«È stato battezzato il Gioco della Vita, poiché segue, a modo suo, una regola naturale: si muore se si è troppo isolati oppure se c’è un eccessivo affollamento.»*
Il primo a parlare di una macchina in grado di riprodursi è stato John Von Neumann e questo «ha portato ad una rappresentazione concettuale avente come punto di partenza proprio uno spazio omogeneo diviso in celle elementari», con gli automi cellulari. Le regole stabilite erano molto complicate, ma John Horton Conway, nel 1970, ne ha proposto una versione più semplice, il gioco della vita, con solo tre regole. La seconda regola recita appunto: «Un organismo muore, lascia cioè la cella vuota, se ha quattro o più vicini oppure se ne ha soltanto uno o nessuno». La presentazione di Peiretti è estremamente chiara, ma l’animazione a computer (e questa è solo una delle tante disponibili in rete) ha un fascino particolare, che si coglie con immediatezza.
I Rudi Matematici sul loro blog di Le Scienze hanno annunciato la morte di John Horton Conway (26.12.1937/11.04.2020), citando una battuta circolata in rete nei giorni scorsi: «A causa del distanziamento sociale, non aveva due vicini che potevano tenerlo in vita».
Soprannominato Mary da un insegnante della scuola elementare per i suoi tratti effemminati e all’inizio della scuola superiore “The Prof”, quando ha dichiarato di voler fare il matematico a Cambridge, Conway ha avuto una difficile adolescenza. Nel suo viaggio verso Cambridge, quando ha realizzato che nessuno dei suoi compagni l’avrebbe seguito all’università, ha deciso di trasformarsi in un estroverso. La sua biografa, Siobhan Roberts, nel luglio del 2015 sulle pagine del Guardian, lo definisce l’egotista** più amorevole del mondo: «è Archimede, Mick Jagger, Salvador Dalí, e Richard Feynman, tutto in uno». In più occasioni ha ammesso: “I do have a big ego! As I often say, modesty is my only vice. If I weren’t so modest, I’d be perfect.” (Ho davvero una grande autostima! Come dico spesso, la modestia è il mio unico vizio. Se non fossi così modesto, sarei perfetto). Ha passato la sua vita giocando, fattorizzando grandi numeri nella sua testa, recitando pi greco a memoria fino a 1111 cifre, calcolando il giorno della settimana per ogni data usando quello che lui chiamava l’algoritmo Doomsday, portando sempre con sé carte, dadi e qualsiasi altro oggetto gli potesse permettere di spiegare le sue idee o semplicemente di divertirlo. In un’intervista pubblicata su YouTube nel 2014, dice: «Ho fatto una promessa a me stesso. Era così bello non preoccuparsi che ho pensato di non preoccuparmi mai più. Avrei studiato qualsiasi cosa ritenessi interessante, senza preoccuparmi se fosse sufficientemente seria.»
Nicola Ciccoli, professore di geometria all’Università di Perugia, si è concentrato, nel suo articolo per MaddMaths!, sulle 12 ore e mezza vissute dal matematico nel 1967, quando, in quello che Conway stesso identificherà come il suo black period, si apre uno spiraglio di luce e, su richiesta di Leech comincia a studiare un nuovo problema. Per avere il tempo per concentrarsi sul problema, rivoluziona il proprio ménage familiare e, con la moglie, decidono che «avrà a disposizione per lavorare ogni Mercoledì dalle 6 del pomeriggio a mezzanotte e ogni Sabato da mezzogiorno a mezzanotte». Ed il primo Sabato è vincente. «Non sempre se ne può uscire con una notte matta, disperata e di successo come quella di Conway. Ma sarebbe un errore porre l’accento solo sulla notte eccezionale. È la scelta di dedicarsi al problema senza paura, la convinzione di voler affrontare la salita senza rimpianti, la scelta di non concentrarsi né sulla paura né sulla colpa, di sostituire all’ansia della procrastinazione l’atto. Conway vince la sua sfida nel momento in cui contratta uno spazio tutto dedicato al problema, nel momento in cui si chiude la porta alle spalle portando nella sua stanzetta la fiducia necessaria.»
Radio3Scienza ha dedicato una parte della puntata del 14 aprile Oltre i numeri a Conway e ospite di Rossella Panarese è stato proprio Nicola Ciccoli. È un piacere sentirlo parlare di Conway, perché, oltre alle scoperte matematiche per le quali sarà ricordato, parla dell’uomo.
La prima parte della puntata è invece stata dedicata alla lettura dei numeri del Covid: ai microfoni Nino Cartabellotta, presidente della fondazione GIMBE – Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze.
Anche in questo numero della newsletter, nonostante si parli di matematica, il discorso non può che ruotare attorno alla pandemia che stiamo vivendo, tanto che persino il Carnevale della Matematica è dedicato al Covid19. Le curve matematiche “sembrano raccogliere in uno sguardo il senso di ciò che sta accadendo e accadrà a breve. Mai come in questo momento ci è sembrato che i modelli matematici fossero indispensabili e terribilmente inadeguati allo stesso tempo.” La rassegna di articoli offerta da MaddMaths! sulla crescita esponenziale può soddisfare tutti i gusti, ma manca quello che Federico Benuzzi ha scritto per Sapere Scienza.
