Confronti e missioni
Tutto è cominciato con un articolo di Claudio Marazzini, linguista, docente emerito dell’Università del Piemonte Orientale, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, che nel novembre scorso ha scritto sulla rivista online della casa editrice Il Mulino un articolo nel quale si domandava: È necessaria la terza missione per l’università? Si legge nell’articolo che l’università ha due missioni principalmente, la ricerca e la formazione. La terza missione di cui si parla è la divulgazione, e Marazzini sottolinea come di fatto si sia sempre fatta divulgazione, ma che le cose «cambiano quando la terza missione diventa un obbligo da misurare e pesare a scopo di valutazione collettiva e individuale, per tutti i dipartimenti e magari per tutti i docenti». L’innesco della discussione, come si legge in apertura, è la notizia del ritiro anticipato di Barbero dal servizio in università, a cui ha fatto seguito la sua denuncia contro la burocrazia, responsabile di schiacciare e sacrificare «la ricerca e la didattica, a tal punto che la permanenza nell’istituzione equivale a una frustrante perdita del proprio tempo, che può essere meglio impiegato altrove». Il 9 gennaio scorso un articolo simile è stato scritto da Claudio Giunta, tra le pagine del Post, dal titolo Le missioni dell’università sono due, non tre. Claudio Giunta insegna Letteratura italiana all’università di Trento, ed è uno specialista di letteratura medievale: nel suo articolo evidenzia la differenza tra le materie umanistiche e quelle scientifiche in funzione della terza missione e porta in primo piano il fatto che la divulgazione è diventata una sorta di promozione pubblicitaria, con la quale l’università punta ad attirare pubblico e nuovi iscritti. Si domanda se la divulgazione, che si è sempre fatta, non sia ora diventata «una smania che va ulteriormente sollecitata con pubblici riconoscimenti, menzioni d’onore, scatti di carriera», mentre per lui si tratta di «una sensata forma di restituzione al mondo extra-universitario» se fatta «come attività volontaria (e saltuaria)». In questo confronto, non poteva mancare la risposta di MaddMaths!, che ha fatto della terza missione la sua missione principale: il 16 gennaio, il Comitato Editoriale ha risposto sottolineando come la terza missione sia una necessità. «Diversamente da ciò che pensa Giunta, troppo spesso nei nostri Dipartimenti e Istituti queste attività vengono giudicate con sufficienza, come irrilevanti e futili, magari frutto di un malinteso narcisismo personale, e raramente valorizzate.» Anche Radio3 Scienza non ha mancato di occuparsi del tema, (Terza) Missione: impossibile?, intervistando Claudio Marazzini, che ha dato l’avvio al dibattito, e Fabiana Zollo, docente di informatica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, come per dare modo alle due anime chiamate in causa, quella umanistica e quella scientifica, di confrontarsi al riguardo.
Personalmente, ritengo la divulgazione necessaria e irrinunciabile e, per certi aspetti, mi pare che questo dibattito richiami quello che avviene tra i docenti delle scuole di ordine inferiore, quando ci si confronta in merito alla necessità di portare avanti dei progetti che, a detta di alcuni, rischiano di compromettere la didattica. La verità è che spesso la gestione di progetti aiuta a sostenere la didattica, sia in termini di passione, che in termini di motivazione, e lo stesso vale per la divulgazione a livello universitario: l’obbligo di tradurre in un linguaggio più semplice i propri contenuti di ricerca, perché possano essere capiti dal grande pubblico, arricchisce la didattica, offrendo nuovi strumenti esplicativi. La didattica, a sua volta, aiuta a costruire nuovi orizzonti, che trovano compimento nella ricerca e nutrono la divulgazione.
«Rigore accessibile»
Riuscire a coniugare le tre anime in modo armonioso, mantenendo un elevato livello in tutti e tre gli ambiti non è da tutti: ci è riuscito Gabriele Lolli, mancato il 13 gennaio scorso, che viene ricordato nelle pagine di MaddMaths! da Luca San Mauro e Giorgio Venturi, suoi allievi. Il loro intervento è una dimostrazione dell’elevato livello del professore per quanto riguarda la seconda missione dell’università, la didattica. I suoi allievi delineano con cura il percorso nell’ambito della ricerca, ma, come ben sa chi si è imbattuto nei suoi libri, Gabriele Lolli ha dato un grande contributo anche nell’ambito della divulgazione: cito i due libri da me recensiti, Il riso di Talete e La crisalide e la farfalla, il primo dedicato al binomio matematica e umorismo, il secondo una declinazione della matematica al femminile. Luca San Mauro e Giorgio Venturi evidenziano come il professore, con i suoi libri, sia riuscito a coniugare le due culture e, nella sua attività di divulgazione, non abbia rinunciato al rigore. «In sintesi, si può dire che Lolli ha realizzato pienamente le tre missioni di cui si compone l’accademia: l’insegnamento, la ricerca, e il riportare nel mondo quel che si è scoperto o appreso. Un certo numero di logici della nostra generazione lo sono diventati anche perché, all’età giusta, si sono trovati tra le mani un suo libro.»
Un altro ottimo esempio di coniugazione delle tre missioni è il lavoro di Federico Benuzzi: in particolare nell’ultimo video, mostra come ci sia compenetrazione e continuità tra l’attività di divulgazione e quella didattica. Il video Quale orologio è da sincronizzare? si apre con questa domanda, rivoltagli sui social, che prevede un approfondimento nell’ambito della teoria della relatività. Ma questa domanda apre anche le porte a una riflessione didattica, con la quale si conclude il video. Federico Benuzzi ha sostenuto spesso che queste due attività sono per lui inscindibili e si alimentano a vicenda: «Mai avrei immaginato che la divulgazione e l’insegnamento sarebbero diventati per me mestiere, senso, vita.» (citazione da È la fisica, bellezza!)
