Daniela Molinari

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Venerdì, 12 Agosto 2016 11:42

Caccia allo zero

Il primo incontro di Amir D. Aczel con i numeri è stato così folgorante da restare impresso nella sua memoria: aveva cinque anni e, durante una crociera sulla ss Theodor Herzi – capitanata dal padre – è stato accompagnato da Laci, steward del capitano, ma anche brillante matematico laureatosi all’Università di Mosca, al casinò di Montecarlo. Per Aczel i numeri sono magici: “Mi sono innamorato della loro magia, associandoli nella mia mente a qualcosa di affascinante e proibito” e questo incontro si rinnova anche al Partenone, con i numeri dei Greci che erano in realtà lettere dell’alfabeto, e a Pompei, con i numerali dei Romani. È proprio durante l’infanzia, grazie all’influenza di Laci, che Aczel decide di dedicare la propria vita alla ricerca di una risposta sull’origine dei numeri.

Nel 1972, dopo aver prestato il servizio obbligatorio nell’esercito di Israele, approfitta del passaggio offertogli dal mercantile capitanato dal padre, per raggiungere gli Stati Uniti: si appresta a diventare uno studente all’Università della California, a Berkeley ed è ancora Laci a parlargli di un archeologo francese che “potrebbe aver trovato qualcosa sui numeri in Asia, alcuni decenni or sono; qualcosa d’importante a proposito del numero zero.” Laci non ricorda i dettagli e Aczel sembra dimenticare questa storia per un po’. Nel 2008, la telefonata di Andrés Roemer, conduttore di spettacoli televisivi molto popolari, lo invita a parlare della teoria delle probabilità durante una conferenza internazionale: per Amir e la moglie, Debra, è l’occasione per visitare il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. È qui che, dopo aver visto la Pietra del sole azteca, i due coniugi assistono alla proiezione di un video sulla matematica mesoamericana. Il sistema numerico dei Maya, sviluppatosi in completo isolamento rispetto al resto del mondo, riaccende la passione di Amir D. Aczel per la ricerca delle origini dello zero. È così che, nel 2009, approfondisce i propri studi in tal senso e comincia a progettare un viaggio in India.

Nel gennaio del 2011, Aczel incontra a Nuova Delhi Chandra Kant Raju, professore che sostiene che la matematica è nata in India, non nell’Antica Grecia: “Lo zero, il numero, e il nulla buddhista sono una cosa soltanto. Il nulla è un concetto filosofico profondo, ed è da lì che arriva il nostro zero.” Studiando gli scritti degli storici della scienza, Aczel si confronta con l’ipotesi di Moritz Cantor, secondo il quale i numeri hanno avuto origine in India e con l’aggressività di George Rusby Kaye, per il quale lo zero ha avuto origine in Europa.

Al rientro dall’India, Aczel si trova a un punto morto e, per superare l’impasse, la moglie lo invita a studiare altri sistemi numerici. Per caso, trova online la descrizione del matematico Bill Casselman, dell’Università della Columbia Britannica, che parla di uno zero ritrovato in Cambogia dall’archeologo francese George Cœdès, proprio il personaggio di cui aveva parlato Laci quarant’anni prima. Cœdès parla di una stele ritrovata in Cambogia, indicata come K-127, datata 683 d.C. e sulla quale compariva uno zero. Purtroppo, la stele sembra essere andata perduta: Aczel decide di ritrovarla e presenta una proposta di ricerca alla Alfred P. Sloan Foundation di New York per avere i fondi per i propri studi. All’inizio del 2013, Aczel è in Cambogia ed è grazie ad una serie di incontri fortunati e inaspettati che finalmente si trova al cospetto della stele: il proprietario della Galerie Mouhot di Bangkok, Eric Dieu, gli suggerisce il primo contatto, ma poi ci sono gli espatriati con i quali ha occasione di confrontarsi anche su questioni profonde, come Andy Brouwer, che gli fornisce il contatto di Rotanak Yang, il cui padre è il direttore della Angkor Conservation (dove troverà la stele), e Jean-Marc con il quale si trova a parlare proprio di filosofia della matematica. Per risolvere l’ultimo problema legato alla stele, Aczel incontra anche Hab Touch, un personaggio carismatico e molto preparato, che lavora per il Ministero della Cultura: il 9 aprile del 2013, si conclude l’avvincente ricerca di Aczel, grazie alla mail che gli conferma la collocazione della stele presso il Museo Nazionale della Cambogia a Phnom Penh.

 

Un libro che è il racconto di un percorso, sia esteriore che interiore: Aczel viaggia per il mondo alla ricerca dello zero, ma il viaggio avviene anche nella sua testa, visto che per una tale ricerca è necessario studiare e approfondire l’argomento. Leggere questo libro è avventurarsi nel percorso di Aczel, attraverso la storia della matematica, attraverso lo studio della filosofia orientale dove è nato il concetto di zero, attraverso gli incontri che l’autore ha fatto nell’ultima parte della sua vita. Colpisce, infatti, sapere che la ricerca dello zero si è conclusa nell’aprile del 2013 e l’autore è mancato un paio di anni dopo aver realizzato il suo sogno di trovare l’origine dei numeri.

Sei sezioni per un totale di 42 capitoletti: la manciata di pagine dedicata a ogni capitoletto consente una lettura poco impegnativa, saltando da una curiosità all’altra o procedendo lungo il percorso che l’autore, il matematico Paolo Gangemi, ci propone. Il fatto che la lettura possa procedere spedita, anche sotto l’ombrellone, non ci deve trarre in inganno: gli argomenti proposti, le curiosità mostrate nel libro, non sono certo banali, ma sono alla portata di tutti e la leggerezza dello stile, con le battute colme di umorismo, rende semplice anche il contenuto più difficile.

La prima sezione, “L’alfabeto della natura”, è dedicata alla matematica e il titolo sembra richiamare la ben nota citazione de “Il Saggiatore” di Galileo Galilei. Gli argomenti affrontati non sono difficili: il teorema di Pitagora, un po’ di teoria dei numeri e le unità di misura dell’informatica, ma ciò di cui Gangemi parla sono i fondamenti della matematica, come il suo linguaggio e la necessità della dimostrazione. La seconda sezione è dedicata alla fisica, a partire dalla velocità della luce, proseguendo con un’importante riflessione sulle unità di misura, suggerita dalle scale di misurazione della temperatura, fino a rispondere alla domanda su cosa potrebbe succedere se si tentasse di raggiungere la parte della Terra diametralmente opposta a quella in cui ci troviamo.

