Al centro di questo romanzo c’è la storia dell’assedio di Siracusa ad opera dei Romani, conclusosi con la morte di Archimede. La vicenda ha come voce narrante Dinostrato, prima servo e poi discepolo di Archimede, che racconta al generale romano, Marco Claudio Marcello, la vita di Archimede. «Sono due racconti diversi. Il mio padrone in pace, il mio maestro in guerra», esordisce Dinostrato. E così comincia a dipanarsi la vicenda, in due tempi diversi, in un’alternanza di pace e guerra, passato remoto e passato recente. La prima parte comincia nel 227 a.C. e attraversa un arco di dodici anni: dall’arrivo di Dinostrato presso Archimede come servo fino al suo nuovo ruolo da discepolo. La seconda parte parla dei due anni di assedio, dal 214 a.C., con le invenzioni di Archimede e gli interventi di Dinostrato per spingere il suo maestro a intervenire in difesa di Siracusa.
Dinostrato ci racconta la sua formazione, il suo rapporto sempre più stretto con Archimede, le difficoltà date dalla sua condizione di servo, le sofferenze che ha incontrato nella sua vita... Non manca nulla in questo racconto di vita, che ci presenta Archimede in “forma umana”, non solo come il genio un po’ svitato, nudo e urlante, della corona di Gerone. «I primi tempi – ricordo – le stranezze del mio padrone, il suo agire più affine agli usi felini che alle costumanze degli uomini, mi spaventavano», racconta Dinostrato all’inizio. Alla fine arriverà a dire: «È questo il grande traguardo del mio padrone: far comprendere agli uomini che l’arbitro dei potenti, le pretese dei tiranni, la spocchia dei nobili, la superbia dei re, di fronte alle Leggi Naturali sono nulla. La consapevolezza delle Verità Matematiche Uniche ed Eterne, dice il maestro, rende gli uomini uguali sotto il cielo.»
La vicenda, già di per sé affascinante, è impreziosita da racconti che la rendono più che attuale: per molti aspetti, gli scienziati sono ancora malvisti dai più, mentre molti preferiscono cercare un rimedio nelle superstizioni. L’autore fa dire ad Archimede che gli uomini mostrano rispetto per il suo operato solo in tempo di guerra, un po’ come oggi cerchiamo le risposte della scienza solo in caso di emergenza.
Geniale il capitolo iniziale: Cicerone e Terenzia, centocinquant'anni dopo la morte di Archimede, cercano la sua lapide, mentre il magistrato evoca con ammirazione la figura del grande scienziato. «La scoperta della tomba di Archimede da parte di Cicerone è stato il maggior contributo dato dal mondo romano alla matematica. Forse l’unico.» (Carl Benjamin Boyer)
Mentre leggo queste brevi biografie, immagino la simpatica cadenza di Piergiorgio Odifreddi che mi racconta queste storie e mi sembra quasi abbia il fiato corto, mentre percorro in fretta le pagine dedicate ad ogni scienziata. Ventisette donne in ventiquattro capitoletti che non superano le dieci pagine: matematiche, chimiche, fisiche, astronome, biologhe, astronaute, informatiche, inventrici, le donne proposte da Odifreddi sono «top models alternative», ovvero vengono qui ricordate «per la sostanza del proprio essere e la profondità del proprio lavoro, più che per le apparenze del proprio aspetto e la superficialità della propria fama. Sono loro a costituire, esse sì, le vere forze di cambiamento della società.» Insomma, in un mondo povero di modelli femminili, Odifreddi raggruppa queste donne, creando una «breve storia della scienza al femminile», «ma a uso e consumo di un pubblico senza distinzioni di genere.»
Introdotti da titoli che dicono senza dire, costellati da battute umoristiche venate di sarcasmo – come è tipico dello stile di Odifreddi – questi ventiquattro capitoletti sono uno stuzzichino che stimola l’appetito della conoscenza, spingono il lettore ad approfondire, fanno nascere la voglia di saperne di più.
