In attesa di leggere il libretto di Chiara Valerio, «La matematica è politica», ho ascoltato in questo video di Chiacchiere matematiche con Chiara Valerio, condiviso sul canale dell’Università del Salento, la sua lettura di un saggio: «Scegliete le Barbie». «L’unicità non può dipendere da caratteristiche estetiche. Intuivo che per non essere intercambiabili, bisognava possedere qualcosa che nessuno poteva copiare, riprodurre e commercializzare. Qualcosa di presente e invisibile.». Chiara Valerio ribadisce in più modi diversi che la matematica aiuta ad ampliare il ragionamento, aiuta a «prendere confidenza con sistemi nei quali per poter interagire, bisogna imparare a rispettare alcune regole», perché «studiare matematica significa esercitarsi a intravvedere, a supporre, a immaginare regole che non riguardino un individuo o un oggetto, ma più individui e più oggetti e soprattutto le relazioni tra essi. Studiare matematica significa introiettare l’idea che le regole esistano e che anche quando giustamente talvolta si infrangono vengono sostituite da un altro sistema di regole.» Il tono che sentiamo in questo suo scritto è lo stesso che c’è anche nel libro, lo stesso che troviamo in tutti i suoi scritti, come in Storia umana della matematica, che ho recensito tre anni fa.
Alessandro Zaccagnini, docente dell’Università di Parma, dalle pagine di MaddMaths! ci propone un «Dialogo sui numeri primi», «un esercizio di stile in cui cercherà di parlare dei numeri primi in modo interessante senza usare formule, o quasi». Il dialogo ha per protagonisti Salviati, teorico dei numeri analitico, Sagredo, matematico di un altro settore e Simplicio, un dilettante. Nella prima giornata, si discute della natura dei numeri primi, partendo dalla domanda: «Per te il numero 1 è primo?». Durante la seconda giornata, i tre discutono i metodi per distinguere i numeri primi dai numeri composti. Si parla del piccolo teorema di Fermat, utile ma non risolutivo, perché «la condizione di Fermat, da sola, permette di individuare quasi tutti, ma non proprio tutti, i numeri composti». La loro discussione ci permette di capire come ragionano i matematici. Nella terza giornata, «si discutono i metodi per determinare i numeri primi»: si parte dal crivello di Eratostene, «un algoritmo molto popolare, perché combina semplicità ed efficienza» e si continua parlando di crittografia, finché si arriva all’algoritmo di Fermat, che ha a che fare con la differenza di quadrati, ma per la sua complessità di calcolo non è così usato. Restiamo in attesa delle giornate successive...
Intanto, ciò che dovrebbe essere chiaro per tutti è che, per quanto siano facili da definire – e quindi accessibili a tutti, i numeri primi nascondono un mondo non certo facile. Cercano di rendercelo più facile quelli del canale YouTube MATH-segnale: il loro video, Dimostrazioni eleganti: l’infinità dei numeri primi, parla della dimostrazione di Euclide, di quella di Saidak e ci insegna a generare intervalli numerici senza numeri primi.
Nel periodo della didattica a distanza, molti insegnanti si sono “riciclati” con video su YouTube. Qualcuno lo fa meglio di altri, come dimostra Federico Benuzzi, insegnante, giocoliere, attore… del quale ho già avuto occasione di parlare in queste newsletter. Tre sono i filmati che voglio condividere con voi e comincerei da Più veloce della luce?, registrato durante un giro in montagna: si parla dei concetti che hanno portato alla nascita della relatività ristretta e… anche di Tik Tok. Nel secondo video, l’oggetto sono le correlazioni: lo spunto è anche in questo caso offerto dall’attualità, ma la spiegazione è matematica. La capacità di riconoscere delle regolarità nei fenomeni che avvengono attorno a noi è fondamentale, ma non è detto che siano realmente correlati, basti pensare al legame tra vaccini e autismo. «La cultura matematico-scientifica va di pari passo con la spesa pro-capite in gioco d’azzardo»: questa è una correlazione importante ed è la dimostrazione che la conoscenza matematica può essere un vaccino per evitare di soccombere al gioco d’azzardo. Il terzo filmato continua il discorso, parlando di polpi e scommesse: qualcuno probabilmente ricorda i mondiali di calcio del Sudafrica del 2010, con il polpo Paul che è riuscito a prevedere il risultato di otto partite consecutive. La probabilità che un polpo indovini il risultato di otto partite consecutive è di 1/256: «in altre parole, è più facile che un polpo indovini otto partite consecutive, che fare 3 al superenalotto». Il quarto filmato riguarda il canale Fisica Fast: alla ricerca di un video per spiegare la regola della mano destra ai miei alunni, obbligati alla clausura della quarantena, mi sono imbattuta in questo canale e nel video il prodotto vettoriale. Forse potrebbe valere la pena iscriversi al canale, che siate insegnanti o alunni.