Mentre la pandemia ha invaso ogni aspetto della nostra vita e ha modificato persino il modo di fare scuola, sul web si moltiplicano le proposte che arricchiscono la didattica, come la pagina Facebook Esperimentiinfamiglia che ci propone un filmato con il quale ci aiuta a distinguere la magia dalla scienza. Ed è bello che anche gli insegnanti in pensione si mettano in gioco, dando la disponibilità della propria competenza e della propria esperienza per contagiare i ragazzi con la loro passione. (L’esperimento che ci presenta Petrus è assolutamente da replicare.)
In questa emergenza, che ha tirato fuori, per tanti versi, il meglio della scuola, Federico Benuzzi sembra avere un sacco di cose da dire, visto che sta producendo parecchio materiale in più rispetto al suo post al mese al quale ci aveva abituati. Questo diario della quarantena è un modo per raccontare l’evoluzione della didattica a distanza, un modo per ricordare che insegnare significa anche tanto altro e un modo per regalarci qualche risata con link birichini a filmati geniali di YouTube. In tanti, da più parti, stiamo dicendo che la didattica a distanza non è semplice e queste difficoltà riguardano forse più i ragazzi che noi insegnanti. Io ne ho parlato nella scorsa newsletter, riproposta con alcune modifiche dalla piattaforma Redooc.
Come tanti altri, ho deciso di dedicare un po’ del tempo a disposizione (pochissimo, in realtà) all’aggiornamento e la proposta di DeA Scuola con il corso online Motivare, Coinvolgere, Divertire sta già dando i suoi frutti, ovvero: mi sto divertendo! Il primo incontro è stato dedicato ai Meme e oltre alla presenza di Luca Perri e Luca Balletti, rispettivamente astrofisico e matematico, che hanno introdotto l’argomento, l’incontro è proseguito con la prof.ssa Giulia Bini, insegnante di liceo che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Torino. Di lei e di Ornella Robutti, ma soprattutto del loro progetto sui meme, #lifeonmath, parla anche MaddMaths! «L’uso didattico dei meme ha una duplice valenza: da una parte, capire un meme matematico mette in gioco la conoscenza, anche profonda, degli aspetti matematici messi in gioco; dall’altra, la creazione di un meme matematico comporta una consapevolezza sui significati in gioco non indifferente: la qualità di un meme sta anche nella capacità di far emergere significati non esplicitamente riportati nel meme stesso.» Per quanto mi riguarda, una delle prossime attività che proporrò ai miei alunni riguarderà proprio i meme.
Purtroppo, tra gli effetti collaterali della pandemia, c’è una maggiore diffusione di bufale. Luca Perri, con la simpatia che lo contraddistingue, cerca di smontare la bufala che riguarda il 5G ed il suo legame con il Coronavirus. Se il post vi sembra lungo, ricordate che «per smontare una bufala ci vogliono molte più parole, tempo ed energie di quante siano necessarie a crearle. Ecco perché, nella scienza, non funziona che qualcuno sgancia una teoria e sfida lo scienziato di turno a provargli di avere torto. È filosoficamente molto sbagliato. Nella scienza funziona che se voglio fare un’affermazione posso farla, ma solo se ho le prove per supportarla. Altrimenti taccio. [...] Non è cattiveria, non è arroganza. Si chiama Metodo Scientifico.» Anche Monica Marelli, disegnatrice e divulgatrice scientifica, cerca di combattere le bufale dalle pagine di Sapere Scienza, ma ricorda anche che «l’unica difesa dal virus delle informazioni false è la non-condivisione.»
Ieri sera un ex alunno mi ha inviato via WhatsApp questa simpatica rivisitazione della canzone Emozioni di Battisti, rinominata Equazioni dal prof. Marco Bramanti, professore ordinario di Analisi Matematica presso il Politecnico di Milano. Il professore condivide le proprie ispirazioni matematiche nel blog Coffee Break, partendo dalla citazione di Paul Erdös, secondo il quale “Un matematico è una macchina che trasforma caffè in teoremi”, ma aggiungendo che il matematico può trasformare “una tazzina di caffè in una piacevole pausa di lavoro”: consiglio una visita, soprattutto cliccate sul link “Materidere” e godetevi il messaggio di errore che ne esce!
Per concludere, una sfida (o un passatempo) per i ragazzi che hanno già studiato le derivate e possono verificare le proprie conoscenze con questo cruciverba.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
* Federico Peiretti, «Il matematico si diverte. Duecento giochi ed enigmi che hanno fatto la storia della matematica», 2012
** Egotismo: atteggiamento psicologico (diverso dall’amor proprio e dall’egoismo) che consiste nel culto di sé e nel compiacimento narcisistico e raffinato della propria persona e delle proprie qualità.
Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: recupero del primo quadrimestre.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe prima liceo scientifico delle scienze applicate.
Argomento: equazioni lineari.
Durata: un'ora.