Originale la conclusione di Odifreddi che, dopo aver snocciolato le statistiche e le percentuali che evidenziano il ruolo delle donne nella ricerca scientifica, sostiene che, pur essendo in grado di raggiungere ruoli di responsabilità e prestigio, forse le donne scelgono di fare altro: «Che alcune donne possano raggiungere quegli obiettivi e seguire quei modelli, lo dimostrano le storie che abbiamo raccontato. Il problema, o forse semplicemente la soluzione, è che molte non vogliono, e poste di fronte al diabolico dilemma tra carriera e vita compiono la scelta più saggia, non lasciandosi indurre in tentazione dal serpente. Una scelta forse più da elogiare e imitare, che da criticare e rimediare.»Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: circonferenza e disequazioni irrazionali.
Durata: due ore.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: frazioni algebriche e scomposizioni.
Durata: un'ora.
Insegnare matematica è una sfida che si affronta ogni giorno.
Insegnare matematica vuol dire, a volte, entrare in classe e, senza sentirsi al meglio delle proprie possibilità (perché non si è sempre in formissima), cercare di fare una lezione che abbia un senso. Potrebbe capitarvi, come racconta il prof. Federico Benuzzi, che proprio quando non vi sentite al meglio, sappiate fare una lezione che lascia un segno e che entra tra gli aneddoti che gli alunni poi si raccontano anche negli anni a venire…
Insegnare matematica vuol dire cercare sempre nuove strade per proporre cose vecchie, perché è fondamentale non lasciarsi prendere dall’abitudine: se è vero che per noi insegnanti è la ventesima volta che spieghiamo i logaritmi dall’inizio della nostra carriera, non dobbiamo dimenticare che gli alunni che assistono alla nostra spiegazione ne sentono parlare oggi per la prima volta e hanno diritto alla stessa freschezza e originalità che avevamo vent’anni fa. (Fortunatamente, internet ci permette di accedere a nuovi contenuti ogni giorno, come il triangolo del potereproposto dal canale YouTube 3Blue1Brown.)
Insegnare matematica vuol dire riuscire a leggere tra le righe e, nel vedere una lavagna piena di simboli, saperci intravvedere una forma di arte (a volte anche nelle verifiche apparentemente incomprensibili dei piccoli geni, che ancora non sanno di essere tali, che popolano le nostre aule). La stessa arte che Jessica Wynneha immortalato nelle sue immagini…
Insegnare matematica vuol dire trovarsi in disaccordo con quel Dirigente, descritto da Jacob Barandessull’Harvard Magazine, che paragona fare matematica a un lavoro e leggere un libro a un piacere. Insegnare matematica significa riuscire a rilassarsi facendo un esercizio alla lavagna, tanto da ritenerlo terapeutico (per me è così) quando in classe si creano situazioni di tensione e fare un esercizio aiuta a entrare in una dimensione, quella della matematica, che crea piacere tanto quanto leggere un libro.
Insegnare matematica vuol dire vedere la matematica ovunque, ma stupirsi ancora quando qualcuno riesce a vederla in luoghi inaspettati. Il 14 marzo, con la sua giornata internazionale della matematica, si avvicina e di tutte le proposte fatte in questa pagina, confesso che mai avrei descritto i moti collettivi e il motivo delle macchie del leopardo con la matematica…
Insegnare matematica vuol dire emozionarsi ogni volta che senti parlare della storia di Srinivasa Ramanujane del suo rapporto di amicizia con G.H. Hardy. Quanto era “affamato” di matematica Ramanujan quando ha scritto a Hardy? Quanta umiltà! Quanta determinazione! E Hardy? Cosa l’avrà spinto ad accettare quella proposta? «Gentile Signore, Mi pregio di presentarmi a Voi in qualità di contabile presso il Dipartimento Contabilità dell’Ufficio del Port Trust di Madras con un salario di sole 20 sterline l’anno. Al momento ho quasi ventitré anni. Non ho ricevuto un’istruzione universitaria, ma ho seguito il normale corso di studi scolastico. Dopo aver lasciato la scuola, ho utilizzato il tempo libero a mia disposizione per occuparmi di matematica. Non ho seguito il percorso consueto e regolare di un corso universitario, ma sto invece tracciando un nuovo percorso tutto mio. Ho eseguito uno studio particolare delle serie divergenti in generale e i risultati che ho ottenuto sono definiti dai matematici di queste parti “sorprendenti”.» (traduzione presente nel libro L’uomo che vide l’infinitodi Robert Kanigel).