Con la terza sezione, si indaga l’affascinante mondo celeste: dalla Luna ai pianeti che orbitano attorno al Sole, fino a domandarsi se il terremoto sia un fenomeno solo terrestre o se riguardi anche altri corpi celesti. La geologia della quarta parte allarga i nostri orizzonti a partire dai vulcani delle Hawaii fino all’interessante (e per me sconosciuta) bridgmanite, il minerale più diffuso sul nostro pianeta, eppure più invisibile: “abbiamo dovuto aspettare che ci cadesse letteralmente dal cielo”. Dai reattori nucleari naturali fino all’Antartide, passando attraverso le laghee si giunge alla scala dei terremoti: se siete ancora convinti che basti la scala Richter per stabilire l’entità di un evento sismico, resterete stupiti dal fatto che il nome giusto dovrebbe essere scala Kanamori.

La biologia della quinta sezione ha la sua origine nella Preistoria, ma si può andare avanti indefinitamente – come dimostra la continua rinascita della medusa che ringiovanisce a ogni ciclo vitale – mentre si scopre che, persino nell’ambito scientifico, non è così semplice assegnare i nomi alle nuove specie che vengono scoperte ogni giorno.

L’ultima parte è dedicata alla biomedicina: la riflessione su virus, batteri e antibiotici solleva il sempre attuale problema dell’ignoranza scientifica e lo scoprire che “in Italia, le erronee convinzioni e le cattive pratiche sono peggiori della media europea” potrebbe essere l’incentivo che ci serve per migliorare le nostre conoscenze. Il capitolo dedicato a Henrietta Lacks e alle sue cellule HeLa mi ha colpito più di quello dedicato al Progetto Genoma: è definita “una delle persone più importanti del Novecento, se non dell’intera storia dell’umanità” e io non ne avevo mai sentito parlare!

Dalla prima all’ultima pagina, il libro di Gangemi è un invito all’approfondimento: conquistati dalle curiosità elencate nel testo, si sente il bisogno di conoscere qualcosa di più su alcuni argomenti. Insieme ai numerosi suggerimenti, leggendo questo libro non manca lo svago, uno svago stimolante e intelligente, come dimostrato dalla conclusione dell’ultimo capitolo, con la citazione di Italo Calvino.

Giovedì, 28 Luglio 2016 16:49

91 - 29 Luglio 2016

È stata inaugurata il 12 luglio scorso Extreme, la “nuova esposizione permanente progettata e realizzata dal Museo per scoprire gli strumenti e il lavoro di chi esplora l’infinitamente piccolo”. Si sta parlando del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e la mostra è stata realizzata in partnership con il CERN, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare e con l’INFN, ovvero l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. “Extreme svela ciò che accade all’interno dei laboratori del CERN e dell’INFN, due dei più grandi istituti di ricerca che svolgono esperimenti legati alla fisica delle particelle. Oggetti, anche di grandi dimensioni e di valore storico, insieme a installazioni multimediali e interattive caratterizzano l’esperienza del visitatore.” Sul sito del Museo Nazionale della Scienzaè possibile avere indicazioni più dettagliate sul contenuto dell’esposizione. Il percorso espositivo comincia con il tema delle tracce, che servono da introduzione ai rivelatori, “in un allestimento scenografico sono esposti oggetti storici e attuali che raccontano importanti tappe della fisica italiana e internazionale”: non vedo l’ora di visitarla di persona!

Restando sempre nell’ambito della fisica, forse a breve sentiremo parlare di Jacob Barnett, classe 1998, precoce genio della matematica, che – nonostante la giovane età – probabilmente in futuro riceverà il premio Nobel per le sue teorie, che riguardano la relatività di Einstein. “Il mio bambino speciale” è il libro scritto dalla madre, Kristine, che, grazie alla sua forza, è riuscita a far emergere le doti di Jacob. Poco dopo aver compiuto un anno di età, il ragazzino si era chiuso nel suo mondo, il mondo irraggiungibile dell’autismo, ma la madre è riuscita in qualche modo a raggiungere il figlio e a scoprire che quel quoziente intellettivo di 189, inizialmente passato in secondo piano a seguito della diagnosi di autismo, gli aveva permesso di imparare a leggere, nonostante le raccomandazioni di non aspettarsi troppo da un figlio in simili condizioni. Osservarlo in questa chiacchieratadi TEDxteen riempie di meraviglia: risale a qualche anno fa, ma emerge tutta la passione di Jacob, come ci conferma la madre: «Con il tempo ho capito che i numeri e i concetti numerici sono come amici per lui. […] Gli dico sempre: “Jake, tu non capisci. La matematica fa paura alle persone. Fa paura a me”. Penso che sia per questo che è così dedito a sradicare quella che lui chiama la “matematicafobia” dovunque la individui. Crede davvero che se mi fosse stata insegnata in modo diverso, amerei la matematica quanto lui.» (Di autismo ha parlato anche il “Corriere della Sera” nei giorni scorsi, sostenendo che alcune aziende cercano in particolare gli Asperger: “Delle loro capacità si sono accorti grandi realtà industriali e tutti quegli ambienti lavorativi in cui il comportamento ripetitivo e l’assenza di distrazioni sono essenziali per ottenere risultati migliori.”)

“Sradicare la matematicafobia” è anche la missione di quelli di Redooc che cercano di rispondere, per l’ennesima volta, all’annosa questione: “A cosa mi servirà la matematica nella vita?”. In questo caso, si parla di radiografie e algoritmi e il tentativo di risposta è di Paola Elefante, matematica italiana trapiantata in Finlandia. “La matematica non è immediata. Richiede impegno, analisi, riflessione. Tuttavia la fatica si sente meno quando si ha motivazione, quando si inquadra, seppur lontano, un obiettivo da raggiungere.” La spiegazione di Paola, di cui questa è solo l’introduzione, è davvero geniale e semplice: il linguaggio è leggero e svagato, ma i contenuti, per quanto tosti, sono davvero semplici da capire e… tutto questo fa venir voglia di studiare matematica! Le parole che ho citato mi rimandano a quelle di Michael Atiyah, uno dei più grandi matematici tuttora viventi, vincitore del premio Abel nel 2004 e autore del libro “Siamo tutti matematici”: “La matematica è difficile e, anche se ti piace e sei portato, devi studiare e impegnarti molto.” E ancora: “Per essere un buon matematico non basta la logica, occorre anche immaginazione, intuizione, visione, ovvero tutte le qualità di un artista.” Se avete voglia di dedicare un po’ di tempo a una lettura impegnativa, ma davvero interessante, il libretto di Atiyah è quello che fa per voi! Se invece volete dedicarvi a una lettura che offre anche un po’ di svago, nonostante l’argomento, vi consiglio “Archimede aveva un sacco di tempo libero”, di Bruno Codenotti: la presenza dei fumetti di Claudia Flandoli permette di comprendere più facilmente alcuni degli aspetti più tosti legati all’infinito. Il libro si rivolge a un pubblico che abbia fatto propri i concetti della matematica di base, come i ragazzi del triennio delle superiori. Per le vostre letture estive, ulteriori suggerimenti ci pervengono dal blog mathisintheair: per quanto mi riguarda, alcuni li ho già letti, altri sono nella lista delle mie prossime letture, ma alcuni non li conoscevo, perciò… urge un salto in libreria!