Nel mio piccolo, ho realizzato anch’io qualche filmato. L’ultimo, in ordine di tempo, riguarda la quantità di moto, ma soprattutto la scoperta del neutrone e la morte di Gwen Stacy, fidanzata dell’Uomo Ragno: offre alcuni collegamenti non sempre evidenziati durante la trattazione in classe e, per certi aspetti, dà un po’ di respiro tra un esercizio e l’altro.
Si è concluso pochi giorni fa il Festival di BergamoScienza, per quest’anno in edizione davvero speciale, ovvero digitale. Numerosi sono i filmati di conferenze che sono stati trasmessi in diretta (ora ne sono disponibili le registrazioni) sul canale dell’associazione, ma anche noi, come Liceo Celeri, abbiamo partecipato e attraverso il nostro canale abbiamo condiviso le attività che possono essere svolte in classe (sul mio sito trovate un resoconto dettagliato).
In questo periodo non si fa che parlare di scuola, in genere in correlazione al suo ruolo nella diffusione del Coronavirus, ma spesso se ne parla a sproposito. Sul sito di BergamoScienza sono disponibili nove racconti, intolati RaccontamiUnaScuola: sono l’occasione per parlare delle oltre sedici ore di formazione a distanza, dei circa duecentocinquanta insegnanti di Bergamo che hanno seguito le attività laboratoriali proposte nel pre-festival, sono l’occasione per parlare di una scuola vera, ma al tempo stesso diversa da quella che siamo abituati a sentirci raccontare.
Concludo la newsletter con il Premio Nobel al famoso matematico Roger Penrose: capita a volte che il premio venga conferito anche ai laureati in matematica (era capitato anche con Nash e il suo premio per l’economia nel 1994). Il sito di MaddMaths! ne parla a pochi minuti dall’assegnazione: «si è aggiudicato il prestigioso riconoscimento per aver creato ingegnosi metodi matematici allo scopo di dimostrare che i buchi neri sono una diretta conseguenza della Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein. Una conquista non indifferente se consideriamo che Einstein stesso non credeva che i buchi neri esistessero davvero. Nel gennaio 1965, dieci anni dopo la morte di Einstein, Roger Penrose dimostrò che i buchi neri possono davvero formarsi come conseguenza naturale dei processi contemplati nella teoria di Einstein e li descrisse in dettaglio: nel loro cuore, essi nascondono una singolarità in cui tutte le leggi conosciute della natura cessano. Il suo articolo innovativo è ancora considerato il contributo più importante alla Teoria della Relatività Generale dai tempi di Einstein.»
Sempre sul sito di MaddMaths!, Michele Emmer, «che ha conosciuto Penrose e con cui ha collaborato in passato», condivide con noi i suoi ricordi. Si parla di Escher e di Penrose e di quelle tassellazioni che, durante la nostra partecipazione al Festival di BergamoScienza nel 2016, abbiamo avuto occasione di conoscere e, quindi, di amare. Anche l’Università Queen Mary di Londra, nel progetto di riqualificazione edilizia del polo universitario, ha deciso di rendere omaggio al matematico, usandone proprio le tassellazioni: le fotografie di quanto è stato realizzato sono bellissime.
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: quantità di moto e urti.
Durata: un'ora e 10 minuti.
Verifica di matematica, classe seconda liceo scientifico.
Argomento: relazioni e funzioni.
Durata: un'ora e mezza.
In un brevissimo video, solo 114 secondi, Piero Angela, Raffaella Ravasio, Nicola Quadri, Davide Coero Borga, Edwige Pezzulli, Gianvito Martino, Luca Perri, Daniela Ovadia, Telmo Pievani, Roberto Ragazzoni, Bruno Bozzetto, Ruggero Rollini, Willy Guasti, Marco Cattaneo, Adrian Fartade, Giuliana Galati, Mariasole Bianco, Serena Giacomin e Luca Parmitano presentano le tematiche del festival di BergamoScienza. Quella del 2020 sarà una digital edition e, quando avrete scaricato il programma completo degli eventi dal sito della manifestazione, potrete rendervi conto da soli della ricchezza delle proposte. Oltre a laboratori e conferenze, ci sarà anche un altro esperimento di citizen science: dopo quello realizzato durante il lockdown, si continua a misurare l’inquinamento luminoso. Le misurazioni possono essere effettuate fino al 17 ottobre.