Grafici, tabelle, dati... persino coloro che si sono sempre ritenuti incapaci in matematica, in questi giorni stanno rispolverando le proprie competenze per tentare di capire un po’ di più cosa stia succedendo con la pandemia. Ma, una volta tanto, sono i matematici a dirci che non è così semplice: se fosse semplice non troveremmo interpretazioni (e conclusioni) completamente diverse sui giornali e «perché mai, se i dati sono dati, la matematica è oggettiva e i numeri non mentono mai, ogni analisi e ogni modello sembra dare risposte diverse?». Samuele Mongodi, ricercatore di Geometria presso il Politecnico di Milano, cerca di darci una spiegazione al riguardo, servendosi di alcuni esempi: «volete comprare un frullatore su Amazon e finalmente trovate il modello che fa per voi; ci sono due venditori, con prezzi sostanzialmente identici, uno ha una soddisfazione del 90% con 20 recensioni, l’altro ha una soddisfazione dell’88% con 200 recensioni. Qual è meglio? E se il primo profilo avesse avuto il 90% su 30 recensioni?». Già queste due domande dimostrano che l’interpretazione dei dati non ha nulla a che fare con l'intuizione: «i DATI non ci dicono niente, i numeri non “parlano da sé”, non sono mai chiari, lampanti, è rarissimo che non richiedano commenti. Anzi, come per i serpenti servono gli incantatori, così per i DATI serve chi li addomestichi, chi ne spieghi il linguaggio, le reazioni, i comportamenti».
Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico, si occupa proprio di interpretare i dati e, quotidianamente, ci propone un filmato nel quale analizza grafici, tabelle e dati. Nel filmato del 18 marzo ci offre una spiegazione della necessità dell’isolamento, usando le animazioni proposte in un articolo del Washington Post, ma forse il problema resta nel capire la differenza tra crescita esponenziale e crescita lineare, concetto che ci spiega in termini molto semplici Piergiorgio Odifreddi, durante Coffee Break, un programma mattutino di La7 dedicato all’approfondimento e all’attualità.
Di esempi sugli errori in cui incorriamo analizzando i dati senza usare la matematica è pieno il web, ma uno particolarmente interessante (anche solo per il suo significato storico) è proposto sul blog Math is in the air da Davide: comincia con il bombardamento di Londra iniziato nel giugno del 1944. Mentre durante la guerra c’era la convinzione che «alcune zone della città fossero prese di mira più di altre», l’analisi accurata svolta da alcuni ricercatori nel campo della statistica negli anni ‘70 dimostrò «che i luoghi di caduta delle bombe erano compatibili con l’ipotesi statistica che fossero casuali». L’importanza di questo esempio non è solo storica: esso dimostra che «chiunque (compreso chi ha un grado di istruzione elevato) ha difficoltà nel ragionamento quantitativo quando deve gestire molti dati».
All’indomani della mia ultima newsletter, il sito MaddMaths! ha lanciato la campagna #lascuolaconta, ricordando che, al di là delle difficoltà organizzative e burocratiche, «la scuola conta anche e soprattutto per l’aspetto formativo». Le iniziative proposte sono due: raccogliere le esigenze delle scuole e, attraverso la condivisione di materiali e webinar di formazione, offrire ciò che è necessario; «lanciare l’hashtag #lascuolaconta, chiedendo anche, a chi vuole raccogliere questa iniziativa, di descrivere, con una frase o con un racconto di vita di scuola, perché e come la scuola ha contato nella propria vita.»
Anche il sito Problemi per matematici in erba ha deciso di offrire alcuni problemi, raccontati però con una modalità diversa da quella usata finora. L’idea non è quella di aggiungere nuovo materiale, considerando le numerose offerte proposte dalla rete, ma di dare la possibilità agli studenti di pensare, proponendo piccoli problemi. «In tutti i problemi che abbiamo scelto di presentare in questo modo, un insegnante si rivolge agli alunni mostrando un oggetto e ponendo, a proposito di questo oggetto, alcune domande. Agli alunni viene chiesto, a volte, di ricostruire l’oggetto presentato, o di cercarlo in casa, o ancora “solo” di immaginare di averlo tra le mani.»
Anche Redooc sta lavorando in prima linea per offrire alle scuole un appoggio di qualità. Personalmente, invidio l’ottimismo e la positività di Chiara Burberi che vede, in questa Didattica a distanza, l’occasione per creare nuove competenze anche tra i docenti: «La Scuola del futuro sta iniziando a prendere forma, nelle case degli italiani, con gli studenti al centro, finalmente!»
Sto vivendo questa esperienza come se fossi divisa a metà: da un lato, gli studenti con i quali ho costruito un rapporto durante il resto dell’anno mi seguono in questa avventura e sono fonte di continuo confronto e crescita. Dall’altro, mi sembra che gli studenti con i quali il rapporto era più difficile mi siano definitivamente – almeno finché permane questo stato di cose – “sfuggiti dalle mani”. Perché il lavoro di un insegnante non ha la stessa resa davanti a un computer: in classe ci sono tutta una serie di altri linguaggi che fanno comunque passare il messaggio che io voglio, mentre il computer mi limita. In altre parole, mi pare che questa didattica a distanza abbia reso più cupe le zone d’ombra e illuminato le (poche) zone luminose, regalandomi un’insicurezza che non sentivo dal primo giorno che ho messo piede in classe. La didattica non è solo comunicare contenuti: la didattica è ricca di sfumature, tanto che cambia a seconda della persona che ho davanti. Non sono, quindi, un’entusiasta: oltre alla percezione di lavorare di più (e dal confronto con i miei colleghi mi rendo conto che non è una percezione solo mia), mi sembra che ciò che faccio sia meno efficace. Forse perché, quando siamo in classe, ho un po’ di “potere” e riesco a trasmettere qualcosa, ma durante le videolezioni il fatto che gli studenti possano scegliere di spegnere la telecamera o il microfono mi fa sentire “tagliata fuori” dal loro universo e mi dà lo stesso piacere che avevo quando studiavo per gli esami all’università e ripetevo ad alta voce la dimostrazione dei teoremi. Insomma: ora più che mai bisogna contare sul senso di responsabilità dei nostri alunni e, per quanto insegni matematica e fisica in un liceo scientifico, questa non è sempre scontata.