Tornando a Kristine Barnett e all’aiuto che ha dato al figlio, frequentando lei stessa lezioni universitarie di matematica e fisica per consentire al figlio, che era alle elementari, di poter accedere a quel mondo, mi è venuto da sorridere leggendo l’ennesimo post su Facebook di un’amica, nel quale paragona quesiti di matematica di terza elementare a problemi di fisica quantistica, chiedendo aiuto alle altre mamme. Forse anche il team di Redooc ha provato il mio stesso sconcerto e ha quindi lanciato l’indagine #mammacheconta“per capire meglio i problemi delle mamme e per cercare di offrire dei supporti concreti e mirati”. Chiunque abbia problemi, quindi, si faccia avanti!

Per quanto mi riguarda, non è la prima volta che un genitore mi contatta tramite il sito per chiedermi consigli. Diciamo che, in dieci anni, ho avuto alcuni contatti interessanti. Ebbene sì, 10 anni: www.amolamatematica.itfesteggia dieci anni! Non chiedetemi la data esatta, perché per il mio provider il dominio scade il 23 giugno, ma per l’indice ShinyStat il sito è nato il 14 agosto. In ogni caso, ci sono dei numeri più esatti sui quali possiamo contare: 405 articoli nell’ambito degli esercizi, 158 per i libri, 33 in Schemi e riassunti, 15 in storia, 10 nelle curiosità, 25 nel fine ciclo e, da pochi giorni, è online la nuova sezione, Newsletter, nella quale potete trovare le ultime 12 newsletter pubblicate (anche nel caso delle newsletter, però, come potete vedere dal titolo, i numeri stanno diventando importanti, visto che siamo alla numero 91!).

Moreno Andreatta, 45 anni, “è stato promosso direttore di ricerca Cnrs all’Ircam (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique) di Parigi ed è soprannominato “matemusicista” per la sua capacità di studiare i rapporti fra matematica e musica”: per quanto la musica sia bella a prescindere dalla matematica, pare che molti grandi autori pensino “come dei matematici senza accorgersene”, dato che “la musica è un’arte molto strutturata, anche se chi la fa spesso non se ne rende conto”. Questo non implica che basti la matematica per comporre buona musica, come specifica Andreatta parlando dei computer: “Ai computer oggi manca la creatività. Calcolo e rigore sono riproducibili, il colpo di genio no. Ma ci stanno lavorando parecchi ricercatori.” Per chi volesse approfondire un po’ l’argomento, ecco alcuni video di youtube intitolati Musimathics.

Per concludere: l’ultima newsletter ha riservato parecchio spazio alla prova di matematica della maturità, ma la polemica non si è ancora sopita, soprattutto dopo che Francesco Alfieri, maturando del Liceo scientifico “Falcone” di Asola, in provincia di Mantova ha segnalato un errore nel testo della prova…

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Venerdì, 22 Luglio 2016 15:37

Siamo tutti matematici

Il testo di Atiyah appartiene alla collana “Dialoghi” della Casa Editrice Di Renzo, perciò è il “risultato di approfondite discussioni con l’autore”, che riflette sulla propria vita e sulla materia oggetto della sua ricerca. Il libretto è non solo il racconto della vita dell’autore, delle sue ricerche, dei risultati ai quali è arrivata la matematica, ma anche, più in profondità, un modo per Atiyah di analizzare la propria passione per questa difficile materia e il percorso creativo che porta ad elaborare nuovi teoremi e nuovi ambiti di ricerca.

Nel primo capitolo, “Verso la matematica”, l’autore parla della propria vita e di come sia approdato allo studio della matematica, anche se, secondo il padre, si poteva intuire il percorso che avrebbe fatto già da quando era piccolo. Indeciso tra matematica e chimica, Atiyah ha scelto la prima, consapevole che non si trattava solo di imparare a memoria una serie di dati, ma che era soprattutto una “questione di comprensione”. Lo sviluppo della matematica “dipende dall’abilità nell’afferrare i concetti, dalla profondità di comprensione dei fondamenti e dalla capacità di trasferirli ai giovani nel modo più semplice possibile” e, per diventare bravi matematici, è indispensabile avere buoni maestri, che insegnino l’equilibrio tra la capacità di risolvere problemi – e quindi il rigore dei singoli passaggi – e la “qualità di volteggiare liberamente nell’aria come un poeta”.

Il secondo capitolo, “La K-teoria e le stringhe” è il resoconto degli studi dell’autore, che è stato insignito, insieme a Isadore M. Singer, del premio Abel nel 2004. Nel testo, viene riportata la motivazione addotta dall’Accademia per l’assegnazione del premio per il teorema dell’indice, nato dalla collaborazione tra i due matematici, che ha “mutato il paesaggio della matematica”, mostrando “come calcolare in maniera geometrica il numero di soluzioni di un certo tipo di equazioni differenziali”. Il teorema è anche la dimostrazione di come il matematico, in genere, abbia bisogno di collaborazione con altre persone per sviluppare le sue idee.

Il terzo capitolo, “La matematica del XX secolo”, tratta degli sviluppi della matematica dell’ultimo secolo, con il passaggio dal locale al globale, l’aumento delle dimensioni, il passaggio dal commutativo al non commutativo, dal lineare al non lineare e lasciando ampio spazio alla dicotomia tra geometria e algebra. È davvero interessante il punto di vista dell’autore che solo occasionalmente lascia emergere la sua opinione, la sua preferenza per la geometria: riconosce comunque che, visto che l’algebra riguarda la manipolazione del tempo e la geometria quella dello spazio, sono due diversi punti di vista in matematica.

Nel quarto capitolo, “La creatività nella ricerca scientifica”, Atiyah ci racconta il lavoro del matematico, che viene definito come un “processo creativo”, che, innanzi tutto, gli piace e lo diverte.

L’ultimo capitolo, “Scienza e responsabilità”, analizza il ruolo della scienza nella storia, a partire dalla seconda guerra mondiale e dall’organizzazione Pugwash fino ai giorni nostri. “La scienza sta diventando un fattore sempre più dominante, il che significa che aumenterà la responsabilità degli scienziati, in quanto dovranno far sentire – a livello internazionale e collettivo – la loro voce, per obbligare tutti i governi a decisioni sagge e sicure.”

