Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: formule goniometriche.
Durata: 120 minuti.
Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: cinematica e dinamica rotazionale
Durata: 60 minuti
«La geometria è completamente inutile!»
Cominciamo il percorso con lo sketch di Daniele Luttazzi che interpreta il professor Fontecedro, recentemente condiviso da IlairaF Math: non si tratta solo di comicità, perché invita anche ad una riflessione più profonda, che ha a che fare con i fondamenti della matematica e con il metodo della geometria euclidea. Nel frattempo, anche Riccardo e Davide del Math-segnale hanno ricominciato a produrre video: si tratta di contenuti brevi di carattere didattico e, nello specifico, trattano delle relazioni tra gli elementi dei triangoli rettangoli e del teorema della corda. Utilissimi per un breve ripasso per gli studenti, vista la grafica accattivante e la semplicità nella spiegazione.
Non possono mancare i video di Presh Talwalkar dal canale MindYourDecisions: si possono proporre alcuni giochi durante il pranzo di Natale, come un rompicapo logico, giocando con prigionieri e cappelli, o un gioco proposto in Cina nel quale si richiede l’altezza di un tavolo (ed è stato proposto alle elementari, quindi si può risolvere anche senza un sistema di equazioni), oppure si può richiedere la massa complessiva di una rana, una pecora e un cavallo, dopo aver fornito alcuni indizi. Ma si può proporre a una seconda della secondaria di secondo grado una falsa dimostrazione del fatto che 2+2=5, chiedendo dove stia l’errore, consolandoli, poi, nel caso non abbiano scoperto l’inghippo, con gli errori commessi dai geni del passato, come Feynman, Leibniz e Einstein. Per quanto sia piacevole giocare, non dobbiamo dimenticare i concetti che stanno alla base di questi giochi, come quello spiegato da Federico Benuzzi, inerente alla divisione per 0,5: perché un numero diviso per 0,5 raddoppia? La spiegazione è, come sempre, semplice e ineccepibile.
Il 28 novembre scorso si è giocata la prima fase dei giochi di Archimede e sul canale YouTube MateMATTIci è possibile accedere alle soluzioni di ogni singolo quesito proposto.
Triangoli ovunque
Insegnando matematica, mi capita abbastanza di frequente di mettermi in discussione sia in merito ai metodi che uso, che cambiano da un anno all’altro, sia in merito alle relazioni, perché insegnare è anche (e soprattutto) una questione di relazioni. Ho realizzato che la relazione in gioco non è solo quella con le ragazze e i ragazzi che mi sono affidati, ma anche con i loro genitori: a scuola la relazione è triangolare e… Il triangolo, no, non l’avevo considerato! Quando si pensa alla scuola, si immaginano un’aula, un* docente e una classe, magari si pensa alla propria vecchia aula se si è adulti (e, credetemi, le aule non sono cambiate molto da quando andavamo a scuola noi, purtroppo!), ma anche se non si vedono genitori tra i banchi, sono lì. Quando ti capita di percepire in un* student* un senso di sconfitta, come se si fosse arres* prima ancora di mettersi in gioco, incontrando i genitori potresti sentire frasi come: «Non si può pretendere che ci riesca: io sono sempre stat* una frana!» Oppure senti una certa resistenza nel costruire un rapporto di fiducia con un* student*, e la fiducia è fondamentale da entrambe le parti nell’insegnamento, poi confrontandoti con i genitori scopri che è la loro fiducia che manca e l* student*, per quanto vorrebbe affidarsi, è frenat* dai genitori. Infatti, i genitori, in quanto ricchi di esperienza e con un vissuto alle spalle, a volte credono di ritrovare, nel* docente dei propri figli, proprio quel* docente che tanto li ha fatti impazzire quando erano studenti a loro volta e, volendo evitare ai propri figli la stessa sofferenza, spesso inconsciamente spingono i propri figli a non fidarsi dell’insegnante. Capita poi, e fortunatamente sono i casi più numerosi, che tra genitori e insegnante si crei un’alleanza educativa: a quel punto, l* student* diventa un po’ come Renzo Tramaglino trascinato dai due carabinieri, al quale non resta altro da fare che seguire la strada da loro tracciata!
