativo per la disciplina, perché le due categorie spiccano anche nel sentimento opposto: semplicemente, siccome è elevato il numero di impiegati e di insegnanti intervistati, non possono che spiccare.
Tra le più belle risposte, non possiamo non segnalare quella di un’insegnante di religione di più di sessant’anni: «Subisco il fascino della matematica, riconosco che va avvicinata con creatività, penso che ci avvicini all'Infinito, ma so anche di non essere capace di inoltrarmi nella sua conoscenza». E questo solleva un importante tema, che ritorna più volte nelle risposte: non è l'odio il sentimento che ha raccolto il maggior numero di risposte, ma la sensazione di non essere portati per la matematica, il senso di inadeguatezza, o forse un facile alibi.
I SENTIMENTI DIVISI PER CATEGORIE PROFESSIONALI
Utilizzando la divisione per categorie di lavoratori come nel precedente paragrafo, abbiamo suddiviso le risposte in merito ai sentimenti della matematica.
Quanto evidenziato dal grafico dà un’ulteriore conferma a quanto affermato precedentemente e, al tempo stesso, mostra come il riconoscimento dell’applicazione della matematica nelle proprie mansioni vada di pari passo con i sentimenti positivi che si possono nutrire per la disciplina. In alcune professioni, si sono rilevati risultati contraddittori in merito all’utilizzo della matematica, perché pur facendo lo stesso lavoro qualcuno ne ha riconosciuto la presenza e l’utilità, a fronte di altri che hanno dichiarato, quasi con spavalderia, di poterne fare a meno.
Prosegui con Conoscenze adeguate?
Per capire quanto la matematica sia presente nel mondo del lavoro, è stato necessario procedere con un raggruppamento delle professioni in alcune categorie, secondo la Nomenclatura e classificazione delle Unità Professionali dell’ISTAT, escludendo quelle risposte che non ci hanno fornito una risposta precisa o utile ai fini del sondaggio in questione come:
Le categorie risultanti sono sei:
Tra le risposte che ci sono pervenute, c’erano anche tre poliziotti, che abbiamo inserito nella categoria 5, perché sarebbe stato poco significativo considerarli nella loro categoria di appartenenza (la 9); non abbiamo trovato nessuno né per la categoria 7 né per la 8, anche se alcuni elementi – pochi – avrebbero potuto essere inseriti in queste. Abbiamo preferito ridurre tutto a sei categorie per rendere più facile lo studio.
Osservando i dati raccolti, ci rendiamo conto ora che la nostra indagine avrebbe dovuto cominciare dalla scelta degli intervistati: avremmo dovuto puntare ad avere lo stesso numero di elementi in tutte le categorie, ma la verità è che tutto è cominciato come una piccola indagine tra i nostri conoscenti e mai avremmo pensato di dover analizzare tanti questionari. Fin dall'inizio abbiamo riconosciuto che il nostro campione non è statisticamente rappresentativo, ma a noi è bastato per gettare uno sguardo sul mondo del lavoro e sul ruolo della matematica al suo interno.
QUALE MATEMATICA?
Calcolo aritmetico, algebra, calcolo delle probabilità e statistica, lettura dei grafici, teoremi di geometria e trigonometria, analisi e logica sono le parti della matematica più usate nelle varie professioni e, come è evidente dal grafico, ogni professionista necessita di matematica, per poter svolgere al meglio la propria mansione.
Come era prevedibile, il calcolo aritmetico è quello più usato da tutte le categorie: è indispensabile, non solo in termini di addizioni e sottrazioni. Tendiamo a classificare come “banale” calcolo aritmetico tutta quella matematica che ci pare semplice, ma sappiamo che anche il calcolo di una percentuale, per quanto comporti la soluzione di una semplice proporzione, non è così scontato. La lettura di grafici diventa determinante nell’ambito decisionale, come dimostrato dalle risposte delle categorie dirigenziali, mentre l’uso dei teoremi di geometria non è limitato alla categoria degli ingegneri e dei geometri, perché anche il falegname può averne bisogno.
Tra le risposte, ci ha colpito molto quella di una data scientist: "calcolo aritmetico, statistica, lettura di grafici, trigonometria (una sola volta, ma fu determinante)". Questa risposta ci ha fatto riflettere: nessuno di noi può sapere cosa sarà utile, di ciò che studiamo oggi, nel mondo del lavoro, ma tutto potrebbe essere utile, o addirittura necessario, "determinante". Non abbiamo ancora le idee chiare sulle nostre scelte lavorative, ma in ogni caso, nemmeno questa data scientist avrebbe potuto immaginare che avrebbe avuto bisogno della trigonometria!