Mentre si esaurisce il conto alla rovescia che ci avvicina a questo nuovo inizio (la prima conferenza sarà domani – sabato 3 ottobre – alle 17), non potrei scegliere parole migliori di quelle della dott.ssa Patrizia Graziani, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia Ambito Territoriale Bergamo:
«Anche in tempo di emergenza torna l’appuntamento con il festival di BergamoScienza tanto atteso dalle scuole bergamasche e lombarde!
La pandemia causata dal COVID-19 ha colpito innumerevoli paesi e città nel mondo. Nell’immaginario nazionale e internazionale però, una città in particolare è diventata il simbolo di questa tragedia globale: Bergamo.
Bergamo ha visto per prima il potenziale distruttivo del nuovo Coronavirus e per prima ha risposto con straordinario eroismo, generosità e competenza. Non solo attraverso i medici, gli infermieri e tutti gli operatori impegnati in prima linea nell’emergenza, ma anche attraverso i suoi cittadini e le loro azioni quotidiane.
Bergamo è diventata un tragico modello di quello che sarebbe potuto accadere, e che spesso è poi accaduto, nonostante non fosse più una sorpresa, in molte città nel mondo, da New York a Londra. E ora può diventare un modello di ripresa, capace di mostrare a tutti come ci si rimette in piedi.
E c’è un solo modo per farlo.
Dalle terapie sperimentali ai vaccini, dalle nuove strategie di tracciamento dei contagi alle responsabilità dei singoli nella trasmissione del virus, l’unico modo per andare avanti è tornare a mettere la scienza al centro: non solo come avanzare della conoscenza che produce nuove soluzioni tecnologiche, ma soprattutto come modo di pensare, comportarsi, scegliere.
E Bergamo è una città della scienza. È stata la prima a ospitare un grande evento culturale di divulgazione, il primo festival scientifico in Italia, e da 17 anni ogni autunno invita i grandi della scienza a livello mondiale e coinvolge il pubblico in quindici giorni di laboratori, spettacoli e conferenze alla scoperta del mondo che cambia.
La capacità di coinvolgere i più giovani negli eventi del festival in qualità di protagonisti e non di spettatori, è valsa alla città e al festival di BergamoScienza gli auguri del Presidente Mattarella, che ben conosce il ruolo della conoscenza nel liberare le nuove generazioni e produrre ricchezza, salute, benessere e felicità.»
Mentre sentiamo l’entusiasmo per la nuova edizione, non possiamo ignorare l’ansia: per la quinta volta, il nostro Istituto ha deciso di partecipare al Festival! Nel corso dell’estate, abbiamo incontrato periodicamente i nostri animatori sulla piattaforma Meet, per ideare dei contenuti che potessero essere fruiti anche a distanza. Abbiamo scelto come tema la geometria, perché in fondo è la più odiata, ma è quella che permette di giocare di più. Geometria piana e geometria solida saranno protagoniste di un laboratorio ciascuna: i video verranno caricati lunedì mattina alle 9.00 sul nostro canale YouTube (Celeri – BergamoScienza) e potranno essere utilizzati dagli insegnanti delle scuole medie o dell’ultimo anno della primaria (ma possono essere usati anche alle superiori). Le attività sono guidate dai nostri animatori, perciò è sufficiente scaricare i materiali, preparare quanto è indicato per poter svolgere l’attività e far partire il video: i ragazzi verranno intrattenuti dai nostri animatori. La seconda attività è costituita da “pillole” di geometria (cinque dedicate a quella piana e cinque a quella solida): sono piccoli giochi/quesiti di geometria, presentati con un breve filmato. Non temete: il giorno dopo avrete a disposizione le soluzioni per poter verificare di aver risolto correttamente il quesito. Tra le nostre proposte c’è un’ultima attività, ma vi rimando alla descrizione dettagliata che trovate sul mio sito.
Risuonano dentro di me le parole di Raffaella Ravasio, all’apertura della sedicesima edizione del Festival: “La curiosità, la passione, l’impegno, la ricerca della bellezza sono cose che riempiono la vita, la rendono più interessante e anche molto più divertente”. In qualunque parte d’Italia vi trovi questa mia newsletter, quest’anno è possibile anche per voi partecipare al Festival: che la curiosità, la passione, l’impegno e la ricerca della bellezza invadano la vostra vita!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Ogni nuovo inizio porta con sé nuove sfide: per qualcuno, nuovo inizio significa nuove opportunità, per qualcun altro i nuovi inizi portano con sé ansia e incertezza.