Ho ascoltato due volte la trasmissione di Radio3 Scienza di venerdì 6 dicembre, Allergici ai numeri, che ha visto la partecipazione di Ilaria Fanelli e Daniele Gouthier, l’una in veste di docente e l’altro non solo come formatore di insegnanti, ma anche come autore di Matematica fuori dalle regole, Guida di sopravvivenza per genitori e insegnanti. La puntata è stata registrata all’indomani dell’uscita dei risultati dell’ultima indagine internazionale Timss (Trends in International Mathematics and Science Study) promossa dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement). Secondo l’indagine, «in matematica e scienze i nostri scolari sono un po’ sotto la media europea», ma non solo: secondo quanto riportato da Orizzonte Scuola, « il 48% dei giovani italiani, infatti, prova disagio di fronte a un problema matematico, una percentuale in aumento rispetto all’anno precedente (43%)». Le riflessioni di Ilaria e Daniele sono andate proprio nella direzione dei miei pensieri degli ultimi giorni, parlando della necessità di creare un’alleanza educativa tra genitori e docenti per perseguire il successo formativo dei ragazzi e combattere, quindi, anche l’ansia matematica. «Sono più i genitori o più i figli a non sentirsi all’altezza davanti a un’espressione aritmetica, a due percentuali o a un problema di geometria?» si domanda Daniele Gouthier nella premessa al suo libro e sia lui che Ilaria sottolineano l’importanza dell’approccio dei genitori nell’apprendimento dei ragazzi. Ho cominciato a sfogliare il libro di Daniele Gouthier (che resta in attesa di tempi migliori per una lettura attenta) e mi sono imbattuta in Gianni Rodari e nella sottolineatura che «non solo la matematica serve alla fantasia, ma che la fantasia serve alla matematica» ed è per questo motivo che Daniele invita alla lettura, per riuscire meglio in matematica. E non è l’unico consiglio: per risolvere le espressioni numeriche, è necessario prendere una serie di decisioni e l’abitudine all’autonomia nasce proprio dalle piccole cose, come caricare la lavastoviglie. «La matematica è anche questione di mani. Spesso la vediamo come una disciplina mentale, ma non dobbiamo dimenticare che la nostra mente raccoglie informazioni attraverso i cinque sensi e che maneggiare oggetti è qualcosa di molto importante per farci delle idee.» Anche il gioco fa capolino tra i consigli di Daniele Gouthier, perché attraverso il rispetto delle regole, magari praticando un gioco di gruppo non necessariamente di carattere matematico, si apprende un metodo che poi potrà essere utilizzato anche in ambito scolastico. Infine, il terzo consiglio di Daniele Gouthier riguarda la lettura, perché: «La matematica ha molto a che fare con le parole e, in particolare, con un loro uso corretto, specifico e il più possibile univoco.» Le parole non ci consentono solo di dare definizioni accurate, ma anche di descrivere procedimenti e metodi risolutivi: «fare matematica è capire una proprietà, vedere un fatto (numerico, geometrico e così via) e condividerlo con gli altri parlandone.»
Didattica
Procedendo con questa riflessione didattica, non posso non citare il sedicesimo numero della rivista semestrale Didattica della matematica, pubblicato dall’Alta scuola pedagogica della SUPSI di Locarno. Curato da Giovannina Albano e Silvia Sbaragli, il numero esplora il tema del rapporto tra l’insegnamento e l’apprendimento della matematica e lo storytellig. La rivista è divisa in tre parti: la prima è dedicata alla riflessione e alla ricerca, la seconda alle esperienze didattiche e la terza propone recensioni di letture che spaziano su tutti gli ordini di scuola.
L’immagine allegata
L’immagine allegata questa volta è stata da me realizzata con un collage delle immagini di Barbara McClintock dal libro di Cheryl Bardoe Nothing stopped Sophie. Ho portato a scuola il libro per l’ennesima volta, perché il nostro testo, parlando delle onde, aveva fatto riferimento alle figure di Chladni ma non aveva citato Sophie Germain e il suo studio di queste figure. Ho quindi letto in classe le ultime pagine del libro, quelle che parlavano della partecipazione di Sophie al concorso indetto dall’Accademia delle Scienze francese e mi sono imbattuta in queste immagini, che descrivevano il lavoro di sei anni di Sophie: la noia dello studio, la staticità, la ripetitività, la frustrazione di non ottenere un risultato, ma anche la determinazione e la tenacia della matematica. Ero proprio alla ricerca di alcune immagini per descrivere lo studio e queste erano già pronte: ho solo dovuto digitalizzarle e predisporre una grafica con Canva. Queste immagini accompagnano la frase di Abigail Adams, moglie di John Adams e madre di John Quincy Adams, rispettivamente 2º e 6º presidenti degli Stati Uniti.