In conclusione, possiamo affermare che nonostante l’utilizzo delle diverse parti della matematica fatto dalle diverse professioni sia abbastanza diversificato e sia specifico, a volte, per alcune mansioni, tutte le professioni fanno uso di matematica.
QUANTO È IMPORTANTE LA MATEMATICA NEL MONDO DEL LAVORO?
Per analizzare l’importanza della matematica nel mondo del lavoro, facciamo riferimento alla domanda 8 e facciamo una media dei valori assegnati da ogni intervistato. Riportati i risultati in un grafico, possiamo notare come la categoria 5, formata da 29 persone che compiono lavori pratici, sia quella che dà meno importanza alla matematica, facendone un utilizzo, per certi aspetti, più limitato. Per quanto riguarda la categoria 3, secondo risultato partendo dal basso, abbiamo già riconosciuto che la mescolanza delle professioni tecniche ha generato dei risultati un po’ bizzarri.
Rispetto alle domande analizzate in precedenza, possiamo rilevare una certa coerenza, tranne che per le categorie con il più basso numero di questionari: in questo caso, anche una singola risposta può incidere significativamente sui risultati medi.
Dall’analisi dei dati, possiamo dedurre che:
Prosegui con Il rapporto con la matematica
FONTI
In base al modo in cui i partecipanti hanno avuto accesso al questionario, possiamo distinguere tre categorie:
La maggior parte delle risposte (313) ci è pervenuta tramite nostri contatti diretti; le restanti risposte si suddividono quasi equamente tra social (172) e conoscenti dei nostri contatti (189).
È necessario, quindi, fare un paio di premesse:
GENERE ED ETÀ
Analizzando le risposte (674 in totale), abbiamo cercato di ricostruire il profilo di coloro che hanno partecipato al sondaggio, focalizzandoci sul genere, l’età e il grado di istruzione. Il 59% dei partecipanti era costituito da donne e le età sono indicate nel grafico seguente e suddivise in base al genere:
È importante riconoscere che la fascia di età 18-20 è la meno significativa, visto che hanno partecipato solo 18 persone (meno del 3%). Inoltre, visto che, per la maggior parte, i partecipanti sono ancora impegnati nella formazione, abbiamo deciso di non inserire i loro dati nei grafici successivi. La fascia più nutrita è quella dell’età compresa tra i 50 e i 59 anni (31%), nella quale è presente ancora una maggioranza femminile (127 risposte contro 84). La seconda fascia più numerosa è quella 40-49 (23%), mentre le altre tre fasce, oltre ad essere equamente distribuite per genere, hanno raccolto più o meno lo stesso numero di risposte.
Per verificare quanto il campione fosse poco rappresentativo della popolazione italiana, almeno in termini di età, abbiamo confrontato i dati dei nostri intervistati con quelli riferiti alla popolazione residente al 1° gennaio in Italia[2].
Soffermandoci anche solo sulla percentuale dei maschi e delle femmine,
possiamo notare come la suddivisione per genere del nostro questionario non rispetti la suddivisione della popolazione italiana, dai 18 agli 85 anni.
Se allarghiamo lo sguardo e consideriamo la suddivisione per età, vediamo parecchie incongruenze, ma prima è necessario precisare che la fascia di età più alta non era stata da noi definita, indicandola semplicemente come “60 e più”. Ripensando al campione intervistato, al fatto cioè che l’età più alta è quella dei nostri nonni e che oltre una certa età è più raro che accedano ai social (e quindi al questionario), abbiamo considerato come tetto gli 85 anni.
Già solo la suddivisione per età, quindi, ci restituisce il profilo di un campione che non può essere considerato rappresentativo della popolazione italiana.