Forse per questo ho apprezzato fin da subito il libretto (piccolo solo per dimensioni) di Daniela Lucangeli, Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere. Il libro è la trascrizione di cinque lezioni: «vengono messe per iscritto le mie parole, proprio come le ho pronunciate davanti alla gente in alcuni dei moltissimi congressi fatti per la scuola». I temi toccati sono quelli cari all’autrice: ha speso molti anni di ricerca per i temi trattati, ma il testo non ha il rigore di una ricerca scientifica. Dario Ianes, docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano, nella sua prefazione scrive: «Un libro da leggere se insegnate, se avete figli o nipoti che vanno a scuola, se siete cittadini interessati all’educazione e al futuro dell’istruzione perché vi farà pensare a come le cose potrebbero cambiare: con il coraggio e con il cuore.» Faccio mie le sue parole e non aggiungo altro.
«Non mi sentirei di incoraggiare un modello in cui l’insegnante fa il suo lungo monologo e poi interrompe le comunicazioni fino al giorno successivo. Così come, al contrario, non mi sentirei di suggerire che tutti gli alunni si connettano e dialoghino contemporaneamente per due ore. Sarebbe non solo molto confusionario, ma anche inefficace». Ho sentito vera e fatto mia, fin dall’inizio di questa esperienza, questa frase della Lucangeli. Ho usato fin dai primi anni 2000 le opportunità offerte dal web per fare lezione in modo diverso, ma solo perché ritenevo che usare tutti gli strumenti a mia disposizione fosse un modo per andare incontro a chi la scuola la vive come l’ho vissuta io: figlia di un operaio e una casalinga, con poche possibilità, la scuola è stata il mezzo per realizzare il mio sogno, perciò offrire ai miei alunni anche altri strumenti, attraverso un sito con un ricco database di verifiche e tanto altro, è stato il mio modo per continuare a offrire opportunità a chi, come è successo a me, opportunità non ne ha per nascita.
Concludo con l’International Day of Mathematics che, per forza di cose, quest’anno è stato sottotono, visto che il giorno del pi greco eravamo tutti a casa. Per l’occasione ho realizzato un piccolo video, usando il manifesto che rappresenta la giornata, con il sottofondo di “Science of sleep” dei Silence is sexy.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
PS: Se volete sentire la forza delle parole di Daniela Lucangeli, vi suggerisco una delle sue Ted Talk, realizzata nella primavera del 2014 nel TedxCaFoscariU.
«Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere» è il titolo di un libro pubblicato nel 2019 dalla Erickson, casa editrice che si occupa di didattica e psicologia. Autrice del libro è la dott.ssa Daniela Lucangeli, che chiunque si occupi di didattica conosce bene. Dopo una laurea in filosofia logica e una in psicologia, la dott.ssa Daniela Lucangeli vince un dottorato in Scienze Cognitive dello Sviluppo ed è così che arriva a conseguire il titolo di ordinario in psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova. Il 6 novembre del 2019, Daniela Lucangeli ha ricevuto il Premio Internazionale Standout Woman Award, «per l’alto profilo degli studi da lei effettuati, volti a sostenere la crescita e lo sviluppo di bambini e adolescenti, e per il suo costante impegno mostrato nei servizi educativi e nei servizi clinici come supporto alle vulnerabilità evolutive».
I video con le sue conferenze fanno migliaia di visualizzazioni, non solo per ciò che dice, ma anche per la dolcezza con la quale ci spiega come dovrebbe essere una scuola di successo. Il libro è la trascrizione di cinque lezioni: «vengono messe per iscritto le mie parole, proprio come le ho pronunciate davanti alla gente in alcuni dei moltissimi congressi fatti per la scuola». I temi toccati sono quelli cari all’autrice: ha speso molti anni di ricerca per i temi trattati, ma il libretto (piccolo nelle dimensioni, ma non nella sua importanza) non ha il rigore di una ricerca scientifica. Sembra quasi che il consenso per la pubblicazione le sia stato in qualche modo strappato: «Ho deciso allora di seguire il fine, lo scopo dell’aiuto, pazienza per la forma poco prototipica nel linguaggio della scienza… con buona pace della mia esigenza di rigore metodologico.»