Mercoledì, 20 Luglio 2016 08:43

Archimede aveva un sacco di tempo libero

In questo testo, Codenotti ci propone l’infinito nella teoria degli insiemi di Cantor: l’argomento non è semplice, ma è presentato in modo accattivante, grazie al fumetto di Claudia Flandoli che si alterna alla trattazione più rigorosa. L’idea è nata durante le conferenze divulgative che Bruno Codenotti tiene nelle scuole: quale miglior modo di divulgare le conoscenze di un libro? In questo modo, il lettore può scegliere il proprio ritmo e aspettare che tutto sia chiaro prima di proseguire.

L’esplorazione dell’infinito comincia con gli insiemi finiti, così come nel fumetto Giacomo comincia l’esplorazione della vita universitaria e incontra Lara, sua compagna di corso. La semplicità degli insiemi finiti non deve indurre a una banalizzazione, come dimostrato dagli importanti concetti spiegati, che si prestano ad essere esplorati con numerosi esempi.

Nel secondo capitolo il problema dei buoi di Archimede e il premio per l’invenzione degli scacchi ci fanno prendere confidenza con numeri così grandi che ci fanno pensare all’infinito e le suggestioni del terzo capitolo, con i testi di letteratura e filosofia, ci aiutano a prendere coscienza del fatto che l’infinito non è dominio solo della matematica.

Il quarto capitolo sancisce il salto dal finito all’infinito e il fumetto è fondamentale per cogliere appieno questo salto: “mondi diversi seguono regole diverse” dice Lara a Giacomo, quando questi cerca di capire il funzionamento di un e-reader rifacendosi ai libri. L’infinità dei numeri e dei punti in geometria ci permette di prendere confidenza con l’infinito matematico, analizzando e confrontando, rimettendo in gioco e ridefinendo i concetti di minore, maggiore e uguale.

Nel settimo capitolo, la spiegazione della differenza tra insiemi continui e insiemi discreti ci è data ancora dal fumetto, che con una semplice ma geniale immagine aiuta a comprendere questa difficile definizione. La conclusione è da capogiro: gli infiniti infiniti matematici non possono che fare girar la testa.

Come sottolinea Giacomo, “infrangere i tabù porta a grandi scoperte”: è questa la descrizione del cammino percorso da Cantor che, nelle sue esplorazioni matematiche, ha incontrato anche numerosi ostacoli proprio da parte dei matematici suoi contemporanei.

 

Il libro si rivolge a un pubblico che abbia fatto propri i concetti della matematica di base, come i ragazzi del triennio delle superiori. Al termine di ogni capitolo, la nota storico-bibliografica consente di esplorare nuovi approfondimenti attraverso letture più impegnative, ma non solo: l’autore presenta anche la vicenda storica di Cantor e alcune curiosità che non hanno trovato spazio nella trattazione. 

Martedì, 19 Luglio 2016 15:33

Il mio bambino speciale

Jacob Barnett, classe 1998, ha dato indizi precoci delle sue doti fin da piccolo, ma a quattordici mesi alcuni segnali mettono in allarme Kristine, la madre. È così che Jacob comincia ad essere seguito da First Steps, il programma pubblico di primo intervento per bambini sotto i tre anni con un ritardo nello sviluppo. Quando comincia a presentarsi la regressione graduale del linguaggio, la diagnosi è ufficiale: Jacob ha una forma di autismo grave. Il suo quoziente intellettivo di 189 passa in secondo piano, di fronte ad una diagnosi simile.

Con la frequenza di una scuola per lo sviluppo delle abilità speciali, sembra confermato che da Jake non ci si potrà aspettare molto. Dopo questa sentenza e a seguito di alcuni nuovi comportamenti allarmanti, Kristine decide, contro il parere di tutti e anche del marito Michael, di ritirare Jacob dalla scuola e di prepararlo per la scuola pubblica tradizionale. «Invece di spingerlo senza sosta in una direzione in cui non voleva andare, martellandolo a ripetizione per migliorare le sue abilità di base, gli permettevo di passare buona parte della giornata a fare le cose che gli piacevano.» Ecco perché Kristine lo porta all’Holcomb Observatory, il planetario del campus della Butler University: durante queste visite, la madre scopre che Jake sa già fare le addizioni, sa leggere e ha una memoria prodigiosa.

Nel 2003 Jacob viene finalmente ammesso all’asilo tradizionale e comincia poi il suo percorso alle elementari. In terza elementare, incontra ancora una regressione e Kristine decide di alimentare la sua curiosità e la sua sete di imparare. In un crescendo emozionante, a undici anni Jacob si ritrova iscritto all’Indiana University e alle prese con una teoria che rientra nel campo della relatività.

Potersi finalmente dedicare alla sua passione ha permesso a Jacob di far emergere la sua personalità, basti pensare alle sue amicizie con i compagni di università, al suo senso dell’umorismo, alla vastità e varietà dei suoi interessi. È il più giovane ricercatore al mondo ed è in continua crescita: la sua incredibile mente, la sua straordinaria memoria di lavoro, gli hanno consentito di superare le più rosee aspettative, «Ecco dove siamo arrivati: dalle insegnanti di sostegno, che credevano che Jacob non sarebbe mai riuscito a imparare a leggere, a un professore universitario di fisica che vede il suo potenziale illimitato. Questo è il tipo di tetto che voglio che gli insegnanti di mio figlio fissino per lui. Cosa ancora più importante, è il tetto che voglio che gli insegnanti e i genitori fissino per ogni bambino e che tutti noi fissiamo per noi stessi. […] Se si alimenta la scintilla innata di un bambino, quella indicherà sempre la strada verso vette molto più elevate di quanto ci si sarebbe mai potuti immaginare.»

 

Una famiglia davvero speciale quella di Jacob Barnett: Jacob con il suo autismo, Wesley, il fratellino, con una forma di distrofia che sembra minacciarne la sopravvivenza, la madre Katrine con una malattia autoimmune, la crisi economica del 2008… e, nonostante tutto questo, tanti progetti realizzati e tante iniziative portate avanti con coraggio: il programma Little Light per proporre un approccio diverso ai bambini con autismo e la costruzione di Jacob’s Place, il centro dove i bambini con problemi di autismo possono praticare sport e vivere in modo diverso la propria disabilità, per scoprire semplicemente le proprie reali passioni. L’approccio di Kristine è originale e dovuto sia alla sua educazione che alla sua voglia di “ritrovare” Jacob: «L’autismo è un ladro. Ti porta via tuo figlio. Ti porta via la speranza e ti deruba dei tuoi sogni.»