TITOLO DI STUDIO:
Dai grafici suddivisi per titolo di studio, possiamo notare una netta superiorità dei laureati, seguiti dai diplomati in materie tecniche. Possiamo notare che il numero delle licenze liceali è inferiore al numero dei diplomi tecnici, ma questo può essere dovuto al fatto che, mediamente, chi sceglie di frequentare un liceo prosegue con gli studi universitari, mentre è più probabile che un diplomato all’istituto tecnico chiuda il proprio percorso di studi dopo il diploma. Pochi sono i votanti che hanno interrotto il proprio percorso scolastico prima della scuola secondaria di secondo grado e, in genere, hanno superato i 60 anni di età, ma questo può essere dovuto al diverso obbligo scolastico: sebbene dal 1948 fosse stato imposto un ciclo di istruzione della durata di minimo otto anni, spesso la maggior parte dei bambini finiva solo la scuola primaria, nonostante le medie fossero obbligatorie. Si iniziò a frequentare obbligatoriamente la scuola media solo dal 1963, cioè per la fascia d’età che oggi è al di sotto dei 70 anni. Man mano che ci si avvicina alle fasce d’età più giovani, il grado di istruzione si innalza, grazie all’obbligo scolastico portato a 16 anni nel 2006[3]. È aumentato, inoltre, il numero di laureati, a seguito del decreto del 1999 con il quale vennero riformati i corsi di studio universitari, creando la laurea triennale e quella specialistica, e alcune professioni hanno visto un cambio di titolo di studio, basti pensare alla formazione infermieristica che, fino al 1995, è avvenuta nelle scuole regionali ed è diventato successivamente universitaria.
Quanto detto non vede differenze sostanziali nei generi, anche se i diplomi risultano essere distribuiti in maniera più omogenea tra le donne, e per gli uomini si tratta soprattutto di diplomi tecnici.
Infine, per ogni titolo di studio, abbiamo calcolato la percentuale di distribuzione in base al genere e abbiamo rilevato che:
Sembra quasi che l’ambito scientifico e tecnico siano un dominio maschile, stando al nostro campione!
[1] Bergamini, Barozzi, Trifone, Algebra.blu 1 con Statistica, Zanichelli, ISBN 9788808998828, capitolo a Introduzione alla statistica, p.a3
[2] http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=42869#
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27istruzione_in_Italia#La_scuola_nell'Italia_repubblicana
Prosegui con Matematica e mondo del lavoro
Mi capita spesso di domandarmi quanto la matematica sia presente in ambito professionale, quanto i miei (ormai ex) alunni debbano “fare i conti” con questa disciplina, tanto che al termine del percorso liceale, chiedo loro di tornare a trovarmi e di raccontarmi cosa hanno scelto di fare e quanto sia stato utile ciò che abbiamo studiato insieme. A volte sembra che il problema si esaurisca nell’utilità, ma non è così: da parte mia, c’è la necessità di capire se ho fornito loro abbastanza strumenti per affrontare il percorso professionale che hanno scelto, qualsiasi esso sia.
Confrontandomi con un medico, a settembre, mi sono sentita dire: «Diciamoci la verità: la matematica che uso nel mio lavoro è quella delle elementari: faccio le addizioni, qualche sottrazione, ma niente di veramente impegnativo!»
È stata questa la molla che ha fatto nascere in me l’esigenza di guardare più in profondità: davvero la matematica che usiamo tutti i giorni nel mondo professionale è solo quella dei primi anni delle elementari? Saltando da un pensiero all’altro, ha preso piede l’idea di realizzare un’indagine statistica e ne è nato un lavoro di educazione civica per la mia terza del liceo scientifico. Abbiamo proceduto per fasi, un po’ a tentoni: guardandomi indietro, mi rendo conto che avrei dovuto guidarli meglio, ma credo che il lavoro fatto abbia permesso loro di capire cosa significhi realizzare un’indagine statistica e, al tempo stesso, abbia fornito un’idea del mondo del lavoro un po’ più articolata. Quello che segue è l’articolo che, suddivisi a gruppi, i ragazzi hanno realizzato al termine del percorso, analizzando i risultati emersi dai questionari raccolti. Dopo aver definito gli obiettivi e i destinatari dell’indagine, gli alunni hanno partecipato attivamente alla stesura delle domande, alla scelta della modalità di somministrazione e alla correzione delle bozze; una volta approntato il modulo Google, hanno diffuso il questionario fra i propri conoscenti e, alla chiusura della consegna, hanno lavorato in gruppo, suddividendosi le domande da analizzare, realizzando una parte dell’articolo riportato di seguito e una parte del Power Point usato per presentare gli esiti dell’indagine alla classe.