Ogni lezione si apre con una o più citazioni e si chiude con una piccola sintesi e con dei consigli di lettura. La prima lezione si intitola «La scuola dell’abbraccio» e si parla di come l’apprendimento avvenga più efficacemente con il sostegno e l’incoraggiamento dell’insegnante, perché «se un bambino studia con gioia nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva». La seconda lezione, «Sbagliando s’impara», sottolinea come l’intelligenza sia qualcosa che si modifica continuamente e invita gli insegnanti a ritrovare «la vera essenza della propria professione», perché «insegnanti e genitori devono essere prima di tutto consapevoli della loro funzione di catalizzatori: loro rendono possibili i progressi a cui i bambini tendono.» La terza lezione, che si apre con la citazione di Plutarco «La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere», si intitola «Verso il successo scolastico» e richiama ancora l’attenzione sulle emozioni sane che il bambino deve provare. La quarta lezione, «Stare male a scuola», contiene un monito importante, che da solo dovrebbe scatenare grandi riflessioni (e, personalmente, anche un po’ di ansia): gli insegnanti «modificano la struttura della persona che hanno davanti, giorno dopo giorno». L’ultima lezione, «Tutti bravi con i numeri», invita gli insegnanti a conoscere, per poter essere realmente efficaci.
È un libro che potrei citare dalla prima all’ultima parola. Grazie alla dott.ssa Lucangeli per il suo regalo, agli insegnanti, ai genitori, ma soprattutto ai bambini, perché il frutto di queste riflessioni non può che essere un miglioramento anche per i bambini. Dario Ianes, docente ordinario di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Bolzano, nella sua prefazione scrive: «Un libro da leggere se insegnate, se avete figli o nipoti che vanno a scuola, se siete cittadini interessati all’educazione e al futuro dell’istruzione perché vi farà pensare a come le cose potrebbero cambiare: con il coraggio e con il cuore.» Faccio mie le sue parole.
«Il nostro scopo, il nostro fine è il bambino, il resto è solo il mezzo, insegnamento compreso.»
Tra le collane di EL, casa editrice specializzata in libri per ragazzi, spicca la collana “Grandissimi”, cui appartiene questo libretto. Sul sito della Casa Editrice questa è la descrizione della collana: “I grandi della Storia a portata di bambino. Storie di uomini e donne che hanno cambiato il mondo, ciascuno a modo proprio, con le proprie parole, le proprie invenzioni, le proprie scelte.” Da Giulio Cesare a Francesco d’Assisi, da Anne Frank fino a Einstein, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. La collana ha come età minima di lettura i sette anni.
Callimaco è il giovane allievo di Pitagora, che ci racconta in prima persona la fine della scuola di Crotone. Figlio di un commerciante, nel momento in cui iniziano le ostilità tra Crotone e Sibari, Callimaco è all’inizio del suo percorso. Per questo, è molto sorpreso quando Pitagora gli porge un sacco e poi, avviandosi di corsa con un altro sacco a spalle, gli chiede di seguirlo. Lo stupore di Callimaco, che non può dar voce alla sua meraviglia essendo un acusmata, viene ben interpretato da Pitagora, che lo informa di dove stanno andando: “Al fiume, dove si trova l’esercito di Sibari”.
Durante questa notte di attesa, Pitagora si racconta, mentre Callimaco, liberato dal voto del silenzio, può soddisfare la propria curiosità con tutte le domande che gli vengono in mente. Così possiamo seguire Pitagora nella sua partecipazione alle Olimpiadi, nei suoi studi con Talete e del suo famoso teorema per determinare l’altezza di una piramide, nei suoi viaggi. Pitagora guida anche Callimaco alla scoperta della matematica: «Sentivo le guance diventare rosse e calde. Non era vergogna, ma il piacere di aver scoperto qualcosa che non conoscevo, e che sarebbe rimasto con me per sempre. Fu un’emozione incredibile.» Ad un certo punto, Pitagora spiega a Callimaco anche il suo famoso teorema e gli affida il compito di studiare gli incommensurabili: «A me questi... numeri non piacciono. Sono un po’ come le fave. Io non le toccherei neanche con un bastone, però esistono, e ci devo fare i conti, in tutti i sensi. Ma siccome non devo farlo per forza io, toccherà a te.»
All’alba, all'arrivo della cavalleria dei Sibariti, Callimaco ha una bella sorpresa: grazie all’astuzia di Pitagora, Crotone è salva, anche se per poco tempo.
Un modo simpatico per far conoscere Pitagora ai più piccoli e un modo originale per presentare il suo teorema, attraverso un’applicazione. D’altra parte l’autore, Sergio Rossi, è un fisico, che è ben consapevole dell’importanza della matematica, perciò si sforza di spiegare con parole semplici cosa significhi dimostrare un teorema. E ci riesce benissimo.
Tra le collane di EL, casa editrice specializzata in libri per ragazzi, spicca la collana “Grandissimi”, cui appartiene questo libretto. Sul sito della Casa Editrice questa è la descrizione della collana: “I grandi della Storia a portata di bambino. Storie di uomini e donne che hanno cambiato il mondo, ciascuno a modo proprio, con le proprie parole, le proprie invenzioni, le proprie scelte.” Da Giulio Cesare a Francesco d’Assisi, da Anne Frank fino a Einstein, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta. La collana ha come età minima di lettura i sette anni.
«Questa è una storia da leggere a letto di sera, mentre fuori piove.» Così ha inizio la storia di Tesla, raccontata per i più piccoli da Daniele Aristarco, autore di racconti e saggi divulgativi rivolti ai ragazzi.