Matematica in leggerezza
Nicoletta Tribastone continua con il podcast I nodi da sciogliere e dedica la seconda e la terza puntata al terzo e al quinto garbuglio di Una storia ingarbugliata di Lewis Carroll. Le protagoniste degli episodi sono Clara e la sua originale zia Matta Màtica: nel primo caso viaggiano su treni che si muovono lungo una traiettoria circolare e con velocità diverse, e la domanda riguarda il numero di treni che si incontrano salendo su uno o sull’altro, mentre nel secondo caso si ritrovano a visitare Burlington House e a classificare i quadri esposti. Compito dell’ascoltatore è quello di individuare il numero di quadri.
Tra le pagine di MaddMaths! troviamo anche la matematica per la cacio e pepe: in questo caso, Marco Menale, che si diletta di cucina stando ai suoi video ai fornelli che condivide sui social, disquisisce di giusta cremosità nella cacio e pepe, riferendosi al lavoro di un gruppo di fisici di diverse università europee, tra cui quella di Padova.
La casa editrice Scienza Express ha ampliato la sua rubrica online La scienza espressa, grazie agli interventi di Stefano Ossicini, Samuele Maschio, Alessandro Pascolini, Marco Fulvio Barozzi, Catalina Curceanu e Angelo Vulpiani. Il sottotitolo che accompagna questi articoli di divulgazione è “per approfondire nel tempo di un caffè”, evidenziando la leggerezza con cui vengono trattati gli argomenti. Fa capolino anche la matematica, come dimostra Napoleone e la matematica, di Carlo Càssola, nel quale si parla del famoso teorema e si discute se sia stato realmente lui a dimostrarlo.
In questa rassegna, non può mancare Presh Talwalkar, che in un singolo video propone 7 Outside The Box Puzzles: sono enigmi “fuori dalla scatola”, ovvero fuori dagli schemi. Si spazia dai classici giochi in cui bisogna spostare dei fiammiferi, ai giochi topologici, fino ai giochi con le monete. Ce n’è per tutti i gusti e oltre ad essere sfidanti e coinvolgenti, con Mind your decisions abbiamo anche la garanzia di una spiegazione chiara e dettagliata.
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra DUE settimane!
Daniela
PS: Traduzione della vignetta fatta da chatGPT
Papà: «Partiamo dall’inizio: quando aggiungi qualcosa, aumenti quello che hai. Combini i numeri tra loro.»
Calvin: «Non voglio imparare questo! È completamente irrilevante per la mia vita!»
Papà: «Questo non è irrilevante. Tutti devono conoscere queste cose.»
Calvin: «Io no! Me la cavo benissimo senza la matematica!»
Papà: «Davvero? E cosa vuoi fare da grande? Ogni lavoro richiede un po’ di matematica.»
Calvin: «Non è vero! Io sarò... sarò... un uomo delle caverne! Sì!»
Papà: «Quello non è un vero lavoro.»
Cristiana De Filippis
«La matematica è il mio lavoro. La mia passione. È una forma mentis. Affina le tue capacità analitiche, ti dà nuove chiavi per leggere il mondo, sviluppa il senso critico. Ma soprattutto è una botta di onestà: un teorema è vero o è falso. Non puoi imbrogliare».
L’intervista di Cristiana De Filippis su Repubblica a inizio gennaio è assolutamente da leggere: Cristiana racconta il suo percorso di studi, l’insistenza della famiglia perché studiasse ingegneria, il trasferimento da Matera a Torino dove consegue la laurea triennale con Susanna Terracini, la magistrale a Milano con Veronica Felli, la borsa di studio a Oxford per il dottorato, il rientro in Italia e il post doc a Torino per poi arrivare all’Università di Parma, dove è docente e ricercatrice di Analisi Matematica e collabora con Giuseppe Mingione, «un pioniere della linea di ricerca di cui mi occupo e su cui ho iniziato a lavorare a Oxford».
La giovane matematica racconta anche del suo nuovo approccio ad un problema matematico che risale agli anni Trenta, ma per il quale è necessario uno strumento, le equazioni differenziali alle derivate parziali, cruciale nella modellizzazione, ottimo per descrivere molti fenomeni apparentemente scollegati. Alla domanda di cosa sia per lei la matematica, Cristiana De Filippis risponde: «È rigore, è essenzialità. È una grossa palestra per i fallimenti perché per ogni bel teorema che riesci a dimostrare ce ne sono dieci che falliscono, su cu magari hai trascorso infinite nottate. Non hai una vita separata dalla matematica. Il pensiero di trovare una soluzione non ti abbandona mai. Così insisti, insisti, perché – se ci arrendesse al primo fallimento – non ci sarebbe progresso in matematica.»
Probabilità ed errori
Un mio contatto mi ha parlato del video di Geopop sul problema di Monty Hall e del video postato poi da Vincenzo Mauro, alias 3minuticolprof, professore universitario di statistica. Nel suo breve video, Vincenzo Mauro risponde alle segnalazioni ricevute e sottolinea come il piccolo errore effettuato nel raccontare il problema abbia, di fatto, modificato le condizioni di partenza e reso la risposta completamente diversa. Il problema di Monty Hall è sempre stato un po’ controverso e, concettualmente, non certo facile, e mostra come il calcolo delle probabilità si scontri con l’idea che abbiamo di matematica: «Il signor Jeavons disse che mi piaceva la matematica perché mi faceva sentire al sicuro. Disse che mi piaceva perché la matematica serve a risolvere i problemi, poi aggiunse che questi problemi erano difficili e interessanti, ma che alla fine c’era sempre una risposta chiara e diretta per tutto. Ciò che intendeva era che la matematica non è come la vita perché nella vita non esistono risposte chiare e dirette. So che era questo che voleva dire perché è quello che ha detto. Perché il signor Jeavons non capisce i numeri». Così scrive Christopher nel libro Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, di Mark Haddon e ho avuto occasione di citarlo in classe proprio l’ultima volta che ho trattato il calcolo delle probabilità e ho parlato di azzardopatia. «Le persone trovano la probabilità difficile e poco intuitiva perché è difficile e poco intuitiva. Ed è poco intuitiva perché ce la siamo inventata», sostiene David Spiegelhalter, statistico inglese che si occupa di divulgazione, che viene citato nell’articolo del Post La probabilità probabilmente non esiste. Il calcolo delle probabilità è indagato dal punto di vista filosofico ed è un approfondimento di un certo spessore.