Insegnare matematica vuol dire entusiasmarsi quando realizzi che, ancora una volta, Enrico Bombieriè riuscito a essere, anche a quasi ottant’anni, “il primo italiano che…” Sì, dopo essere stato il primo italiano a vincere la medaglia Fields, è ora il primo italiano ad aver vinto il premio Crafoord, sei milioni di corone svedesi (poco meno di 600 mila euro), assegnati annualmente dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze.
Insegnare matematica vuol dire commuoversi quando realizzi che Giovanni Filocamo, abile divulgatore e appassionato di matematica, non potrà più stupirci con le sue idee vulcaniche, perché un cancro se l’è portato via a soli 41 anni…
Insegnare matematica vuol dire accettare il fatto che, per quanto ti preparerai su un argomento, dopo aver terminato la lezione, troverai, sull’argomento appena presentato, altre sedici cose che sarebbe stato bello dire, come questi poliedri riconoscibili nel Braarudosphaera bigelowii, della famiglia delle alghe fitoplanctoniche costiere monocellulari a squame calcaree (che non sapevo nemmeno cosa fossero) ma che sarebbe stato bello poter inserire nel percorso di BergamoScienza l’anno scorso…
Insegnare matematica vuol dire sapersi inventare nuovi giochi, che sappiano coinvolgere e incuriosire, magari usando oggetti dalle caratteristiche inaspettatamente matematiche, come ha fatto questo maestro di una seconda elementare con il fidget spinner(ottimamente raccontato sul blog Il piccolo Friedrich).
Insegnare matematica vuol dire cercare di aprire gli occhi dei propri alunni, mettendoli in guardia contro le bufale, e cascare come tutti nella bufala del Blue Monday, scoprendo che in realtà è stata inventata da una compagnia di viaggi per fornire una fuga dal giorno più triste dell’anno. (Risale al 2005, ovvero mi faccio fregare da ormai quindici anni…)
Insegnare matematica vuol quindi dire imparare (davvero) a non chiamare matematica qualsiasi cosa che si presenta sotto forma di formula…
Insegnare matematica vuol dire imparare a meravigliarsi per un bel calcolo, come quelli presentati da Mind Your Decisions e inviatimi da un mio contatto, appassionato di matematica. Suvvia: superate lo scoglio dell’inglese e guardate le immagini, che la matematica non ha bisogno del supporto linguistico per essere spiegata (vedi Benuzzi all’inizio). (A surprising answere The answer is too good)
Insegnare matematica vuol dire lasciarsi intrigare da una animazioneben fatta, che forse è fatta da cubi che si scompongono o forse è una tassellazione, mentre immagini in quali contesti potresti proporla in classe.
Insegnare matematica vuol dire a volte lasciarsi cogliere un po’ dallo sconforto, quando le cose non vanno come vorresti, quando quello che ogni giorno osanni come il lavoro più bello del mondo presenta il conto delle piccole fatiche che tutti noi, qualsiasi lavoro facciamo, ci troviamo a vivere. È allora che queste newsletter e gli alunni con i quali hai potuto stabilire un contatto nel corso degli anni ti ridanno un po’ di forza, citando una newsletterdi un anno e mezzo fa che partiva dalla domanda “Perché insegniamo matematica?”. Io insegno, perché i piccoli palloncini che ho liberato nel cielo a ogni maturità, quando io sono un po’ giù di corda, tornano per restituirmi un po’ di colore. E insegno matematica perché è la materia più bella che ci sia!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: vettori e forze.
Durata: un'ora.
Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: cambiamenti di stato e primo principio della termodinamica.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: retta e parabola.
Simulazione di una prova di maturità scientifica: due problemi tra i quali sceglierne uno e otto quesiti tra i quali sceglierne quattro.
Realizzata in collaborazione con le colleghe Simona Montone e Marina Moioli.
Durata: due ore.
Verifica di fisica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: recupero insufficienze primo quadrimestre.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico.
Argomento: scomposizione di polinomi.
Durata: trenta minuti.
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