È la storia della forza di una madre e della genialità di un figlio, di come Kristine sia riuscita a far emergere le doti di Jacob e, insieme, abbiano raggiunto traguardi incredibili. Sentiremo parlare ancora di Jacob Barnett, perché pare che la sua teoria legata alla relatività stia creando un campo nuovo nella fisica e lo renda un probabile candidato per il premio Nobel.

 

«A volte stare con Jake è come guardare qualcuno camminare sull’acqua senza sapere che sta facendo qualcosa di eccezionale.»

Martedì, 19 Luglio 2016 08:38

90 - 8 Luglio 2016

L’inizio di questa Newsletter non può che essere dedicato alla prova di matematica della maturità scientifica, che si è svolta il 23 giugno scorso. Secondo Wired, o meglio secondo un docente di matematica di un liceo, la prova “è stata di media difficoltà, ma non proprio di immediata risoluzione”. Il primo problema aveva come argomento la modellizzazione e trattava di un serbatoio per il gasolio per il riscaldamento di un condominio: il fatto che si chiedesse di scegliere tra tre funzioni rendeva il problema “abbastanza gestibile anche se non semplicissimo”. Il secondo problema, più lungo, era più standard e quindi, forse proprio per questo motivo, è stato affrontato dalla maggior parte degli studenti. Una seconda riflessione ci viene offerta da un papà, (il papà è Stefano Marcellini, un ricercatore nel campo della fisica delle particelle elementari) che ha provato a fare il compito “cercando di immedesimarsi nei pensieri dello studente medio”. E la prima riflessione è proprio sullo studente medio: “mi sono reso conto dello scollamento che esiste tra quelli del Miur che preparano le prove di esame, e la scuola reale. E siccome il Miur dovrebbe essere la scuola, questo potrebbe rappresentare un problema.” La seconda riflessione riguarda la necessità di riconoscere un’utilità alla matematica: “Si può fare matematica anche chiudendosi dentro un bunker e privandosi di qualunque contatto sensoriale col mondo, e anzi, il bello della matematica è proprio questo. È il trionfo della logica e del ragionamento, e la sua bellezza non risiede nell’applicazione pratica.” La modellizzazione della matematica suscita sempre questo genere di reazioni, per lo meno la modellizzazione che viene proposta dal ministero durante la prova. Pare che Marcellini si sia davvero lasciato prendere la mano nel commento: “se proprio volete contestualizzare i problemi di analisi matematica, date problemi che abbiano un senso, oppure – molto meglio – lasciate perdere la contestualizzazione e date problemi di analisi matematica e basta…” Importante infine la distinzione tra ragionamento e automatismi: un interrogativo che dobbiamo porci in tanti.

Ha preceduto di poco la prova di maturità l’articolo del “Sole24ore” secondo il quale, dallo studio Ocse sulla matematica, emerge che “gli alunni italiani conoscono l’algebra ma fanno fatica ad applicarla alla realtà quotidiana”. “Rispetto alle conoscenze di algebra, l’Italia risulta leggermente sopra la media Ocse in fatto di familiarità con concetti di geometria e algebra, attestandosi attorno al livello 2 su 4. Ma i nostri ragazzi hanno difficoltà ad applicare alla realtà che li circonda quanto hanno appreso”. In altre parole, secondo gli analisti la matematica pura non basta. Un binomio, per certi aspetti, vecchio, se si considera anche il libro di Godfrey Hardy Apologia di un matematico.

In ogni caso, per chi quest’anno ha dovuto scontrarsi con la prova di matematica dell’esame di maturità, ecco le soluzioni di Redooc, disponibili già dal giorno della prova e svolte con grande accuratezza. Anche perché non è detto che, pur avendo scelto il liceo scientifico, la matematica sia facile. Personaggi come Luis Esquivel, in effetti, sono più unici che rari. E chi è Luis? “Gioca con le radici quadrate, recita la tavola periodica invece delle filastrocche, riesce a leggere con naturalezza numeri a dodici cifre e conosce il numero atomico dell’ossigeno e dell’idrogeno”. E ha solo cinque anni! Il suo passatempo preferito però è il “doubling”, ovvero il raddoppio: gli si dice un numero a caso e lui continua a raddoppiarlo. Il bambino è originario delle Hawaii ed è stato recentemente in Italia per partecipare a un gioco matematico organizzato da Original Marines a Firenze. Forse è vero, come l’ultimo studio condotto dai ricercatori del King’s College, che “il talento per i numeri è scritto nei cromosomi”. Pare che il DNA giochi un ruolo di primo piano per matematica, fisica e lingue straniere, mentre ha un effetto più blando su storia e altre materie umanistiche. Eppure continuo a restare convinta, come qualche anno fa, che scegliere di dare la “colpa” al DNA possa in qualche modo diventare un’ottima scusa per non applicarsi. Anche il genio matematico non può fare a meno della fatica, come è ben evidenziato dalla storia di Srinivasa Ramanujan visibile sul grande schermo dai primi di giugno. Nel film viene evidenziata molto bene l’importanza della dimostrazione, il “concetto matematico di cui non potremmo fare a meno”, come ci racconta Luca Granieri sul blog di Maddmaths. È simpatico l’excursus tra i diversi tipi di dimostrazione, fino ad arrivare alla dimostrazione più rigorosa possibile, quella matematica: “il vero matematico non è contento finché l’enunciato non è stato dimostrato in ogni suo elemento, con stretto rigore logico e la massima chiarezza. Questa ossessione ha i suoi buoni motivi. Una dimostrazione è la garanzia inossidabile della validità di un’idea. Non c’è massa di prove che potrebbe sostituirla.” Le parole non sono di Granieri, ma di Ian Stewart, dal libro “Com’è bella la matematica”. La cosa interessante è che nel corso del post si ritorna sul concetto di utilità, citando sempre Stewart: “Le persone che amano svolgere un’attività raramente si domandano se ne vale la pena; la amano e basta. Quando uno studente si domanda perché abbiamo bisogno delle dimostrazioni, forse ha qualche difficoltà a capirle, o a costruirne per conto suo.”

Non si può non accennare a Nettie Stevens, la scopritrice dei cromosomi sessuali alla quale Google ha dedicato il Doodle di ieri: in questo modo, Google ha celebrato i 155 anni dalla nascita della scienziata. La Stevens fece la scoperta indipendentemente dallo zoologo e genetista Edmund Beecher Wilson. “Negli anni precedenti la morte, Stevens continuò i suoi studi sugli insetti, occupandosi anche del moscerino della frutta”. Fu proprio lo studio di questo insetto che valse a Thomas Morgan, che era stato suo docente, il premio Nobel del 1933.