Mi piace concentrarmi anche sul ruolo dell’errore in questa vicenda, sottolineato, in chiusura di video, proprio da Vincenzo Mauro: «Sono stato indeciso se fare questo video, per evitare attriti, poi ho deciso di sì, perché sbagliare capita a tutti, capiterà anche a me, ma la scienza e la divulgazione avanzano soltanto se ci sono critica e confronto». Condivido così tanto questa riflessione, che l’ho riportata, prima ancora di sentirla, in questo articolo (che potete leggere in anteprima) scritto per la rassegna del Carnevale della Matematica di gennaio (uscirà martedì 14): ho cominciato parlando della prova del 9, e citando il MATH-segnale, Gianluca Zanzottera e un articolo di Alberto Saracco, riprendendo la newsletter dell’aprile del 2021 e arricchendola con alcune riflessioni in più. In chiusura di articolo, cito proprio Alberto Saracco, facendo gli auguri per il 2025: «che il 2025 possa essere un anno ricco di errori, matematici e non, perché, come ricorda Alberto Saracco: “Senza errori non impariamo. In effetti se non facciamo mai errori, vuol semplicemente dire che stiamo facendo cose troppo facili e non ci stiamo impegnando su qualcosa di sufficientemente stimolante”.»
Consigli di lettura
Ho approfittato delle vacanze di Natale per dedicarmi ad alcune letture nuove e per concludere letture che avevo cominciato da tempo, come Apprendimento visibile, insegnamento efficace di John Hattie, della collana Guide per la Didattica della Erickson. Il libro contiene alcune riflessioni importanti e quindi è consigliatissimo ad ogni insegnante. Ho letto Il club del Doctor Newtron, di Dario Bressanini, pubblicato per Feltrinelli Comics: è il secondo capitolo di un viaggio fra i fumetti e la scienza, contiene tre storie e altrettanti saggi dell’amichevole chimico di quartiere. Ho dedicato un po’ di tempo anche agli ultimi due libri di Silvia Merialdo, pubblicati da Edizioni Dedalo, A Milano con Leonardo e A Parigi con Marie Curie: dopo Pisa e Cambridge con Galileo e Newton, Andrea va alla scoperta dell’ingegneria e della radioattività.
Calendari e podcast
Per il nuovo anno potrebbe essere utile stamparsi il calendario dei Rudi Mathematici, un calendario che ormai è diventato una tradizione! 13 fogli: una copertina con «alcune vignette di spirito matematico raccattate in rete […] e un’equazione di terzo grado», alla quale fa seguito un foglio per ogni mese dove a sinistra, il calendario classico è arricchito dai grandi matematici riportati nella loro data di nascita (io condivido il compleanno con Henry Ernest Dudeney), mentre a destra ci sono quesiti, barzellette e citazioni.
MaddMaths! ha dato avvio anche a una nuova serie podcast, intitolata Nodi da sciogliere: curata da Nicoletta Tribastone, si basa sulla raccolta “10 nodi da sciogliere” di Lewis Carroll (io ce l’ho nell’edizione di Astrolabio, con il titolo Una storia ingarbugliata e una diversa traduzione). La prima puntata si apre con una citazione presa proprio al termine del primo racconto: «Un gemito fu la sola risposta del giovane; mentre i suoi lineamenti contratti e le rughe profonde che si inseguivano sulle sue virili fattezze rivelavano l’abisso di angoscia aritmetica in cui quella domanda gettata lì a caso lo aveva sprofondato.» Ogni puntata proporrà una storia, e quindi un quesito, con l’invito alla soluzione nei commenti sottostanti, mentre lo scioglimento del nodo avverrà nella puntata successiva. Nella prima puntata, si parla di velocità media e medie delle velocità.
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra DUE settimane!
Daniela
Ecco la traduzione della vignetta allegata
Padre: «Ok Calvin, controlliamo i tuoi compiti di matematica.»
Calvin: «Non facciamolo, e diciamo che l’abbiamo fatto.»
Padre: «Il tuo insegnante dice che devi dedicarci più tempo. Siediti.»
Calvin: «Più tempo?! Ho già passato dieci minuti interi su questi! Dieci minuti buttati! Persi!»
Padre: «Hai scritto qui 8 + 4 = 7. Ora sai che non è giusto.»
Calvin: «Ok, ho sbagliato di poco, fammi causa!»
Padre: «Non puoi sommare numeri e ottenere meno di quello con cui hai iniziato!»
Calvin: «Posso farlo! È un paese libero! Ho i miei diritti!»
Come uno studente davanti al titolo del tema, osservo il foglio bianco davanti a me e non so cosa scrivere.
2025 è il tema di questo Carnevale.
Da quando è cominciato il nuovo anno, mi sono piovuti addosso video e messaggi di tutti i tipi: dal teorema di Nicomaco di Gerasa, dimostrato per induzione dal canale Mathematical Visual Proofs (e condiviso con la scorsa newsletter), alle varie catene girate anche su Whatsapp, vista la “magia” di 2025, quadrato perfetto, ma anche difettivo. Cosa si può aggiungere di davvero originale a questo anno definito matematico, matemagico e chissà in quale altro modo matematico-riferito?
Osservo le cifre di 2025: posso scrivere 12 numeri diversi, il più piccolo 0225 e il più grande 5220, ma ci sono solo due quadrati, 0225 e 2025, e la somma delle cifre è 9. Quest’ultima affermazione era prevedibile, visto che 2025 è divisibile per 9, ma, per qualche motivo, questa cosa mi resta in testa.