Concludo con una frase di Louise El Yaafouri che ci regala un po’ di ottimismo: «L’insegnante perfetto, il curriculum perfetto, la lezione perfetta non esistono. Siamo tutti lavori in corso.»
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
Verifica di matematica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: funzioni goniometriche.
Durata: 120 minuti.
Verifica di fisica, classe quarta liceo scientifico.
Argomento: onde e suono.
Durata: un'ora.
Verifica di matematica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: parabola, definizione, coefficienti, funzioni, soluzione grafica di disequazioni irrazionali, rette tangenti e formula di sdoppiamento
Durata: 120 minuti.
Ricorrenze matematiche
Il 23 novembre sarà il Fibonacci day: se scriviamo la data in notazione anglosassone, cioè con il mese prima del giorno, otteniamo i primi quattro termini della serie di Fibonacci, che comincia con una coppia di 1 e procede sommando i due numeri precedenti per ottenere quello successivo (1+1=2, 1+2=3, 2+3=5…). In occasione di questa ricorrenza, IlariaF Math ci ricorda che sul suo canale possiamo trovare una serie di spunti per celebrare questa giornata, dalla live con Silvia Benvenuti ai video di curiosità e divulgazione.
L’articolo di Antonino Giambò su Matmedia offre una selezione di argomenti, legati alla serie di Fibonacci, adatta agli studenti liceali, per quanto, a detta dell’autore, non dica nulla di nuovo rispetto all’ampia produzione letteraria sull’argomento: si comincia con il triangolo di Pascal-Tartaglia, si passa per la dimostrazione della formula di Binet, si arriva alla proprietà scoperta da Cassini (dimostrata utilizzando il principio di induzione) che porta a un simpatico gioco, e si conclude il percorso con la celebre spirale. Gioco, rigore e curiosità rendono l’articolo una piccola perla, anche considerando la ricca bibliografia alla quale rimanda per un approfondimento.
Successioni musicali
Ho finalmente cominciato ad ascoltare l’ultima serie podcast proposta da MaddMaths! Musica razionale, che indaga il legame tra la matematica e la musica. I due ideatori sono Sebastiano De Gennaro, percussionista e compositore di fama nazionale, e Paolo Soffientini, divulgatore scientifico, scienziato e scrittore. La prima puntata è all’insegna della successione di Farey, un «eclettico geologo» che ha ideato una serie che, «musicalmente, ricorda la graphic notation adottata dalle avanguardie novecentesche, da John Cage a Karlheinz Stockhausen». Nel corso della puntata, la trattazione matematica è accompagnata da interessanti brani musicali, mentre non manca un riferimento al paradosso di Zenone.
Intriganti giochini matematici
Il piccolo gioco matematico proposto da Giambò grazie alla formula di Cassini rimanda al problema classico dei due triangoli, riproposto dai Rudi Mathematici tra le pagine di MaddMaths! proprio nei giorni scorsi. Un indovinello semplice, anche nella sua formulazione (tanto che non ha nemmeno bisogno di simboli matematici per essere esposto), che si fa notare per la sua (volendo!) applicazione didattica, in particolare al concetto di pendenza di una retta.