Federico Benuzzi, insegnante-giocoliere-attore, ci offre un prezioso esempio di nuovo inizio: «l’emozione della prima volta, dopo anni che non provavo più un batticuore di quel tipo, e il testo dello spettacolo che corre come se il 22 febbraio fosse stato il giorno prima». Le sue riflessioni, per quanto si riferiscano alla sua carriera di attore, possono essere generalizzate ad ogni situazione: nel leggere il post, che siate insegnanti o studenti e qualsiasi sia la vostra professione, avete pensato a tutti i vostri nuovi inizi dopo un’interruzione e, visti i tempi, avete pensato alla ripresa dopo le chiusure dell’emergenza sanitaria. Si tratterà, come sempre, di superare i primi minuti di nervosismo e poi sarà come non aver mai smesso…
Magari qualcuno riuscirà a ripartire con gli effetti speciali di Matthew Weathers, della Biola University in California, perché d’altra parte lo scorso anno scolastico ci ha mostrato quali strumenti informatici abbiamo a disposizione. Se con la tecnologia, invece, siete ancora un po’ zoppicanti, potete approfittare della terza puntata di smART attack, una delle iniziative del prefestival di BergamoScienza. Cristian Manzoni, docente di Fisica al Polimi di Milano e Simone Iovenitti, astrofisico e fondatore di physicalpub, hanno intrattenuto il pubblico per circa un’ora misurando il valore di pi greco con un… p-endolo. Un bellissimo suggerimento che collega fisica e matematica.
Tra i nuovi inizi, ogni anno c’è il test di ammissione alle facoltà sanitarie. Secondo Paolo Canova, di Taxi1729, quest’anno si è trattato di «una prova difficile, in linea con quella degli ultimi anni, ma serviva uno studio specifico». Di fatto, è sempre più chiaro che non bastano gli studi delle superiori per affrontare questa prova, perché serve una preparazione diversa. La prova, come sempre, è a disposizione sul sito dell’Alpha Test: in questo modo, ognuno può farsi una propria opinione.
In questo inizio molto particolare, gli studenti sono invitati a dare il proprio contributo per questa indagine di Redooc: il questionario è compilabile direttamente online ed in esso «si approfondisce lo stato d’animo con cui ci si appresta a far rientro a scuola, le norme da seguire che ci si attende, oltre ad un termometro di quello che è stato il periodo di lockdown, per valutare le piattaforme e le modalità di interazione con i docenti durante quel difficile momento». I risultati verranno diffusi su Redooc.com.
Posso celebrare questo nuovo inizio con un sito nuovo di zecca! Durante l’estate ho risistemato un po’ i contenuti e qualcuno ha lavorato per me sulla grafica, aggiornando la struttura del sito. Potete quindi vedere già in homepage le ultime recensioni che ho avuto occasione di fare (ho superato le 250!). Il primo libro è Il computer è donna, opera di Carla Petrocelli, docente di storia della rivoluzione digitale presso l’Università di Bari. Suddiviso in sei capitoli, il libro ripercorre la storia dell’informatica tra Ottocento e Novecento: si comincia con Ada Byron e si procede con Grace Hopper, Hedy Lamarr e Dorothy Johnson Vaughan. Sono certa che troverete un sacco di cose che non conoscete, a partire dalla nascita dei termini hardware e software: gli uomini ritenevano che il lavoro di progettazione della macchina fosse più importante di quello di programmazione, tanto che i termini hard e soft lasciavano «pensare che i lavori “duri” erano solo appannaggio maschile» ed erano «opposti a quelli “morbidi”, più femminili». Il secondo suggerimento è Almarina, di Valeria Parrella, finalista alla Settantaquattresima edizione del Premio Strega. La protagonista è un’insegnante di matematica cinquantenne, da poco rimasta vedova, che lavora nel carcere minorile di Nisida. Ed è proprio lì che incontra Almarina. Quello di Valeria Parrella non è semplicemente un romanzo, ma un percorso che ci permette di immedesimarci nelle paure e nelle ansie della protagonista e al tempo stesso di sperare per Almarina, che è stata lanciata nella vita con una grande dose di sfortuna, in un futuro migliore. Il libro di Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, è un po’ più impegnativo: fin dall’inizio, Rovelli ci racconta che il tempo è diverso «da questo uniforme scorrere universale» e «resta il mistero forse più grande». Le sue intenzioni sono chiare: «nelle pagine che seguono, racconto quello che abbiamo capito del tempo, le strade che stiamo seguendo per cercare di capire meglio, quello che ancora non capiamo e quello che mi sembra di intravedere». L’autore ci guida passo passo in questo percorso, ma si attraversa un po’ tutta la fisica, dalla teoria della relatività alla termodinamica, dall’entropia alla meccanica quantistica, perciò non è sempre facile. L’ultimo suggerimento di lettura è Einstein forever, scritto da Gabriella Greison, nota attrice e divulgatrice scientifica. Suddiviso in tredici capitoli, non numerati ma distinti l’uno dall’altro con un simbolo scientifico, ogni capitolo è una risposta ad una lettera che Einstein ha ricevuto, nel corso della sua vita, dai bambini oppure a lettere a noi contemporanee. Il libro è frutto di un grande lavoro di ricerca, svolto a Princeton, presso la Hebrew University di Gerusalemme e chiacchierando con il fisico e matematico britannico Freeman Dyson.