2+0+2+5=9
9
Come la prova del 9… raccontata così bene nel libro di Bruno Jannamorelli La misteriosa prova del 9.
Ho scoperto solo in tempi recenti che la prova del 9 si può applicare anche all’addizione, alla sottrazione e alla divisione, oltre che alla moltiplicazione (l’unica che conoscevo e applicavo). La prova permette di individuare gli errori di calcolo, ma nasconde anche tanto altro e vale la pena riprendere qui il discorso presentato nella newsletter #172 del 23 aprile 2021: Davide e Riccardo del MATH-segnale, dopo essere partiti dalla prova del 2, mostrano i passaggi della prova del 9 per la moltiplicazione, con la collaborazione di Gianluca Zanzottera, e poi procedono a mostrare per quale motivo si basi il ragionamento sul resto del prodotto dei resti, per verificare la correttezza del risultato.
Nella descrizione trovano posto sia il calcolo letterale che l’aritmetica modulare, con dovizia di particolari e chiarezza. Oltre alla prova del 9 per l’addizione spiegata da Gianluca Zanzottera, nella newsletter ho condiviso anche un bellissimo articolo di Alberto Saracco, scritto per MaddMaths!, Apologia delle prove, nella quale il noto divulgatore spiega innanzi tutto perché non sia il caso di utilizzare la calcolatrice per verificare un calcolo e mostra poi come anche la calcolatrice che sembra più affidabile, come il foglio elettronico di Excel, sia in realtà facile agli errori. Alla paura di sbagliare, leva degli spesso maldestri tentativi di evitare il calcolo, dedica un intero paragrafo: «Abbiamo tutti un’enorme paura di sbagliare. Ci piace mostrarci bravi e infallibili. Ammettere la nostra fallibilità e i nostri errori è spesso un problema. Però sbagliamo tutti. Ed è naturale sbagliare. Anzi, può essere persino utile. Senza errori non impariamo. In effetti se non facciamo mai errori, vuol semplicemente dire che stiamo facendo cose troppo facili e non ci stiamo impegnando su qualcosa di sufficientemente stimolante. Spesso inoltre la scoperta di un errore può essere da guida per vedere qualcosa sotto una nuova luce e imparare qualcosa di nuovo. Per poi sbagliare ancora, ma sbagliare meglio.» Anche Alberto Saracco dedica grande attenzione alle prove di verifica, come la stima dell’ordine di grandezza e la prova dell’11, ma mi piace in particolare ciò che il professore dice ai propri studenti: «Tutti possono commettere stupidi errori di conto, ma se non sprechi 30 secondi per fare una prova banale che ti avrebbe fatto scoprire che hai fatto un errore, non è più un banale errore di conto, ma è qualcosa di più grave.» Prima di chiudere ricorda che la verifica dei risultati è un modo per «acquisire una competenza matematica».
Al primo gennaio, fatico a sentire l’ansia e l’eccitazione dei nuovi inizi: per me, complice il ritmo dell’insegnamento, il vero inizio è quello dell’anno scolastico, che si apre il 1° settembre. Ogni inizio è carico di aspettative per ciò che dovremo affrontare, e non mancano previsioni (astrologiche o meno) per riuscire in qualche modo a rassicurare tutti noi in merito al futuro che ci aspetta. Personalmente ritengo che ogni nuovo anno regali una sola sicurezza e mi piacerebbe in tal senso rubare e parafrasare «The paradox of the preface» citato da Piergiorgio Odifreddi nel libro C’era una volta un paradosso. Se consideriamo i primi giorni di gennaio come l’introduzione del nuovo anno, potremmo dire che questo anno conterrà almeno un errore e si tratta di una facile previsione, in effetti. Ci si potrebbe aspettare che per sapere se ci saranno errori nel corso dell’anno sia necessario arrivare alla fine, ma invece lo sappiamo già fin dai primi giorni che ci saranno errori (e non solo perché, probabilmente, ne avete già fatti a profusione come me…): infatti, se ci sono errori, ci sono. E se non ce ne sono, l’errore sarà stato quello di dire che quest’anno conterrà almeno un errore.
Speriamo di riuscire a individuarli con una semplice prova del 9, ma, in ogni caso, che il 2025 possa essere un anno ricco di errori, matematici e non, perché, come ricorda Alberto Saracco: «Senza errori non impariamo. In effetti se non facciamo mai errori, vuol semplicemente dire che stiamo facendo cose troppo facili e non ci stiamo impegnando su qualcosa di sufficientemente stimolante».
PS: Ho appena finito questo breve post e, mentre sto cercando immagini da inserire che richiamino l'errore scrivo "errore" in Google immagini e mi imbatto nell'articolo del 27 dicembre 2020 di Vittorio Pelligra scritto per Il Sole24Ore, dal titolo Perché sbagliare non sempre è un errore. Pelligra ha usato il tema dell'errore per «rappresentare in modo sintetico ma evocativo questo anno passato [il 2020], così anomalo e tragico ma, allo stesso tempo, anche foriero di novità e timide speranze [...] un tema che, contemporaneamente, potesse offrire la possibilità di riflettere [...] sulle sfide che il futuro prossimo ci presenta, sui rischi e sulle opportunità che ci si pongono innanzi e che dovremmo al più presto iniziare a sfruttare al meglio». Buona lettura!
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: problemi con le parabole, fasci di parabole
Durata: 120 minuti.
«A Milano con Leonardo» e «A Parigi con Marie Curie» sono stati pubblicati nel corso del 2024 dalla Casa Editrice Dedalo, nella collana ScienzaInViaggio. Con la sua laurea in fisica nucleare, le sue esperienze di ricerca nel Regno Unito e in Germania, e la sua esperienza di redattrice di testi di fisica per la scuola per la casa editrice Zanichelli, Silvia Merialdo scrive anche guide turistiche e con questa collana ha trovato il modo di coniugare le sue due passioni, guidando il lettore tra i meandri della fisica e offrendo contemporaneamente una visita turistica nei luoghi in cui i grandi scienziati hanno vissuto. Le illustratrici sono ancora Gaia Aloisio ed Emanuela Carbonara, come nel caso dei due precedenti testi dedicati a Galileo e Newton, ma a loro si è unita Francesca Ribatti.