Un altro simpatico giochino, che si presta a introdurre il concetto di infinito in classe, ci è proposto da Federico Benuzzi, che sfrutta il paradosso di Zenone, della freccia che non raggiunge mai il bersaglio perché percorre sempre metà della distanza che la separa dall’arrivo (anche se in questo caso l’esempio è declinato in modo più pacifico, visto che si parla di due persone che si vogliono abbracciare). Nel secondo video, Benuzzi prende spunto da un quesito proposto da quelli di Geopop, ma portando la propria riflessione a un livello diverso, e citando i numeri interessanti, a partire dall’affermazione che non esistono numeri che non siano interessanti (perché se esistessero dei numeri non interessanti…) Federico Benuzzi ipotizza che il gioco proposto potrebbe essere usato per fare un’analisi psicologica, partendo proprio dalle risposte e forse, in effetti, bisognerebbe stare attenti al risvolto impegnativo che potrebbero avere certi quesiti matematici. È di questo tipo quello proposto da Presh Talwalkar, che presenta un quesito usato nei colloqui di lavoro gestiti dalla Apple. Il quesito è davvero intrigante e Presh, come suo solito, fornisce due diversi tentativi di soluzione, e conclude mostrando alcune risposte creative, che magari potrebbero aiutare a selezionare diverse figure professionali.
Gli ultimi due quesiti di Presh Talwalkar che voglio condividere partono dalla confusione dei genitori: alla base di tutto questo c’è un malinteso, ovvero la convinzione che, solo perché più adulti, i genitori dovrebbero saperne di più dei propri figli in qualsiasi ambito e, quindi, se un genitore non riesce a rispondere a un quesito, allora non dovrebbe nemmeno essere posto ai suoi figli. Ma bando alle polemiche: il primo video riguarda delle frazioni e fa leva sulla meccanicità che nasce dall’algoritmo che usiamo per calcolarne la somma, mentre il secondo è un quesito del PSLE 2019 di Singapore (Primary School Leaving Examination, ovvero l’esame dell’ultimo anno della scuola elementare), eccezionalmente difficile.
Carnevale della matematica
È uscito pochi giorni fa il Carnevale della matematica #182, ospitato da MaddMaths!, che ha per tema il binomio Matematica e futuro. La presentazione di Marco Menale mostra la necessità di un simile collegamento, ora che siamo quasi alla fine del 2024 e, davanti a noi, si apre il 2025: «la parola futuro ben si abbina al periodo». Ma perché legare futuro e matematica? Marco ci offre due motivi: «da un lato, la matematica è una fonte inesauribile di problemi e sfide che guardano sempre al futuro, alla comunità matematica del futuro», dall’altro «la matematica guarda al futuro anche nel senso di fare previsioni». Il tema è stato poco sviluppato dai matematti, ma la cosa bella è che questo numero del Carnevale offre una grande varietà di argomenti, con i contributi di Dioniso Dionisi per il blog Pitagora e dintorni, Annalisa Santi con Matetango, Leonardo Petrillo con il blog Scienza e Musica, i Rudi Matematici, che non mancano mai, Maurizio Codogno con la sua ampia produzione, Gianluigi Filippelli del blog DropSea, e infine MaddMaths!
Per quanto riguarda il mio contributo, consapevole di non avere le competenze per parlare né del futuro della matematica né della matematica del futuro, ho riflettuto sul fatto che la mia professione di insegnante mi fa toccare con mano ogni giorno il futuro, che contribuisco a plasmare. Quella che ho proposto per la rassegna è una riflessione sulla didattica della matematica, che, partendo dalla richiesta di semplificazione che arriva da più parti, riconosce l’importanza di proporre sfide, per permettere agli studenti di diventare i cittadini del futuro.
Riflessioni e pratiche didattiche
Tra il 9 e l’11 ottobre si è tenuto a Roma il convegno nazionale «Problemi sulla valutazione», organizzato dalla Fondazione «I Lincei per la scuola», e sul sito MaddMaths! troviamo la sintesi e le conclusioni degli interventi proposti. La sintesi è di Giulia Signorini, che ha partecipato ai lavori del convegno. Mi piace sottolineare una cosa, tra le tante riportate nell’articolo: «numerosi esperti hanno evidenziato come la finalità della valutazione dovrebbe essere quella di favorire l’assunzione di responsabilità dello studente, orientare la sua autovalutazione e concorrere al miglioramento».