Concludo con due riflessioni. La prima è di Federico Benuzzi: Cosa rende un insegnante, un bravo insegnante? Nel post, ci parla di conoscenza, studio, coerenza, ma soprattutto amore: «un insegnante deve Amare. Amare due volte. Amare al quadrato. Amare la disciplina e Amare i ragazzi. La prima perché credo che solo passando per l’Amore si possa veramente insegnare. [...] I secondi perché è l’unico modo per entrare in classe giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza rischiare di arrivare ad odiare il proprio lavoro.» Come non essere d’accordo?
La seconda riflessione riguarda lo studio ed è stata fatta da uno studente, Alessio Cozzolino, che con entusiasmo ha condiviso su Facebook il risultato positivo nell’Advanced di Cambridge English e, alla vigilia della sua quinta liceo classico, ha scritto: «Lo studio è l’unica cosa che offre una soddisfazione imperitura. Avanti col prossimo obiettivo, però. Non c’è un traguardo, quando si apprende: al contrario, vi è un lungo cammino da percorrere per acquisire, passo dopo passo, sempre più sapere.» Grazie, Alessio!
Buona matematica! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
PS: non posso non condividere il video di Federico Benuzzi sull’energia, anche se è un po’ fuori tema…
«Einstein forever» è stato pubblicato nel gennaio del 2020 dalla casa editrice Bollati Boringhieri. L’autrice, Gabriella Greison, è una scrittrice laureata in fisica e un’attrice che porta i suoi spettacoli in tutta Italia, approfittandone per divulgare le sue conoscenze in particolare sulla fisica moderna e sulle grandi donne che ne hanno permesso lo sviluppo.
È il secondo libro che Greison dedica a Einstein, dopo «Einstein e io», ma questo si riferisce alla seconda parte della vita del fisico, a quella ambientata in America, dal 1932-33 quando lascia la Germania fino al 1955, l’anno della sua morte. Non è un caso che l’autrice si dedichi ancora alla figura del fisico, perché «l’eredità che abbiamo ricevuto da Albert Einstein è immensa»: la sua è una «dichiarazione d’amore nei confronti di chi ci ha insegnato a sognare, e ci ha rivelato il segreto di come restare bambini per sempre». D’altra parte, il celebre fisico è una “icona pop”, cioè un vero e proprio modello, una figura di riferimento negli ambiti più diversi.
Gabriella Greison ha svolto come sempre un grande lavoro di ricerca: presso gli archivi della Hebrew University di Gerusalemme e a Princeton, dove ha avuto modo di incontrare spesso Freeman Dyson, fisico e matematico britannico, mancato subito dopo la pubblicazione del libro. È lei stessa a raccontarci di come Dyson l’abbia fatta «viaggiare con la mente» permettendole la stesura di questo libro.
Suddiviso in tredici capitoli, non numerati ma distinti l’uno dall’altro con un simbolo scientifico, ogni capitolo è una risposta ad una lettera che Einstein ha ricevuto, nel corso della sua vita, dai bambini oppure a lettere a noi contemporanee: Gabriella Greison si avventura in una risposta un po’ più impegnativa, mentre Einstein, pur rispondendo a tutte, si limitava ad alcune battute. In ogni capitolo c’è una seconda parte, intitolata Extra, nella quale la Greison racconta degli aneddoti legati alla passione per la musica di Einstein che si esibiva spesso con il suo violino, che aveva chiamato Lina e del quale aveva molta cura. Non è la prima volta che l’autrice collega la sua narrazione alla musica, in questo caso alla musica che Einstein amava.
Ci sono cinque capitoli dedicati alla fisica, con la spiegazione della celeberrima formula E=mc2, la descrizione dello spazio-tempo, la nascita della fisica quantistica, la gravità, gli ultimi studi che Einstein ha fatto a Princeton e, come in una previsione del futuro, i viaggi su Marte. Due capitoli sono dedicati a due amicizie importanti, ovvero Bohr e Gödel e poi c’è spazio per la descrizione della sua vita, l’atteggiamento di Einstein nei confronti delle minoranze, il percorso che ha fatto per diventare il fisico che tutti conosciamo, il suo anticonformismo e il suo rapporto con Dio.