La protagonista è sempre Andrea e ha la zia che tutti vorremmo avere: Paola, insegnante all’Università di Pisa presso la facoltà di ingegneria aerospaziale e sempre in viaggio per impegni di lavoro. Destinati ai bambini della primaria, questi libri guidano in un turismo scientifico, fatto di luoghi ed esperimenti: nel caso di Marie Curie, gli esperimenti sono tratti dal libro Lezioni di Marie Curie della casa editrice Dedalo e sono dedicati alla statica dei fluidi, mentre nel caso di Leonardo, riguardano la scrittura speculare e il volo. Nel corso della narrazione, troviamo i termini specifici evidenziati in grassetto e poi ripresi nelle pagine finali in un piccolo glossario.
Nel testo di Leonardo da Vinci, Andrea è accompagnata da Ping, che ha una grande passione per il disegno: la scelta del personaggio secondario ha l’obiettivo di mostrare l’inconsistenza della divisione tra le due culture, quella scientifica e quella artistica, e d’altra parte Leonardo, nella sua genialità, racchiude in sé entrambe le anime. Anche i luoghi visitati a Milano sono in bilico tra l’arte e la scienza: il primo incontro fra Leonardo e Andrea avviene davanti all’Ultima cena e tutto comincia con un giramento di testa, forse causato dalla fame, che apre ad Andrea le porte di un’altra dimensione, con un Leonardo che arriva a lei uscendo dal dipinto, per spiegarle profusamente le sue tecniche pittoriche e l’utilizzo della prospettiva. Il Castello Sforzesco, invece, offre l’occasione per raccontare le macchine da guerra, nella vigna si parla dello studio della natura, ricordando che per Leonardo disegnare significava conoscere, presso i Navigli si scoprono l’idraulica e le opere di ingegneria, la Pinacoteca Ambrosiana permette di vedere da vicino i Codici leonardeschi, e infine al Museo si indagano la scienza e il volo. Nel capitolo conclusivo, durante il viaggio di ritorno, zia e nipote riprendono le fila, insieme a Ping, di quanto visitato, mentre la conclusione viene lasciata a una celebre citazione di Leonardo: «Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire».
Nel testo di Marie Curie, Andrea è accompagnata da Marek, che ha origini polacche e una grande passione per il ciclismo. Il racconto delle scoperte di Marie Curie comincia all’aeroporto, con la scansione a raggi X, ma l’incontro, preceduto dal classico giramento di testa, avviene alla Sorbona, dove Marie Curie racconta ad Andrea i suoi studi in fisica. L’Istituto del radio offre invece l’occasione per parlare della radioattività, la Torre Eiffel è il teatro del racconto del primo Premio Nobel, mentre il secondo viene raccontato davanti alla tomba della celebre scienziata al Pantheon. All’Arco di Trionfo, celebrazione di antiche vittorie, ma anche tomba di un ignoto soldato della Prima Guerra Mondiale, Marie Curie parla del suo impegno durante la guerra, mentre alla Biblioteca Nazionale si parla della radioattività artificiale. Durante il viaggio di ritorno, Andrea riceve in regalo l’Autobiografia di Marie Curie, la cui immagine di copertina è riportata fedelmente nell’illustrazione finale, e la chiusura è una delle citazioni più celebri della scienziata: «Nella vita non c’è niente da temere, solo da capire».
Questa serie, inaugurata con Galileo e Newton, si arricchisce di due nuovi capitoli, nei quali, ancora una volta, la curiosità per la scienza diventa l’occasione per scoprire personaggi che hanno lasciato il segno anche nelle città in cui hanno vissuto.
«Il club del Doctor Newtron» è una pubblicazione di Feltrinelli Comics e l’autore è Dario Bressanini, docente di chimica presso l’Università degli Studi dell’Insubria a Como e noto divulgatore scientifico, conosciuto come “l’amichevole chimico di quartiere”. Autore di numerosi libri di carattere divulgativo a partire dal 2009, con questo testo aggiunge un nuovo capitolo, a un anno di distanza, a «Doctor Newtron, la scienza nel fumetto». Anch’esso a metà tra una graphic novel e un saggio scientifico, il nuovo volume propone tre fumetti, il primo dei quali sceneggiato da Bressanini, mentre gli altri due da Tito Faraci. I disegni sono stati realizzati da Luca Bertelè con Riccardo Farina e Biagio Leone, mentre i colori sono stati affidati a Manuela Nerolini.
Nell’introduzione, Dario Bressanini ricorda telefilm come Start Trek e The X-Files, che hanno avuto «il potere di indicare un modello a cui ispirarsi», esattamente come hanno fatto i fumetti per lui: il personaggio di Nyota Uhura, interpretato da Nichelle Nichols, «fu di ispirazione per tante donne nello scegliere studi e carriere di tipo scientifico, tecnologico o ingegneristico», e Dana Scully, interpretata da Gillian Anderson, ebbe un impatto tale da far coniare il termine “Effetto Scully”. I fumetti, come la fantascienza, hanno avuto un ruolo nella scelta delle materie STEM, ma sono stati utili anche per esorcizzare e «far emergere paure, ansie e aspettative della società alle prese con nuove scoperte scientifiche e tecnologiche», come la letteratura popolare, per la quale viene citato il primo romanzo di fantascienza, pubblicato nel 1818, “Frankenstein ovvero il moderno Prometeo” di Mary Shelley. Nella prefazione a un’edizione successiva, è proprio l’autrice a raccontare di «aver ascoltato, rimanendo assorta e quasi silenziosa, varie conversazioni su questi temi tra Lord Byron e Percy Shelley», il marito.