Per concludere in leggerezza, visto che siamo in estate, non può mancare la rubrica sul sesso… e quindi ecco la chiacchierata di Clio Cresswell realizzata un paio d’anni fa per Ted (qui potete trovare la trascrizione). La Cresswell è membro dell’Applied Mathematics Research Group di Sydney ed è anche l’autrice del libro Matematica e Sesso (2008). La chiacchierata comincia con due equazioni, ma si snoda in modo divertente raccontandoci il senso della matematica e come opera, in particolare in psicologia, sociologia, antropologia e biologia. La Cresswell è realmente convinta che le equazioni siano bellissime, visto che a più riprese le definisce “sexy” e si dice convinta che gli ascoltatori non possano che essere d’accordo. Fa un’importante riflessione sul calcolo della media e la presunta incapacità degli uomini di dire la verità, ma la cosa più divertente è l’equazione che rappresenta la produzione ormonale degli uomini e delle donne: se pensate che le donne siano più complicate degli uomini, forse dopo aver ascoltato la chiacchierata, cambierete idea!

Vi siete mai domandati cosa succederebbe a bere un bicchiere d’acqua mentre siete su un aereo tipo Top Gun a testa in giù? E come potete far implodere una cisterna di un treno solo con la potenza del vuoto? Ultimo video: cerchi o quadrati? Insomma, se li guardiamo al di qua dello specchio, sembrano quadrati, ma lo specchio ci fa vedere dei cerchi… chi ha ragione?

Per finire, potreste approfittare dell’estate per mettervi alla prova con qualche quesito matematico: avete un’ora per rispondere alle 10 domande ed è vietato l’uso della calcolatrice… buon divertimento!

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Martedì, 19 Luglio 2016 08:37

89 - 17 Giugno 2016

Questa newsletter comincia con gli effetti speciali della TedTalk del febbraio scorso di Cedric Villani, famosissima medaglia Fields. “What’s so sexy about math?” è la domanda cui cerca di rispondere il matematico. La matematica può sembrare astratta, fatta solo di numeri, calcoli e regole da applicare, ma non è in realtà solo ragionamento, è anche immaginazione, è la capacità di trovare la verità, è “replacing a beautiful coincidence by a beautiful explanation”, ovvero sostituire una splendida coincidenza con una splendida spiegazione. La matematica cambia la nostra visione del mondo, la matematica ci permette di andare oltre l’intuizione ed anche la gente comune se ne rende conto, visto che in un sondaggio del 2009, è stato riconosciuto che il miglior lavoro del mondo è il matematico. Se si ha la pazienza di ascoltare l’intera, affascinante, chiacchierata, si arriva alla spettacolare descrizione della nascita di un’idea: il cervello che continua a lavorare, anche quando il tuo corpo dorme, la battaglia tra il cervello e il problema, fino al bellissimo invito finale: “So in a few years, when you come to Paris, after tasting the great, crispy baguette and macaroon, please come and visit us at Institut Henri Poincaré, and share the mathematical dream with us.” (Quando verrete a Parigi, dopo aver gustato una croccante baguette e i macaroon, per favore venite a trovarci all’Istituto Henri Poincaré, e condividete con noi il sogno matematico.)

Dalla Medaglia Fields francese all’unica Medaglia Fields italiana, Enrico Bombieri: nel suo intervento in occasione dell’adunanza generale solenne dell’Accademia dei Lincei, il matematico professore emerito nella School of Mathematics presso l’Institute for Advanced Study di Princeton, ci ricorda che “la matematica svolge un importante ruolo anche se spesso non è visibile al grande pubblico”, ovvero è un “indispensabile strumento per lo sviluppo della società”. Eppure, non c’è probabilmente una grande consapevolezza riguardo l’importanza della matematica, visto che si parla ancora di analfabetismo matematico. Si parla di questa piaga all’indomani del rapporto Ocse-Pisa del 2012, che ha raccolto i dati di oltre 60 milioni di quindicenni in 64 diversi paesi. “In Italia l’analfabetismo matematico raggiunge quota 24.7%, quasi due punti percentuali sopra la media mondiale”. Cosa comporta questo analfabetismo? Non si tratta solo di dover usare una calcolatrice più di frequente, ma di dover chiedere spesso aiuto per risolvere anche in problemi più semplici: chi è un analfabeta “fa fatica a distinguere diversi livelli di rischio, tende a credere più facilmente alle pseudoscienze ed è più sensibile all’effetto framing, cioè le sue scelte possono essere influenzate con meno fatica”.

Forse, per porre rimedio a questo analfabetismo, può essere utile una mappa dell’universo matematico, molto simile alla mappa della metropolitana di Londra, o forse dovremmo trovare il modo di rendere meno noiosa l’ora di matematica che i nostri alunni passano a scuola. E come? Grazie ai suggerimenti di Francesca E. Magni: a partire dai test Ocse e dall’ansia causata dall’apprendimento della matematica, l’autrice cita di “dieci comandamenti per gli insegnanti di matematica” di George Polya. Come al solito, Francesca è una miniera di idee: dai siti sui quali possiamo trovare vignette di matematica ad alcune strategie “divertenti” di insegnamento, ce n’è davvero per tutti i gusti!

Ma dovremmo provare a chiedere anche a Chiara Burberi per sapere come superare la noia della matematica: Chiara è tra le fondatrici di Redooc (citato più volte nelle scorse newsletter), la piattaforma che “ospita più di mille videolezioni e settemila esercizi svolti che coprono i programmi” di medie e superiori. È citata da Wired, in quanto è una delle quattro italiane “fra le 100 migliori imprenditrici digitali d’Europa”. Insomma, non solo quattro italiane, ma quattro donne e una di esse è… matematica!

L’8 giugno, alla vigilia dell’uscita in Italia del film “L’uomo che vide l’infinito”, Radio3Scienza ha dedicato una puntata a Ramanujan, “Il matematico scalzo”. Ospite Francesco Pappalardi, Professore Associato all’Università di Roma 3 ma è presente anche, tramite un’intervista preregistrata, il matematico Ken Ono, della Emory University di Atlanta, consulente scientifico del film. Ono dichiara subito di aver incontrato più volte (virtualmente) il matematico indiano, a partire da una lettera degli anni Ottanta che la vedova di Ramanujan ha inviato a suo padre. Grazie all’intervento di Ono, la figura di Ramanujan è stata resa molto bene e la figura del matematico è presentata in modo credibile. La matematica di Ramanujan era così in anticipo sui tempi che è più pertinente oggi di quanto potevano cogliere i suoi contemporanei. Per Pappalardi, la matematica dell’indiano è come il “mattone di un castello tuttora in costruzione”. L’incontro tra Ramanujan e Hardy, descritto benissimo da Robert Kanigel nel libro omonimo, è tale da aver ispirato Ono che ha avviato la ricerca di ulteriori geni matematici attraverso il Templeton World Charity.