Il libro è una lettura interessante per chiunque, anche per coloro che non hanno conoscenze scientifiche approfondite, visto che anche i capitoli dedicati alla fisica hanno un carattere divulgativo: non dimentichiamo che Gabriella Greison è abituata a spiegare la meccanica quantistica a chiunque, con monologhi teatrali. Proprio in considerazione della sua bravura come attrice, ho approfittato della possibilità di leggerlo, attraverso la sua voce, con Audible.
«L’ordine del tempo» è stato pubblicato nel 2017 da Adelphi. L’autore è Carlo Rovelli, fisico teorico e membro dell’Institut universitaire de France e dell’Académie internationale de philosophie des sciences, e la sua principale attività scientifica avviene nell’ambito della teoria della gravità quantistica a loop, della quale è uno dei fondatori. Per la sua opera di divulgazione, nel 2015 ha vinto il Premio Letterario Galileo per il libro «La realtà non è come ci appare»: il premio è stato istituito nel 2007 dal Comune di Padova, per incentivare la diffusione della cultura scientifica, soprattutto tra i giovani, e celebrare il prestigio dell’Università che ha visto Galileo Galilei tra i suoi docenti.
Fin dall’inizio, Rovelli ci racconta che il tempo è diverso «da questo uniforme scorrere universale» e «resta il mistero forse più grande». Le sue intenzioni sono chiare: «nelle pagine che seguono, racconto quello che abbiamo capito del tempo, le strade che stiamo seguendo per cercare di capire meglio, quello che ancora non capiamo e quello che mi sembra di intravedere».
Il libro è diviso in tre parti: nella prima viene riassunto il tempo spiegato dalla fisica moderna ed è un po’, come dice l’autore, «il racconto di questo sfaldarsi del tempo». Nella seconda parte, Rovelli descrive quello che resta una volta che si è tolta tutta la sovrastruttura della fisica e la terza, che è quella più difficile – come ci dice l’autore stesso – è comunque «la più viva e quella più vicina a noi». Anche di fronte alle difficoltà, l’autore cerca di incoraggiare il lettore a intraprendere il viaggio della lettura: «Qui il libro diventa magma rovente di idee, talvolta luminose, talvolta confuse; se mi seguite, vi porto fin dove io credo arrivi il nostro attuale sapere sul tempo, fino al grande oceano notturno e stellato di quello che ancora non sappiamo.»
La prima idea che abbiamo di tempo è di qualcosa che scorre allo stesso modo in tutto l’universo, ma già dai primi capitoli Rovelli ci fa notare come il tempo scorra «a velocità diverse a seconda di dove siamo e a che velocità ci muoviamo». Non c’è solo il problema della velocità, che in qualche modo ci è diventato quasi familiare sentendo parlare della teoria della relatività di Einstein: c’è anche il problema della differenza tra passato, presente e futuro, una distinzione che di fatto si perde se osserviamo le equazioni elementari che descrivono la realtà fisica. In questo viaggio che comincia, prevedibilmente, con la teoria della relatività, entrano in gioco anche l’entropia e quindi la termodinamica, ma arriviamo fino ai concetti abbastanza complessi della meccanica quantistica e Carlo Rovelli non ci fa mancare il suo sostegno, visto che, di volta in volta, accompagna la sua narrazione con immagini molto esplicative e, al tempo stesso, con piccoli riassunti, che nei punti più salienti fanno in qualche modo da raccordo e da chiarimento rispetto a quello che è stato il percorso effettuato. Potremmo dire che il suo stile è didattico, proprio come quello di un insegnante che ripete più volte gli stessi concetti, e non mancano gli esempi che ci aiutano ad orientarci in questi percorsi complessi, ma soprattutto lontani dall’immagine della realtà che abbiamo nella nostra mente. Nel testo, ci sono numerosi riferimenti alla cultura classica e potrebbe valere un esempio su tutti, quando la struttura temporale del mondo viene spiegata con un’analogia: «Chi appartiene alla “stessa generazione” di Leonida? Gorgo, che è la madre di suo figlio, o Cleomene, che è figlio dello stesso padre?». «La relazione di figliolanza stabilisce un ordine fra gli esseri umani, ma non fra tutti gli esseri umani», perché è una relazione di ordine parziale; allo stesso modo, non tutti gli eventi possono essere messi in ordine, come ci dimostra il diagramma di Minkowski. In altre parole, «Ogni evento ha il suo passato, il suo futuro, e una parte di universo né passata né futura, così come ogni essere umano ha antecedenti, discendenti, e altri che non sono né antecedenti né discendenti». È un esempio che mi ha molto colpito e che cercherò di tenere ben presente la prossima volta che mi ritroverò a spiegare il diagramma di Minkowski ai miei alunni.