Simbolo dell’esempio citato è la prima storia del Doctor Newtron, “Un rischio calcolato”, che parla del vaccino antipolio e della marcia dei 10 centesimi, March of dimes: nel saggio che lo segue, Dario Bressanini racconta con dovizia di particolari la storia del vaccino, sottolineando il ruolo dei fumetti nell’informare i bambini. Parlando dei vaccini, Bressanini non può non sottolineare come sia «comprensibile e umano chiedere certezze, ma la scienza, per sua natura, purtroppo non ne fornisce» e cita il direttore della National Foundation for Infantile Paralysis: «la pratica della medicina è basata sul rischio calcolato».
Il secondo fumetto è intitolato “Questo spazio non è per tutti!” ed è di carattere più leggero: si inserisce nella storia dei fumetti e, in particolare, fa riferimento alla nascita dei Fantastici Quattro. Nel saggio che segue, Dario Bressanini racconta la vicenda di Stan Lee, che insieme a Jack Kirby e Steve Ditko ha gettato «le basi di quello che oggi chiamiamo “Universo Marvel”, dando vita a molti altri personaggi».
L’ultimo fumetto, “Più che umano”, riparte dal Progetto Manhattan e dalla nascita del Doctor Newtron come supereroe: fornisce ulteriori tasselli per capire chi sia realmente il dottor Taylor. Nelle prime vignette, troviamo Enrico Fermi e Klaus Fuchs in un cortile di Los Alamos, poi l’ingresso al Demon Core Lab dove tutto ha avuto inizio. Nel saggio seguente, i protagonisti delineati dal fumetto trovano la propria dimensione storico-scientifica: si comincia con l’operazione Overcast/Paperclip, piano segreto dell’intelligence statunitense per trasferire gli scienziati tedeschi e le loro famiglie in America, e si procede con Wernher von Braun, figura controversa del secondo dopoguerra, con un ruolo di primo piano nella corsa allo spazio. Nel secondo fumetto, il Doctor Newtron si è già trovato a collaborare con lui: «Ammiro lo scienziato… e disprezzo l’uomo. Due sentimenti che se le suonano di santa ragione, dentro di me.» Dopo il racconto delle vicende di Klaus Fuchs, non si può che concludere con il “demon core”, il nome in codice della «sfera di plutonio che sarebbe dovuta diventare il nucleo della terza bomba da sganciare sul Giappone». In questo racconto, non mancano dettagli e particolari, mentre è evidente che gli incidenti di Harry Daghlian e Louis Slotin siano stati di ispirazione per quanto successo al Dottor Taylor.
Anche questo secondo libro di Dario Bressanini usa i fumetti per raccontare la scienza: mentre i colori e le immagini ci distraggono, il racconto del vaccino antipolio prima e del Progetto Manhattan poi, coinvolgono e insegnano. Come al solito, Dario Bressanini mostra non solo la sua competenza ma anche la sua abilità, nel saperci guidare attraverso argomenti complessi con chiarezza e semplicità, come è nel suo stile.
«Apprendimento visibile, insegnamento efficace» è un testo pubblicato da Erickson nella collana Guide/Didattica. L’edizione italiana è curata da Giuliano Vivanet, professore ordinario di pedagogia sperimentale presso l’Università di Cagliari, che nella sua presentazione, scritta in collaborazione con l’autore, spiega la EBE, evidence-based education, ricordando che «le evidenze non possono essere accolte come certezze a cui guardare ciecamente» e quindi il suo obiettivo non è «scoprire leggi universali che determinano l’apprendimento». Partire dalla realtà e dall’osservazione per operare le proprie scelte didattiche è il fondamento per arricchire l’insegnamento, ricordando come «non esista in senso assoluto un “insegnante ideale”, definibile sulla base di caratteristiche stabili, ma che al contrario diversi modi di “essere insegnante” possano essere “ideali” in differenti contesti.» L’autore, John Hattie, è direttore del Melbourne Education Research Institute dal 2011 ed è docente all’Università di Auckland, in Nuova Zelanda. Tra i ricercatori, Hattie è «tra i più rappresentativi al mondo» nella EBE, tanto da rappresentare «un punto di riferimento fondamentale della letteratura didattica empirico-sperimentale». Il volume è stato pubblicato nel 2009 ed è la sintesi di anni di lavoro, durante i quali Hattie ha analizzato centotrenta fattori, «relativi agli studenti, all’ambiente domestico e scolastico, agli insegnanti, ai curriculum e alle strategie didattiche», calcolandone il valore di efficacia medio sugli apprendimenti, per «comprendere quali condizioni tendenzialmente si rivelino più importanti nel favorire o limitare un miglioramento degli apprendimenti». La forza di un insegnamento efficace risiede nella consapevolezza dell’impatto che questo può avere sugli studenti e la serie di domande e risposte tra il curatore e l’autore, al termine della presentazione, aiuta a focalizzare meglio l’attenzione sui principi cardine di questa pedagogia.
Il testo è diviso in quattro parti: la prima si concentra sulla fonte delle idee e sul ruolo degli insegnanti, la seconda, quella più ampia, riguarda le lezioni, dalla preparazione allo svolgimento, la terza indaga la forma mentis di insegnanti, dirigenti e sistemi scolastici, e l’ultima parte contiene una serie di questionari da somministrare per valutare l’efficacia dell’insegnamento. «Questo libro non propone un nuovo programma che implichi un cambiamento radicale in quello che la maggior parte delle scuole fa: propone una cornice di riferimento per riflettere sugli effetti o sulle conseguenze di quello che succede in una scuola». Invitando gli operatori della scuola ad essere consapevoli del proprio impatto sugli studenti, Hattie offre la sua analisi dei fattori coinvolti nell’insegnamento, perché il docente possa sentirsi «agente positivo di cambiamento» e possa efficacemente «creare nuovi orizzonti di successo e aiutare gli studenti a raggiungerli». Nel momento in cui il docente riesce a «creare un porto sicuro nel quale accogliere l’errore e quindi l’apprendimento», ci sono i presupposti perché l’insegnamento sia realmente efficace e questo avviene «quando gli insegnanti vedono l’apprendimento attraverso gli occhi degli studenti, e gli studenti vedono nell’insegnamento la chiave del loro apprendimento». Per conoscere il proprio impatto, la valutazione è centrale, perché permette agli insegnanti di cambiare la propria strategia, e il testo, attraverso semplici attività, consente di mettersi in discussione, scardinando quei giudizi a priori cui siamo così affezionati. Ad esempio, viene ribadita con forza l’importanza del feedback, che viene però separato dalle lodi: gli insegnanti, spesso, usano le lodi per mitigare le critiche, ma non si rendono conto che, così facendo, riducono l’efficacia del feedback fornito agli studenti.