Non posso non notare come il mio metodo di valutazione si evolva con me e con le classi che accompagno, esattamente come il mio modo di insegnare, come dimostrato dalla recente esperienza con gli origami. Nonostante abbia pensato spesso agli origami come ad un’attività che poteva avere qualche risvolto significativo, dal punto di vista matematico, solo alla scuola primaria o, al massimo, per la scuola secondaria di primo grado, mi è capitato di cercare dei libri che proponessero attività laboratoriali, magari da usare durante un’edizione di BergamoScienza. Poi ho conosciuto Sonia Spreafico autrice, insieme a Emma Frigerio, di Ed ora, origami e ho trovato, su suggerimento proprio di Sonia, un’attività da proporre alla mia quarta liceo scientifico, che sta muovendo i primi passi nel mondo della goniometria. Già dopo la prima attività, ho capito che le potenzialità sono davvero grandissime, per questo ho deciso di costruire un’attività per gli archi associati e Origami e goniometria ne è il resoconto.
Buona matematica e buon cammino! Ci sentiamo tra TRE settimane!
Daniela
PS: Traduzione in italiano della vignetta allegata (traduzione realizzata da ChatGPT)
Il viaggio dello zero
Non ha mai avuto una gran personalità.
Non era né positivo né negativo.
Solo una cifra. Un segnaposto. Un nulla.
Spesso scambiato per qualcuno di più interessante.
Meno che perfetto.
Privo di individualità.
Sognava un luogo vuoto come lui.
Cercò di ampliare la sua mente.
Poteva essere un eroe? No.
Poi un giorno incontrò qualcuno che gli aprì gli occhi: “Tu vali!”
E gli fece capire... non era solo uno su un milione.
Nonostante abbia pensato spesso agli origami come ad un’attività che poteva avere qualche risvolto significativo, dal punto di vista matematico, solo alla scuola primaria o, al massimo, per la scuola secondaria di primo grado, mi è capitato di cercare dei libri che proponessero attività laboratoriali, magari da usare durante un’edizione di BergamoScienza. Poi ho conosciuto Sonia Spreafico autrice, insieme a Emma Frigerio, di Ed ora, origami e ho trovato, su suggerimento proprio di Sonia, un’attività da proporre alla mia quarta liceo scientifico, che sta muovendo i primi passi nel mondo della goniometria. Già dopo la prima attività, ho capito che le potenzialità sono davvero grandissime!
Ho cominciato con l’attività della costruzione di un goniometro (presentata a pagina 100 del suddetto libro) e i ragazzi si sono lasciati coinvolgere abbastanza facilmente, forse incuriositi dai foglietti colorati, e, nonostante fosse l’ultima ora di lezione, hanno partecipato con entusiasmo, rispondendo a tutte le mie domande e individuando gli angoli noti. Da lì in poi, è stato facile far loro ricavare seno, coseno e tangente degli angoli di 30°, 60° e 45°, ponendo uguale a 1 il lato del foglietto.
Con le funzioni dell’angolo di 45° abbiamo giocato un po’, perché partire dal triangolo indicato in blu nel disegno precedente implica confrontarsi con i (tragici) radicali doppi e ragionare bene con la geometria euclidea; perciò, qualcuno ha pensato bene di scegliersi il triangolo verde e risolvere il problema… alla radice!
Mentre i ragazzi piegavano e calcolavano, ho pensato a un modo per proporre gli archi associati che potesse sfruttare ancora gli origami, considerando anche la disponibilità delle due ore di lezione consecutive. La mattina dopo, quindi, mi sono presentata in aula con un bel po’ di foglietti colorati e, come prima cosa, i ragazzi si sono divertiti a scegliere il colore preferito.
Tutto è cominciato con due pieghe centrali, per ottenere gli assi cartesiani e poter rappresentare la circonferenza goniometrica: oggi il lato del quadrato ha misura 2, a differenza di ieri.
Il secondo passo è stato quello di individuare un angolo a, con l’unico vincolo di essere nel primo quadrante: si è trattato di realizzare una piega che passasse per il centro della circonferenza.
La sfida era quella di rappresentare gli angoli supplementare ed esplementare dell’angolo dato, e l’angolo che differisse da questo di un angolo piatto, con il limite di non poter usare righelli e matite, ma di doversi limitare alle pieghe. Non è stato difficile capire di dover usare l’asse x come asse di simmetria per poter individuare l’angolo esplementare:
I quattro archi associati ad a sono stati così individuati senza grossi problemi.
L’ultimo passo è stato quello di effettuare delle pieghe, parallele ai lati del quadrato, che passassero per le intersezioni delle pieghe precedenti con la circonferenza,
per poter riconoscere le funzioni goniometriche degli archi associati in funzione di quello di partenza.