Il viaggio, insomma, è piacevole anche se complesso, in un alternarsi di fisica e filosofia; il libro non è banale e meriterebbe una rilettura. Mi ha aiutato il fatto che mi sia fatta leggere questo libro proprio da Carlo Rovelli, attraverso Audible e, in questo modo, il percorso è stato più piacevole: certe sfumature che, probabilmente, con una lettura autonoma mi sarei persa, sono state evidenziate dal cambiamento di tono dell’autore, che dava enfasi e spessore ad alcuni passaggi.
«Almarina» è un romanzo pubblicato nell’aprile del 2019 dalla casa editrice Einaudi. L’autrice è Valeria Parrella, scrittrice, drammaturga e giornalista, finalista con questo romanzo alla Settantaquattresima edizione del Premio Strega.
Il libro è raccontato in prima persona dalla protagonista, Elisabetta Maiorano, docente di matematica e scienze presso il carcere minorile di Nisida. Cinquantenne, ha perso il marito Antonio da tre anni quando si ritrova tra i propri alunni Almarina, una adolescente romena, fuggita da casa per gli abusi del padre e finita in carcere per furto. La vicenda è narrata come una sorta di flusso di coscienza perché di fatto Elisabetta alterna flashback del suo passato insieme al marito a vicende attuali. Si affeziona fin da subito ad Almarina tanto da decidere di adottarla, lei che aveva cominciato un percorso di adozione, che non si era mai concluso, con il marito. Perché proprio Almarina in mezzo a tutti gli studenti che sono passati per la sua aula nel corso della sua carriera? «Perché mi sembra che possa farcela, e non mi va di farle perdere questa unica occasione», risponde Elisabetta a chi le chiede le sue motivazioni. Con la consapevolezza che «non si realizza subito quando la vita sta cambiando», la protagonista passa attraverso questa vicenda con il peso del dolore della perdita, ma al tempo stesso con la speranza di poter cambiare le cose, almeno per Almarina, che porta in sé la promessa del futuro. Tant’è che dice a un certo punto: «Mi affido a peso morto alla tua presa, e tu con tutta la forza che tieni a diciassette anni mi tiri via dal pozzo e mi riporti in classe».
La matematica fa capolino nella vicenda, approfittando delle occasioni in cui può contribuire a spiegare alcuni aspetti del mondo che Elisabetta legge attraverso i propri occhi matematici e al tempo stesso diventando l’unica possibilità per la protagonista di salvare i ragazzi che le vengono affidati. Quello di Valeria Parrella non è semplicemente un romanzo, ma un percorso che ci permette di immedesimarci nelle paure e nelle ansie della protagonista e al tempo stesso di sperare per Almarina, che è stata lanciata nella vita con una grande dose di sfortuna, in un futuro migliore.
«Il computer è donna», pubblicato dalla casa editrice Dedalo, nel 2019, è l’ultima opera di Carla Petrocelli, docente di storia della rivoluzione digitale presso l’Università di Bari. Il libro è stato pubblicato nella collana La scienza è facile, ovvero in una serie di «volumi divertenti e indispensabili per conoscere i principi fondamentali della scienza». Nella sua prefazione Mario Tozzi, geologo noto per la sua attività di divulgatore scientifico e conduttore televisivo, parla di costanza, pazienza, passione e intraprendenza nella sua descrizione del ruolo delle donne nella ricerca scientifica. Le donne di cui parla Carla Petrocelli, usando sempre le parole di Mario Tozzi, «sono donne che hanno dovuto lottare contro pregiudizi e soprusi che hanno reso il loro cammino pieno di ostacoli, sebbene non abbiano minimamente scalfito la loro tenacia.»