La storia ha inizio la notte del 9 luglio 1935: Tesla è uno degli ospiti solitari del New Yorker Hotel e Jude O’Connor è il fattorino quindicenne che si lascia incuriosire da quest’uomo che, in prossimità della mezzanotte, si aggira per i corridoi dell’albergo. Nel salone delle feste, Tesla è atteso da una folla di giornalisti ai quali racconterà la propria storia e che festeggeranno insieme a lui il suo settantanovesimo anno. Preso dal racconto, Tesla si lascia sfuggire la verità su un principio di terremoto avvenuto a New York e che l’aveva visto tra i fautori, tanto che il giorno dopo i giornali titolano “Ecco come avrei potuto distruggere New York!”.
Esattamente un anno dopo, Jude si ritrova ancora ad accompagnare Tesla nel salone delle feste dell’albergo, ma nonostante lo scienziato parli con enfasi di un raggio della morte che metterebbe fine a ogni guerra, pochi sono disposti a dedicargli la propria attenzione.
Il racconto prosegue con l’attacco a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941 e la richiesta di Tesla di convocare al più presto una conferenza stampa. Ma, a parte la visita di re Pietro II di Jugoslavia l’anno seguente, nessuno era più disposto ad ascoltare Tesla. L’ultimo giorno dell’anno del 1943, Jude ha l’occasione di parlare con l’eccentrico scienziato un’ultima volta, prima della sua morte. L’argomento è un’affermazione fatta da Tesla durante il loro primo incontro: Jude vuole una spiegazione. Ed è così che comincia un dialogo sul legame tra la scienza e il denaro, legame che Tesla non ha mai considerato. Al giovane facchino, Tesla lascia una sorta di testamento spirituale: «non valutare mai un’idea dalle sole implicazioni immediate. Un’idea è un seme, ha bisogno di tempo e cure per germogliare. Un’idea è un appuntamento nel futuro. E tu lascia che sia il futuro a stabilire la verità e a valutare ciascuno secondo il lavoro e le sue realizzazioni. Il presente appartiene a chi si accontenta delle risposte semplici e delle cose evidenti.»
«Non sopportavo l’idea che le meraviglie che voi avete realizzato, padrone, restassero ad ammuffire nelle segrete del Palazzo. Volevo che il popolo le ammirasse, che ne condividesse i benefici.» «Vuoi dire “che condividesse il piacere che la visione di quelle macchine aveva dato a me”» corresse Archimede. Assentii. «È così, padrone. Come fate a sapere?» Il maestro abbozzò un sorriso. Un gesto lieve, quasi timido. «Una volta, Dinostrato, io ero proprio come te. Ingenuo, orgoglioso. Credevo fosse mio dovere usare la matematica per donare un futuro roseo agli uomini. Mi illudevo di essere in grado di cambiare il mondo, o almeno di contribuire col mio lavoro a tratteggiare un domani migliore.» «Ma voi potete, padrone!» protestati. Lui scosse la testa. «Ho tentato, anni fa. E ho fallito. Gli uomini, Dinostrato, non vogliono essere aiutati. Meno che mai dalla Scienza. Sai perché? […] Gli uomini, Dinostrato, non credono che il domani possa essere migliore dell’oggi. L’Età dell’Oro, c’insegnano sin da bambini, non è un tempo di là a venire, ma si trova alle nostre spalle. Solo ripetendo pedissequamente le azioni dei nostri avi, ci vien detto, possiamo aspirare a raggiungere la condizione di felicità che abbiamo perduto. Tutto ciò che suona nuovo, che nega in qualche misura la tradizione, dev’essere respinto e disprezzato. […] Fra le mille circostanze della vita, Dinostrato, c’è un frangente in cui il popolo diventa attento ai doni offerti dalla Scienza. Un frangente in cui sono gli uomini stessi a inseguirla in cerca d’aiuto. Ciò dimostra che l’acrimonia verso le innovazioni non è innata nell’essere umano, e che dunque si può rimuovere. Certo, il frangente in questione è una circostanza inconfutabilmente negativa.» «Di che “frangente” parlate, maestro?» ripetei perplesso. Lui carezzò il gatto che gli era saltato in grembo. «Della guerra, Dinostrato.»
Questo brano è tratto dal romanzo Il matematico che sfidò Roma di Francesco Grasso. Nella mia recensione c’è anche un altro estratto del testo ed è un brano quanto mai attuale, visto che si parla dell’epidemia che aveva colpito Siracusa. Durante questa epidemia, la città, guidata dalla superstizione, non aveva seguito i consigli di Archimede.