Acquisita un po’ di confidenza con lo strumento ed avendone colta la potenzialità, la classe ha risposto con rinnovato entusiasmo alla seconda sfida: individuare gli archi collegati ad a da somme e sottrazioni di angoli retti e loro multipli dispari. Siamo partiti con il vincolo, per a, di essere minore di un angolo di 45°, ma non era realmente necessario. Qualcuno, non avendo colto questa richiesta, si è ritrovato poi con un rettangolo “sdraiato” invece che “in piedi”, ma è stato rassicurato da chi, in precedenza, aveva ottenuto un rettangolo “in piedi” laddove tutti avevano trovato quello “sdraiato” (traduzione matematica: rettangolo “sdraiato”, ovvero rettangolo con la base maggiore dell’altezza; rettangolo “in piedi”, ovvero con la base minore dell’altezza).
Il primo obiettivo è stato quello di individuare l’arco che differisce di un angolo retto dall’angolo dato, e, avendo finalmente capito come effettuare la piegatura per ottenere l’asse di un segmento, è stato sufficiente piegare a metà la figura ottenuta dalla piega di a per ottenere l’angolo richiesto.
Dopo aver individuato l’angolo richiesto, non ci è voluto molto per individuare la somiglianza con quanto fatto prima e trovare così gli altri tre angoli associati.
Anche dimostrare la congruenza dei triangoli rettangoli presenti nella figura, per poter individuare le funzioni goniometriche dei nuovi angoli, è stata una richiesta nata proprio dagli studenti, che hanno “sopportato” meglio il linguaggio della geometria euclidea, vissuta in questo caso come un aiuto, più che come un’incombenza necessaria.
L’ultimo passo, questa volta assegnato da svolgere in autonomia a casa con un foglietto origami in omaggio, è stata la riduzione al primo quadrante di angoli noti.
In questo percorso, la fantasia ha agevolato la memoria e favorito la comprensione, ma per concludere degnamente l’attività, abbiamo chiuso le due ore con quattro manches a Seni in fila, uno dei giochi proposti proprio da Sonia Spreafico e Paola Morando (presenti su Instagram con il profilo Giochi e pieghe). Per una volta, le due ore di matematica sono state vissute in leggerezza!
Verifica di fisica, classe terza liceo scientifico.
Argomento: quantità di moto e urti.
Durata: 70 minuti.
Un capomastro lavorava da molti anni alle dipendenze di una grossa società edile. Un giorno ricevette l’ordine di costruire una villa esemplare secondo un progetto a suo piacere. Poteva costruirla nel posto che più gradiva e non badare alle spese.
I lavori cominciarono ben presto. Ma, approfittando di questa cieca fiducia, il capomastro pensò di usare materiali scadenti, di assumere operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma risparmiata.
Quando la villa fu terminata, durante una festicciola, il capomastro consegnò al Presidente della società la chiave d’entrata.
Il Presidente gliela restituì sorridendo e disse, stringendogli la mano: «Questa villa è il nostro regalo per lei in segno di stima e di riconoscenza».
Bruno Ferrero, «C’è qualcuno lassù?», Editrice Elle Di Ci
Quando Marco Menale ha lanciato il tema di questo Carnevale della Matematica, «Matematica e Futuro», ha detto di declinarlo come si preferiva: «tempo verbale, congetture da risolvere, nuove teorie, IA, vita su Marte ecc ecc». Dopo qualche giorno di riflessione, ho realizzato che, in quanto insegnante, il futuro lo tocco con mano ogni giorno, contribuendo a plasmarlo, ma cosa può avere a che fare questo con la matematica?