Suddiviso in sei capitoli, il libro ripercorre la storia dell’informatica tra Ottocento e Novecento, cominciando con Ada Byron, contessa di Lovelace, che è nota come prima programmatrice della storia e la cui vita sfortunata, unita ai suoi natali così particolari (è la figlia legittima di Lord Byron), la rende particolarmente affascinante e interessante. Nonostante sia entrata in contatto con i grandi matematici del tempo, non ha avuto modo di farsi conoscere realmente sia per il ruolo rivestito dalle donne all’epoca, sia perché morta troppo presto. Il secondo capitolo è dedicato a Grace Hopper. Definita dal primo dei suoi capi “uno dei miei uomini migliori”, a Grace dobbiamo, ad esempio, il termine bug, quando si parla di un difetto nei computer e fare debugging, per lei, significava togliere con le pinzette una falena che era finita in uno dei relè. Capace di fare dell’attacco a Pearl Harbor un’occasione per «dare una svolta alla sua vita», ebbe un ruolo fondamentale nella stesura del primo manuale di programmazione e con il suo approccio sistematico contribuì alla creazione del linguaggio COBOL. Il terzo capitolo è dedicato alle donne che, durante la seconda guerra mondiale, venivano reclutate come “computatrici”. All’epoca, sulla stampa fecero la loro comparsa le Refrigerator Ladies che «esibivano i loro preziosi elettrodomestici grazie ai quali si erano potute trasformare in eleganti donne borghesi» e le donne che collaborarono attivamente nella realizzazione dell’ENIAC di fatto sembravano avere lo stesso ruolo delle Refrigerator Ladies: fanno la loro comparsa in alcune fotografie, ma sempre in secondo piano, come se non avessero avuto alcuna utilità. La realtà era che «il lavoro richiedeva un altissimo livello di specializzazione matematica, era complesso, ripetitivo e tedioso, ma venne considerato particolarmente adatto alle donne, che lo svolgevano in modo più accurato e rapido dei colleghi uomini.» Il quarto capitolo è dedicato a Hedy Lamarr: imprigionata nel ruolo di stella di Hollywood, ha «una storia di ingegno e acume messi da parte, ignorati e trascurati». Vissuta «tra finzione e realtà», solo sul finire della sua vita ha visto riconosciuto il suo ruolo di inventrice: il Secret Communication System è diventato una «componente sempre più importante della telefonia mobile», garantendo la privacy agli utenti. Il quinto capitolo, dedicato alle biblioteche, evidenzia il ruolo dell’informatica nella disparità di genere: «se applicati alle competenze degli uomini, i computer rappresentarono un upskilling, un miglioramento delle loro capacità, ma si rivelarono un deskilling in riferimento al lavoro femminile». Il sesto capitolo costituisce un elenco di «protagoniste sconosciute»: nel 1967 le Computer Girls vennero celebrate in un articolo di Cosmopolitan, tanto da lasciar pensare che «l’epoca della moglie/casalinga fosse arrivata al capolinea». Ma con la Guerra Fredda e la corsa allo spazio, le donne ritrovarono il loro ruolo subalterno, addirittura relegate «in angusti locali sotterranei, a temperature improponibili». Tra le protagoniste, Margaret Hamilton con il codice per l’Apollo 11, Dorothy Johnson Vaughan e le colored computer celebrate recentemente dal film “Il diritto di contare”, Mary Kenneth Keller, non solo abile informatica ma anche modello per le sue allieve, Karen Spärck Jones, che ha contribuito alla nascita dei motori di ricerca, Anita Borg, che «propone l’apertura di uno spazio riservato solo alle donne del settore per supportare, guidare, incoraggiare e condividere risorse e idee» e Evelyn Berezin, che brevettò un computer per facilitare il lavoro di segreteria.
Carla Petrocelli, con uno stile semplice, che non manca di accuratezza e precisione, ci accompagna in questo percorso nella storia dell’informatica, un percorso necessariamente declinato al femminile, nonostante si conosca ancora così poco il ruolo fondamentale delle donne. Fin dall’inizio, le donne vennero destinate a un ruolo secondario: gli uomini ritenevano che il lavoro di progettazione della macchina fosse più importante di quello di programmazione, tanto che i termini hard e soft lasciavano «pensare che i lavori “duri” erano solo appannaggio maschile» ed erano «opposti a quelli “morbidi”, più femminili». Quando, in un secondo tempo, ci si rese conto dell’importanza della programmazione, le donne vennero estromesse anche da questo compito. La storia dell’informatica, breve in quanto molto recente nell’ambito della storia umana, è un esempio di come siano state trattate le donne a più livelli: destinate a un ruolo di secondo piano, solo recentemente è stato possibile ricostruire il loro contributo fondamentale. Per questo motivo il libro è consigliato a quegli uomini che ancora fanno fatica a riconoscere il ruolo delle donne nella storia e a quelle donne, giovani soprattutto, che hanno bisogno di modelli e di capire l’importanza del proprio lavoro. Un piccolo libro che non ruberà molto tempo per la lettura, ma che contribuirà a cambiare il nostro modo di leggere la realtà.
«Bisognerebbe urlare della loro esistenza, renderle vive e raccontarle decine, centinaia, migliaia di volte perché sia dato loro il riconoscimento che meritano, per non sentire i loro nomi solo occasionalmente.»