Nel libro, Hattie aiuta a dare le giuste dimensioni ai singoli fattori coinvolti nell’insegnamento, invita alla consapevolezza, ma fornisce anche gli strumenti per acquisirla, e ribadisce con forza l’importanza della collaborazione tra colleghi, in un rapporto non solo di aiuto ma di analisi reciproca del proprio operato, partendo sempre dall’osservazione delle reazioni degli studenti. Al termine di ogni capitolo, le conclusioni aiutano a focalizzare i concetti trattati, mentre le attività proposte sono uno stimolo a mettere in pratica quanto ribadito. L’ampia bibliografia consente, infine, di approfondire ulteriormente i temi proposti, perché l’insegnante possa crescere e, soprattutto, essere realmente efficace in classe. Un testo da leggere e rileggere, per ricordare, soprattutto nei momenti di fatica, che «passione non implica necessariamente un ribollire di entusiasmo, ma un senso di “sintonia”, la partecipazione all’apprendimento di ogni studente e la valutazione del proprio effetto su ognuno di essi.»
Il 2024 di Amo La Matematica
Ho deciso di ripercorrere il mio 2024 attraverso gli articoli che ho condiviso sul sito, proprio alla vigilia dei grandi cambiamenti che lo interesseranno a breve (è in corso un piccolo restyling). Il primo articolo è stato scritto per partecipare al Carnevale della matematica di gennaio, a tema matematica bisestile e si intitola Saltando da un pensiero all’altro: è stata l’occasione per esplorare nuovi ambiti, attraverso letture interessanti. A febbraio, la protagonista è stata l’educazione civica: tutto è cominciato con l’indagine statistica svolta con la mia terza, per valutare il ruolo della matematica nel mondo professionale, visto che troppo spesso si sente dire che l’unica matematica che serve nella vita è quella che si è imparata ala primaria. Con la seconda, invece, si è parlato di calcolo delle probabilità e, in particolare, dell’azzardopatia. Marzo ha visto l’ennesima partecipazione al Carnevale con una celebrazione di pi greco, che è rimasto in qualche modo impigliato nelle maglie di Geogebra. Ad aprile non c’è stata solo la riflessione a tutto tondo su cosa abbia significato (e cosa significhi) per me studiare matematica, intitolata Inesauribile caparbietà e in tema con il Carnevale del mese, ma anche e soprattutto un po’ di turismo matematico, vista la visita di istruzione a Padova e la gita a Trieste. A maggio ho ospitato l’edizione #178 del Carnevale, dedicandola alle donne nella matematica visto che dal 2019 il 12 maggio si celebra la giornata internazionale delle donne nella matematica e ne ho approfittato per condividere il video da poco realizzato su Sophie Germain. Dopo l’edizione del Carnevale dedicata alla matematica estiva, grazie alla quale ho avuto modo di ripercorrere le mie estati matematiche (spesso dedicate allo studio dei temi dell’imminente edizione di BergamoScienza), giugno è stato all’insegna dell’Esame di Stato, che anche nel 2024 ho avuto modo di vivere come commissario esterno nominato per matematica e informatica in un liceo linguistico, attraverso i quattro articoli L’esame che farei, L’esame che vorrei, L’esame che amerei e L’esame che… sorprende, dove ho proposto una serie di argomenti solo apparentemente estranei alla matematica. A settembre, ho ospitato di nuovo il Carnevale, proponendo il tema matematica e sport, e scrivendo un articolo nel quale le riflessioni generate dalle olimpiadi estive si sono mescolate con quelle didattiche. Ottobre è stato dominato dalla partecipazione al Festival di BergamoScienza, che ha avuto la prospettiva come tema centrale per il Liceo Celeri, e ha trovato la sua conclusione con la conferenza-spettacolo Punti di vista. Novembre ha offerto un’ulteriore occasione di riflessione sulla didattica con la partecipazione al Carnevale, a tema matematica e futuro. Verso la fine di novembre, ho scritto un articolo su origami e goniometria, dopo aver seguito i suggerimenti di Sonia Spreafico, autrice con Emma Frigerio del libro Ed ora, origami: ho cominciato realizzando un goniometro, con la mia quarta, e abbiamo poi avuto occasione di trovare praticamente le funzioni goniometriche degli angoli fondamentali. Per quanto dicembre non abbia visto nuovi articoli sul sito, ci sono stati un paio di incontri online, chiamati Shottini matematici, durante i quali Sonia Spreafico e Paola Morando (Giochiepieghe su Instagram) hanno guidato gli insegnanti, dalla primaria alla secondaria di secondo grado, perché esplorassero la matematica con origami e giochi, da proporre agli alunni. L’entusiasmo di Marco Reho, docente della secondaria di primo grado e noto sui social come unmatematicoinclasse, ha fatto da collante a questa bellissima esperienza, occasione di confronto e di crescita per tutti i docenti che si sono lasciati coinvolgere.