Nel momento in cui ho scelto il mio di futuro, non ho scelto solo di studiare matematica e non ho scelto di fare l’insegnante, ho scelto di fare l’insegnante di matematica: le due cose sono state, per me, inscindibili da subito. Quando ho fatto questa scelta, frequentavo le scuole medie e avevo un’idea molto limitata della matematica: fondamentalmente, mi piaceva svolgere espressioni e piccoli problemi, e ho mantenuto la passione anche al liceo, nonostante abbia riflettuto ultimamente su quanto sia più facile far amare la fisica, rispetto alla matematica. La fisica si presenta, almeno all’inizio, con una veste abbastanza semplice, richiedendo poco più dell’algebra per la soluzione di problemi che descrivono una realtà ovattata. Eppure, anche se limitata da piani senza attrito e moti perfettamente uniformi, la fisica conquista e affascina, perché tenta una descrizione della realtà. Ben diverso è il percorso della matematica, che mostra fin da subito il suo lato spinoso. Chi si diverte con il calcolo, spesso prosegue alle superiori con l’algebra senza troppi intoppi, ma chi rifugge il rigore, rischia di restare incastrato nei meccanismi del calcolo letterale. Poi ci si scontra con la geometria analitica e con i problemi: da studenti che subiscono passivamente equazioni e disequazioni, gli alunni sperimentano quanto diceva Maryam Mirzakhani, «Fare matematica per me è come una lunga escursione senza un sentiero tracciato né un traguardo visibile». All’ultimo anno poi, lo studio di funzione costituisce l’apice del percorso e dell’astrazione, ed offre l’opportunità di effettuare quegli approfondimenti che non hanno trovato spazio in precedenza. Ma l’esame di stato è alle porte e, che si sia studenti in un liceo scientifico oppure no, tutto viene assorbito da quello e non resta spazio per far amare questa splendida disciplina. E così, anche noi insegnanti in qualche modo diventiamo oggetto di questo odio, che non si capisce più se nasca contro la matematica e poi si estenda anche a noi, o se siamo noi insegnanti che non siamo capaci di generare simpatia, né per noi né per la nostra disciplina.
Temo che questo “odio” abbia a che fare con la richiesta di semplificazione che arriva da più parti, una sorta di ricerca di riassunti, schemi, che possano aiutare a capire, ma, al tempo stesso, rendere più veloce il tempo di apprendimento. Credo che la chiave del problema sia proprio in questa “fretta”: il processo di apprendimento in generale, non solo quello della matematica, richiede tempo e pazienza e, a volte, costa fatica, e cercare di spianare la strada ai nostri alunni non li aiuta a imparare. Qualcuno più famoso di me, e molto prima di me, l’ha detto meglio: «Non esistono vie regie»!
Sono consapevole di non essere la sola a vivere questa fatica, come ha ben dimostrato su Facebook un post del 15 ottobre scorso di Giuseppe Mingione, docente di Analisi all’Università di Parma: dopo aver richiesto la soluzione di un semplice esercizio ai suoi studenti e non averne ottenuto alcuna risposta, l’ha somministrato a ChatGPT, ottenendone una soluzione perfetta. Ha quindi chiesto ai suoi studenti che compito si assumerebbero e quale affiderebbero a ChatGPT, tra risolvere esercizi e raccogliere pomodori: «i ragazzi hanno stavolta correttamente risposto, e, preoccupati, hanno capito cosa sta succedendo».
Non ho potuto non parlare in classe di questo post, invitando i miei studenti a riflettere sul fatto che la scelta di studiare determinati argomenti ci permette di ampliare il ventaglio di possibilità che il futuro ci offre. Resto sempre un po’ perplessa quando, arrivati all’ultimo anno di liceo, alcuni miei alunni, posti di fronte alla scelta del percorso da seguire all’università, vanno alla ricerca del corso di laurea che non prevede un esame di matematica. Ho ritrovato questo mio malessere ben argomentato, proprio ieri, da Federico Benuzzi, che ha raccolto, al termine di un suo spettacolo, la frase, pronunciata da un alunno di una terza media: «Andrò al linguistico perché c’è poca matematica». Benuzzi dà voce a questa frustrazione scrivendo: «il percorso di studi si sceglie “per”, non “contro”».
Quando dico che, come insegnante, plasmo il futuro, non mi riferisco, però, solo al futuro dei miei studenti: a loro tento di dare quegli strumenti che, credo, saranno fondamentali non solo per la loro professione, ma per la loro vita, e nel costruire qualcosa per loro costruisco anche qualcosa per me, come il capomastro del racconto iniziale. Il mio pensiero torna a quel giorno in cui, in pronto soccorso, sono stata accolta da un ex alunno che lì lavorava come infermiere: quando guardo i miei alunni, nell’età più ingrata della loro vita, cerco di non dimenticare che un domani saranno adulti, e potrebbero essere direttori/direttrici della casa di riposo in cui passerò gli ultimi anni della mia vita.