In allegato:
2. Matematica e mondo del lavoro
3. Il rapporto con la matematica
Lavoro realizzato dalla classe 3AS del Liceo Scientifico "Decio Celeri" di Lovere (Bg)
Berlinghieri Tommaso, Bonomelli Anna, Cancellerini Claudia, Cocchetti Chiara, Colosio Sofia, Elmetti Davide, Gatti Gabriele, Mazzucchelli Filippo, Meloni Claudia, Oprandi Roberta, Romele Marta, Pe Sara, Previtali Ambra, Stefini Anastasia, Stofler Riccardo, Taboni Diego, Tomaini Filippo
Dopo la teoria dei giochi, ho ritenuto che, per una quinta, fosse una questione importante da trattare quella del coinvolgimento degli scienziati nelle due guerre mondiali. Il percorso della fisica moderna è segnato proprio dal coinvolgimento degli scienziati nei conflitti (basti pensare al Progetto Manhattan), ma gli uomini di scienza hanno "aiutato" in guerra ben prima di Fermi, basti pensare ad Archimede con i leggendari specchi ustori o a Tartaglia con le tavole di tiro. Partendo dal libro di Angelo Guerraggio, La scienza in trincea, ho deciso di esplorare questo argomento così ricco di temi, di spunti, di riflessioni. Per una quinta, è un ottimo argomento da dibattere anche durante l'orale dell'esame di maturità.
In allegato le slide in formato pdf e il dettaglio della descrizione di ogni slide per poter gestire la lezione in classe.
PRIMA PUNTATA:
Una lunga corsa attraverso i secoli, che comincia con l'assedio di Siracusa, la crittografia di Cesare, la Nova Scientia di Tartaglia, il cannocchiale di Galilei e il moto dei proiettili, fino ad arrivare ad Alfred Nobel e alla Società italiana per il progresso delle scienze, fondata nel 1908, che si occupa della promozione delle scienze e delle loro applicazioni. Alle soglie della Prima Guerra Mondiale, il dibattito si anima, con lo scontro tra interventisti e neutralisti, mentre il Manifesto Fulda del 1914 con i suoi 93 illustri firmatari non può che rimandare alla Lettera aperta dei matematici Russi del 2 marzo 2022. La lezione si chiude con il coinvolgimento dei matematici nella Prima Guerra Mondiale, la guerra tecnologica, perché impiega tecnologie appena sviluppate, che dall'esperienza del conflitto riceveranno ulteriori input.
SECONDA PUNTATA:
La Prima Guerra Mondiale è tecnologica per i trasporti, con i tank, l'aviazione e i sottomarini, vede l'invenzione del sonar, l'utilizzo del telefono e le prime trasmissioni radio, ma è anche la guerra in cui vediamo impegnate donne come Marie Curie, che con l'uso dei raggi X contribuì a salvare numerose vite, come Lise Meitner, che lavorò come infermiera di radiologia, e come Clara Immerwhar, che si suicidò quando venne a conoscenza delle responsabilità del marito Fritz Haber, nelle morti di Ypres. Al termine della Prima Guerra Mondiale gli scienziati puntano a "un nuovo centro di ricerca nazionale che superi una frammentazione che si avverte come sempre più paralizzante" e in Italia nasce il CNR.
TERZA PUNTATA:
Mentre gli scienziati ritrovano un po' di armonia e di pace, anche con il mondo tedesco, il fascismo incombe. Non può che spiccare, tra i matematici italiani, la figura di Vito Volterra e la sua scelta di non pronunciare il giuramento fascista. Non si può non parlare del manifesto della razza.