Concludo con una serie di simpatiche immagini matematiche, che possono sempre tornare utili per le presentazioni in classe e con la prova Invalsi che si è svolta ieri mattina durante gli esami di terza media: trovate sul sito il testo e la correzione.

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Martedì, 19 Luglio 2016 08:36

88 - 29 Maggio 2016

Oltre al tempo risicato, tipico di ogni fine d’anno scolastico, per farmi tardare con la newsletter ci si è messa pure la carenza di materiale matematico. Pare che non ci siano grandi scoperte all’orizzonte e che ci si stia davvero avvicinando alle vacanze scolastiche… Perciò, visto che le vacanze si avvicinano, parliamo di gite: ad esempio, potrebbe essere utile sapere che la mostra MadeInMath continuerà al Muse di Trento fino al 26 giugno. “Realizzata in collaborazione con il Centro Matematita dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Trento e il Centro PRISTEM dell’Università Bocconi di Milano, la mostra ripropone il percorso di “MateinItaly. Matematici alla scoperta del futuro”, che si è svolta presso la Triennale di Milano da settembre a novembre 2014, ma con alcune sottolineature legate proprio al tema della matematica nella quotidianità.” Per chi avesse già visitato la mostra della Triennale, forse troverà la mostra del Muse una rivisitazione in tono minore, come è capitato a me, ma per chi non avesse avuto modo di visitare l’edizione precedente, questa non può che essere un’occasione di cui approfittare.

Sempre in tema matematica/museo, “il Liceo Scientifico Mancini di Avellino e il Consorzio Universitario Irpino hanno avanzato ai giovani alunni una proposta che è davvero controcorrente: investire nella cultura dei saperi scientifici per il proprio futuro” grazie al progetto di alternanza scuola-lavoro, presso il Giardino di Archimede, il Museo della matematica. Una bellissima occasione per i 56 ragazzi coinvolti, grazie ai tutor e ai docenti “che hanno saputo coinvolgerli in questo percorso certamente interessante ed innovativo”.

Per qualcuno, l’estate ormai alle porte sarà rovinata da un debito, magari in matematica: la soluzione potrebbero essere “campi estivi, club, gare e giochi” per imparare ad amare la matematica? Pare, infatti, che un quarto degli studenti italiani nutra una certa avversione per la matematica ed ecco quindi una strategia “per rendere i numeri un’avventura piacevole, anziché uno scoglio insuperabile”. L’idea di organizzare campi estivi per la matematica arriva dalla Mathematical Association of America: “gli americani hanno scoperto già da tempo i vantaggi dei laboratori e dei programmi di matematica extracurricolari”… forse dovremmo prendere esempio. A proposito di giochi matematici, non dimentichiamo Edoardo, alunno della scuola media Buonarroti, che a fine agosto si confronterà con i più bravi d’Europa a Parigi: per lui non potrà che essere un’estate davvero speciale! “Ho partecipato solo per divertimento, non ho fatto niente di particolare” è l’incipit dell’articolo: ecco di nuovo l’idea di matematica e divertimento!

Oltre ai tanti ragazzi che stanno facendo il conto alla rovescia per le vacanze estive, ci sono anche quelli ormai in dirittura d’arrivo con la maturità: ecco un po’ di idee per la tesina, in modo da poter coinvolgere anche matematica e fisica, offerteci dal team di Redooc. Come ho avuto spesso modo di sottolineare con i miei alunni, le idee non mancano: bisogna solo avere il coraggio di affrontare un po’ di fatica. Ma, d’altra parte, sono proprio le cose che ci costano maggiori fatiche quelle di cui poi andiamo più fieri. Tra le idee da valutare per la tesina, non si può certo dimenticare l’infinito! “L’infinito! Nessun’altra domanda ha mai scosso così profondamente l’animo umano, nessun’altra idea ha stimolato così fruttuosamente l’intelletto; ancora nessun altro concetto ha una più grande necessità di chiarificazione quanto quello dell’infinito!”, ci dice David Hilbert. Il post è del blog “Math is in the air” ed è la prima puntata, ma il loro programma è davvero interessante e imperdibile: “Passeggeremo tra i secoli e le menti più geniali della storia della matematica, conosceremo come nascono le idee, i teoremi e le più importanti dimostrazioni che questo labirinto ci porta necessariamente ad incontrare. Saremo, finalmente, in grado di capire l’infinito.”

Qualcuno è riuscito a fare della propria passione, la matematica, anche un modo per guadagnare, come James Simons che “figura tra i più ricchi gestori di fondi”. “Nato come matematico, fino agli anni 70 passava le sue giornate craccando codici per conto nella Nsa […] poi ha usato quelle competenze con cui scardinava sistemi di sicurezza per decidere cosa comprare e vendere a Wall Street. Con un successo che non ha precedenti”. Per chi fosse interessato a conoscere i suoi segreti, ecco l’intervista che Chris Anderson ha realizzato per TED nel marzo del 2015.

Concludo con un compleanno, quello del laser, che il 16 maggio scorso ha compiuto 56 anni, grazie al “visionario scienziato Theodore Maiman, fisico e ingegnere elettronico statunitense”. “Definita dall’American Insitute of Physics ‘Una delle più importanti invenzioni dell’ultimo secolo’ e dal New York Times ‘Una delle più versatili innovazioni del ventesimo secolo’ la tecnologia laser ha permesso di rivoluzionare le operazioni chirurgiche ma anche i lettori di cd, dvd, stampanti, mouse dei pc, lettori dei codici a barre.”

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!

Daniela

Martedì, 19 Luglio 2016 08:35

87 - 13 Maggio 2016

Nelle ultime due settimane, la matematica ha avuto un ruolo di primo piano sui giornali, a cominciare dall’operazione che inganna i ventenni. Sul web si vedono tre tipologie di risposte: 9, 1 e… 3. A voi capire quale possa essere la risposta giusta e quale errore sia stato commesso nelle altre due! Se avete più di vent’anni, avete buone probabilità di riuscire a rispondere correttamente: è forse il segno di un peggioramento delle capacità matematiche dei nostri studenti?