Facendo l’insegnante di matematica, sento di contribuire a costruire la vita dei ragazzi attraverso la matematica, anzi sono consapevole che sarà proprio la matematica ad offrire loro una vita diversa. Sempre citando Giuseppe Mingione: «una maggiore alfabetizzazione matematica serve anche a difendersi da certe frottole ben raccontate».
Abraham Lincoln, politico e avvocato statunitense nonché sedicesimo presidente degli USA, scrisse una celebre lettera all’insegnante di suo figlio il primo giorno di scuola. Alla ricerca di idee per questo articolo, non potevo non restare colpita da questa edizione per bambini della Einaudi, suggerita sul suo profilo Instagram da Alessandro Barbaglia, autore de L’invenzione di Eva, romanzo e biografia di Hedy Lamarr: «Gli insegni, se può, che 10 centesimi guadagnati valgono molto di più di un dollaro trovato; a scuola, o maestro, è di gran lunga più onorevole essere bocciato che barare.» La scuola è un ambiente protetto, nel quale è importante che vengano proposte sfide, anche al di sopra delle proprie capacità: è come una palestra nella quale ci si allena a vincere le gare della vita, costruendo strumenti importanti per il futuro.
Rileggendo ciò che ho scritto fino ad ora, mi rendo conto che nella mia vita la matematica, forgiando il mio passato, mi ha permesso di costruire un presente nel quale ho il potere di plasmare il futuro. In altre parole, posso declinare la matematica al passato, al presente, al futuro, ma credo che, consapevoli o meno, sia una cosa che ognuno di noi può fare. Mentre ascoltavo la TED-talk di Alberto Saracco, docente di geometria all’Università di Parma, intitolata Matematica per il futuro, riflettevo non solo sull’impossibilità di studiare solo ciò che può essere utile un domani (come si fa a sapere cosa ci sarà non solo utile, ma necessario?), ma mi ponevo anche un’altra domanda: dove si deve fermare lo sguardo? Quando insegno, il mio sguardo non si ferma all’orizzonte dell’esame di stato, ma va oltre, e credo che lo sguardo di un matematico sia simile: i matematici hanno trovato il modo di toccare l’infinito (basti pensare al piano proiettivo), e allo stesso modo possono toccare il futuro, come dimostrato dalla trasformata di Radon-Nikodym del 1917, che è diventata la chiave per uno degli esami diagnostici più importanti, la TAC. Chi avrebbe potuto vedere un futuro così brillante in una matematica così complessa e, per i più, oscura? È sempre Alberto Saracco, nel parlare della ragionevole efficacia della matematica, che dice: «La matematica è potente nel descrivere il mondo e chi sa utilizzarla per il proprio tornaconto ha a disposizione un vantaggio enorme».
Insegno matematica e plasmo futuro ogni volta che propongo sfide, ogni volta che chiedo ai miei studenti di ragionare, ogni volta che stimolo uno sguardo critico sulla realtà, ogni volta che chiedo un piccolo impegno continuo, perché il futuro non si improvvisa, esattamente come una verifica di matematica. Non mi faccio illusioni, però: non ho idea di quanto loro ricordino di ciò che cerco di trasmettere, ma ho imparato che, se dico qualcosa di errato durante una spiegazione (e lo faccio più frequentemente di quanto vorrei), loro lo ricorderanno sicuramente. Purtroppo, questi errori hanno una vita lunga, come dimostrato dal video realizzato pochi giorni fa dal canale Kurzgesagt – In a Nutshell. Il titolo del video rimanda alla «più vecchia bugia di Internet» e racconta della ricerca delle fonti per la frase: «I tuoi vasi sanguigni si estendono per l’incredibile lunghezza di 100.000 chilometri, abbastanza da avvolgere la Terra due volte!» Ci è voluto un anno per trovare l’origine di questa affermazione e non voglio rovinare la sorpresa, ma basti sapere che l’affermazione è nata, innanzi tutto, da una serie di approssimazioni, e si trattava di una cosa di poca importanza inserita in un libro che aveva ben altri meriti. Eppure, ciò che ha trovato la strada per Internet, da un libro di oltre un secolo fa, è stata un'affermazione sbagliata.