Volenti o nolenti, noi ora dobbiamo seguire i dettami degli esperti sull’epidemia di Covid19 e per studiare la matematica delle epidemie, può essere estremamente utile questo articolo di MaddMaths! che offre anche una selezione di quanto è stato scritto ultimamente sui legami tra Covid19 e matematica. Nell’articolo abbondano integrali ed equazioni e, forse, il linguaggio è un po’ alto. Si fa riferimento, ovviamente, al numero di riproduzione di base dell’epidemia, ovvero il numero medio di individui infettati da un infetto nel corso del suo periodo infettivo, ma questo aspetto è stato spiegato molto bene e con semplicità anche da Dario Bressanini. Nel video linkato, Bressanini spiega con un linguaggio semplice e alla portata di tutti la necessità della chiusura delle scuole, scelta fatta non per proteggere i singoli, ma nel tentativo di fermare il virus e si sofferma in particolare sul numero di riproduzione di base dell’epidemia, usando un esempio e procedendo con il calcolo. Anche Zanichelli propone una serie di articoli raccolti in uno Speciale Coronavirus che propone, di fatto, un modo multidisciplinare di trattare il tema, perché se è vero che il Covid19 riguarda soprattutto la biologia, non mancano i riferimenti alla letteratura, ad esempio e, ovviamente, non può mancare la modellizzazione matematica. L’articolo offre la possibilità di fare esercizi al riguardo, ma ci informa anche che in Cina si sta raggiungendo il picco dell’epidemia, da cui poi inizierà a scemare, se si manterranno le misure di contenimento. Diciamo che il nucleo del messaggio è proprio questo: le misure di contenimento. Uno dei grafici che meglio spiega la necessità di queste misure, lo stesso che più ha circolato sui social, è stato pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases e condiviso da Wired, e mostra l’effetto del contenimento del contagio.
Le misure di contenimento adottate in Italia hanno implicato anche la chiusura delle scuole e, sempre ossessionati dal programma da portare avanti, siamo stati proprio noi insegnanti di matematica ad andare in crisi (pur capendo forse meglio di altri la necessità di queste misure). In questi giorni, ho assistito su Facebook a una fioritura di iniziative per la didattica a distanza, mentre da più parti è arrivato l’invito a condividere le proprie iniziative didattiche, per poter imparare gli uni dagli altri. Alcuni colleghi si sono attivati tramite un canale YouTube, come Sofia Sabatti che offre lezioni per i suoi alunni delle medie (nel link una attività di avvio all’algebra per le classi terze). Oppure Francesco Daddi, che ha cominciato dalla sua passione (la probabilità) per sperimentare qualche piccola lezione con la tavoletta grafica. In questi giorni mi sono cimentata anch’io, anche se a parte i video di spiegazione, come quello sull’ellisse, sul piano inclinato o sull’entropia, gli altri sono video di correzione di esercizi e quindi rivolti essenzialmente ai miei alunni. Tra le iniziative in rete, non poteva mancare l’offerta di Redooc: su questa piattaforma potete creare delle classi virtuali e seguire i vostri alunni nello svolgimento degli esercizi, e, proprio a causa del Coronavirus, Chiara Burberi e i suoi hanno deciso di offrire delle licenze gratuite per tutte le regioni italiane. Sarebbe un peccato non approfittarne, visto che ormai la piattaforma ha un numero enorme di esercizi tra i quali scegliere.
Mentre la rete cerca di compensare l’ignoranza matematica dovuta all’epidemia, ecco circolare una simpatica sfida, riguardante una scopa che sta in piedi: la BroomstickChallenge. Secondo un post (inesistente) della NASA, il 10 febbraio scorso sarebbe stato un giorno speciale, perché, grazie ad una particolare congiuntura astrale, le scope sarebbero state in grado di stare in piedi da sole. E questo succede solo una volta l’anno. La notizia ha avuto una diffusione tale, che è stato necessario l’intervento della NASA: l’equilibrio della scopa funziona in qualsiasi momento, grazie alla posizione del centro di gravità e non dipende, quindi, dalle congiunture astrali.
Tra le notizie degli ultimi giorni, c’è stata la morte di Katherine Johnson, il 24 febbraio scorso, all’età di 101 anni. La sua è una storia che vale la pena di conoscere e che è stata mostrata al grande pubblico con il film (ma prima ancora con il libro) Il diritto di contare. Un breve ricordo da parte di Luca Perri, che con un post davvero sentito ne celebra la grandezza. Per chi ha ricevuto la newsletter via posta elettronica, avrà notato che una delle immagini allegate è dedicata a lei.
In conclusione, considerando l’imminenza della Festa delle Donne e il fatto che probabilmente alcuni di voi hanno un po’ di tempo libero, propongo due letture davvero interessanti. La prima è l’ultima opera di Piergiorgio Odifreddi, Il genio delle donne: ventiquattro capitoli che ci offrono delle “top models alternative”. Sara Sesti e Liliana Moro, invece, di top models ce ne presentano più di un centinaio con Scienziate nel tempo. Vale la pena spendere un po’ di tempo per la lettura di questi due testi!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Pubblicato da Ledizioni, «Scienziate nel tempo» è arrivato alla sua terza edizione: la prima è del 1998, e raccoglie ora più di cento biografie*. Le autrici sono entrambe insegnanti: Sara Sesti è insegnante di matematica, mentre Liliana Moro di italiano e storia e, insieme, ci offrono un «itinerario lungo la storia della scienza e dell’istruzione femminile che mette in luce figure per troppo tempo ignorate o sottovalutate». Sara Sesti cura la pagina Facebook “Scienziate nel tempo di Sara Sesti” e fa parte dell’Associazione Donne e Scienza, mentre Liliana Moro ha pubblicato il libro Profumi di donne, ovvero una storia della chimica al femminile; entrambe sono webmaster del sito www.universitadelledonne.it e questo libro è il culmine di un progetto pluriennale sulle biografie delle donne di scienza, iniziato nel 1997 (e ancora in corso) presso il Centro PRISTEM dell’Università Bocconi con la mostra “Scienziate d’Occidente. Due secoli di storia”.