Per evitare certi errori, potrebbe essere il caso di tornare a contare con le dita, come facevamo da piccoli: probabilmente vi siete sentiti sgridare dalla maestra per quest’abitudine, ma pare, secondo un recente studio della Northwestern University, che “migliore è la rappresentazione che abbiamo delle dita della mano, migliori saranno anche i risultati in matematica.” E così, “l’università di Stanford ha già messo a punto una serie di esercizi pratici il cui scopo è proprio quello di migliorare la percezione delle singole dita nei bambini.” Se le difficoltà permangono, potrebbe essere utile ricorrere a questi cinque suggerimenti di Redooc su come risolvere gli esercizi di matematica: pare che anche in matematica si possa parlare di blocco dello scrittore, perciò una buona strategia potrebbe essere quella di cominciare innanzi tutto a scrivere. E cosa scrivere? Io suggerirei di cercare di farsi una rappresentazione del problema, per poter capire fino in fondo quale sia la situazione che siamo chiamati a risolvere, mentre direi di evitare di cominciare a calcolare a caso, applicando formule a profusione, fino a quando si scopre che il risultato coincide con quello fornito dal libro. E poi… spezzare il problema in sottoproblemi più semplici, fino a concludere con l’assemblamento di ciò che si è trovato può essere effettivamente una strategia vincente. L’ultimo passo potrebbe essere quello di verificare che il risultato sia giusto, più che correndo a fare confronti con il risultato sul libro, cercando di ragionare sul risultato ottenuto (se per caso hai ottenuto che per portare ad ebollizione un litro di acqua ci vorrebbero 3 giorni, forse hai sbagliato qualcosa…)

Uno degli altri motivi per cui la matematica è finita sui giornali, (lo confesso: ho faticato ad accettarlo per vero, pensavo fosse satira, ma, dal racconto del Washington Post e di Repubblica, pare proprio che debba rassegnarmi) è la storia dell’economista italiano, Guido Menzio, che è stato sospettato di terrorismo, ma in realtà stava cercando di risolvere delle equazioni mentre si apprestava a compiere un viaggio aereo. La vicina di posto, insospettita dagli strani simboli e innervosita dalla mancanza di risposte nei suoi tentativi di farlo parlare, ha denunciato l’uomo alle autorità: “Divertente sì, ma anche un simbolo della xenofobia e dell’avversione verso gli intellettuali tipica dei nostri tempi”, dice Menzio. La cosa buffa è che Menzio si occupa di teoria economica delle informazioni, ovvero: “quante informazioni servono per prendere una decisione?” Interessante la conclusione del Washington Post: “In America today, the only thing more terrifying than foreigners is… math” (In America oggi, l’unica cosa più spaventosa degli stranieri è… la matematica”.)

Forse il 30 aprile scorso avete notato un Doodle particolare per la home page di Google: un simpatico giocoliere che faceva muovere in circolo 0 e 1. Si è voluto onorare Claude Elwood Shannon, ingegnere e matematico statunitense, “spesso definito il padre della teoria dell’informazione”, nato il 30 aprile del 1916. Il post di Rudi Matematici su “Le Scienze” è dedicato proprio al compleanno di Claude Shannon e l’inizio è tutto un programma, con la citazione di Thomas J. Watson, presidente dell’IBM nel 1943: “Credo che nel mondo ci sia mercato per circa cinque computer”. Morse, Tesla, Marconi, la radio, l’era della comunicazione, le lingue… come al solito, i tre di Rudi Matematici fanno una carrellata abbastanza ricca, accompagnandoci poi al compleanno protagonista del post. “La teoria dell’informazione come la conosciamo oggi è stata sviluppata a partire dal 1940 da un solo uomo, Claude Shannon, che creò le basi matematiche per la rivoluzione tecnologica del nostro secolo.” Dopo aver ottenuto un dottorato al Massachussets Institute of Technology (MIT) “si interessò fin dall’inizio all’algebra di Boole e alla trasmissione dei segnali”: con la sua tesi, mostrò che l’aritmetica binaria poteva essere applicata ai circuiti elettrici, creando il collegamento tra il mondo analogico e quello digitale. Intelligenza artificiale, scacchi, teoria dei giochi… i suoi interessi erano molteplici ed era molto in anticipo sui tempi, se si considera che “solo negli anni ’70, con la produzione dei circuiti integrati, le teorie di Shannon cominciarono a diventare applicazione pratica.”

Avevamo già avuto occasione di commentare e pubblicizzare la notizia del protocollo siglato tra MIUR e TED: in questo articolo, si ripercorre la storia di TED e, dopo aver parlato del protocollo siglato a marzo, si danno alcune indicazioni per partecipare all’evento-concorso di TEDxYouth, che si rivolge a tutti gli studenti italiani delle scuole secondarie di secondo grado. Un’opportunità per imparare e per mettersi in gioco…

Dopo la scorsa newsletter, nella quale avevo parlato di Moxoff, qualcuno mi ha mandato il link all’ultima ricerca del Politecnico di Milano, o meglio del Laboratorio Mox del Dipartimento di matematica, “che ha studiato un nuovo modello matematico per cui è possibile descrivere con più precisione il processo con cui i tumori inducono la formazione di nuovi vasi sanguigni per crescere più in fretta e favorire la diffusione di metastasi”. È sempre un piacere vedere come la matematica possa essere utile, anche nella lotta contro il cancro. (Il costante riferimento a spin-off nate proprio dal progetto del Politecnico mi ricorda la vecchia massima di Paperon de’ Paperoni, “Da cosa nasce cosa”…)

Per tutti gli appassionati di cinema (e di matematica), a breve avremo l’occasione di assistere alla proiezione di “L’uomo che vide l’infinito”, il film sulla vita di Srinivasa Ramujan, il genio indiano, che in Inghilterra ha potuto coltivare il suo genio, grazie alla guida di Hardy. Il film è ispirato dall’omonimo libro, nel quale trova ampio spazio l’amicizia che legò i due matematici: Hardy “incoraggiò la sua educazione senza interferire con il suo stile unico, e curò i dettagli dei suoi lavori perché fossero pubblicabili”. Restiamo in attesa di vedere questo film che, per come viene descritto dal trailer, sembra davvero imperdibile.

L’ultimo link di questa newsletter è l’intervista per Repubblica di Annalisa Buffa del CNR, che ha vinto un finanziamento europeo da oltre due milioni di euro. Per Annalisa, la sua è la “matematica delle piccole cose”: “Io cerco di costruire modelli che simulino il comportamento di oggetti reali e che siano facili da far girare al computer.” Interessante una delle domande dell’intervista, che ci rimanda un po’ alla “barzelletta” di Guido Menzio: “I suoi articoli somigliano a uno spartito musicale. Sono pieni di simboli che se uno non sa leggere, come note sul pentagramma, non ci capisce niente.” La matematica, in fondo, è un po’ così: una poesia scritta in una lingua difficile, della quale dobbiamo conoscere la grammatica. Altrimenti, come sarebbe possibile coglierne la bellezza?

 

Buona matematica! Ci sentiamo tra due settimane!

Daniela

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