Il 2024 per la matematica
Di ben altro spessore è il racconto del 2024 fatto da MaddMaths! con il quale si esplorano Alcuni notevoli risultati matematici del 2024. Districandoci tra algebra, geometria, topologia, intelligenza artificiale e dinamica dei fluidi, troviamo dimostrazioni e confutazioni di congetture, mentre pare di essere «solo agli inizi di un’era di collaborazione tra Intelligenza Artificiale e comunità matematica, anche secondo l’opinione del grande matematico Terence Tao». Passando attraverso i progressi significativi della «regina per definizione della matematica», la teoria dei numeri, con «una nuova stima sul numero di possibili eccezioni all’ipotesi di Riemann», l’articolo si conclude con la dinamica dei fluidi, e quando si parla delle equazioni di Navier-Stokes tutto si fa improvvisamente molto difficile. Seguendo i link proposti, c’è modo di rendersi conto di come la matematica sia sempre in movimento, e forse proprio per questo può essere utile iscriversi all’Associazione MaddMaths!, per sostenere la divulgazione e avere l’occasione, partecipando alle assemblee, di ascoltare il confronto di matematici, accademici e divulgatori. (Link per associarsi come individui, link per associarsi come organizzazione).
In bilico tra passato e futuro
Sul mio feed di Instagram mi sono imbattuta in una riflessione di Adam Grant, psicologo dell’Università della Pennsylvania, nella quale proponeva una sorta di sintesi di un articolo comparso sul New York Times lo scorso 26 dicembre e intitolato Non ottieni una A per l’impegno. L’esordio è abbastanza amaro: «Dopo 20 anni di insegnamento, pensavo di aver sentito ogni tipo di protesta da parte di studenti che volevano un voto migliore. Ma di recente, al termine di un corso di una settimana con un carico di lavoro leggero, diversi studenti hanno avuto una nuova lamentela: “Il mio voto non rispecchia l’impegno che ho messo in questo corso”.» La “Growth Mindset” (la mentalità di crescita) di Carol Dweck, che evidenzia come il nostro cervello non sia statico, ma in continua evoluzione e che per questo sia meglio lodare l’impegno e la perseveranza invece della bravura, è, secondo Adam Grant, l’origine del problema. Se è vero che le abilità sono malleabili e se è vero che il successo viene raggiunto con il duro lavoro, questo non è però una garanzia di successo: Adam Grant ribadisce che ciò che lo preoccupa di più è che non si può dare valore alla perseveranza più che a qualsiasi altra cosa, perché questo potrebbe spingere le persone a mantenere delle cattive strategie, invece di svilupparne di nuove o di cambiare percorso. D’altra parte, alle Olimpiadi vengono premiati gli atleti che ottengono dei risultati, non quelli che si allenano di più. Mi è parso curioso che, a distanza di poche ore, sul mio feed di Facebook sia comparso un articolo condiviso da Sandra Lucente, docente di analisi all’Università di Bari: si parla di Ennio De Giorgi, che viene descritto come una «colonna portante della matematica del secolo scorso, [che] tracciò, con le sue intuizioni, sentieri che ancora illuminano il cammino di tanti ricercatori.» L’articolo si apre con la pagella dell’ultimo anno di liceo del grande matematico e le sue insufficienze sono per me il collegamento al breve video di Federico Benuzzi, nel quale il divulgatore si interroga, riprendendo un video presente in rete, sul perché la scuola non insegni a… Ascoltando le critiche che vengono spesso sollevate contro la scuola, si ha l’impressione che a scuola non si insegni ciò che può essere realmente utile (e forse necessario?) nella vita reale. La riflessione di Federico, come sempre, è ricca e profonda, ma io mi soffermo sulla sua chiusura, che mi ha riportato a una delle mie ultime letture, il libro di Piero Angela La meraviglia del tutto, dove, all’affermazione di Massimo Polidoro «studiare e continuare a coltivare la propria formazione permette di acquisire qualcosa di ancora più importante» risponde: «Come ha detto qualcuno una volta, paradossalmente, la cultura è ciò che rimane quando si è dimenticato tutto quello che si è imparato. E in certo senso è vero. Perché alla fine rimane l’essenziale. Cioè il quadro di riferimento, le grandi linee di forza, il modo in cui le cose si muovono ed evolvono.» In altre parole, le fondamenta che ci regala la scuola, indipendentemente dalle pagelle belle o brutte.
Auguri per il 2025
Gli auguri migliori per il 2025 sono quelli del canale Math Visual Proof, che non solo ricorda che 2025 è il quadrato della somma dei primi 9 numeri naturali e la somma dei cubi degli stessi 9 numeri, ma dimostra questa uguaglianza attraverso la grafica e l’induzione. (L’immagine che accompagna questa newsletter è proprio la copertina del video). Questa doveva essere la conclusione della newsletter, ma come docente di matematica e come appassionata non posso non affidare i miei auguri alla bellissima chiacchierata, in occasione di TEDxCoriano, di Gigliola Staffilani, intitolata Esiste una formula per il successo personale? La celebre matematica racconta con trasporto ed emozione la sua storia, ricca di passione e difficoltà, elencando le cinque caratteristiche che le hanno permesso di raggiungere il successo. A partire dalla prematura scomparsa del padre e districandosi tra le difficoltà economiche, Gigliola Staffilani ha continuato a studiare grazie anche ad alcune coincidenze favorevoli, che le hanno permesso di approdare al MIT. Quando si osserva, dall’esterno, il successo delle altre persone, si tende a vedere solo la punta dell’iceberg, dimenticando la loro resilienza, il duro lavoro e la passione, ponendo l’accento solo sugli eventi fortunati. Questa chiacchierata permette di rimettere tutto in prospettiva e di dare nuovo spessore anche a quanto discusso da Adam Grant nel suo articolo.
Buona matematica, buon cammino e buon anno!
Ci sentiamo tra DUE settimane, perché con il 2025 la newsletter avrà una maggior frequenza (ma sarà più breve…)!
Daniela
Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: formule goniometriche.
Durata: 120 minuti.
Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: cinematica e dinamica rotazionale
Durata: 60 minuti