QUARTA PUNTATA:
Il coinvolgimento delle donne nell'ambito scientifico, con Grace Murray Hopper all'indomani dell'attacco di Pearl Harbor, con le computatrici e il loro "altissimo livello di specializzazione matematica", Hedy Lamarr, esempio incredibile di scienziata dimenticata, Alan Turing e Bletchley Park con Enigma, fino a Szilard e Wigner che convincono Einstein a scrivere al Presidente Roosevelt. Il percorso non può che chiudersi con il Progetto Manhattan.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
Francesco Baracca in guerra: https://www.showtechies.com/scienza-e-tecnologia-nella-prima-guerra-mondiale/
Open letter from Russian mathematicians: https://euromathsoc.org/news/open-letter-from-russian-mathematicians-against-the-war-in-ukraine-58
Angelo Guerraggio, La scienza in trincea, Raffaello Cortina Editore, 2015, ISBN 9788860307484
Gabriella Greison, SEI DONNE CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO, Bollati Boringhieri, 2017
Marie Curie, AUTOBIOGRAFIA, Castelvecchi, 2017, ISBN 9788832820225
Sara Sesti, La chimica che si suicidò per orrore della guerra, Prisma #40 2022, p.30/31
Sito dedicato a Luigi Sacco: http://luigi.sacco.crittologia.eu/
Alessandro Bilotta, Dario Grillotti, La funzione del mondo, Feltrinelli Comics, 2020, ISBN 9788807550676
Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi, Matematica in camicia nera, Bruno Mondadori, 2005, ISBN 9788842498636
UMI100ANNI: L'UMI neonata e le compromissioni con il fascismo: https://maddmaths.simai.eu/persone/umi100anni-lumi-guerraggio/
a cura di Pietro Greco, Fisica per la pace, Carocci Editore, 2019, ISBN 9788843085781
Jean-Claude Carrière, La ragazza e il professore, Rizzoli, 2005, ISBN 9788817008655
Organizzazione dell’ICM 2022: https://www.mathunion.org/icm/virtual-icm-2022
Manifesto del 2014: http://www.scienzainrete.it/files/manifestoeuropei.pdf
La regina Elisabetta grazia il genio della matematica Alan Turing (Sol24ore) https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-24/graziapostuma-il-genio-gay-matematica-alan-turing-103331.shtml?uuid=ABbrhwl
6 World War II Innovations That Changed Everyday Life: https://www.history.com/news/world-war-ii-innovations
Carla Petrocelli, Il computer è donna, edizioni Dedalo, 2019, ISBN 9788822068859
T.Pettinato, F.Riccioni, Enigma la strana vita di Alan Turing, Rizzoli Lizard, 2012, ISBN 9788817060677
Ottaviani & Purvis, The imitation game, Le Scienze, 2017, ISBN 977003680830770002
David Bodanis, L'universo elettrico, Mondadori, 2005, ISBN 9788804512721
Laura Fermi, Atoms in the family, The University of Chicago Press, 1961, ISBN 9780226243672
Richard P. Feynman, “Sta scherzando, Mr. Feynman!”, Zanichelli, 2010, ISBN 9788808066275
«Il potere dei numeri» è stato ripubblicato nel 2021 dalle Edizioni Dedalo, nella collana Senza Tempo, che raccoglie i classici della divulgazione scientifica. L’autore, Bernard Cohen, è stato professore di storia della scienza ad Harvard, dal 1942 fino alla fine della sua vita, nel 2003; ha avuto un percorso davvero entusiasmante e ricco: nel 1955 ha avuto occasione di fare l’ultima intervista ad Einstein e nel 1974 ha ricevuto la Sarton Medal, dalla Società di Storia della Scienza. Durante la sua carriera, ha studiato Franklin e Newton e ha dedicato quindici anni alla traduzione dei Principia, che ha pubblicato nel 1999, probabilmente il lavoro più importante della sua vita. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso, ha scritto numerosi libri, parlando di Franklin, della rivoluzione scientifica, di Harvey e Florence Nightingale, che sono di fatto i protagonisti di questa storia della statistica. «Il potere dei numeri» è un piccolo saggio su come la matematica abbia rivoluzionato la vita moderna, se parafrasiamo il sottotitolo; è stato pubblicato in America nel 2005, ultimo atto della vita di Cohen, che ringrazia, nella parte finale, coloro che gli hanno permesso di lavorare, nonostante la sua “salute in declino”.
L’opera è davvero senza tempo: è una storia della statistica che si estende dall’antichità fino all’Ottocento e l’ultimo capitolo è dedicato a Florence Nightingale, la cui passione per le statistiche «è un vero e proprio segnale del trionfo dei numeri». In effetti, lo sviluppo del libro mette in evidenza come, dall’antichità ai giorni nostri, i numeri abbiano avuto un’importanza crescente, tanto da aiutarci ad interpretare sempre meglio la realtà, piegandola in qualche modo alle nostre esigenze.
Nel primo capitolo, l’autore ci fa notare come effettivamente i numeri siano onnipresenti nella nostra società e ci invita a scoprire i protagonisti di questa storia che, al contrario di ciò che potremmo aspettarci, non sono scienziati, ma politici e medici. Se consideriamo l’antichità, i numeri sono fondamentali per interpretare ciò che è avvenuto: solo ripartendo da quantità numeriche, ad esempio, è stato possibile per Richard Parry, dell’Università di Cambridge, risalire al metodo di costruzione delle piramidi.