Il testo è una raccolta di biografie, ma anche qualcosa di più. Le biografie occupano al massimo un paio di facciate per ogni scienziata, perché obiettivo principale delle autrici era «raccogliere dati sulle vicende di alcune donne, cercando di riconoscere linee di tendenza e di individuare interrogativi aperti». Le autrici stesse evidenziano gli elementi comuni alle scienziate presentate: «un frequente interesse verso il campo della divulgazione», pazienza, tenacia e una «straordinaria efficienza nella operatività pratica»; «spesso affiancate da una figura maschile molto importante», è poi entrata in azione un’«opera di cancellazione della memoria storica», facilitata magari dal fatto che queste donne spesso hanno pubblicato i propri risultati con pseudonimi maschili o insieme agli uomini che le sostenevano, basti pensare all’«aiutante invisibile» Maria Winkelmann-Kirch.
La raccolta presenta le biografie in ordine cronologico e suddivise per periodi: ogni periodo è introdotto da un saggio generale, e così vediamo la figura della donna nella preistoria, nell’antichità, quando finalmente abbiamo i primi nomi, nel Medioevo, tra il XVI e il XVII secolo, e poi c’è una parte per ogni secolo fino ad arrivare ad oggi. Le ultime due raccolte sono dedicate alle scienziate che hanno partecipato a progetti collettivi e alle protagoniste della rivoluzione informatica. Si può scegliere una lettura in ordine cronologico oppure diversa, magari raggruppando le scienziate per disciplina (le discipline sono specificate già nell’indice), oppure facendo riferimento ai premi Nobel. Nella nuova edizione c’è una parte dedicata all’informatica, «per incoraggiare le giovani a una maggiore partecipazione alle discipline STEM», anche se di fatto ogni biografia è un’offerta di modelli positivi di figure femminili alle ragazze di oggi, permettendo «a una giovane di immaginare con maggiore naturalezza e disinvoltura una propria presenza nel mondo della scienza e della tecnica».
Il fatto che a ogni biografia sia dedicato un paio di pagine rende la lettura scorrevole e veloce: i capitoletti volano, da una scienziata all’altra, ma lo spazio dedicato ad ognuna è sufficiente per offrire uno spunto di riflessione, per fornire qualcosa di diverso e nuovo da dire in classe, mentre il quaderno degli appunti si riempie di numeri di pagine e di rimandi a questo o a quell’argomento trattato con la didattica. D’altra parte, io condivido appieno quanto le stesse autrici dichiarano nella presentazione: «una disciplina, vista attraverso la concretezza e la profondità delle biografie di coloro che ad essa si sono dedicate, assume connotazioni nuove, più vicine alla sensibilità degli adolescenti, poco incline all’astrazione e molto curiosa di esperienze complessive e di scelte morali».
*Dal 2018 gli aggiornamenti del libro sono a cura di Sara Sesti
“Dialoghi con un matematico strano” è il titolo di questo libro pubblicato da Matematicamente.it con licenza Creative Commons, il che significa che si può distribuire e modificare l’opera ma non ne è permesso un uso commerciale. L’autore, Mauro Cerasoli, è stato Professore Associato di Calcolo delle Probabilità presso l’Università degli Studi dell’Aquila, ma anche fondatore di Mat^Nat, il Parco della Matematica di Fontecchio. Autore insieme alla sorella Anna di vari manuali di matematica per la scuola secondaria superiore, editi da Zanichelli, già dal 1985, ha scritto anche “Introduzione alla Probabilità”, edito nel 1984 dall’Unione Matematica Italiana, insieme a Gian Carlo Rota e Kenneth Baclawski. Nel 2017 gli è stato conferito il premio Zimei a Montesilvano, un riconoscimento «agli abruzzesi che, attraverso la loro azione, hanno onorato la propria terra».
Questo libro è una raccolta di ventitré dialoghi che attraversano tutta la matematica ed è nato per «chiarire alcuni dei temi presentati velocemente durante la passeggiata nel Parco» Mat^Nat. Costellato di piacevoli cenni autobiografici e di giochi matematici ideati dall’autore, è ricco di riferimenti anche ad altre scienze, tanto che il suo misterioso interlocutore dice che non sa se definire Cerasoli uno zoologo, un botanico o, addirittura, un filologo, visto che grazie alla sua formazione classica fa spesso riferimento al significato dei termini matematici. Cerasoli si rivolge spesso in modo critico alla didattica della matematica: ritiene che la crisi delle facoltà scientifiche sia dovuta all’eccessivo calcolo con il quale si caricano gli studenti delle scuole superiori e invita gli insegnanti a presentare i teoremi come un mistero, così «forse gli studenti chiederebbero loro stessi la prova, invece di odiare le dimostrazioni che vengono spesso imposte dal docente».
Due sono le passioni che guidano la narrazione: la probabilità, alla quale vengono dedicati parecchi dialoghi e Gian Carlo Rota, con il quale Cerasoli ha collaborato e al quale era legato da una solida amicizia, tanto da dedicargli l’ultimo dialogo.
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