Il secondo capitolo affronta la rivoluzione scientifica: dopo Keplero e Galilei, scopriamo che sono state le evidenze numeriche rilevate a consentire a William Harvey la scoperta della circolazione sanguigna, mentre i primi risultati nella demografia sono stati raggiunti dal padre della microscopia. I bollettini di mortalità, che si sono diffusi dopo l’epidemia di peste a Londra di inizio Seicento, sono un primo tentativo di raccolta e interpretazione di dati numerici, che porteranno al calcolo dell’aspettativa di vita, così utile per le assicurazioni. Dopo una breve parentesi dedicata alla numerologia, il quarto capitolo è ambientato nel periodo dell’Illuminismo: protagonisti indiscussi dell’analisi di Cohen sono Thomas Jefferson e Benjamin Franklin, l’uno, segretario di stato, tiene registri accurati di tutto ciò che può essere misurato, l’altro, dalle pagine della sua Pennsylvania Gazette, raccoglie numerosi dati numerici, legati al traffico navale e alla mortalità, e usa i dati in suo possesso per promuovere l’inoculazione contro il vaiolo.
Il quinto capitolo è ambientato tra Settecento e Ottocento: da un lato assistiamo alla nascita del sistema metrico decimale e all’acquisizione di una maggiore precisione nelle misurazioni, dall’altro hanno luogo i primi censimenti in Scozia, mentre i numeri danno fondamenta più solide per affrontare lo studio delle malattie mentali o per contestare l’efficacia dei salassi. Nel sesto capitolo, Cohen parla addirittura di un “diluvio di statistiche”, con le tabelle numeriche dei primi decenni dell’Ottocento che vengono pubblicate in volumi, mentre il settimo capitolo è quello della “maturità” della statistica: protagonista indiscusso è Quetelet, che «ha segnato sostanzialmente il nostro pensiero». Notando, dai suoi dati, la regolarità con cui vengono perpetrati i crimini, Quetelet cercherà un modo per migliorare «le condizioni della società», pur non considerando un assoluto le statistiche, che vanno sempre messe in discussione in termini di accuratezza dei dati e solidità del metodo di analisi. L’ottavo capitolo è dedicato alla critica e protagonista ne è Charles Dickens, con il romanzo Tempi difficili e con la condanna dell’astrazione delle tabelle e della rigidità dei numeri.
L’ultimo capitolo è dedicato a Florence Nightingale, cui va il merito di aver portato avanti delle riforme sanitarie grazie all’evidenza dei numeri. Partecipò al Congresso Statistico Internazionale del 1860, dove ebbe occasione di incontrare Quetelet e dove propose i suoi diagrammi, un aiuto per leggere i numeri in modo ancora più chiaro. Florence Nightingale ha come obiettivo quello di aiutare la gente a istruirsi e a comprendere le regole alla base delle leggi statistiche, in modo da poter realizzare i miglioramenti necessari.
«L'argomento del libro si è sviluppato nel corso del mio insegnamento pluriennale», scrive l'autore nei ringraziamenti, a dimostrazione di come gli argomenti trattati siano stati a lungo studiati, meditati ed elaborati. Quello che il lettore si ritrova fra le mani è il riassunto di una vita, se consideriamo gli studi effettuati da Cohen, e, al tempo stesso, è una chiave di lettura per interpretare la realtà. Alla portata di tutti, è una lettura non solo utile ma necessaria: agli insegnanti può offrire numerose idee per presentare l’educazione civica in modo diverso e può essere un modo originale per cominciare il percorso dedicato alla statistica già nel primo anno delle superiori; per gli studenti, può essere un modo per approfondire, perdendosi tra le curiosità e gli aneddoti, gli argomenti trattati in classe durante educazione civica o matematica; ad ogni lettore offre l’opportunità di cogliere l'importanza del saper leggere e interpretare i numeri e i grafici, visto che la statistica è fondamentale per qualsiasi cittadino.
Verifica di matematica/educazione civica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: generazione del codice fiscale.
Durata: 15 minuti.
© 2020 Amolamatematica di Daniela Molinari - Concept & Design AVX Srl
Note Legali e Informativa sulla privacy